Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21648 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21648 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 28/07/2025
ICI IMU Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18676/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (P_IVA), in persona del suo legale rappresentante p.t. , con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende (CODICE_FISCALE; EMAIL);
-ricorrente –
contro
Roma Capitale (P_IVA), in persona del suo Sindaco p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALEEMAILcomuneEMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza n. 85/22, depositata il 12 gennaio 2022, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 26 giugno 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la Corte di cassazione rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 85/22, depositata il 12 gennaio 2022, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso da Roma Capitale per il recupero a tassazione della TASI dovuta dalla contribuente per l’anno 2014, ed in relazione al possesso di unità immobiliari site in Roma.
1.1 -Il giudice del gravame ha considerato, in sintesi, che -risultando la ratio decidendi della pronuncia di primo grado incentrata sull’effetto estensivo del giudicato formatosi, tra le parti, sulla base di pregresse pronunce (sentenze n. 5156/28/15 e n. 325/18, della Commissione tributaria regionale del Lazio, e sentenza n. 24487/16, della Commissione provinciale di Roma) -col proposto motivo di appello risultava censurata (solo) la formazione del giudicato sulla sentenza n. 325/18 -che, recando conferma della pronuncia di primo grado (n. 5156/28/15), era stata impugnata con ricorso per cassazione -non anche l’effetto estensivo del giudicato formatosi sulla sentenza n. 5156/28/15 della Commissione tributaria regionale; così che, in difetto di ogni censura, la pronuncia impugnata andava confermata.
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di tre motivi.
Roma Capitale resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso espone i seguenti motivi:
1.1 – il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di omesso esame circa un fatto
decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, nonché di travisamento dei fatti, assumendo la ricorrente, in sintesi, che -in ragione dei provvedimenti adottati da Roma Capitale che aveva proceduto a sequestri, all’ordine di demolizione ed all’acquisizione gratuita delle aree, rigettando le domande di condono -i beni ripresi a tassazione avrebbero dovuti considerarsi extra commercium , indisponibili per essa esponente e, ad ogni modo, acquisti al patrimonio dell’Ente ;
ne conseguiva, altresì, una «violazione del giudicato ai sensi dell’articolo 360, punto 5, in quanto era essenziale constatare che le ordinanze del Comune avevano tolto qualsiasi valore commerciale e di utilizzabilità (sia quindi il valore d’uso che quello di scambio) da parte del contribuente degli immobili oggetto di tassazione.»;
1.2 – il secondo motivo, non meglio rubricato, reca la denuncia di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, e degli artt. 3, 53 e 97 Cost., sull’assunto che – venendo in considerazione immobili abusivi «oggetto di provvedimento di diniego della domanda di condono», e per i quali non era stato rilasciato il certificato di agibilità -gli stessi non avrebbero potuto considerarsi come «suscettibili di produrre reddito»;
1.3 – il terzo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., reca la denuncia di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, e di travisamento dei fatti, così la ricorrente riproponendo le questioni dedotte col primo motivo di ricorso e, in particolare, che -a seguito dell’acquisizione dei beni al patrimonio di Roma Capitale -sarebbe stato onere di quest’ultima «provare l’utilizzo ai fini economici del bene da parte della RAGIONE_SOCIALE».
-Il ricorso è inammissibile.
2.1 -Come anticipato, la ratio decidendi della gravata sentenza va identificata nel rilevato effetto espansivo del giudicato esterno
(conseguente alla pronuncia n. 5156/28/15 della Commissione tributaria regionale), giudicato che, per vero, già col proposto appello non aveva formato oggetto di alcun motivo di censura.
In disparte, allora, che il rilievo in questione -in quanto suscettibile di raccordarsi alla formazione di un giudicato interno quanto all’effetto espansivo del giudicato evocato e, per l’appunto, rimasto in appello incontestato -avrebbe dovuto formar oggetto di specifica censura col ricorso per cassazione, v’è che i proposti motivi senza dare alcun conto dei contenuti del giudicato rilevato dai giudici del merito -finiscono con l’involgere i presupposti della contestata imposizione, ovvero il consegue règime impositivo, tenendo in (completo ) non cale la cennata ratio decidendi .
Come, poi, la Corte ha statuito, con risalente e consolidato orientamento interpretativo, «il ricorso per cassazione non introduce una terza istanza di giudizio con la quale si può far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi invece come un rimedio impugnatorio a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti», così che qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome e singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, l’omessa impugnazione di tutte le rationes decidendi rende inammissibili le censure relative alle singole ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime, quand’anche fondate, non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre non impugnate, all’annullamento della decisione stessa (v., per tutte, Cass. Sez. U., 29 marzo 2013, n. 7931 cui adde Cass., 14 agosto 2020, n. 17182; Cass., 18 giugno 2019, n. 16314; Cass., 4 marzo 2016, n. 4293).
– Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza di parte ricorrente nei cui
confronti sussistono, altresì, i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso proposto, se dovuto (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ).
P.Q.M.
La Corte
-dichiara inammissibile il ricorso;
-condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 2.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge;
-ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 giugno 2025.