Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16129 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16129 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26566/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in proprio e quale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, nonchè TRENTO NOME COGNOME, elettivamente domiciliati in ROMA, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME in forza di procura in calce al ricorso;
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore;
– intimata – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LAZIO -SEZ. STACCATA DI LATINA – n. 1627/19/17 depositata il 27/03/2017;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/04/2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento l’Agenzia delle Entrate Direzione Provinciale di Frosinone- contestava, a fini Iva e Irap, alla società
RAGIONE_SOCIALE di COGNOME NOME e RAGIONE_SOCIALE. maggiori ricavi prodotti nell’anno 2009, in base agli studi di settore, con conseguente richiesta di maggiori imposte, sanzioni ed interessi.
NOME COGNOME NOME COGNOME e la società impugnavano l’avviso dinnanzi alla Commissione tributaria provinciale di Frosinone, la quale accoglieva il ricorso, evidenziando che l’ufficio avrebbe dovuto acquisire elementi ulteriori, anche considerato che la società era in concordato preventivo.
Avverso detta decisione proponeva appello l’Agenzia delle Entrate. La Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva l’appello , fondando il proprio convincimento sulla legittimità dell’accertamento eseguito dall’Amministrazione finanziaria, in quanto la società non aveva risposto all’invito al contraddittorio, ben potendo in questi casi l’accertamento fondarsi sugli standard propri dello studio di settore; d’altro canto l’irragionevolezza e l’ antieconomicità della gestione non erano state motivatamente ribaltate dalla società; né infine rilevava la circostanza che questa fosse in concordato preventivo dal 2014, posto che l’annualità accertata era il 2009.
NOME COGNOME in proprio e quale rappresentante della società, e NOME COGNOME propongono ricorso, in base ad un unico motivo.
L’Agenzia delle entrate, alla quale il ricorso è stato notificato a mezzo p.e.c. in data 27/10/2017, non svolge attività difensiva.
Il consigliere delegato ha depositato proposta di definizione anticipata cui ha fatto seguito istanza di decisione ai sensi dell’art. 380bis .1 c.p.c..
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza camerale del 14 aprile 2025, per la quale i ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce violazione degli artt. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 140 c.p.c. , in relazione all’ art.
360, primo comma, n. 4 c.p.c.; si contesta la sentenza che ha omesso di valutare i profili di nullità sollevati dal ricorrente in sede di primo grado di giudizio, ove aveva evidenziato l ‘ illegittimità della notifica tanto dell’avviso di accertamento quanto dell’invito al contraddittorio; l’accertamento effettuato dall’Agenzia delle Entrate era infatti scaturito dalla mancata risposta all’invito al contraddittorio, la cui omessa celebrazione non può tuttavia ricondursi a colpa del contribuente medesimo, essendosi la procedura notificatoria sostanziata ai sensi dell’art. 140 c .p.c. in mancanza dei relativi presupposti. La ricorrente sottolinea come nella procedura di accertamento tributario cd. standardizzato mediante l’applicazione dei parametri o degli studi di settore – la gravità, precisione e concordanza degli stessi non è ex lege determinata dallo scostamento del reddito dichiarato rispetto agli standars in sé considerati, ma nasce solo in esito al contraddittorio da attivare obbligatoriamente a cura dell’Amministrazione finanziaria, pena la nullità dell’accertamento.
Con l’unico motivo i ricorrenti si dolgono quindi del fatto che, s tante l’effetto devolutivo dell’appello, la CTR avrebbe dovuto valutare i profili di nullità, sollevati dagli stessi in sede di ricorso introduttivo, e relativi alla notifica del l’avviso di accertamento e soprattutto dell’ invito al contraddittorio, effettuata quest’ultima in assenza dei presupposti di cui all’art. 140 c.p.c., essendo la società ricorrente sempre stata reperibile all’indirizzo di cui alla visura camerale. Deducono poi sulla nullità dell’avviso di accertamento fondato sugli studi di settore, ove non preceduto dalla notifica dell’invito al contraddittorio.
2.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, occorre osservare che se, con riferimento al giudizio di appello, si parla di effetto devolutivo, nel senso che la causa devoluta alla cognizione del secondo giudice ha lo stesso oggetto del giudizio di primo grado, è ben vero che tale effetto si
produce nei limiti dei soli capi e punti della sentenza impugnata (secondo il noto brocardo tantum devolutum quantum appellatum ).
L’effetto devolutivo non è, cioè, automatico ed esteso all’interezza della lite .
Ed invero, la specifica esposizione dei motivi, di cui all’art. 53 d.lgs. n. 546 del 1992, per l’appellante, e l’onere di riproposizione, di cui all’art. 56 d.lgs. n. 546 del 1992, assolvono alla funzione di individuare l’ambito dell’effetto devolutivo, così delineato dalla parte.
Tali principi, propri del processo ordinario, valgono quindi altresì per il processo tributario ove si è infatti affermato che l’ effetto devolutivo è sì pieno ma sempre in riferimento al capo di decisione oggetto di censura (Cass. n. 25608 del 2021; Cass. n. 5388 del 2021).
In secondo luogo, occorre ribadire che la parte totalmente vittoriosa nel merito, ma soccombente su questione pregiudiziale di rito e/o preliminare di merito per rigetto (espresso od implicito) o per omesso esame della stessa, deve necessariamente spiegare appello incidentale per devolvere alla cognizione del giudice superiore la questione rispetto alla quale ha maturato una posizione di soccombenza teorica (Cass. n. 20315 del 2021).
Ciò premesso, occorre appena rammentare che secondo giurisprudenza consolidata di questa Suprema Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità, per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del ricorso per cassazione (cfr. Cass. SS.UU. n. 34469 del 2019), di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la
questione stessa (Cass. SS. UU. n. 2399 del 2014; Cass. n. 2730 del 2012; Cass. n. 20518 del 2008; Cass. n. 25546 del 2006; Cass. n. 3664 del 2006; Cass. n. 6542 del 2004; Cass. n. 32084 del 2019; Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 27568 del 2017).
2.2. Alla luce di tali consolidati principi di diritto, il motivo si rivela inammissibile.
Nel caso di specie, le parti ricorrenti, dopo aver premesso che la C.T.P. aveva rigettato tutte le loro eccezioni relative alle notifiche, non evidenziano di aver proposto (come avrebbero dovuto necessariamente fare, alla luce dei predetti principi) appello incidentale condizionato avverso tale parte della decisione né peraltro allegano di aver comunque riproposto in appello la questione , con ciò neanche allegando quindi l’avvenuta devoluzione della doglianza relativa al contraddittorio preventivo al giudice del gravame.
Giova appena precisare che il vizio di un atto impositivo determinato da omesso preventivo contraddittorio, ove necessario, non è rilevabile d’ufficio (Cass. n. 22549 del 2022; Cass. n. 2385 del 2025).
Ciò premesso, il motivo sconta infine una evidente ulteriore ragione di inammissibilità, in quanto la censura relativa alla nullità della notifica dell’invito al contraddittorio è del tutto genericamente esposta anche nei suoi termini fattuali, in quanto a pagina 4 del ricorso si evidenzia che l’eccezione era in termini di omessa notifica mentre a pagina 9 sembra emergere che la doglianza fosse in termini di violazione dell’ art. 60 lett. e) d.P.R. n. 600 del 1973 in quanto la notifica sarebbe stata effettuata col rito degli irreperibili, laddove la società «ha sempre avuto sede nell’indicato indirizzo» facendo riferimento ad «una visura camerale allegata», di cui non viene dedotta la produzione nel corso del giudizio di merito.
Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile.
In mancanza di svolgimento di attività difensiva dell’Agenzia delle entrate, non vi è luogo a provvedere sulle spese di lite.
Trattandosi di decisione conforme alla proposta di definizione anticipata opposta, i ricorrenti vanno altresì condannati al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro, ai sensi degli artt. 380. bis , quarto comma, e 96, quarto comma, c.p.c.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna i ricorrenti al pagamento, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c., della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende; a i sensi dell’art. 13 , comma 1quater, del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso art. 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 14 aprile 2025.