Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5359 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5359 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso nr. 29985-2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale estesa in calce al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI COGNOME, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentata e difesa dell’ Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale estesa in calce al controricorso
-controricorrente e ricorrente incidentale-
avverso la sentenza n. 2044/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL LAZIO, depositata il 20/4/2021;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento del secondo, terzo e sesto motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale, respinti gli altri motivi;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 24/1/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già RAGIONE_SOCIALE -di seguito la Società -propone ricorso, affidato a sei motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale del Lazio aveva accolto parzialmente l’appello del Comune di Pomezia avverso la sentenza n. 26321/2017
, in accoglimento del ricorso proposto avverso avviso di accertamento IMU 2012.
Il Comune di Pomezia resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a due motivi.
Parte ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente va respinta l’istanza di parte ricorrente, formulata nella memoria difensiva da ultimo depositata, di disporre la trattazione in pubblica udienza del presente giudizio, atteso che, in adesione all’indirizzo espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, il collegio giudicante ben può escludere, nell’esercizio di una valutazione discrezionale, la ricorrenza dei presupposti della trattazione in pubblica udienza, in ragione del carattere consolidato dei principi di diritto da applicare nel caso di specie (Cass., Sez. Un., n. 14437 del 2018) e non vertendosi in ipotesi di decisioni aventi rilevanza nomofilattica (Cass., Sez. Un., n. 8093 del 2020), come di seguito illustrato.
2.1. Con il primo motivo di ricorso principale la ricorrente fa valere l’efficacia di giudicato esterno in relazione alla sentenza n. 10130/39/2020,
depositata il 9.12.2020 e alla sentenza n. 3132/2021, depositata il 18.03.2021, prodotte in allegato al ricorso, entrambe pronunciate dalla Commissione tributaria provinciale di Roma e passate in giudicato per mancata impugnazione da parte del Comune di Pomezia successivamente alla data della pronuncia qui impugnata, con le quali erano stati accolti i ricorsi proposti dalla Società avverso gli avvisi di accertamento emessi ai fini IMU dal Comune di Pomezia, rispettivamente, per le annualità 2017 e 2016, e che si assumono avere ad oggetto rapporti di imposta analoghi a quelli oggetto del presente giudizio; con la memoria difensiva da ultimo depositata la contribuente ha altresì inteso far valere l’efficacia di giudicato esterno della sentenza n. 10130/39/2020, depositata il 9.12.2020, e della sentenza n. 3132/32/2021, con le quali la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva accolto i ricorsi proposti dall ‘ odierna ricorrente, in impugnazione degli avvisi di accertamento emessi ai fini IMU dal Comune di Pomezia, rispettivamente, per le annualità 2017 e 2016, e che parimenti si assumono avere ad oggetto rapporti di imposta in tutto analoghi a quelli di cui si discute nel presente giudizio.
2 .2. L’eccezione di giudicato esterno va disattesa.
2.3. Il giudicato eccepito dalla ricorrente (relativo alle annualità 2016 -2017), anche di là dal momento in cui si è formato rispetto alla data di pubblicazione della sentenza impugnata (che è quella che rileva per verificarne la sopravvenienza, diversamente da quanto dedotto in ricorso, che si riferisce a quella di pronuncia), non può comunque valere rispetto ad annualità diverse, come quella in esame (2012) in quanto la decisione si fonda, da un lato, su elementi sostanziali che non sono permanenti, ma piuttosto mutevoli, quali appunto l’edificabilità del terreno.
2.4. Al riguardo questa Corte ha, invero, più volte ribadito che nel processo tributario, l’effetto vincolante del giudicato esterno in relazione alle imposte periodiche concerne i fatti integranti elementi costitutivi della fattispecie che, estendendosi ad una pluralità di annualità, abbiano carattere stabile o tendenzialmente permanente mentre non riguarda gli elementi variabili, destinati a modificarsi nel tempo, escludendo che la pronuncia resa in altra controversia tra le stesse parti su precedenti annualità I.C.I. potesse
avere efficacia di giudicato circa l’accertamento sull’inedificabilità del terreno oggetto di tassazione, in considerazione della possibile adozione di atti amministrativi incidenti sullo sfruttamento urbanistico del bene (cfr. Cass. n. 25516 del 2019).
3.1. Con il secondo motivo di ricorso principale la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. n. 201/2011, degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 504/1992 e dell’art. 142 let. c) e g) del d.lgs. n. 42 del 2004, degli artt. 35 e 38 del PTPR della Regione Lazio» per avere la Commissione tributaria regionale, con riferimento alle aree assoggettate ai vincoli paesistici posti dall’art. 142 let. g) del D.Lgs. n. 42/2004 , dall’art. 10 L. R. n. 24/1998 , e dall’art. 38 del PTPR della Regione Lazio , escluso la sussistenza di «vincoli di inedificabilità assoluta» con conseguente imponibilità ai fini IMU e per avere ritenuto la sussistenza del « presupposto impositivo dell’edificabilità per le aree oggetto dell’avviso di accertamento e censite al FOGLIO 36, part. 72, 212, 214, sostenendo che con riferimento agli esaminati vincoli posti a protezione delle acque pubbliche dal D. Lgs. n. 42/2004, art. 142 let. c) e dal PTPR della Regione Lazio, art. 35, ‘non …(poteva)… parlarsi di vincoli di inedificabilità assoluta’ ».
3.2. Con il terzo motivo di ricorso principale la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. n. 201/2011, degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 504/1992 e dell’art. 145 del d. lgs. n. 42 del 2004» quanto al vincolo di area protetta ‘ Riserva del Parco della Sughereta ‘ con riferimento alla parte della sentenza in cui la Commissione Tributaria Regionale ha ritenuto la sussistenza dei presupposti di imponibilità con riguardo a parte delle aree assoggettate ai vincoli di area naturale protetta dalla Legge Regionale istitutiva del Parco della Sughereta.
3.3. I motivi vanno esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi; essi sono fondati.
3.4. La ricorrente si duole, sostanzialmente, che la Commissione tributaria regionale non abbia ritenuto vincoli assoluti di inedificabilità i
vincoli paesaggistici e del Parco della Sughereta, come risultanti dai relativi certificati urbanistici.
3.5. Con riferimento al vincolo paesaggistico, questa Corte ha affermato che, in tema di ICI (sulla scorta di principi applicabili anche all’IMU) , deve escludersi la natura edificabile di un’area che tale sia in base al PRG solo allorquando il piano paesaggistico regionale preveda vincoli di inedificabilità assoluti (cfr. Cass. n. 34242 del 2019).
3.6. Invero, ai fini della tassabilità delle «aree fabbricabili», le previsioni del piano paesaggistico regionale prevalgono, a norma dell’art. 145, comma 3, del d.lgs. n. 42 del 2004, sugli strumenti urbanistici dei Comuni, con la conseguenza che è irrilevante che il terreno sia edificabile secondo il piano regolatore generale qualora, in base al piano paesaggistico regionale, lo stesso sia soggetto ad un vincolo di inedificabilità assoluta, il quale, diversamente dai vincoli di inedificabilità specifica – che possono incidere unicamente sul valore venale – è idoneo a escludere la natura edificabile dell’area e, quindi, il presupposto impositivo (cfr. Cass. n. 33012 del 2019).
3.7. Sul tema delle relazioni tra piani paesaggistici e piani urbanistici, alla luce dell’art. 145 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), pur avendo sancito in a stratto il principio generale dell’assoluta prevalenza delle prescrizioni del piano paesaggistico regionale, comunque denominato, sulla pianificazione urbanistica comunale, questa Corte ha precisato che la regola secondo cui la presenza sull’area di vincoli di destinazione influisce unicamente sulla maggiore o minore potenzialità edificatoria, ma non sulla natura edificabile ex se dell’area ai fini tributari non concerne la diversa ipotesi in cui l’area, ancorché edificabile secondo il piano regolatore generale, tale non sia all’esito della valutazione complessiva ed integrata di quest’ultimo con lo strumento di pianificazione paesaggistica ed ambientale regionale (in termini: Cass. 9 luglio 2014, n. 15729; Cass., 19 aprile 2019, n. 11080; Cass., 18 settembre 2019, n. 23206; Cass., 24 settembre 2019, nn. 23671 e 23672; Cass., 14 dicembre 2019, n. 33012; Cass., 20 dicembre 2019, n. 34242; Cass. 15 marzo 2022, n. 8363).
3.8. Va, pertanto, ribadito il principio secondo cui, per le aree ricomprese nel piano regolatore generale, l’edificabilità non è esclusa da vincoli specifici, che possono incidere unicamente sul valore venale delle stesse in ragione delle concrete potenzialità edificatorie, ed è insussistente solo in presenza di vincoli assoluti, ancorché posti da strumenti regionali di pianificazione paesaggistica ed ambientale, i quali prevalgono sulla pianificazione urbanistica comunale (cfr. Cass. n. 23206 del 2019).
3.9. Peraltro, solo le aree situate completamente nella fascia di rispetto (dei corsi d’acqua o ferroviario di cui all’art. 49 del d.P.R. n. 753 del 1980) non sono assoggettate ad ICI (o IMU), in quanto sottoposte ad un divieto assoluto di edificazione; diversamente, per le aree incluse solo in parte sulla detta fascia il vincolo incide solo sulla determinazione del valore delle stesse e, quindi, sulla base imponibile (cfr. Cass. n. 23211 del 2019).
3.10. È stato inoltre più volte affermato da questa Corte che anche ai fini ICI (o IMU), come in materia di plusvalenze reddituali da cessione di area edificabile, non può essere considerata tale l’area inserita dallo strumento urbanistico in zona di risanamento conservativo per la quale la normativa comunale preveda solo interventi edilizi di recupero e risanamento delle costruzioni già esistenti, senza possibilità di incrementi volumetrici (cfr. Cass. nn. 25774 del 2017, 17815 del 2017).
3.11. Poste tali premesse in diritto, la Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue: «Con riguardo alle altre aree di cui è eccepito l’assoggettamento ai vincoli paesaggistici posti dell’art. 142 del Codice dei beni culturali D Lgs. n. 42/2004, dal PTPR e ai vincoli del Parco della Sughereta nei certificati urbanistici, … per esse non può parlarsi di vincoli di inedificabilità assoluta (per quanto riguarda l’istituzione del Parco si fa riferimento nel certificato urbanistico all’art. 30 L.R. 10 agosto 2016, n. 12) … la tutela delle aree in questione, sulla base del piano territoriale paesistico regionale del Lazio, non si pone come incompatibile con interventi manutentivi e di recupero di edifici esistenti. Peraltro, in sede di altro contenzioso citato dall’appellante (definito in senso favorevole al Comune di Pomezia con la sentenza CTR n. 110/20/10 del 9 giugno 2010, e l’ordinanza Cassazione n. 10563 del 24.05.2012) è emerso che “la variazione della
destinazione urbanistica che ha interessato la Sughereta – area di particolare attrattiva e pregio paesaggistico e naturalistico, come dichiarato in udienza dalla difesa tecnica del contribuente e come risulta dal ricorso introduttivo pag. 14 – che ha determinato nell’insediamento complessivo una riduzione di mq 470.000.000 (metri cubi edificabili 900.000), lungi dal costituire una componente negativa del valore della proprietà accertata, rappresenta invece un ulteriore motivo di incremento del suo valore unitario, proprio per la riduzione volumetrica dell’insediamento assentito (con diminuzione della possibile offerta edilizia) e l’incremento della domanda indotta dal sicuro mantenimento e dalla garanzia della fruizione della pregevole area protetta, divenuta intangibile a fini costruttivi” (sent. CTP n. 218/04/09 del 16.06.2009)».
3.12. Nella sentenza impugnata, mediante specifico riferimento al certificato di destinazione urbanistica, emerge, contrariamente a quando affermato dalla Commissione tributaria regionale, che va esclusa la natura edificabile di area su cui, come quella oggetto della presente controversia, siano possibili unicamente interventi di risanamento conservativo dei fabbricati esistenti.
3.13. Il riferimento a quanto accertato, inoltre, nell’ambito di diverso contenzioso tra le medesime parti risulta inconferente non essendo stato specificato a quale annualità si riferiscano le pronunce citate, contenenti l’accertamento circa l’edificabilità dei suoli.
3.14. Ne consegue che la sentenza impugnata sul punto non è conforme ai principi dianzi illustrati.
4.1. Con il quarto motivo di ricorso principale la Società denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e falsa applicazione dell’art. 13 del d.l. n. 201/2011 e degli artt. 1 e 2 del d. lgs. n. 504/1992» con riguardo alla parte della sentenza in cui la Commissione tributaria regionale, relativamente all’area destinata dal PRG del Comune ad attrezzature di servizio, con relativo vincolo di utilizzo pubblico, ha affermato che «dalla destinazione in zona M1 prevista dal PRG non discende la perdita della vocazione edificatoria».
4.2. In particolare, la ricorrente prospetta che il «vincolo impresso alle aree con destinazione ad attrezzature pubbliche che non preveda in modo espresso la facoltà di costruire anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico/privata senza necessità di ablazione del bene, si pone … all’interno dello schema ablatorio -espropriativo, in quanto aree preordinate all’acquisizione pubblica ai sensi dell’art. 3, comma 1, lett. c) e d) del D.P.R. n. 327/2001».
4.3. La censura è fondata.
4.4. Come già recentemente affermato da questa Corte, in tema di ICI, la nozione di edificabilità di un immobile non si identifica e non si esaurisce in quella di edilizia abitativa, per cui l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico, anche se incide nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, tuttavia non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile (cfr. Cass. n. 25935 del 2024).
4.5. Ai fini ICI deve ritenersi dunque edificabile anche un’area inclusa in zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico (quali parcheggi, strade, verde pubblico attrezzato) con i limiti dianzi precisati (cfr. anche Cass. n. 14503 del 2016; conf. Cass. n. 11163 del 2021 in motiv.).
4.6. Occorre, tuttavia, rilevare che l’orientamento da ultimo richiamato è sicuramente applicabile quando il proprietario possa sfruttare le potenzialità edificatorie del terreno realizzando le opere o cedendo il terreno a un privato che andrà a realizzarle, ma non anche quando le opere possono essere realizzate soltanto da determinati soggetti pubblici.
4.7. Non può, infatti, riconoscersi la prerogativa dell’edificabilità con riguardo a terreni che siano vincolati a scopi pubblicistici che comportino l’edificazione esclusivamente da parte di un soggetto ben determinato e
legittimato ad acquisire l’area attraverso l’esproprio, poiché in tal caso è preclusa al privato qualsiasi forma di trasformazione del suolo riconducibile alla nozione tecnica di edificazione che, se anche prevista, è concepita al solo fine di assicurare la fruizione pubblica degli spazi (cfr. Cass. n. 7328 del 2023; Cass. n. 24744 del 2022; Cass. n. 36331 del 2021; Cass. n. 1150 del 2014).
4.8. Va in altri termini esclusa l’edificabilità delle aree concretamente vincolate ad un utilizzo meramente pubblicistico (verde pubblico, attrezzature pubbliche, viabilità, ecc.), in quanto gravate da un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte le forme di trasformazione del suolo riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, quale estrinsecazione dello ius aedificandi connesso con il diritto di proprietà ovvero con l’edilizia privata esprimibile dal proprietario dell’area (cfr. Cass. Sez. Un. n. 4757 del 2020).
4.9. Viceversa, non può escludersi l’imponibilità anche ai fini ICI/IMU quando l’edificazione possa essere affidata a terzi, ossia a soggetti privati o a enti diversi dall’amministrazione, e ciò in quanto in tali casi l’area esprime una pur limitata vocazione edificatoria (cfr. anche se con riguardo alle imposte sui redditi, Cass. n. 20950 del 2015; Cass. n. 20252 del 2012; Cass. n. 15213 del 2010; Cass. n. 11729 del 2003).
4.10. Qualora trattasi di area non soggetta ad edificazione esclusivamente pubblica, essendo consentita l’edificazione privata attraverso strumenti di convenzionamento, ad essa deve, pertanto, riconoscersi una vocazione edificatoria.
4.11. Infatti, qualora il vincolo posto dalla classificazione tolleri la realizzazione di interventi (o successive espropriazioni) non solo di natura pubblica, ma anche ad iniziativa privata – non importa se direttamente o in seguito ad accordi di natura complessa – o, comunque, di interventi di natura promiscua pubblico-privata, detto vincolo non è idoneo ad escludere la vocazione edificatoria del suolo (cfr. Cass. n. 19161 del 2004; Cass n. 11729 del 2003).
4.12. Il vincolo, in tali casi, può essere ricompreso, come chiarito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 179 del 1999, tra quelli che
«importano una destinazione (anche di contenuto specifico) realizzabile ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata».
4.13. Ciò posto, la Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue: «Per quanto riguarda … le aree indicate nell’avviso di accertamento impugnato e rientranti nel PRG del Comune di Pomezia in zona M1 “attrezzature di servizio” (FOGLIO 30, particelle 31, 509, 510, 715, 980), osserva la Commissione che dalla destinazione in zona M1 prevista dal PRG non discende la perdita della vocazione edificatoria, in quanto quest’ultima non può essere riferita soltanto a quella di carattere residenziale (cfr. Cass. civ. Sez. V, Sent., 27-10-2017, n. 25569). Resta comunque in capo al Comune l’esigenza di tenere concretamente conto nella potenzialità edificatorie dell’immobile, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio” (Cass. n. 12377/2016; SS. UU. n. 25506/2006)».
4.14. Alla stregua delle considerazioni svolte, la decisione impugnata si è discostata dai principi su esposti atteso che, pur avendo la Società dedotto che sull’area era preclusa la realizzazione di attrezzature ed impianti d’interesse generale a soggetti terzi, anche privati, essendo stata l’area altresì sottoposta al relativo vincolo preordinato all’esproprio , la Commissione tributaria regionale ha omesso di verificare che la destinazione attribuita all’area dalla classificazione in zona M1 non escludesse, in assoluto, l’attribuzione alla stessa di una vocazione edificatoria, sia pure specifica, per essere consentito anche a privati proprietari di realizzare le opere previste e, quindi, di sfruttare economicamente il diritto dominicale.
5.1. Con il quinto motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., omessa motivazione circa «la dedotta carenza del presupposto soggettivo dell’imponibilità ai fini IMU …(sulle)… aree per le quali non sussiste il diritto di proprietà in capo alla società ai sensi degli artt. 8 e 9 del d.lgs. n. 23/2011 e dell’art. 3 del regolamento IMU dell’ente impositore ».
5.2. In particolare, si denuncia «la mancanza integrale di motivazione in merito all’insussistenza del presupposto impositivo ai fini IMU con riferimento alle altre particelle censite al foglio 29: particella 455, foglio 30:
particelle 4, 5, 75, 468, 505, 506, 508, 511, 512, 515, 516, 517, 518, 519, 706, 707, 802, 980, 981, foglio 36, part. 72, 212, 214, tutte oggetto di accertamento nell’avviso notificato dal Comune di Pomezia, di cui …(sarebbe)… stata allegata e dimostrata la perdita di possesso a causa di provvedimenti espropriativi notificati dal Comune …».
5.3. La doglianza è fondata.
5.4. A fronte delle specifiche deduzioni al riguardo da parte della Società in primo grado ed in appello (come ritualmente trascritto nel ricorso in cassazione), la Commissione tributaria regionale si è limitata a rilevare quanto segue: «Occorre peraltro considerare per la part. 509 la perdita di possesso da parte della resistente verificatasi in annualità precedente a quella accertata per effetto di espropriazione con edificazione di istituto scolastico ad opera del Comune (vgs. anche provvedimento del Comune di Pomezia di annullamento in autotutela di avviso di accertamento ICI anno 2009, allegato al ricorso in primo grado)».
5.5. È indubbio quindi che la motivazione della Corte territoriale non fornisca risposta alcuna alle articolate richieste e deduzioni della Società circa l’insussistenza del presupposto impositivo ai fini IMU delle aree dianzi indicate per intervenuto esproprio da parte del Comune.
6.1. Con il sesto motivo la Società denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., «l’omessa rideterminazione dell’imponibile in violazione dell’art. 112 c.p.c., dell’art. 35 co. 3 d.lgs. n. 546/1992» in quanto, pur avendo la ricorrente, contestato, in appello, in subordine, i valori delle aree indicati dal Comune nell’avviso di accertamento, la Commissione tributaria regionale aveva omesso di rideterminare la pretesa tributaria e onerato il Comune di Pomezia della riduzione dell’imponibile, dell’imposta e delle sanzioni, senza indicazione degli specifici criteri da applicare ai fini della effettiva riduzione della pretesa.
6.2. La doglianza è assorbita in conseguenza dell’accoglimento dei motivi dianzi illustrati.
7.1. Con il primo motivo di ricorso incidentale il Comune denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c. …(per)… mancato riconoscimento dell’effetto
di giudicato esterno sulla controversia» in relazione alla sentenza in giudicato n. 110/201/10 del 9.06.2010 della Commissione tributaria regionale del Lazio ed all’ordinanza della Suprema Corte n. 10563 del 24.05.2012, ritualmente dedotte in giudizio dal Comune.
7.2. Con riguardo alla censura, con cui si torna a far valere il giudicato esterno, negato dal giudice d’appello, quanto alla citata sentenza n. 110/201/10 della Commissione tributaria regionale del Lazio, oggetto di conferma con ordinanza di questa Corte n. 10563 del 2012, va accolta l’eccezione di inammissibilità, formulata dalla Procura Generale, per non avere il Comune «impugnato … il capo della sentenza in cui la CTR ha accertato, fra l’altro, l’assorbente circostanza di fatto della differenza ‘nelle aree oggetto di accertamento’ fra i giudizi conclusi con sentenza passata in giudicato e quello in esame».
7.3. La Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue: « … nel caso in esame, a prescindere dall’obiettiva circostanza che IMU e ICI, fatte salve numerose somiglianze, sono imposte diverse, con differenti presupposti impositivi, ulteriori e più marcate differenze si sono riscontrate nelle aree oggetto di accertamento, nei valori attribuiti, nei soggetti accertatori e nelle modalità di accertamento».
7.4. Il Comune risulta aver contestato, con il motivo di ricorso in esame, le affermazioni circa la «differenza di soggetti accertatori e di modalità di accertamento» e i differenti tipi di imposta, senza argomentare in alcun modo circa la riscontrata differenza tra le aree oggetto di accertamento.
7.5. Trattasi, tuttavia, di ratio idonea a sostenere autonomamente l’impugnata statuizione di rigetto della richiesta del Comune di applicazione del suddetto giudicato esterno.
7.6. È d’uopo, dunque, osservare che il ricorso per cassazione non introduce un terzo grado di giudizio tramite il quale far valere la mera ingiustizia della sentenza impugnata, caratterizzandosi, invece, come un rimedio impugnatorio, a critica vincolata ed a cognizione determinata dall’ambito della denuncia attraverso il vizio o i vizi dedotti, al che consegue che, qualora la decisione impugnata si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte ed autonome, ciascuna delle quali logicamente e giuridicamente
sufficiente a sorreggerla, è inammissibile il ricorso (o, nel caso in esame, il singolo motivo di ricorso) che non formuli specifiche doglianze avverso una di tali rationes decidendi , neppure sotto il profilo del vizio di motivazione (cfr. Cass. Sez. U. n. 7931 del 2013; in senso conforme).
8.1. Con il secondo motivo di ricorso incidentale il Comune denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. «violazione e falsa applicazione dell’art. 13 D.L. n. 201/2011, degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 504/1992 …(circa l’)…a rea avente destinazione urbanistica a parco pubblico, definite dalle risultanze catastali con “zona N”» e lamenta che la Commissione tributaria regionale non abbia «riconosciuto per l’area identificata dalle risultanze catastali con “zona N”, la qualifica di area fabbricabile».
8.2. La censura è fondata.
8.3. Al riguardo la Commissione tributaria regionale ha affermato quanto segue:«Deve … negarsi la natura edificabile delle aree comprese in zona destinata dal PRG a “verde pubblico attrezzato” in quanto tale destinazione è preclusiva ai privati di forme di trasformazione del suolo riconducibile alla nozione tecnica di edificazione e le trasformazioni, se previste, sono concepite al solo fine di assicurare la fruizione pubblica degli spazi (cfr., Cass., 20 novembre 2006 n. 24585; Cass., 11741/06; Cass., 29 maggio 2001 n. 7258) … In relazione a quanto precede, va esclusa l’edificabilità ai fini IMU delle aree indicate nell’avviso di accertamento impugnato come rientranti nella “Zona N” identificata dal comune di Pomezia in aree destinate a Parco Pubblico (FOGLIO 29: particelle 30, 31, 454, 455, 456, 458, 459; FOGLIO 30: particelle 348, 349, 706; FOGLIO 36: particelle n. 72, 212, 214)».
8.4. Ciò posto, come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 16467/2022) con riguardo alla questione relativa al se il vincolo di destinazione urbanistica a «verde pubblico» sottragga l’area al regime fiscale dei suoli edificabili, ai fini dell’ICI/IMU, trovano applicazione i principii, già enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte e a cui il Collegio intende dare in questa sede continuità, secondo cui, in tema d’imposta comunale sugli immobili la nozione di edificabilità non si identifica e non si esaurisce in quella
di edilizia abitativa (cfr. Cass. n. 19161/2004), cosicché l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale ad attrezzature e impianti di interesse generale, o a servizi pubblici o di interesse pubblico, non esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione, che condizionano, in concreto, l’edificabilità del suolo, ma non sottraggono l’area su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili e considerato che la destinazione prevista dal vincolo posto dal piano regolatore è realizzabile non necessariamente mediante interventi (o successive espropriazioni) di carattere pubblico, ma anche ad iniziativa privata o promiscua pubblico-privata (non importa se direttamente ovvero in seguito ad accordi di natura complessa) (cfr. Cass. nn. 21351/2021, 17764/2018, 23814/2016, 14763/2015, 5161/2014, 9778/2010, 9510/2010, 19161/2004).
8.5. Va dunque motivatamente disatteso il diverso orientamento (cfr. Cass. nn. 27121/2019, 5992/2015, 25672/2008), secondo il quale le aree sottoposte dal piano regolatore generale a un vincolo di destinazione che preclude ai privati tutte quelle trasformazioni del suolo che sono riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, non possono essere qualificate come fabbricabili, ai sensi dell’art. 1, comma 2, del d. lgs 1992/504 e restano sottratte al regime fiscale dei suoli fabbricabili, non tenendo conto, tali pronunce, che il D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, art. 2, comma 1, lett. b), prevedendo che un terreno è considerato edificatorio sia quando l’edificabilità risulti dagli strumenti urbanistici generali o attuativi, sia quando, per lo stesso terreno, esistano possibilità effettive di costruzione, delinea una nozione di area edificabile ampia ed ispirata alla mera potenzialità edificatoria.
8.6. Essa, pertanto, non può essere esclusa dalla ricorrenza di vincoli o destinazioni urbanistiche che condizionino, in concreto, l’edificabilità del suolo, giacché tali limiti, incidendo sulle facoltà dominicali connesse alla possibilità di trasformazione urbanistico edilizia del suolo medesimo, ne presuppongono la vocazione edificatoria.
8.7. Con riguardo, alle aree destinate a servizi pubblici o di interesse pubblico, è stato ritenuto, infatti, che «in tema d’imposta comunale sugli immobili (ICI), l’inclusione di un’area in una zona destinata dal piano regolatore generale a servizi pubblici o di interesse pubblico incide senz’altro nella determinazione del valore venale dell’immobile, da valutare in base alla maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, ma non ne esclude l’oggettivo carattere edificabile ex art. 2 del d.lgs. n. 504 del 1992, atteso che i vincoli d’inedificabilità assoluta, stabiliti in via generale e preventiva nel piano regolatore generale, vanno tenuti distinti dai vincoli di destinazione che non fanno venire meno l’originaria natura edificabile» (cfr. Cass. n. 23814/2016; conformi Cass. nn. 25935/2024 cit., 9529/2023, 5604/2022, 653/2022, 17764/2018).
8.8. Ne discende che la presenza dei suddetti vincoli non sottrae le aree su cui insistono al regime fiscale proprio dei suoli edificabili, ma incide soltanto sulla concreta valutazione del relativo valore venale e, conseguentemente, sulla base imponibile (cfr. Cass. nn. 24308 del 2016, 5161 del 2014, 9778 del 2010, 9510 del 2008), atteso che l’edificabilità non si identifica né si esaurisce – come già precisato – con quella residenziale abitativa, ma ricomprende tutte quelle forme di trasformazione del suolo in via di principio non precluse (come nella specie) all’iniziativa privata – che siano riconducibili alla nozione tecnica di edificazione, ferma restando la rilevanza, ai fini della determinazione dell’immobile nella fattispecie concreta, del diverso grado di commerciabilità e del diverso livello di apprezzabilità dello stesso in ragione della sua specifica destinazione
8.9. Va fatta salva, invero, solo l’ipotesi in cui nell’area in questione sia precluso l’intervento del privato in quanto i terreni siano, ad esempio, sottoposti ad un vincolo espropriativo o siano destinati esclusivamente a iniziative pubbliche, quindi inedificabili per un privato, valendo le medesime considerazioni già illustrate con riguardo alle aree destinate ad «attrezzature di servizio», di cui al quarto motivo di ricorso principale.
8.10. La sentenza della CTR del Lazio ha dunque solo apparentemente fatto proprio il predetto indirizzo giurisprudenziale, in quanto non risulta correttamente affrontata dal giudice di appello la questione della dedotta
inedificabilità assoluta dei terreni oggetto di causa, non avendo la Corte territoriale verificato che il vincolo posto dalla classificazione a «verde pubblico attrezzato» introduca una destinazione realizzabile solo mediante interventi (o successive espropriazioni) di natura pubblica e non anche ad iniziativa privata, o promiscua pubblico -privata.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, pertanto, valutandosi la fondatezza del secondo, terzo, quarto e quinto motivo del ricorso principale e del secondo motivo del ricorso incidentale, assorbito il sesto motivo del ricorso principale e respinti i rimanenti motivi, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo, terzo, quarto e quinto motivo di ricorso principale ed il secondo motivo di ricorso incidentale, assorbito il sesto motivo di ricorso principale e respinti i rimanenti motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da