Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14697 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14697 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 17645/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE GESTIONE ENTRATE TRIBUTARIE E PATRIMONIALI ENTI LOCALI, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè contro
COMUNE DI SEGRATE rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE CODICE_FISCALE digitale PEC
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 3020/2020 depositata il 17/12/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Sentito il AVV_NOTAIO il quale ha chiesto il rigetto del ricorso.
Uditi i difensori delle parti i quali hanno concluso riportandosi ai rispettivi scritti difensivi.
FATTI DI CAUSA
1. La Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, con la sentenza n. 3020/15/2020 depositata in data 17 dicembre 2020 e non notificata, in controversia su impugnazione di diniego di rimborso dell’IMU relativa all’anno 2012 a seguito dell’annullamento delle deliberazioni adottate dal Consiglio Comunale il 15 luglio 2011 n. 36 ed il 14 febbraio 2012 n. 11, rispettivamente per l’adozione e l’approvazione del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del Territorio , con sentenza T.A.R. per la Lombardia il 27 febbraio 2015 n. 576, confermata con sentenza Consiglio di Stato, Sez. 4^, il 28 giugno 2016 n. 2921, in relazione alla proprietà di un terreno sito nel territorio comunale, esteso mq. 25.020 e compreso tra le aree di trasformazione urbanistica del
predetto RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE del Territorio (in particolare nell’ambito di trasformazione TR2), rigettava l’appello proposto dal contribuente NOME COGNOME nei confronti del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (BA) e della “RAGIONE_SOCIALE” (quest’ultima nella qualità di concessionaria del servizio di gestione delle entrate tributarie per il RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (MI)), avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Milano n. 1274/12/2019, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
1.1. I giudici di appello confermavano la decisione di primo grado sul presupposto che l’edificabilità andava valutata in relazione alle mere potenzialità edificatorie dell’area.
Contro detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME, affidato ad un unico motivo, cui hanno resistito il RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE
In ragione della rilevanza nomofilattica della questione, con ordinanza interlocutoria in data 28.9.2023 la causa è stata rimessa in pubblica udienza.
Tutte le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONE_SOCIALE, nel depositare la propria memoria ha segnalato, con apposita istanza, un problema tecnico del sistema informatico ai fini del deposito di detta memoria, assumendo che la stessa doveva essere ritenuta in ogni caso tempestiva e rituale. Tale memoria, che risulta ritualmente scambiata e discussa in udienza, anche in difetto di eccezione da parte del ricorrente, deve essere ritenuta ammissibile in ragione del rappresentato impedimento tecnico effettivamente riscontrato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con unico motivo parte contribuente denuncia, ai sensi dell’ art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 1, commi 164 e 165, legge n. 296/2006, 2033 cod. civ., 11quaterdecies , comma 16, del d.l. 30 settembre 2005 n. 203, convertito, con modificazioni, dalla Legge 2 dicembre
2005 n. 248, 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248, e 5, comma 5, del D.L.vo 30 dicembre 1992 n. 504, per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che l’annullamento dello strumento urbanistico da parte del giudice amministrativo non escludesse, ab origine, l’edificabilità del terreno in questione, con la conseguenza che la rideterminazione in minus del valore imponibile ai fini dell’ICI e dell’IMU giustificasse la rimborsabilità, ex art. 2033 cod. civ., dell’eccedenza indebitamente versata a tale titolo nell’ anno 2012.
1.1. Ad avviso di parte ricorrente non occorrerebbe indagare circa l’effettiva portata della nozione tributaria di area edificabile, né valutare la sussistenza di un diritto al rimborso d’imposta (art. 59, comma 1, lett. f), d. lgs. n. 446/1997), bensì collocare la fattispecie nell’ambito dei principi generali in tema di indebito oggettivo.
Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.
Questa Corte, occupandosi in modo specifico dei riflessi dell’annullamento giudiziale degli atti relativi al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE (MI) sulla rimborsabilità dell’IMU versata in eccedenza da altro contribuente per rispetto alla determinazione del valore imponibile di aree ricondotte ope iudicis alla originaria destinazione agricola, con la pronunzia n. 30372/2021 -le cui conclusioni sono state fatte proprie anche da Cass. 31174/2022 – ha chiarito che nel caso di specie l’annullamento delle delibere di adozione ed approvazione del RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE del Territorio (PGT) non poteva avere alcuna diretta incidenza sulla
qualifica di edificabilità del terreno.
Secondo l’iter argomentativo di cui alle citate pronunzie, l’edificabilità fiscale si divide in due specie: l’area edificabile di diritto, così qualificata in un piano urbanistico, e l’area edificabile di fatto, vale a dire quella del terreno che, pur non essendo urbanisticamente qualificato, può nondimeno avere una vocazione edificatoria che si individua attraverso la constatazione dell’esistenza di taluni fattori
indice, come la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio raggiunto dalle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali, la presenza di opere di urbanizzazione primaria, il collegamento con i centri urbani già organizzati, e l’esistenza di qualsiasi altro elemento obiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica (Cass., Sez. 5″, 14 novembre 2012, n. 19851; Cass., Sez. 5″, 16 novembre 2012, n. 20137; Cass., Sez. 5″, 11 novembre 2016, n. 23023). L’edificabilità di fatto è ritenuta giuridicamente rilevante in quanto specificamente considerata dalla legge sia ai fini dell’ICI (art. 2, comma 1, lett. b, del D.L.vo 30 dicembre 8 1992 n. 504), sia ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione (artt. 5-bis, comma 3, del D.L. 11 luglio 1992 n. 333, convertito, con modificazioni, dalla Legge 8 agosto 1992 n.359 e 37, comma 5, del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327), ed anche, avendo riflessi sul valore del bene immobile, ai fini delle imposte di registro e dell’INVIM (Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2006, n. 9131; Cass., Sez. 5^, 14 novembre 2012, n. 19851).
Si è pure evidenziato che anche in tema di imposta di registro, a seguito dell’entrata in vigore dell’art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248, che ha fornito l’interpretazione autentica del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’edificabilità di un’area, ai fini di sostenere l’inapplicabilità del sistema di valutazione automatica previsto dall’art. 52, comma 4, del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, dev’essere desunta dalla qualificazione ad esso attribuita nel piano regolatore generale adottato dal RAGIONE_SOCIALE, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, atteso che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, senza che assumano alcun rilievo eventuali vicende successive incidenti sulla sua edificabilità, quali la mancata approvazione o la modificazione dello strumento urbanistico,
considerato che la valutazione del bene dev’essere compiuta in riferimento al momento del suo trasferimento, che costituisce il fatto imponibile, avente carattere istantaneo (Cass., Sez. 5^, 21 maggio 2014, n. 11182; Cass., Sez. 6^-5, 29 ottobre 2018, n. 27426).
Ed, ancora, che analogamente, in tema di imposta sulle successioni, l’edificabilità di un’area va desunta dalla qualificazione attribuita nel piano regolatore generale adottato dal RAGIONE_SOCIALE, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, poiché l’art. 36, comma 2, del D.L. 4 luglio 2006 n. 223, convertito, con modificazioni, dalla Legge 4 agosto 2006 n. 248, è norma d’interpretazione autentica, che ha portata retroattiva e valenza generale, per cui si applica anche alle fattispecie anteriori alla sua entrata in vigore ed ai tributi diversi da quelli in essa espressamente contemplati, in tutti i casi in cui venga in rilievo l’utilizzazione edificatoria di terreni (Cass., Sez. 5^, 19 dicembre 2014, n. 27077; Cass., Sez. 5^, 23 settembre 2016, n. 18655).
3.2. Più in generale si è reiteratamente affermato che l’annullamento della delibera di adozione ed approvazione del piano regolatore generale da parte del giudice amministrativo non ha diretta incidenza sulla qualificazione edificatoria delle aree ex agricole, e non giustifica il rimborso dell’imposta versata in eccedenza rispetto alla determinazione del valore imponibile di aree ricondotte ” ope iudicis ” alla originaria destinazione agricola, poiché ai fini fiscali rileva non solo l’edificabilità di diritto, derivante dal piano urbanistico, ma appunto anche l’edificabilità di fatto, da individuarsi sulla base di indici quali la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio delle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali e l’esistenza di qualsiasi elemento obiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica (così Cass., 21 ottobre 2022, n. 31174; v. altresì, quanto al criterio della edificabilità di fatto, Cass., 29 ottobre 2021, n. 30732; Cass., 9 luglio 2019, n. 18368; Cass., 21 dicembre 2016, n.
26494; Cass., 16 novembre 2012, n. 20137; Cass., 19 aprile 2006, n. 9131).
3.3. Un simile approccio ermeneutico appare, del resto, pienamente in linea con il dettato normativo e con i principi affermati dalle S.U. che, nella nota pronunzia n. 25506/2006, hanno avuto modo di chiarire che l’inizio del procedimento di trasformazione urbanistica è sufficiente a far lievitare il valore venale dell’immobile, le cui eventuali oscillazioni, in dipendenza dell’andamento dello stato di attuazione delle procedure incidenti sullo ius aedificandi o di modifiche del piano regolatore che si traducano in una diversa classificazione del suolo, possono giustificare soltanto una variazione del prelievo nel periodo d’imposta, conformemente alla natura periodica del tributo in questione, senza che ciò comporti il diritto al rimborso per gli anni pregressi, a meno che il RAGIONE_SOCIALE non ritenga di riconoscerlo, ai sensi del
, lett. f).
3.4. Non può, peraltro, sottacersi che una tale conclusione trovi proprio conferma specificatamente per l’ICI, nella formulazione dell’ art. 59 citato in tema di potestà regolamentare in tema di imposta comunale sugli immobili: orbene, fra le facoltà ‘discrezionalmente’ rimesse ai singoli Comuni impositori nello specifico settore, è espressamente contemplata, alla lett. f) del primo comma, quella di prevedere il diritto al rimborso dell’imposta pagata per le aree ‘ successivamente divenute inedificabili ‘ , stabilendone termini, limiti temporali e condizioni, avuto anche riguardo alle modalità ed alla frequenza delle varianti apportate agli strumenti urbanistici.
3.5. Dunque, la regola è l’inammissibilità del rimborso del tributo relativamente alle aree divenute non più edificabili e, quindi, dell’insussistenza di un ‘diritto al rimborso’ ma è rimessa alla libera discrezionalità dei Comuni la (semplice) facoltà di ammettere rimborsi, nei tempi ed alle condizioni indicati negli appositi
regolamenti, per l’ICI versata, non potendo dunque trovare applicazione l’invocato art. 2033 cod. civ.
3.6. In disparte ogni ulteriore valutazione in ordine alla configurabilità di un ‘indebito oggettivo’ in senso stretto va, del resto, osservato che stessa Corte Costituzionale, con la sentenza n. 332/2002, ha affermato che il diritto alla ripetizione ex art. 2033 cod. civ. si atteggia diversamente in materia tributaria e può essere legittimamente limitato od escluso dal legislatore.
3.7. Va, dunque, ribadito il principio di diritto secondo cui ‘ In tema di ICI e di IMU, l’annullamento della delibera di adozione ed approvazione del piano regolatore generale da parte del giudice amministrativo non ha diretta incidenza sulla qualificazione edificatoria delle aree ex agricole e non giustifica il rimborso dell’imposta versata in eccedenza rispetto alla determinazione del valore imponibile di aree ricondotte ” ope iudicis ” alla originaria destinazione agricola, poiché ai fini fiscali rileva non solo l’edificabilità di diritto, derivante dal piano urbanistico, ma anche l’edificabilità di fatto, da individuarsi sulla base di indici quali la vicinanza al centro abitato, lo sviluppo edilizio delle zone adiacenti, l’esistenza di servizi pubblici essenziali e l’esistenza di qualsiasi elemento obiettivo di incidenza sulla destinazione urbanistica. (Sez. 5 – , Ordinanza n. 31174 del 21/10/2022, Rv. 666085 – 01), non potendo, sic et simpliciter , trovare applicazione il disposto di cui all’art. 2033 cod. civ. anche alla luce del dettato di cui all’
, lett. f). d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446
‘.
Conseguentemente il ricorso proposto dal contribuente deve essere rigettato e lo stesso va condannato al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, liquidate come da dispositivo.
4.1. Ricorrono i presupposti processuali per dare atto -ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, che ha aggiunto il comma 1quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. n. 115
del 2002 -della sussistenza dell’obbligo di versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la stessa impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente a rifondere al RAGIONE_SOCIALE ed alla RAGIONE_SOCIALE le spese del giudizio di legittimità, liquidate (per ciascuna parte) in euro 2.500,00 per compensi professionali, euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, se dovuti; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione