Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26194 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26194 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 25/09/2025
Registro Invim Accertamento
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11356/2020 R.G. proposto da Agenzia delle Entrate (06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (c.f.: 80224030587), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO domicilia (EMAIL;
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (00517590048), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-controricorrente – e sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE (00517590048), rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOMECODICE_FISCALE; EMAIL;
-ricorrente in via incidentale –
Agenzia delle Entrate;
-intimata – avverso la sentenza n. 7042/19, depositata il 18 dicembre 2019, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 28 novembre 2024, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha chiesto accogliersi il ricorso principale, rigettarsi il ricorso incidentale condizionato e, per l’effetto, disporre il rinvio alla Corte di Giustizia di II grado del Lazio.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 7042/19, depositata il 18 dicembre 2019, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha rigettato l’appello principale dell’Agenzia delle Entrate, ed accolto, per quanto di ragione, l’appello spiegato in via incidentale da RAGIONE_SOCIALE così confermando il decisum di prime cure recante accoglimento dell’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro dovuta dalla contribuente in relazione alla registrazione di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso nei confronti dello Stato della Libia.
1.1 -Il giudice del gravame ha rilevato che:
destituita di fondamento risultava la dedotta inammissibilità dell’appello principale, per cessazione della materia del contendere ed acquiescenza, in quanto lo sgravio disposto in relazione alla pronuncia di prime cure costituiva mera ottemperanza alla pronuncia di accoglimento, e senz’alcun effetto sull’atto impositivo (che non era stato annullato in autotutela);
contro
del pari infondata rimaneva la questione posta col primo motivo dell’appello incidentale in ordine alla violazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, e degli artt. 53 e 24 Cost., in quanto non poteva ritenersi contraria «ai principi di civiltà giuridica» l’esclusione della solidarietà passiva d’imposta dello Stato estero;
andava, però, accolto il secondo motivo di appello incidentale che, involgendo la motivazione dell’atto impositivo, trovava fondamento nell’omessa allegazione allo stesso del provvedimento giudiziario sottoposto a tassazione -così come il terzo motivo che recava censura della compensazione delle spese processuali disposta dal primo giudice.
-L ‘ Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso che espone otto motivi di ricorso incidentale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso principale è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. e del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 21 e 57, assumendo l’Agenzia che pronunciando sul difetto di motivazione dell’atto impositivo il giudice del gravame aveva accolto un’eccezione della quale avrebbe dovuto diversamente rilevare l’inammissibilità in quanto esposta per la prima vol ta con un motivo di ricorso incidentale, piuttosto che con lo stesso ricorso introduttivo del giudizio;
1.2 -col secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia denuncia violazione e falsa applicazione della l. 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, deducendo, in sintesi, che il contenuto motivazionale dell’avviso di liquidazione che
esponeva (non i soli estremi del decreto ingiuntivo registrato ma anche) i presupposti dell’imposizione, la relativa base imponibile (conforme a quella emergente dal ricorso di parte) e l’aliquota applicata -avrebbe dovuto ritenersi ex se autosufficiente, avuto riguardo anche alla posizione processuale della contribuente (parte che aveva proposto il ricorso per decreto ingiuntivo).
-Il primo motivo -dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo motivo -è fondato, e va accolto.
2.1 -Occorre premettere che -per come risulta dal ricorso (fol. 4 e 7) e dallo stesso controricorso (fol. 6 e 29) -l’eccezione di nullità dell’avviso di liquidazione, per difetto di motivazione, è stata proposta (solo) in corso di causa e (esattamente) con una depositata memoria illustrativa; novità, questa, della difesa articolata dalla contribuente della quale l’Agenzia aveva (oltretutto) tempestivamente eccepito l’inammissibilità con le controdeduzioni depositate nel secondo grado di giudizio. E lo st esso giudice di prime cure aveva disatteso l’eccezione con specifico riferimento «al calcolo degli interessi».
2.2 -In termini generali, la Corte ha ripetutamente statuito che -tenuto conto (anche) della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, si riferiscono ad annullabilità, ciò in quanto l’atto nullo produce effetti nel mondo giuridico fiscale come se fosse valido, tanto che costituisce titolo per la riscossione ed è suscettibile di divenire definitivo, rendendo irrilevanti gli ev entuali vizi, se l’interessato non propone ricorso al giudice tributario (v., ex plurimis , Cass., 18 maggio 2018, n. 12313; Cass., 18 settembre 2015, n. 18448).
La disciplina processuale del rito tributario rende, quindi, evidente che il relativo contenzioso ha un oggetto delimitato dai motivi di impugnazione proposti avverso l’atto impositivo, o di riscossione, motivi che, dedotti col ricorso introduttivo, costituiscono la causa petendi della domanda di annullamento (quali eccezioni di invalidità ritualmente dedotte in giudizio; v., ex plurimis , Cass., 24 luglio 2018, n. 19616; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22662; Cass., 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., 20 ottobre 2011, n. 21759; Cass., 24 giugno 2011, n. 13934; Cass., 18 giugno 2003, n. 9754); e che lo stesso oggetto del gravame è connotato dal divieto di nova in appello (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 57), divieto da correlare alle allegazioni delle parti che determinando una modifica della causa petendi qual circoscritta dai presupposti e dall’oggetto della pretesa impositiva (individuati nell’atto impugnato), ovvero da quelli posti a fondamento dei motivi di impugnazione dell’atto (qual i eccezioni) – comportano un nuovo tema di indagine e, così, integrano una (non consentita) nuova domanda o eccezione non rilevabile di ufficio (Cass., 30 ottobre 2018, n. 27562; Cass., 3 luglio 2015, n. 13742; Cass., 3 ottobre 2014, n. 20928; Cass., 30 luglio 2007, n. 16829; Cass., 3 aprile 2006, n. 7766; Cass., 23 maggio 2005, n. 10864; Cass., 26 marzo 2002, n. 4335).
2.3 – La Corte ha, in particolare, statuito che il divieto posto dal d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 57, – alla cui stregua, nel giudizio di appello, non possono proporsi «nuove eccezioni che non siano rilevabili anche d’ufficio» – riguarda le sole eccezioni in senso stretto, e non anche le eccezioni improprie o le mere difese, che sono sempre deducibili; e che per eccezioni in senso stretto debbono intendersi quelle attraverso le quali il contribuente fa valere, con i motivi di ricorso, un fatto giuridico avente efficacia modificativa, impeditiva od estintiva della pretesa fiscale, non potendo al contrario essere considerate tali – e non comportando pertanto il divieto di sollevare
eccezioni nuove in appello, posto dall’art. 57, cit., – la deduzione, in grado di appello, di cosiddette eccezioni improprie, o mere difese, in quanto dirette a sollecitare il rilievo d’ufficio da parte del giudice della inesistenza dei fatti costitutivi del diritto dedotto in giudizio, ovvero, specularmente, in quanto volte alla mera contestazione delle censure mosse dal contribuente all’atto impugnato – con il ricorso introduttivo – ed alle quali rimane quindi circoscritta la indagine rimessa al giudice (così Cass., 31 maggio 2016, n. 11223; Cass., 5 dicembre 2014, n. 25756; v. altresì, ex plurimis , Cass., 3 aprile 2024, n. 8805; Cass., 3 febbraio 2021, n. 2413; Cass., 10 maggio 2019, n. 12467; Cass., 21 marzo 2019, n. 8073; Cass., 30 ottobre 2018, n. 27562; Cass., 29 dicembre 2017, n. 31224; Cass., 22 settembre 2017, n. 22105).
E, in particolare, si è rimarcato che la nullità dell’avviso di accertamento per vizio di motivazione non è rilevabile d’ufficio e la relativa eccezione non è ammissibile qualora venga proposta nelle successive fasi del giudizio (Cass., 5 maggio 2010, n. 10802; Cass., 5 giugno 2002, n. 8114).
2.4 – Quanto, poi, alle forme processuali di introduzione in giudizio dei fatti posti a fondamento di eccezioni, si è rimarcato che costituisce eccezione nuova, non consentita (d.lgs. n. 546 del 1992, art. 18 e art. 24), quella con la quale il contribuente introduce una causa petendi diversa, fondata su situazioni giuridiche non prospettate con il ricorso introduttivo, così che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti – ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esclusivamente in caso di deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione (Cass., 13 aprile 2017, n. 9637; Cass., 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., 15 ottobre 2013, n. 23326; Cass., 22 settembre 2011, n. 19337) – e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita
dall’art. 24, comma 2, cit. (secondo il cui disposto «L’integrazione dei motivi di ricorso, resa necessaria dal deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione, è ammessa entro il termine perentorio di sessanta giorni dalla data in cui l’interessato ha notizia di tale deposito»; v. Cass., 21 gennaio 2021, n. 1177; Cass., 24 luglio 2018, n. 19616; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22662; Cass., 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., 20 ottobre 2011, n. 21759; Cass., 24 giugno 2011, n. 13934).
Nella fattispecie, le nuove ragioni di contestazione della validità dell’avviso di liquidazione introducevano, nel giudizio, eccezioni fondate su situazioni giuridiche non prospettate con il ricorso introduttivo, eccezioni che, per come assume la stessa parte controricorrente, venivano formulate col deposito di memoria, ed in violazione, pertanto, dell’art. 24, cit., con conseguente formazione della corrispondente preclusione processuale.
Né la relativa riproposizione in appello avrebbe potuto (diversamente) connotarne la natura giuridica che rimaneva quella di eccezioni nuove, mai ritualmente dedotte davanti al giudice del primo grado.
2.5 – Va, da ultimo, rilevato che la preclusione processuale nella fattispecie determinatasi -per difetto di proposizione di motivi aggiunti nel prescritto termine perentorio di legge -involge materia sottratta alla disponibilità delle parti in quanto rispondente ad esigenze di ordine pubblico, sicchè non può essere sanata dall’accettazione del contraddittorio ad opera della controparte (Cass., 30 ottobre 2009, n. 23123; v., altresì, Cass., 24 maggio 2006, n. 12338; Cass., 30 luglio 2002, n. 11222).
E che, come anticipato, il divieto di ultrapetizione, e quello di proporre in appello nuove eccezioni (non rilevabili d’ufficio) posto dall’art. 57, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992, riguardano le eccezioni
in senso tecnico e non le mere argomentazioni difensive, tendenti ad inficiare la sentenza sotto un profilo logico ulteriore rispetto a quello esposto in primo grado, atteso che le difese, le argomentazione e le prospettazioni con cui l’Amministrazione si difende dalle contestazioni già dedotte in giudizio non costituiscono, a loro volta, eccezioni in senso stretto (Cass., 3 febbraio 2021, n. 2413, cit.).
-A vuto riguardo all’accoglimento del primo motivo del ricorso principale, va, quindi, posto esame ai primi tre motivi di ricorso incidentale che espongono le seguenti censure:
3.1 -col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 329 cod. proc. civ. assumendo che il giudice del gravame avrebbe dovuto rilevare l’acquiescenza dell’ Agenzia delle Entrate alla sentenza pronunciata dal giudice di prime cure -e, così, l’inammissibilità del proposto appello – in relazione al disposto sgravio del ruolo, e della conseguente cartella di pagamento, disposto in autotutela; provvedimento, questo, dal quale era conseguita la pronuncia di cessazione della materia del contendere da parte della Commissione tributaria provinciale di Cuneo (sentenza n. 402/19 del 20 dicembre 2019) davanti alla quale detta cartella di pagamento era stata impugnata;
3.2 -il secondo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., reca la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 46, assumendo la ricorrente – ancora una volta sugli stessi dati esposti col primo motivo che l’appello proposto dall’Agenzia avrebbe dovuto ritenersi inammissibile a seguito della pronuncia di estinzione del giudizio, per cessata materia del contendere, resa dalla sopra citata sentenza della Commissione tributaria provinciale di Cuneo;
3.3 -col terzo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 100 cod. proc. civ. sull’assunto che sempre avuto riguardo ai precitati provvedimento di sgravio e pronuncia giudiziale di cessazione della materia del contendere -l’appello dell’ Agenzia delle Entrate doveva ritenersi improcedibile difettando la parte di ogni interesse alla prosecuzione del giudizio (dal quale, dunque, non avrebbe potuto conseguire alcun utile risultato ulteriore).
4. -I tre motivi -che vanno congiuntamente esaminati perché avvinti da un medesimo criterio decisorio -sono manifestamente destituiti di fondamento.
4.1 -I n disparte che l’acquiescenza (espressa) alla pronuncia resa dalla Commissione tributaria provinciale di Cuneo viene tout court utilizzata (in una chiave di lettura che evidentemente ne suppone la tacita rilevanza) per dedurre l’acquiescenza (anche) alla pronuncia resa nel primo grado di questo giudizio -siccome dibattendosi, nell’un giudizio della legittimità della cartella di pagamento emessa dietro iscrizione a ruolo dell’imposta di registro liquidata e, con ciò, dell’attività di riscossione, nell’altro (ora in esame) della stessa legittimità della pretesa impositiva, -la Corte ha ripetutamente statuito che lo sgravio della cartella di pagamento disposto in provvisoria ottemperanza di sentenza favorevole al contribuente, e la mancata impugnazione della sentenza che abbia conseguentemente dichiarato la cessazione della materia del contendere, in quanto di regola funzionali solo ad evitare un aggravamento delle spese processuali nel giudizio sul ruolo, non comportano, di per sé, alcun effetto di acquiescenza o, rispettivamente, di giudicato esterno nel giudizio che ha per oggetto l’impugnazione dell’atto presupposto (v., ex plurimis , Cass., 16 luglio 2019, n. 18976; Cass., 1 aprile 2016, n.
6334; Cass., 23 ottobre 2015, n. 21590; Cass., 28 dicembre 2012, n. 24064).
Principio di diritto, questo, che risulta, del resto, consentaneo al rilievo secondo il quale, come ripetutamente precisato dalla Corte, laddove l’atto di riscossione faccia seguito ad un atto impositivo, gli àmbiti della cognizione cui il giudice tributario è chiamato rimangono distinti e afferiscono, per l’appunto, ai vizi propri di ciascun atto impugnato, salvo l’effetto di trascinamento dei vizi determinato (alle condizioni ora poste, quanto all’impugnazione del ruolo, dal d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 12, comma 4bis ) dall’omessa notifica dell’atto presupposto (v., ex plurimis , Cass., 11 maggio 2017, n. 11610; Cass., 11 marzo 2015, n. 4818; v., altresì, Cass., 31 ottobre 2017, n. 25995; Cass., 10 aprile 2013, n. 8704; Cass., 24 novembre 2000, n. 15207); oltreché al principio di diritto secondo il quale l’iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento divengono illegittime a seguito della sentenza che, accogliendo il ricorso proposto dal contribuente, annulla l’atto impositivo da esse presupposto, poiché tale pronuncia fa venir meno, indipendentemente dal suo passaggio in giudicato, il titolo sul quale si fonda la pretesa tributaria, privandola del supporto dell’atto amministrativo che la legittima ed escludendo quindi che essa possa formare ulteriormente oggetto di alcuna forma di riscossione provvisoria (Cass., 23 luglio 2024, n. 20300; Cass., 21 ottobre 2020, n. 22938; Cass. Sez. U., 13 gennaio 2017, n. 758; Cass., 27 luglio 2012, n. 13445).
Così che -come ben rilevato dal giudice del gravame – la pronuncia di estinzione del giudizio per cessazione della materia del contendere (sentenza n. 402/19 del 20 dicembre 2019, della Commissione tributaria provinciale di Cuneo) non poteva che incidere sulla cartella di pagamento (allora impugnata) che -emessa per la riscossione provvisoria del tributo, ed in pendenza del giudizio di impugnazione
dell’atto presupposto , -non trovava più titolo in quest’ultimo (in quanto oggetto di annullamento giurisdizionale da parte della sentenza pronunciata nel primo grado di questo giudizio), così che lo sgravio costituiva doveroso adempimento a fronte di pronuncia di annullamento (seppur non passata in cosa giudicata) dell’atto presupposto.
5. – Il quarto motivo di ricorso incidentale, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 57, assumendo la ricorrente che – venendo in considerazione prestazioni rese in favore dello Stato della Libia in base ad un contratto di appalto -laddove, così come nella fattispecie, l’imposizione non possa essere esercitata nei confronti dello Stato estero -soggetto non residente e privo di capacità contributiva -la regola sulla solidarietà prevista dall’art. 57, cit., non potrebbe nemmeno operare nei confronti di chi (legittimamente) risulti soggetto passivo del tributo in quanto a questi preclusa la possibilità di recuperare il tributo versato.
Soggiunge, quindi, la ricorrente che in un siffatto contesto regolatorio (d.P.R. cit., artt. 37 e 57) l’esercizio del potere impositivo si porrebbe in contrasto col dettato costituzionale (artt. 24, 53 e 111 Cost.) oltreché con le disposizioni della CEDU (art. 6, par. 1), del Trattato sull’Unione Europea (art. 6, par. 2), della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (art. 47, par. 2) e della Convenzione di Vienna del 1961, art. 34, ratificata con l. 9 agosto 1967, n. 804.
6. -Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
6.1 – In disparte che le disposizioni della citata Convenzione di Vienna attengono ad esenzioni previste per agenti diplomatici, peraltro con esclusione («à l’exception») «des impôts et taxes perçcus en rémunération de services particuliers rendus» , va, innanzitutto, rilevato che la solidarietà passiva prevista dal d.P.R. 26
aprile 1986, n. 131, art. 57, risponde alla finalità di rafforzare la posizione dell’erario nei confronti dei contribuenti ai fini della proficua riscossione delle imposte, salvo rimanendo, peraltro, il diritto per ciascuno di essi di rivalersi nei confronti di colui che è civilmente tenuto al pagamento (v., al riguardo, Corte cost., 19 giugno 2000, n. 215, che ha dichiarato la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 57, comma 1, e 58, comma 1, del d.P.R. n. 131 del 1986, sollevata in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, stabilendo che tra le parti in causa la solidarietà risulta giustificata proprio dai rapporti giuridico-economici “idonei alla configurazione di unitarie situazioni che possano giustificare razionalmente il vincolo obbligatorio e la sua causa” sentenze n. 226 del 1984, n. 178 del 1982, n. 120 del 1972).
E come questa Corte ha ripetutamente rilevato, mirando il règime della solidarietà a rendere più sicura ed agevole la realizzazione del diritto alla percezione del tributo, l’Amministrazione finanziaria non è vincolata nella riscossione né dal beneficio dell’ordine, né da quello di previa escussione (v., ex plurimis , Cass., 25 maggio 2018, n. 13139; Cass., 23 aprile 2014, n. 9126).
6.2 – Va soggiunto, poi, che -dovendosi trarre la regolamentazione delle obbligazioni solidali tributarie, in linea di principio, dalla disciplina delle obbligazioni solidali di diritto comune (v. già Cass., Sez. U., 22 giugno 1991, n. 7053; Cass. Sez. U., 28 aprile 1986, n. 2955) -la dedotta inimponibilità finisce con l’integrare una condizione personale del condebitore (lo Stato libico) che non attinge la posizione sostanziale della parte, odierna ricorrente, così che viene in rilievo un’eccezione personale non opponibile all’ammin istrazione finanziaria da parte del condebitore estraneo a quella condizione (per l’applicabilità dell’art. 1297 cod. civ. in tema di solidarietà tributaria v. Cass., 23 dicembre 2015, n. 25890; Cass., 11 marzo 2015, n. 4854; Cass., 17 maggio
2006, n. 11572; Cass., 11 aprile 2003, n. 5738; Cass. Sez. U., 28 aprile 1986, n. 2955, cit.).
6.3 – È, allora, del tutto fuori centro la pretesa di desumere dal regime della solidarietà tributaria ricadute in punto di capacità contributiva atteso che gli eventuali impedimenti all’operare del regime solidaristico non escludono ex se che, così come nella fattispecie, il presupposto di imposta si sia legittimamente verificato nei confronti del relativo soggetto passivo.
Per converso -e risultando l’atto giudiziario (decreto ingiuntivo esecutivo) espressamente contemplato dal dato normativo, in relazione ai suoi effetti giuridici, quale presupposto del tributo (d.P.R. n. 131 del 1986, art. 37, comma 1, art. 8, comma 1, della tariffa allegata, parte prima) -va rimarcato che l’imposta di registro, quale imposta d’atto ( Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158), non colpisce l’atto giudiziario in quanto tale ma il rapporto in esso racchiuso, quale indice di capacità contributiva secondo gli effetti giuridici che l’atto è destinato a produrre, così che il rapporto sottostante viene preso in considerazione nei limiti in cui è oggetto di giudizio ed in relazione (proprio) agli effetti giuridici che sullo stesso l’atto p roduce (v. Cass., 10 giugno 2024, n. 16110; Cass., 19 giugno 2020, n. 12013; Cass., 18 aprile 2018, n. 9501; Cass., 7 novembre 2012, n. 19247; Cass., 20 luglio 2011, n. 15918; Cass., 27 ottobre 2006, n. 23243; Cass., 12 luglio 2005, n. 14649; v. altresì, con riferimento agli effetti giuridici potenziali dell’atto , Cass., 17 giugno 2021, n. 17233; Cass., 13 novembre 1987, n. 8345; Cass., 28 gennaio 1986, n. 551 nonché Corte Cost., 18 febbraio 1988, n. 203; Corte Cost., 28 luglio 1976, n. 198; Corte Cost., 29 dicembre 1972, n. 200).
E non è allora in dubbio che, nella fattispecie, al decreto ingiuntivo munito di formula esecutiva si correlasse un effetto giuridico che, incidendo sul rapporto sostanziale tra le parti intercorso, esso stesso
comportava l’emersione di un indice concretamente rivelatore di ricchezza (v. ex plurimis , sulla nozione di capacità contributiva, Corte Cost., 18 aprile 2024, n. 60; Corte Cost., 31 gennaio 2023, n. 10).
6.4 -Dovendosi, poi, escludere, in ragione dei rilievi sin qui esposti, che dal concreto operare del règime di solidarietà passiva -règime che attiene alla fase della riscossione del tributo – possano conseguire delle ricadute in punto di tutela giurisdizionale dei diritti del contribuente -che, come reso evidente dallo stesso andamento del processo in trattazione, ha potuto compiutamente svolgere ogni sua difesa in giudizio a riguardo della pretesa impositiva (e non ancora riscossiva) nei suoi confronti azionata -rimane, al fondo, che, come anticipato, la Corte ha in più occasioni statuito che fra le spese di lite debbono ricomprendersi quelle conseguenti alla emanazione della sentenza e quindi anche quella relativa alla tassa zione dell’atto giudiziario che, pertanto, in via di regresso, può essere richiesta alla controparte del rapporto definito con lo stesso provvedimento giudiziale (Cass., 1 aprile 2014, n. 7532; Cass., 11 luglio 2006, n. 15706; Cass., 22 giugno 2000, n. 8481; Cass., 12 marzo 1990, n. 2013).
6.5.- Le considerazioni che precedono escludono la sussistenza di qualsivoglia dubbio ermeneutico e comportano la conseguente irrilevanza delle questioni prospettate in ricorso di compatibilità degli artt. 37 e 57 del d.P.R. n. 131/86 rispettivamente con gli artt. 6 CEDU, 6 TFUE, 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, 34 della citata Convenzione di Vienna, nonché con gli artt. 53, 24 e 111 Cost.
7. -Risultano, quindi, inammissibili i motivi di ricorso incidentale con i quali la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omesso esame dei motivi di appello che involgevano, rispettivamente, l’erronea interpretazione del principio di alternatività IVA/Registro (quinto
motivo) e la natura convenzionale degli interessi oggetto di tassazione (sesto motivo).
Trattasi, difatti, di eccezioni il cui esame è rimasto assorbito nell’accoglimento dell’eccezione preliminare di merito (nullità dell’atto impositivo per difetto di motivazione) così che la relativa riproposizione, quali motivi di ricorso incidentale, risulta inammissibile per carenza di interesse, e atteso che in relazione a tali questioni manca la soccombenza che costituisce il presupposto dell’impugnazione, salva la facoltà di riproporre le questioni medesime al giudice del rinvio, in caso di annullamento della sentenza (Cass., 12 giugno 2020, n. 11270; Cass., 22 settembre 2017, n. 22095; Cass., 20 dicembre 2012, n. 23548; Cass., 7 luglio 2010, n. 16016; Cass., 18 settembre 2007, n. 19366; Cass., 26 gennaio 2006, n. 1691).
8. – Dalla cassazione della impugnata sentenza, in accoglimento del primo motivo del ricorso principale, consegue che rimane assorbito l’esame tanto del settimo motivo di ricorso incidentale -col quale si denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. a riguardo dell’omesso esame dell’eccezione di nullità dell’atto impositivo per difetto di motivazione (sotto il profilo dell’omessa esplicitazione del procedimento di calcolo dell’imponibile) quanto dell’ottavo motivo col quale, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si denuncia omesso esame del motivo di appello che reclamava il rimborso del contributo unificato versato.
Trattasi, difatti, di questioni che o hanno trovato la loro soluzione già nel decisum reso sul ricorso principale (in tema di eccezione di nullità per difetto motivazione dell’avviso di liquidazione ) ovvero che andranno di necessità riesaminate nel giudizio del rinvio (quanto, dunque, alla disciplina delle spese del giudizio).
9. -L ‘impugnata sentenza va, pertanto, cassata in relazione al motivo accolto con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese di questo giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia attenendosi ai principi di diritto sopra esposti. Nei confronti della ricorrente incidentale non sussistono i presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso incidentale proposto, in quanto -in ragione del rilevato assorbimento dell’esame di due motivi di ricorso non può ritenersi integrata la disposizione normativa che ha riguardo all’impugnazione, anche incidentale, che sia stata «respinta integralmente o … dichiarata inammissibile o improcedibile» (d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, c. 1quater ). Trattasi, difatti, come le Sezioni Unite della Corte hanno rimarcato, di obbligazione ex lege che sorge (solo) al ricorrere dei presupposti esclusivamente processuali, di cui il giudice deve dare atto, in base all’univoco testo della norma, limitatamente con ciò alle ipotesi ivi contemplate di esito interamente negativo della proposta impugnazione (Cass. Sez. U., 20 febbraio 2020, n. 4315 cui adde Cass. Sez. U., 17 luglio 2023, n. 20621).
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso principale, assorbito il secondo; rigetta i primi quattro motivi del ricorso incidentale, inammissibili il quinto ed il sesto, assorbiti il settimo e l’ottavo; cassa l’impugnata sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 novembre 2024.
La Presidente dott.ssa NOMENOME COGNOME