Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12089 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12089 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 07/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29290/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME NOME (domicilio digitale: avvEMAIL ) e dall’avv. COGNOME COGNOME (domicilio digitale: EMAIL)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA CAMPANIA n. 4828/2016 depositata il 23 maggio 2016
udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 marzo 2025 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale II di Napoli dell’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE un avviso di
accertamento mediante il quale rettificava il reddito d’impresa, il valore della produzione netta e il volume d’affari dalla stessa dichiarati per l’anno 2005, procedendo alle conseguenti riprese fiscali ai fini dell’IRES, dell’IRAP e dell’IVA, sull’assunto che la prefata società avesse utilizzato fatture per operazioni oggettivamente inesistenti.
Successivamente il medesimo Ufficio notificava a NOME COGNOME socio della suddetta RAGIONE_SOCIALE titolare di una quota del 50%, altro avviso di accertamento relativo allo stesso anno 2005, con il quale, in virtù della presunzione di distribuzione degli utili extracontabili realizzati da società di capitali a ristretta base proprietaria, imputava al sunnominato contribuente un maggior reddito da partecipazione, riprendendolo a tassazione ai fini dell’IRPEF.
Il COGNOME impugnava l’atto impositivo personale dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, la quale, in parziale accoglimento del suo ricorso, riduceva il reddito da tassare in capo al predetto socio in misura proporzionalmente corrispondente alla rideterminazione dell’imponibile societario disposta dalla medesima Commissione con la sentenza n. 179/6/2013 resa nel parallelo giudizio promosso dalla RAGIONE_SOCIALE
La pronuncia veniva successivamente confermata con diversa motivazione dalla Commissione Tributaria Regionale della Campania, la quale respingeva l’appello erariale con sentenza n. 4828/2016 del 23 maggio 2016, rilevando che l’Amministrazione Finanziaria doveva ritenersi decaduta dall’esercizio della potestà impositiva per decorrenza del termine all’uopo stabilito dall’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973.
Avverso tale sentenza l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, instando in via preliminare per la riunione del presente procedimento con quello iscritto al n. 12766/2015 R.G., all’epoca pendente dinanzi a questa Corte,
relativo all’avviso di accertamento societario.
Il COGNOME ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va anzitutto rilevato che il ricorso per cassazione iscritto al n. 12766/2015 R.G., riguardante l’avviso di accertamento emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2005, è stato nel frattempo deciso da questa Corte con ordinanza n. 1276/2018 del 19 gennaio 2018, che ha cassato con rinvio l’impugnata sentenza della CTR della Campania n. 10164/7/2014 del 21 novembre 2014. Alla luce di ciò, non può essere accolta l’istanza della ricorrente di riunione del presente procedimento con quello innanzi indicato, non
più pendente davanti a questo ufficio.
1.1 Tanto premesso, con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è denunciata la violazione dell’art. 57 del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 112 c.p.c..
1.2 Si censura l’impugnata sentenza per aver accolto l’eccezione di decadenza dell’Ufficio dall’esercizio del potere impositivo, sebbene quest’ultima fosse stata per la prima volta sollevata dal contribuente soltanto con il ricorso in appello, dando luogo a un inammissibile ampliamento del «thema decidendum» fissato con il ricorso introduttivo del giudizio.
Con il secondo motivo, proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., è prospettata la violazione dell’art. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 37 del D.L. n. 223 del 2006, convertito in L. n. 248 del 2006.
2.1 Si rimprovera alla Commissione regionale di aver erroneamente escluso che nel caso di specie potesse trovare applicazione la
disciplina normativa sul raddoppio dei termini per l’accertamento in materia di imposte dirette e di IVA.
Il primo motivo è fondato e il suo accoglimento assorbe lo scrutinio del secondo.
3.1 Per costante giurisprudenza di questa Corte, il termine di decadenza stabilito dalla legge per l’esercizio del potere impositivo ha natura sostanziale e non appartiene a materia sottratta alla disponibilità delle parti, in quanto tale decadenza non concerne il diritto indisponibile dello Stato alla percezione di tributi, ma incide unicamente sul diritto del contribuente a non vedere esposto il suo patrimonio, oltre un certo limite di tempo, alle pretese del Fisco.
Ne discende che è riservata alla valutazione del contribuente medesimo la scelta di avvalersi o meno della relativa eccezione, la quale rientra fra quelle cd. e non è, pertanto, rilevabile d’ufficio dal giudice, né proponibile per la prima volta in grado d’appello (cfr. Cass. n. 28467/2017, Cass. n. 11554/2016, Cass. n. 171/2015, Cass. n. 27354/2013).
3.2 Nel caso in esame, poiché con il libello introduttivo della lite non era stata eccepita dal Ferone la decadenza dell’Agenzia delle Entrate dall’esercizio del potere impositivo -come si evince non solo dalla ricostruzione della vicenda processuale contenuta nella narrativa della sentenza, ma anche dalla stessa lettura del controricorso depositato in questa sede dal contribuente, in cui sono riassunti (a pag. 2) i motivi di impugnazione da lui originariamente proposti avverso l’avviso di accertamento oggetto di causa-, la CTR avrebbe dovuto rilevare la novità di una simile eccezione, per la prima volta sollevata in grado d’appello, e conseguentemente ritenerla inammissibile.
3.3 Per contro, i giudici regionali hanno pronunciato nel merito della questione dedotta con l’eccezione in parola, ritenendo ormai decorso il termine di decadenza di cui agli artt. 43 del D.P.R. n. 600 del 1973 e 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, nella loro formulazione
applicabile «ratione temporis» , sul presupposto che nella fattispecie non potesse operare la disciplina sul raddoppio dei termini introdotta dall’art. 37, commi 24 -26, del D.L. n. 223 del 2006.
3.4 Alla stregua delle esposte considerazioni, l’impugnata decisione risulta, quindi, affetta dall’ «error in procedendo» lamentato dalla ricorrente.
Va, conseguentemente, disposta, ai sensi degli artt. 384, comma 2, prima parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. n. 546 del 1992, la cassazione della gravata sentenza con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, per un nuovo esame della controversia.
4.1 Al giudice del rinvio viene rimessa anche la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità, a norma degli artt. 385, comma 3, seconda parte, c.p.c. e 62, comma 2, del D. Lgs. cit..
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione