Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16660 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16660 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/06/2025
Oggetto: II.DD. – IVA –
riscossione – decadenza – prescrizione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 38693/2019 R.G. proposto da NOME COGNOME in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso l’indirizzo PEC: avv.EMAIL;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore legale rappresentante pro tempore, RAGIONE_SOCIALE in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, entrambe rappresentate e difese dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliate in Roma, INDIRIZZO
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2363/14/2019, depositata il 31.5.2019 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 9 aprile 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 2363/14/2019 depositata il 31.5.2019 veniva dichiarato inammissibile l’ appello proposto da NOME COGNOME avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 9330/8/2016 che aveva a sua volta dichiarato inammissibile il ricorso introduttivo con cui il contribuente aveva impugnato la cartella di pagamento per II.DD. e IVA oltre accessori relativa al periodo di imposta 2006.
Il giudice di prime cure osservava che la cartella era giunta a conoscenza del contribuente quantomeno a partire dal 2010, allorquando egli aveva presentato istanza di rateizzazione e proposto ricorso al giudice tributario che con sentenza della CTP di Milano n.894/36/16 aveva rigettato il ricorso. Di conseguenza, il giudice di primo grado dichiarava inammissibile il ricorso per tardività, ritenendo assorbita ogni altra questione.
Il giudice di secondo grado dichiarava inammissibile l’appello , da un lato in conseguenza di una precedente impugnazione da parte del contribuente di un estratto di ruolo recante anche l’indicazione della cartella di pagamento oggetto del presente giudizio e, dunque, ritenendo esaurito il potere di impugnazione. Dall’altro, per non aver il contribuente contestato l’aver richiesto la rateizzazione del debito tributario già nel 2010 a conferma della correttezza della decisione di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente deducendo tre motivi, cui replicano l’Agenzia dell’Entrate e l’Agenzia dell’Entrate -Riscossione con un unico controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo il ricorrente, in relazione all’art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., censura la violazione degli articoli 36 d.lgs. n.546/92, 112 e 132 cod. proc. civ. nonché 118 disp. att. cod. proc. civ. per apparenza della motivazione, ritenuta assolutamente carente, generica e priva di riferimento alle questioni dedotte dall’appellante, formulata in termini di mera adesione alla sentenza appellata.
2. Il motivo è infondato.
2.1. Il giudice d’appello ha espresso una duplice ratio decidendi , che l’ha portato a dichiarare inammissibile l’appello. Sotto un primo profilo, ha ritenuto che la cartella di pagamento fosse stata oggetto di una precedente impugnazione proposta dal contribuente, tramite estratto di ruolo recante anche l’indicazione del numero della della cartella oggetto del presente giudizio e ha, per l’effetto, ritenuto esaurito il potere di impugnazione con conseguente inammissibilità del ricorso introduttivo del presente giudizio. Si tratta di una prima ratio enucleabile nella sentenza qui impugnata, diversa da quella espressa dal giudice di prime cure, chiaramente evincibile e che, giusta o sbagliata che sia, rispetta il minimo costituzionale in quanto argomentata e logicamente espressa (cfr. Cass. 8053/2014).
2.2. Sotto un secondo concorrente profilo, il giudice d’appello ha sì aderito alla ragione alla base della decisione di primo grado, di inammissibilità del ricorso introduttivo per tardività, ma non in modo apodittico o immotivato, bensì accertando che l’appellante non ha contestato l’aver richiesto la rateizzazione del debito tributario già nel 2010. La CTR ha così ritenuto vi fosse conferma della conoscenza sin
da allora della pretesa erariale e, dunque, della correttezza della decisione di primo grado che ha ritenuto il ricorso introduttivo alla base del presente giudizio tardivo. Anche questa seconda argomentazione motivazionale non è pertanto meramente per relationem al primo grado e rispetta il minimo costituzionale.
Con il secondo motivo di ricorso, in rapporto all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., si deduce la violazione degli articoli 24 Cost., 62, comma 1, d.lgs. n.546/92, 112 cod. proc. civ. per essere la motivazione della sentenza d’appello «insufficiente, illogica e contraddittoria (…) in violazione dell’art. 24 della Costituzione, nonché del principio del chiesto/pronunciato» per aver il giudice «omesso ogni valutaizone in ordine all’eccepita decadenza e prescrizione del diritto di credito incorporato nella cartella» (p. 6 ricorso).
Con il terzo motivo, ex art.360, primo comma, n.4, cod. proc. civ., si prospegtta la violazione degli articoli 115 e 116 cod. proc. civ. in quanto «i giudici di secondo grado non hanno, pertanto, valutato adeguatamente i fatti e i documenti posti a fondamento delle domande (prove)» (v. p.9 ricorso). La doglianza si appunta sul capo della motivazione espressa a pag.3 della sentenza che afferma: «non vi è chi non veda che nel presente giudizio l’appellante ripropone le medesime questioni già affrontate nel precedente giudizio (prescrizione del creidto erariale e decadenza dal potere di riscossione), tentando in tal modo di innescare un secondo giudizio sugli stessi atti».
Le censure possono essere esaminate congiuntamente in quanto formulate secondo una medesima concezione e sono inammissibili.
Il ricorrente non ha utilmente censurato con il primo motivo la duplice ratio decidendi espressa nella sentenza impugnata, da un lato di inammissibilità della domanda per esaurimento del potere di impugnazione e, dall’altro , di tardività dell’impugnazione della cartella in quanto il credito relativo era già noto al contribuente nel 2010. Da
ciò discende l’inammissibilità della riproposizione delle questioni afferenti al contenuto della cartella stessa, oggetto dei motivi secondo e terzo.
6. In ultima analisi, il ricorso dev’essere rigettato e le spese di lite seguono la soccombenza, tenuto conto che l’Agenzia dell’Entrate e l’Agenzia dell’Entrate -Riscossione si sono costituite con un unico controricorso.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in favore delle controricorrenti in solido 4.300 in euro per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 9.4.2025