Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29345 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29345 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 06/11/2025
Oggetto: sanzioni -ne bis in idem -duplicazione sanzioni -distinzione tra nozioni -condizioni -giurisprudenza Corte EDU
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35484/2019 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO COGNOME (pec: EMAIL), elettivamente domiciliato in INDIRIZZO INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO NOME COGNOME (pec: EMAIL);
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 1790/12/2019 depositata il 16/4/2019 e non notificata.
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 27 giugno 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 1790/12/2019 veniva rigettato l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Milano n. 4841/12/2017 con la quale era stato annullato l’atto di irrogazione sanzioni relativo al periodo di imposta 2009.
Si legge nella sentenza impugnata che l’atto sanzionatorio faceva seguito ad un accertamento con il quale venivano recuperati ad imposizione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, di cui NOME COGNOME era ritenuto amministratore di fatto e autore materiale RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate, costi indeducibili in quanto inesistenti.
La sentenza del giudice di prime cure, riportata in ricorso, riteneva illegittimo l’atto impugnato, in quanto le sanzioni per violazioni in materia tributaria dovevano essere comminate con l’avviso di accertamento relativo ai tributi ex art. 17, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997, come modificato dal d.l. n. 98 del 2011 e non anche, come avvenuto
nella specie, con atto distinto, restando irrilevante il fatto che l’atto di irrogazione impugnato era stato notificato contestualmente all’avviso . Inoltre, il giudice di primo grado riteneva che l’annullamento dell’avviso di accertamento nei confronti della società, per effetto di una sopravvenuta sentenza della CTP, determinasse anche il venir meno del fondamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni nei confronti del ricorrente.
Il giudice d’appello escludeva che la prima sentenza fosse incorsa nel vizio di ultrapetizione e confermava la decisione di primo grado.
Avverso la sentenza d’appello l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a tre motivi, cui replica NOME COGNOME con controricorso.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 112 e 113 cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che la sentenza di primo grado non avesse illegittimamente deciso la controversia ultra petita , in applicazione del principio iura novit curia .
2. Il motivo è fondato.
2.1. Il potere-dovere del giudice di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione ( petitum o causa petendi ), emetta un provvedimento diverso da quello richiesto ( petitum immediato), oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso ( petitum mediato), così pronunciando oltre i limiti
RAGIONE_SOCIALE pretese o RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dai contraddittori (cfr. Cass. Sez. 5 ordinanza n. 644 del 10/01/2025; conforme a Cass. Sez. 2 sentenza n. 8048 del 21/03/2019).
Nel dettaglio, è ravvisabile il vizio di ultrapetizione quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell’azione, emetta un provvedimento diverso da quello richiesto, oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso, così pronunciando oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE pretese o RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dai contraddittori (Cfr. Cass. n.30467 del 17/10/2022 e giurisprudenza ivi citata). Ricorre perciò il vizio di extrapetizione quando il giudice d’appello pronunci oltre i limiti RAGIONE_SOCIALE richieste e RAGIONE_SOCIALE eccezioni fatte valere dalle parti, oppure su questioni non dedotte e che non siano rilevabili d’ufficio, attribuendo alle parti un bene della vita non richiesto o diverso da quello domandato, non ricorrendo, invece, tale vizio allorchè il giudice qualifichi diversamente i fatti, restando nei limiti RAGIONE_SOCIALE richieste contenute nell’atto di impugnazione e degli elementi di fatto posti a base RAGIONE_SOCIALE questioni prospettate.
2.2. Inoltre, va anche tenuto conto, in materia di procedimento civile, che, per condivisa interpretazione giurisprudenziale (cfr. Cass. Sez. L sentenza n. 5832 del 3/03/2021; conforme a Cass. Sez. 6-1 ordinanza n. 8645 del 9/04/2018), l’applicazione del principio iura novit curia , di cui all’art. 113, comma 1, cod. proc. civ., importa la possibilità per il giudice di assegnare una diversa qualificazione giuridica ai fatti ed ai rapporti dedotti in lite, nonché all’azione esercitata in causa, ricercando le norme giuridiche applicabili alla concreta fattispecie sottoposta al suo esame, potendo porre a fondamento della sua decisione princìpi di diritto diversi da quelli erroneamente richiamati dalle parti.
Tale condiviso principio dev ‘ essere posto in immediata correlazione con il divieto di ultra o extra-petizione, di cui all’art. 112 cod. proc. civ., in
applicazione del quale è, invece, precluso al giudice pronunziare oltre i limiti della domanda e RAGIONE_SOCIALE eccezioni proposte dalle parti, mutando i fatti costitutivi o quelli estintivi della pretesa, ovvero decidendo su questioni che non hanno formato oggetto del giudizio e non sono rilevabili d’ufficio, attribuendo un bene non richiesto o diverso da quello domandato.
2.3. Orbene, il giudice nella sentenza impugnata ragiona sulla duplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni nella fattispecie e l’omissione di motivazione a riguardo e rigetta il motivo di appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE, afferente alla violazione da parte dei giudici di primo grado dell’art. 112 cod. proc. civ., di ultra/extrapetizione ed errata applicazione del principio iura novit curia . A pag.3 della sentenza si legge che il giudice d’appello annullando l’atto di irrogazione sanzioni ha, « accogliendo la domanda, applicato una norma giuridica diversa » , nella specie l’art.17 d.lgs. n.472/97, non invocata nel ricorso introduttivo. La CTP, infatti, aveva accolto il ricorso del contribuente in ragione della non contestualità dell’adozione RAGIONE_SOCIALE sanzioni con l’atto di accertamento del tributo afferente, in violazione dell’art. 17, comma 1, d.lgs. n. 472 del 1997, questione non evocata dal contribuente ai fini della richiesta declaratoria di nullit à dell’atto impositivo, fondata sulla presunta duplicazione della sanzione e omessa indicazione nell’atto RAGIONE_SOCIALE difese del ricorrente (art.16 comma, 7) come si legge a pag.6 del controricorso.
Così facendo il giudice di prime cure ha violato il principio della corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, decidendo su un presupposto giuridico che non è stato oggetto di specifica deduzione e domanda da parte del contribuente e non è una questione rilevabile d’ufficio.
2.4. La motivazione sulla questione è incentrata sulla non contestualità RAGIONE_SOCIALE sanzioni rispetto all’avviso (art.17 del decreto) e non sulla violazione del procedimento amministrativo di irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni
(art.16 del decreto) oggetto del ricorso, in particolare relativamente alla motivazione dell’atto circa la duplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
Né si può ritenere che il giudice di primo grado abbia operato una mera qualificazione giudica della fattispecie e sussiste la violazione denunciata, avuto riguardo alla diversa causa petendi e alle critiche al provvedimento impugnato contenute nel ricorso introduttivo che sono sostanzialmente diverse in diritto dalla ragione posta a fondamento della decisione, anche ai fini dell’esercizio della prova e del diritto di difesa di cui agli artt.111 Cost., 6 CEDU e 47 CDFUE.
Con il secondo motivo, per mero errore materiale denominato terzo a pag.12 del ricorso, l ‘RAGIONE_SOCIALE deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione da parte del giudice degli artt. 7 del d.l. n. 267 del 2003 e 11 del d.lgs. n.472 del 1997, sempre con riferimento al capo RAGIONE_SOCIALE sanzioni.
4. Il motivo è infondato.
4.1. La censura non riporta il preciso capo della decisione impugnata, ragionevolmente identificabile nel passaggio, all’ultima pagina della sentenza: « si evidenzia la duplicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni e l’illegittimità dell’atto emesso (…) si precisa che le sanzioni irrogate con l’atto sono le stesse sanzioni di cui il deducente sarebbe chiamato in via solidale » . La statuizione fa riferimento alle sanzioni già irrogate per il periodo d’imposta con l’avviso di accertamento nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE SRAGIONE_SOCIALE di cui NOME COGNOME è stato ritenuto amministratore di fatto e autore materiale RAGIONE_SOCIALE violazioni contestate.
4.2. In primo luogo, dev’essere valutato se la questione suddetta pone un tema di ne bis in idem, il quale, come noto postula l’esistenza di una sanzione sul duplice piano amministrativo-tributario e penale con
riferimento alla medesima condotta (cfr. Cass. 9077/2021; Cass. n.24470/2018).
Su di un piano sovranazionale, centrale nell’identificazione della regola di diritto applicabile, il punto di partenza è il primo paragrafo dell’art.3, rubricato ‘Diritto di non essere giudicato o punito due volte’ del Protocollo No.7 di emendamento alla CEDU, il quale dispone che « Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione RAGIONE_SOCIALE stesso RAGIONE_SOCIALE per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge e alla procedura penale di tale RAGIONE_SOCIALE. » .
Il principio è stato declinato sia in ambito processuale (cfr. gli importanti arresti Corte EDU, 4 marzo 2014, Grande Stevens c. Italia e GC 15 novembre 2016, A. e B. c. Norvegia ), sia sostanziale, ed è quest’ultimo il profilo che rileva ai fini della decisione della presente fattispecie.
4.3. Al proposito, va subito chiarito che non è determinante il fatto che la sanzione in questione è meramente pecuniaria, al fine di porre la controversia tributaria sotto l’ombrello dell’art.6 della Convenzione e dunque della tutela del giusto processo (v. Corte EDU, decisione di inammissibilità 9 aprile 2013, Cecchetti c. San Marino , punti 20 e 21).
La giurisprudenza di Strasburgo ha interpretato tale disposizione definendo l’ambito di applicazione della norma in materia tributaria nell’emblematico caso RAGIONE_SOCIALE (Corte EDU, sentenza della Plenaria 8 giugno 1976, RAGIONE_SOCIALE e altri c. Paesi Bassi, poi sempre confermata) chiarendo che in materia la nozione di ‘reato’ , di ‘legge’ e ‘procedura penale’ ( «criminal charge» , cfr. sent. ult. cit., punti 80-82), costituisce una nozione autonoma, precisata secondo parametri che non necessariamente coincidono con il nomen juris e le qualificazioni formali interne ai singoli Stati membri della Convenzione ( «notwithstanding this clas-
sification» , ibidem ). Dunque, anche una sanzione formalmente disciplinare o amministrativa può essere considerata ‘penale’ ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem , nell’ambito del diritto della Convenzione ( «within the meaning of the Convention» , ibidem ).
I parametri valutativi rilevanti possono coesistere nel caso concreto (Corte EDU, 24 febbraio 1994, Bendenoun c. Francia ) oppure essere alternativi secondo la giurisprudenza Jussila (Corte EDU, GC, 23 novembre 2006, Jussila c. Finlandia ) e sono tre: oltre alla qualificazione giuridica della misura come ‘penale’ , piuttosto che ‘disciplinare’ o ‘amministrativa’ da parte del diritto interno ( «whether the provision(s) defining the offence charged belong, according to the legal system of the respondent State» , ibidem ), l ‘effettiva natura della misura ( «The very nature of the offence is a factor of greater import» , ibidem ) e, soprattutto, il grado di severità della sanzione ( «supervision would generally prove to be illusory if it did not also take into consideration the degree of severity of the penalty that the person concerned risks incurring» , ibidem) , tenuto conto del massimo sanzionatorio previsto dalla legge e non della misura della sanzione concretamente irrogata.
4.4. In applicazione della ricostruzione in diritto che precede va constatato che il motivo, sin dalla sua prospettazione, in cui richiama gli artt. 7 del d.l. n. 267 del 2003 e 11 del d.lgs. n.472 del 1997 e, dunque, sanzioni che secondo il legislatore interno sono esclusivamente di natura tributaria. Inoltre, la censura pone la questione in termini assolutamente generici ai fini degli ulteriori parametri RAGIONE_SOCIALE , dato che, a p.15 ricorso si legge: « né può condividersi l’assunto della CTR per cui le sanzioni di cui all’avviso di irrogazione impugnato siano del tutto sovrapponibili a quelle dell’avviso di accertamento con conseguente duplicazione di sanzioni » . Conclusivamente, si deve ritenere che il motivo non impugni la sentenza sotto il profilo del ne bis in idem come sopra definito alla luce del diritto della convenzione, ma solo di duplicazione
RAGIONE_SOCIALE sanzioni amministrative-tributarie in riferimento alla condotta tenuta dal contribuente che, secondo l’RAGIONE_SOCIALE non sussisterebbe neppure.
Ciò premesso, va considerato che la problematica sanzionatoria è già stata affrontata dalla Corte con riguardo all’applicazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni all’amministratore di fatto.
5.1. Come condivisibilmente affermato da Cass. n.23987/2025: « tenendo conto dei principi enunciati in materia di sanzioni relative al rapporto tributario, la giurisprudenza di legittimit à ha intanto ritenuto che esse siano a carico della societ à dotata di personalit à giuridica, ex art. 7 del d.l. n. 269 del 2003, anche quando gestita da un amministratore di fatto, salvo che nelle ipotesi di societ à “cartiera”, atteso che, in tal caso, si tratterebbe di una mera ‘fictio’, utilizzata quale schermo per sottrarsi alle conseguenze degli illeciti tributari, commessi a personale vantaggio dell’amministratore di fatto, con il conseguente venir meno della stessa ratio che giustifica l’applicazione del suddetto art. 7, diretto a sanzionare la sola societ à con personalit à giuridica, dovendosi pertanto ripristinare la regola generale, secondo cui la sanzione amministrativa pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito (Cass., 20 ottobre 2021, n. 29038; 22 novembre 2021, n. 36003).
Questa Corte ha peraltro avvertito che, nell’interposizione del gestore “uti dominus” alla societ à di capitali interposta, non ha rilievo il rapporto fiscale di quest’ultima, ma quello che fa capo direttamente all’interponente, sicch é la fattispecie esula dal disposto di cui all’art. 7 del d.l. n. 269 del 2003 e le violazioni, pur formalmente dell’ente collettivo, vanno riferite all’attività del gestore uti dominus (Cass., 25 luglio 2022, n. 23231). L’irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni, difatti, trova il suo dir etto riferimento nella condotta dell’interponente, il quale è sanzionato in proprio, in relazione all’avvenuta traslazione dei tributi dell’ente collettivo,
con conseguente imputazione anche RAGIONE_SOCIALE condotte evasive. L’attenzione speculare alla compagine sociale ha consentito pertanto di affermare che, perch é difetti la ratio dell’art. 7, d.l. n. 269 del 2003, che sanziona la sola societ à dotata di personalit à giuridica, e sia ripristinata la regola secondo cui la sanzione pecuniaria colpisce la persona fisica autrice dell’illecito, è necessario acquisire riscontri probatori, anche presuntivi, valevoli ad escludere la vitalit à della societ à medesima, quand’anche gestita da un amministratore di fatto (Cass., 23 gennaio 2023, n. 1946). La vitalit à , infatti si contrappone alla sua gestione e direzione da parte di un soggetto terzo uti dominus . ».
5.2. Alla luce di quanto precede, l ‘irrogazione RAGIONE_SOCIALE sanzioni all’amministratore di fatto COGNOME contenuta nell’avviso di accertamento notificato alla società è esterna al perimetro dell’art. 7 d.l. n. 269 del 2003: il rapporto fiscale che viene in considerazione non è quello, previsto dalla citata norma, «proprio di società o enti con personalità giuridica», ma, in conseguenza della traslazione del reddito all’effettivo possessore ex art. 37, terzo comma, d.P.R. n. 600 del 1970, quello specifico e proprio dell’interponente , con conseguente reiezione della censura.
Con il terzo motivo, erroneamente numerato quarto a pag.15 del ricorso, la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360 primo comma n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione de ll’ art. 36 del d.lgs. n. 546/92 con riferimento alla apodittica statuizione del giudice secondo cui la società RAGIONE_SOCIALE non sarebbe stata una cartiera.
Il motivo è fondato.
7.1. Si rammenta che la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla
luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 RAGIONE_SOCIALE preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione (cfr. Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053). Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.
7.2. Il giudice, affermando all’ultimo capoverso della sentenza che «La Incom non è da considerarsi come mera cartiera, in quanto avente decide ( rectius decine) di dipendenti, prestatori d’opera e quindi retribuiti » non rispetta il minimo costituzionale, perché è un’affermazione troppo secca per essere considerata accertamento fattuale, sostanzialmente priva di agganci logici con il quadro probatorio e le allegazioni RAGIONE_SOCIALE parti, in particolare con riferimento alle prestazioni contestate come inesistenti: il fatto che vi siano dipendenti non significa che le prestazioni in questione possano non essere mai state eseguite. Si rivela quindi, una motivazione incomprensibile, con conseguente fondatezza del motivo.
8. La sentenza impugnata è perciò cassata nei limiti suddetti e, per l’effetto, la controversia va rinviata alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione ai profili, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
P.Q.M.
La Corte: accoglie il primo e terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, per ulteriore esame in relazione al profilo, a quelli rimasti assorbiti, e per la liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2025
Il Presidente
NOME COGNOME