Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27831 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27831 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 19/10/2025
Cartella di pagamento – notifica -prova in appello
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26164/2017 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO
COGNOME,
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
RAGIONE_SOCIALE-RISCOSSIONE, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrenti –
avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LAZIO, n. 1657/2017, depositata il 28/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 23 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ricorre nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE e dell’RAGIONE_SOCIALE, subentrata ad RAGIONE_SOCIALE, che si difendono a mezzo controricorsi, avverso la sentenza in epigrafe. Con quest’ultima la CTR ha rigettato l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza della CTP di Latina che aveva accolto il ricorso proposto dal contribuente avverso l’ estratto di ruolo, le cartelle di pagamento e il presupposto avviso di accertamento.
1.1.Il ricorrente, con il ricorso originario, assumeva che la cartella non gli era mai stata notificata e che aveva appreso casualmente della sua esistenza; che, inoltre, il difensore officiato dell’impugnazione dell’avviso di accertamento sotteso alla stessa non vi aveva provveduto, sicchè avanzava istanza di rimessione in termini per l’impugnazione anche dell’atto impositivo .
1.2. La CTP decideva la causa in favore del contribuente rilevando che non era stato depositato l’avviso di ricevimento della raccomandata a mezzo della quale era stata notificata la cartella e che, pertanto, la notifica era inesistente.
1.3. La CTR, con la sentenza gravata, preso atto della documentazione prodotta in appello, rilevava la regolarità della notifica della cartella e, per l’effetto, riteneva inammissibili le censure mosse avverso l’avviso di accertamento ed il merito della pretesa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. violazione e falsa applicazione
dell’art. 58 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, avendo l’appellante introdotto in appello prove inammissibili, ovvero l’avviso di ricevimento
Con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 anche in relazione all’art. 6, comma 1, legge 20 novembre 1982, n. 890, all’art.8 d.P.R. 29 maggio 1982, n. 655.
Censura la sentenza impugnata per aver ritenuto validamente notificata la cartella sulla scorta del duplicato della cartolina di ricevimento rilasciata dal servizio postale. Osserva che il Concessionario, in sostituzione dell’ avviso di ricevimento, avrebbe dovuto fornire il duplicato di cui all’art. 8 d.P.R. n. 655 del 1982 , ai sensi del quale il medesimo, per avere valore probatorio, avrebbe dovuto riportare la sottoscrizione del destinatario ovvero la dichiarazione dell’agente postale di rifiuto della sot toscrizione.
Con il terzo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. n. 602 del 1973 cit. e dell’art. 6, comma 1, legge n. 890 del 1982 cit.
In via subordinata rispetto al secondo motivo, osserva che, secondo la normativa di cui alla legge n. 890 del 1982, in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento dall’ufficio postale, la sua funzione probatoria è affidata al «duplicato», formato ex art.6 cit., in base al «registro di consegna»; che, nella fattispecie, invece, lo smarrimento era imputabile al concessionario e non all’Ufficio postale e che il documento versato in atti dall’Ufficio , ancorché qualificato «duplicato», era «un mero sostitutivo» che non offriva certezza formale.
Con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’art. 2719 cod. civ.
Deduce l’inidoneità del documento indicato quale «duplicato» in quanto prodotto solo in copia fotostatica e la cui corrispondenza all’originale era stata già contestata.
Da ultimo il ricorrente rileva l’impossibilità di applicare l’istituto della sanatoria di cui agli artt. 156 e 160 cod. proc. civ. in quanto disposizioni applicabili esclusivamente in caso di tempestiva impugnazione dell’atto ed ai soli atti giudiziari e, dunque, non alla cartella di pagamento avente natura amministrativa.
6. Il primo motivo è infondato.
Questa Corte ha già chiarito che l’ art. 58 d.lgs. n. 546 del 1992, vigente ratione temporis ( ovvero nella formulazione antecedente a quella di cui all’art. 1, comma1, lett. bb) d.lgs. 30 dicembre 2 023 n. 220) consente la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza, in ragione della chiaro tenore letterale della disposizione, senza restrizione alcuna e con norma autonoma rispetto a quella che, nel comma precedente, sottopone a restrizione l’accoglimento dell’istanza di ammissione di altre fonti di prova. (Cass. 31/07/2017, n. 19071, per altro resa tra le medesime parti, Cass. 06/11/2015, n. 22776).
A tal proposito, è bene chiarire che l’art. 58 cit. , nella versione riformata, prevede al comma 3, inserito ex novo , che in appello non è mai consentito il deposito -tra gli altri documenti ivi menzionati –RAGIONE_SOCIALE notifiche dell’atto impugnato . La previsione transitoria di cui all’art. 4 d.lgs. n. 220 del 2023 prescrive che detta disciplina si applichi ai giudizi instaurati in primo grado, in secondo grado e in Cassazione, a decorrere dal giorno successivo all’entrata in vigore del decreto legislativo, ossia dal 5 gennaio 2024, laddove per le disposizioni diverse da quelle elencate nel comma 2 la riforma si applica «ai giudizi instaurati, in primo e in secondo grado, con ricorso notificato successivamente al 1° settembre 2024». La Corte Costituzionale,
tuttavia, con la sentenza n. 36 del 2025 ha rilevato che detta disciplina transitoria oblitera la circostanza che nei processi iniziati in grado di appello dopo tale data, il cui primo grado sia stato incardinato nel vigore della disposizione precedente, le parti, confidando sulla facoltà, loro riconosciuta dal previgente art. 58, comma 2, cit. di depositare documenti anche nell’eventuale processo di gravame, potrebbero averne omesso la produzione in prime cure e che per i processi nei quali, al momento dell’entrata in vigore della novella, siano già decorsi i termini per le produzioni documentali in primo grado, l’immediata efficacia del mutamento normativo determina conseguenze non dissimili da quelle della retroattività impropria, in quanto, frustrando l’aspettativa RAGIONE_SOCIALE parti che hanno confidato nella possibilità di esercitare il loro diritto alla prova anche in appello, lede il legittimo affidamento, «da considerarsi ricaduta e declinazione “soggettiva” dell’indispensabile carattere di coerenza di un ordinamento giuridico, quale manifestazione del valore della certezza del diritto». Ha dichiarato, pertanto, incostituzionale l’art. 4, comma 2, d.lgs. n. 220 del 2023 d nella parte in cui prescrive che le disposizioni di cui all’art. 1, comma 1, lettera bb), dello stesso d.lgs. n. 220 del 2023 si applicano ai giudizi instaurati in secondo grado a decorrere dal giorno successivo alla sua entrata in vigore, anziché ai giudizi di appello il cui primo grado sia instaurato successivamente all’entrata in vigore del d.lgs. n. 220 del 2023. Di conseguenza, resta confermata, con rifermento alla fattispecie in esame, l’irretroattività della riforma.
Il secondo, il terzo ed il quarto motivo, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi, sono complessivamente infondati, restando assorbito l’ulteriore rilievo in ordine all’inapplicabilità della sanatoria di cui agli artt. 156 e 10 cod. proc. civ.
7.1. In primo luogo va rammentato che i motivi del ricorso per cassazione devono investire questioni che abbiano formato oggetto del
thema decidendum del giudizio di secondo grado, come fissato dalle impugnazioni e dalle richieste RAGIONE_SOCIALE parti: in particolare, non possono riguardare nuove questioni di diritto se esse postulano indagini ed accertamenti in fatto non compiuti dal giudice del merito ed esorbitanti dai limiti funzionali del giudizio di legittimità. Pertanto, secondo il costante insegnamento di questa Corte, qualora una determinata questione giuridica – che implichi un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che proponga la suddetta questione in sede di legittimità, al fine di evitare una statuizione di inammissibilità per novità della censura, ha l’onere solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione prima di esaminare nel merito la questione stessa: ciò che, nel caso di specie, non è accaduto. tra le più recenti (Cass. 24/01/2019, n. 2038).
Si è, altresì, aggiunto con specifico riferimento al processo tributario in Cassazione che il ricorrente, pur non essendo tenuto a produrre nuovamente i documenti, in ragione dell’indisponibilità del fascicolo di parte che resta acquisito, ai sensi dell’art. 25, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, al fascicolo d’ufficio del giudizio svoltosi dinanzi alla commissione tributaria – del quale è sufficiente la richiesta di trasmissione ex art. 369, comma 3, cod. proc. civ. – deve rispettare, a pena d’inammissibilità del ricorso, il diverso onere di cui all’art. 366, comma 1, n. 6, cod. proc. civ. di specifica indicazione degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito (Cass. 15/01/2019, n. 777).
7.2. Nel ricorso per cassazione, il contribuente, nel motivo secondo e terzo, che attengono alla valida formazione del duplicato, non ha
precisato di aver proposto la questione nel giudizio di merito con conseguente inammissibilità dei motivi. Solo nel quarto motivo il ricorrente ha precisato di aver posto la questione relativa alla conformità della copia fotostatica del duplicato all’origi nale sia negli atti difensivi che all’udienza di discussione. Trattasi, tuttavia, di questione diversa, ed infatti oggetto di autonomo motivo.
7.3. Va, per altro ribadito che l’avviso di ricevimento – o, in caso di smarrimento o distruzione, il suo duplicato rilasciato dall’ufficio postale – è il solo documento idoneo a provare sia la consegna sia la data di questa sia l’identità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita.
Ai sensi dell’art. 8 d.P.R. n.655 del 1982, il duplicato rilasciato dall’Ufficio postale, in caso di smarrimento dell’avviso di ricevimento, in quanto costituisce la riproduzione di un documento, al quale deve essere conforme, è il solo documento idoneo a provare sia la consegna della raccomandata sia la data di questa, sia l’identità della persona a mani della quale la consegna è stata eseguita tenendo luogo dell’avviso di ricevimento smarrito”.
Ciò posto, deve evidenziarsi in primo luogo che l’art. 8 cit. fa riferimento al duplicato dell’avviso di ricevimento smarrito, senza alcuna distinzione in ordine al responsabile dello smarrimento.
In secondo luogo questa Corte ha già rilevato che l’art. 8 cit. non può essere interpretato nel senso che il duplicato dell’avviso di ricevimento deve essere nuovamente sottoscritto dal destinatario, poiché tale interpretazione equivale a richiedere una seconda notifica. La norma regolamentare afferma che l’ufficio postale rilascia un duplicato dell’avviso di ricevimento sottoscritto dal destinatario, dovendosi riferire il requisito della sottoscrizione all’originario avviso di ricevimento e non al duplicato, che non può che basarsi sul registro di
consegna attestante l’avvenuta ricezione (Cass. 06/06/2018, n. 14574).
Infine, il duplicato dell’avviso di ricevimento, ha natura di atto pubblico alla stessa stregua dell’originale e, pertanto, fa piena prova ex art. 2700 cod. civ. in ordine alle dichiarazioni RAGIONE_SOCIALE parti ed agli altri fatti che l’agente postale attesta essere avvenuti in sua presenza, sicché il destinatario che intenda contestare l’avvenuta notificazione è tenuto a proporre querela di falso nei confronti di detto atto (Cass. 15/10/2020, n. 22348).
7.4. Quanto alla produzione solo in copia, per giurisprudenza consolidata, la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata -a pena di inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (tra le tante Cass. 30/10/2018, n. 27633). Viceversa, il c.d. «diniego di originale» non attiene alla contestazione del contenuto, ma dell’esistenza stessa del documento, con la finalità di espungerlo dall’ordinamento in quanto artificiosamente creato, e richiede la querela di falso, proponibile anche avverso la copia prodotta in giudizio, per rimuovere la sua efficacia probatoria di scrittura privata, mentre il disconoscimento di conformità, che attiene al contenuto del documento prodotto in copia e non alla sua provenienza o paternità, presupponendo l’esistenza di un originale, consente l’utilizzazione della scrittura e, in particolare, l’accertamento della conformità all’originale della copia prodotta anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass. 06/09/2024, n. 24029)
Pertanto, poiché il contribuente non ha allegato di aver contestato in appello specifiche difformità della copia, correttamente la CTR ha valutato la regolarità della notifica anche ove provata a mezzo copia.
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato. Alla soccombenza segue la condanna al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio, oltre quelle prenotate a debito.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a corrispondere alle controricorrenti, le spese del giudizio di legittimità, che liquida complessivamente in euro 2.900,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 23 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME