Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24386 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24386 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4814/2017 R.G. proposto da : NOME COGNOME, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. CAMPANIA n. 6904/2016 depositata il 15/07/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR della Campania, con la sentenza 6904/47/2016, rigettava l’appello proposto dalla contribuente NOME COGNOME confermando la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della predetta avverso l’iscrizione ipotecaria oggetto di causa disponendone all’annullamento, con compensazione delle spese di lite ed onerava l’appellante del versamento del doppio del contributo unificato.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione la contribuente sulla base di cinque motivi.
RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. nonchè degli artt. 36 e 53 del d.lgs. 546/1992 per avere la sentenza impugnata omesso l’esame dell’eccezione di prescrizione e della non debenza della pretesa delle cartelle di pagamento poste a supporto della impugnata iscrizione ipotecaria.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione dell’art. 96 c.p.c. lamentando che, nel rigettare la domanda di risarcimento del danno per lite temeraria, i giudici di appello non avevano valutato la fondatezza dell’eccezione di prescrizione, profilo che, se accolto, avrebbe legittimato tale domanda risarcitoria in ragione della temerarietà della iscrizione ipotecaria mantenuta illegittimamente in vita dal concessionario della riscossione.
Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c., nullità della sentenza per violazione degli artt. 91, 92, 132, primo comma, n. 4, e 118 c.p.c., nonché degli artt. 15, 36, 52 e 53 del d.lgs. 546/1992 per avere i giudici di appello erroneamente disposto la compensazione senza pronunciarsi sulla eccezione di prescrizione il cui accoglimento avrebbe giustificato la condanna
della parte resistente al pagamento delle spese di lite, secondo soccombenza.
Con il quarto motivo lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., in relazione all’ art. 2953 c.c., omesso esame del fatto decisivo relativo all’intervenuta prescrizione (triennale e quinquennale) dei tributi oggetto di causa.
Con il quinto motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3. c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 13, comma 1, quater, d.P.R. 115/2002, come modificato dall’art. 1, comma 17, legge 228/2012 non potendo trovare applicazione il disposto raddoppio del contributo unificato.
Osserva questo Collegio che il primo motivo, sì come prospettato: ‘ omesso l’esame dell’eccezione di prescrizione e della non debenza della pretesa delle cartelle di pagamento poste a supporto della impugnata iscrizione ipotecaria ‘ è da ritenere privo di infondato sulla scorta dell’ univoco orientamento per cui un’azione di mero accertamento è sicuramente estranea al giudizio tributario di incontestata natura impugnatoria (vedi Cass. n. 11922/2014 nonchè Cass. 26/03/2025, n. 8015/2025) sicchè, come correttamente ritenuto dai giudici di appello i quali, implicitamente hanno disatteso la relativa questione, a fronte del disposto annullamento della iscrizione ipotecaria impugnata, non poteva emettersi alcuna pronunzia nei termini richiesti dalla contribuente.
Il secondo, il terzo e il quarto motivo -da esaminare congiuntamente in quanto fra loro connessi -tutti fondati sull’ omesso rilievo dell’eccepita prescrizione, sono di conseguenza, privi di pregio per le ragioni anzicennate.
6.1. Peraltro in tema di spese giudiziali, il sindacato di legittimità sulla pronuncia di compensazione è diretto ad evitare che siano addotte ragioni illogiche o erronee a fondamento della decisione di compensarne i costi tra le parti e consiste, come affermato dalla
Corte costituzionale (sent. n.157 del 2014), in una verifica “in negativo” in ragione della “elasticità” costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, “non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese” in favore della parte vittoriosa. (Cass. Sez. 6, 26/07/2021, n. 21400, Rv. 662213 – 01). Il giudice di legittimità è chiamato a stabilire che le ragioni poste a fondamento del provvedimento ex art. 92, comma 2, cod. proc. civ. siano “non illogiche” o “erronee”, e ciò, tra l’altro, pure in conformità con l’avvenuta “riduzione al minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla parte motiva della sentenza (cfr. Cass. Sez. Un., sent. 7 aprile 2014, n. 8053, Rv. 629830-01, nonché, “ex multis”, Cass. Sez. 3, ord. 20 novembre 2015, n. 23828, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 3, sent. 5 luglio 2017, n. 16502, Rv. 637781-01; Cass. Sez. 1, ord. 30 giugno 2020, n. 13248, Rv. 658088-01).
6.2. La motivazione della sentenza impugnata, in punto di compensazione delle spese di lite di primo e di secondo grado (e conseguente rigetto della domanda di risarcimento del danno per lite temeraria), deve ritenersi, pervero, non illogica, né errata, nella parte in cui ha attribuito rilievo decisivo alla complessità delle questioni esaminate, e non risulta, in alcun modo, infirmata dalle deduzioni e contestazioni di parte ricorrente.
Deve, infine, rilevarsi che la contribuente, con l’ultimo motivo, ha dichiarato di impugnare la statuizione del giudice di secondo grado con la quale la stessa è stata condannata al pagamento di una somma pari a quella del contributo unificato.
Detta doglianza non è specificamente accoglibile quale motivo di ricorso in quanto la relativa statuizione non ha natura giurisdizionale di condanna – non riguardando l’oggetto del contendere tra le parti in causa – bensì la funzione di agevolare il relativo accertamento amministrativo e di Cancelleria (vedi Cass. 13/11/2019, n. 29424; Cass. 27/11/2020, n. 27131; Cass. n. 18191/24).
7.1. Purtuttavia la stessa deve essere, comunque, valutata dalla Corte la quale, attesa la natura di carattere amministrativo della relativa statuizione (cfr. Cass. sez. 6-5, ord. 9 novembre 2017, n. 2017), che non attiene alla sfera della decisione sullo ius litigatoris, riguardando il rapporto del contribuente con l’erario relativamente alle condizioni per l’accesso alla giustizia, è tenuta, comunque, a rilevare l’erroneità della suddetta statuizione (vedi Cass n. 1511 del 16/11/2018).
7.2. Di ciò va dato atto, dunque, in questa sede come da dispositivo, avuto riguardo al fatto che il giudice tributario d’appello ha ritenuto tout court applicabile al processo tributario d’appello una norma, l’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, la quale prevede che «Quando l’impugnazione, anche incidentale, è respinta integralmente o è dichiarata inammissibile, la parte che l’ha proposta è tenuta a versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione, principale o incidentale, a norma della comma 1- bim. Si tratta, infatti, di norma avente carattere di misura eccezionale e leto sensu sanzionatoria, la cui operatività deve intendersi circoscritta al processo civile, secondo l’esegesi della norma indirettamente avallata dalla Corte costituzionale, con la sentenza n. 18, depositata il 2 febbraio 2018, e condivisa da questa Corte.
Ciò diversamente da quanto dovuto per la soccombenza nel presente giudizio di legittimità, stante la natura di ordinario processo civile, disciplinato dalle norme del codice di rito, del giudizio di cassazione avente ad oggetto l’impugnazione di pronuncia resa da Commissione tributaria regionale, come ribadito da Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053.
Il ricorso va, dunque, respinto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; dichiara non dovuto il doppio del contributo unificato relativamente al giudizio di appello. Visto l’art. 13, comma
1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il presente ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data