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Doppia presunzione: quando è lecita secondo la Corte?

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di due amministratori di una società cooperativa, riqualificata dal Fisco come società di fatto. La Corte ha confermato che non esiste un divieto assoluto di ‘doppia presunzione’ e che le dichiarazioni di terzi, se corroborate da altre prove, sono sufficienti a fondare un accertamento fiscale. La riqualificazione è stata ritenuta legittima sulla base di elementi che dimostravano l’assenza di un reale scopo mutualistico e la presenza di una gestione societaria tipica di una società di persone.

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Pubblicato il 15 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Doppia presunzione: la Cassazione fa chiarezza sulla sua applicabilità nel Fisco

Con l’ordinanza n. 61/2024, la Corte di Cassazione è tornata su un tema cruciale del contenzioso tributario: il valore probatorio degli indizi e il presunto divieto di doppia presunzione. La pronuncia offre importanti spunti sulla riqualificazione di una società cooperativa in società di fatto, basata su dichiarazioni di terzi e su una catena di inferenze logiche. Questo caso dimostra come il rispetto formale delle norme possa non essere sufficiente a schermare una realtà sostanziale diversa, con significative conseguenze fiscali per gli amministratori.

I Fatti di Causa: Da Cooperativa a Società di Fatto

Il caso trae origine da un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate contestava a una società cooperativa maggiori ricavi per l’anno 2007. Secondo il Fisco, la società non svolgeva una reale attività mutualistica, ma operava di fatto come una società di persone riconducibile ai suoi due amministratori. Di conseguenza, i maggiori ricavi venivano imputati direttamente a questi ultimi.

La Commissione Tributaria Regionale, riformando la decisione di primo grado, aveva dato ragione all’Amministrazione Finanziaria. Contro questa sentenza, i due soci amministratori hanno proposto ricorso in Cassazione, basandolo su quattro motivi, tra cui la presunta violazione del divieto di doppia presunzione e l’errata valutazione delle prove.

L’Analisi della Corte e il tema della doppia presunzione

La Suprema Corte ha esaminato e respinto tutti i motivi di ricorso, fornendo chiarimenti fondamentali su diversi principi del processo tributario.

Il Valore delle Dichiarazioni di Terzi

I ricorrenti lamentavano che la decisione dei giudici di appello si fosse basata esclusivamente sulle dichiarazioni rese da alcuni soci lavoratori alla Guardia di Finanza, attribuendo loro un valore di prova piena che non avrebbero. La Cassazione, tuttavia, ha ribadito il suo orientamento consolidato: le dichiarazioni di terzi, inserite nel processo verbale di constatazione, hanno valore di indizio. Possono assurgere a fonte di prova presuntiva, concorrendo a formare il convincimento del giudice, anche se non rese in contraddittorio, specialmente se supportate da altri elementi. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente contestualizzato tali dichiarazioni con riscontri documentali, come le note spese per “trasferte Italia esenti”, che evidenziavano la corresponsione di indennità non dovute.

Il Divieto di Doppia Presunzione: un Falso Mito?

Il punto centrale del ricorso era la contestazione di una presunta doppia presunzione: dal fatto noto (le dichiarazioni) si sarebbe presunta l’assenza dello scopo mutualistico, e da questa si sarebbe a sua volta presunta l’esistenza di una società di fatto.

La Corte ha smontato questa tesi, chiarendo due aspetti cruciali:
1. Prima inferenza non era una presunzione: La conclusione sulla natura fittizia della cooperativa non derivava da una mera presunzione, ma da un esame approfondito delle risultanze istruttorie. Tra queste, le dichiarazioni concordanti dei soci-lavoratori, l’assenza di una reale vita associativa e partecipativa, e la natura puramente formale degli adempimenti societari.
2. Inesistenza del divieto assoluto: La Corte ha ribadito che il principio praesumptum de praesumpto non admittitur (la presunzione non si basa su un’altra presunzione) non trova fondamento normativo nel nostro ordinamento. Un fatto accertato tramite presunzioni (purché gravi, precise e concordanti) può legittimamente costituire la premessa per un’ulteriore inferenza logica. Ciò che conta è che la catena di inferenze sia coerente e logicamente solida, tale da attribuire un adeguato grado di attendibilità al fatto finale che si intende provare.

Altri Motivi di Ricorso Respinti

La Corte ha inoltre dichiarato inammissibili o infondati gli altri motivi di ricorso. In particolare, ha escluso che l’Amministrazione Finanziaria avesse illegittimamente mutato la causa petendi nel corso del giudizio e ha ritenuto inammissibile il tentativo dei ricorrenti di ottenere una nuova valutazione del merito delle prove documentali in sede di legittimità.

Le Motivazioni della Decisione

Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione tra forma e sostanza. I giudici hanno ritenuto che la Commissione Tributaria Regionale avesse correttamente guardato oltre l’apparenza formale della cooperativa per individuarne la reale natura. La decisione di riqualificare l’ente in una società di fatto non è stata un’arbitraria presunzione, ma il risultato di un’analisi fattuale basata su una pluralità di elementi convergenti. Questi elementi includevano il conferimento di beni e servizi da parte dei due amministratori, l’esercizio in comune di un’attività economica, la divisione degli utili e, soprattutto, l’esclusione degli altri soci dalla vita partecipativa e gestionale della società. L’assenza di uno scopo mutualistico effettivo e la presenza di questi elementi positivi hanno quindi giustificato l’accertamento di una società di fatto tra i due amministratori.

Conclusioni e Implicazioni Pratiche

L’ordinanza ribadisce che nel processo tributario la prova può formarsi anche attraverso un ragionamento presuntivo complesso, senza che si possa invocare un aprioristico divieto di doppia presunzione. Per le imprese, e in particolare per le società cooperative che beneficiano di regimi fiscali agevolati, la lezione è chiara: il rispetto meramente formale della normativa di settore non è sufficiente. È necessario che la gestione e l’organizzazione aziendale riflettano sostanzialmente lo scopo mutualistico dichiarato. In caso contrario, l’Amministrazione Finanziaria è legittimata a riqualificare la natura giuridica dell’ente, con conseguenze fiscali potenzialmente molto onerose per i soggetti che ne detengono di fatto il controllo.

Le dichiarazioni rese da terzi alla Guardia di Finanza possono essere usate in un accertamento fiscale?
Sì. Secondo la Corte, tali dichiarazioni hanno valore indiziario e possono contribuire a formare la prova presuntiva a fondamento dell’accertamento, specialmente se sono supportate da altri elementi di riscontro, anche senza un contraddittorio diretto con il contribuente.

Esiste nel processo tributario un divieto assoluto di ‘doppia presunzione’?
No. La Corte di Cassazione ha affermato che non esiste nell’ordinamento un principio che vieti in assoluto di basare una presunzione su un fatto a sua volta accertato in via presuntiva. L’importante è che ogni passaggio logico sia fondato su criteri di gravità, precisione e concordanza.

Quando una società cooperativa può essere riqualificata come società di fatto ai fini fiscali?
Una cooperativa può essere riqualificata come società di fatto quando le prove dimostrano che lo scopo mutualistico è assente o meramente formale e, contemporaneamente, sono presenti gli elementi tipici di una società di persone, quali il conferimento di beni/servizi, l’esercizio in comune di un’attività economica, la divisione degli utili e una gestione accentrata che esclude la partecipazione effettiva degli altri soci.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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