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Doppia imposizione: il trattato prevale sulla legge

Un pilota pagava le imposte in Portogallo sul reddito lì percepito. A seguito di una voluntary disclosure in Italia, l’Amministrazione Finanziaria negava il credito per le imposte estere a causa della mancata indicazione in dichiarazione. La Corte di Cassazione ha dato ragione al contribuente, stabilendo che la convenzione internazionale contro la doppia imposizione prevale sulla normativa nazionale, garantendo il diritto al credito d’imposta anche in caso di omessa dichiarazione.

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Pubblicato il 17 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Credito per imposte estere: la Convenzione contro la doppia imposizione vince sulla legge nazionale

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha stabilito un principio fondamentale in materia di fiscalità internazionale: l’obbligo di evitare la doppia imposizione, sancito dai trattati internazionali, prevale sulle norme procedurali interne, come l’obbligo di indicare i redditi esteri nella dichiarazione dei redditi. Questo significa che un contribuente ha diritto al credito per le imposte pagate all’estero anche se non ha dichiarato tali redditi al fisco italiano.

I fatti del caso

Il caso riguarda un pilota di aerei che, negli anni 2010 e 2011, lavorava per una compagnia aerea con direzione effettiva in Portogallo. I suoi redditi da lavoro dipendente venivano regolarmente tassati in Portogallo. In base alla Convenzione Italia-Portogallo contro le doppie imposizioni, il contribuente riteneva di non dover dichiarare tali somme in Italia.

Successivamente, nel 2015, il pilota ha aderito alla procedura di voluntary disclosure per regolarizzare alcune attività finanziarie detenute all’estero. In tale contesto, l’Amministrazione Finanziaria ha contestato la sua posizione, affermando che i redditi percepiti in Portogallo erano soggetti a tassazione anche in Italia e, soprattutto, ha negato il riconoscimento del credito per le imposte già pagate in Portogallo, poiché il reddito non era stato inserito nella dichiarazione italiana, come richiesto dalla normativa nazionale.

Dopo aver perfezionato la procedura di collaborazione volontaria, il contribuente ha chiesto il rimborso delle imposte, ma si è visto opporre un rifiuto, confermato in appello. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La questione della doppia imposizione e la Voluntary Disclosure

La Corte Suprema ha accolto il ricorso del contribuente, cassando la sentenza d’appello e stabilendo due principi di diritto di notevole importanza pratica.

Il primo riguarda la gerarchia delle fonti del diritto. La Corte ha chiarito che la Convenzione bilaterale contro la doppia imposizione impone allo Stato italiano un obbligo incondizionato di concedere un credito d’imposta per le tasse pagate nello Stato portoghese. Questo obbligo, derivante da un trattato internazionale, non può essere subordinato al rispetto di oneri formali previsti dalla legge interna, come la presentazione della dichiarazione dei redditi. Negare il credito d’imposta per una mera omissione formale equivarrebbe a violare il diritto internazionale pattizio.

Il secondo principio distingue nettamente la voluntary disclosure dall’istituto dell’accertamento con adesione. A differenza di quest’ultimo, che chiude definitivamente una pretesa fiscale, la voluntary disclosure è un’iniziativa del contribuente che, in un atto di lealtà, svela al fisco attività prima sconosciute. Per questa ragione, egli conserva il diritto a una tassazione conforme a legge, comprese le norme internazionali. Pertanto, aver definito la propria posizione tramite collaborazione volontaria non preclude la possibilità di chiedere successivamente il rimborso di somme versate in eccesso o non dovute, come il mancato riconoscimento di un credito d’imposta.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando la prevalenza del diritto internazionale pattizio sulla normativa interna, ai sensi degli articoli 10 e 117 della Costituzione. L’ordinamento tributario stesso (art. 169 TUIR) riconosce tale prevalenza. L’obbligo di evitare la doppia imposizione è un impegno che lo Stato italiano assume nei confronti di un altro Stato sovrano. Limitare questo diritto per una formalità non adempiuta dal contribuente esporrebbe l’Italia a una violazione dei suoi obblighi internazionali.

La Corte ha inoltre evidenziato la differenza strutturale e finalistica tra la procedura di collaborazione volontaria e l’accertamento con adesione. La prima è uno strumento premiale che incentiva l’emersione di capitali nascosti; il contribuente che vi aderisce non può essere penalizzato con una tassazione più gravosa di quella prevista dalla legge e dai trattati. L’irretrattabilità tipica dell’accertamento con adesione non si applica, quindi, a questo contesto, garantendo al contribuente il diritto al rimborso del non dovuto.

Le conclusioni

La sentenza rappresenta una vittoria per la certezza del diritto e per i contribuenti che operano in un contesto transnazionale. La Corte di Cassazione ha riaffermato che i trattati internazionali non sono mere dichiarazioni di intenti, ma norme precettive che devono essere applicate anche quando la normativa interna sembra porre degli ostacoli formali. Il principio è chiaro: il diritto a non subire una doppia imposizione è sostanziale e non può essere annullato da un’omissione procedurale. Inoltre, viene valorizzato l’istituto della voluntary disclosure come strumento di compliance e non come una trappola che preclude la corretta applicazione delle imposte.

Un contribuente che non dichiara redditi esteri perde il diritto al credito per le imposte pagate all’estero?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’obbligo di evitare la doppia imposizione previsto da una convenzione internazionale prevale sulla normativa nazionale. Pertanto, il diritto al credito d’imposta spetta anche se il contribuente ha omesso di indicare i redditi esteri nella dichiarazione.

La procedura di “voluntary disclosure” impedisce di chiedere un rimborso o un credito d’imposta in un secondo momento?
No. A differenza dell’accertamento con adesione, la voluntary disclosure è un’iniziativa del contribuente per regolarizzare la propria posizione. Egli conserva il diritto a una tassazione secondo legge e, quindi, non gli è precluso il diritto di chiedere il rimborso di somme versate in eccesso o non dovute, come quelle derivanti dal mancato riconoscimento di un credito d’imposta.

In caso di conflitto, prevale la legge nazionale o una convenzione internazionale contro la doppia imposizione?
Prevale la convenzione internazionale. La Corte ha ribadito che le norme dei trattati internazionali, regolarmente ratificati, hanno un’efficacia precettiva superiore a quella delle leggi interne e l’ordinamento nazionale non può limitarle o porsi in contrasto con esse.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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