Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28225 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 24/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16337/2024 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, in proprio e nella qualit à̀ di legale rappresentante pro tempore della societ à̀ RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, con l’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato che lo rappresenta e difende -controricorrente- avverso la Sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Sicilia n. 149/2024 depositata il 08/01/2024.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 8/10/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con ricorso proposto innanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO per l’anno di imposta 2012, emesso dall’RAGIONE_SOCIALE. Mediante l’atto impositivo de quo, veniva accertato maggior reddito imponibile per un ammontare pari ad euro 307.590,00, sul presupposto che l’importo di euro 299.043,00 versato, a più riprese, dal contribuente a titolo di prestiti del socio
nelle casse della società RAGIONE_SOCIALE – nella quale deteneva quote sociali nella misura del 81% – fosse incompatibile con i redditi da lui posseduti e con le sue disponibilità finanziarie.
Nelle more del giudizio in tal modo introdotto, l’Ufficio finanziario provvedeva altresì a notificare alla società RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, con cui rettificava il reddito di impresa dichiarato per l’annualità 2012 in euro 324.168,00, adducendo a sostegno della predetta quantificazione che i finanziamenti del socio di euro 299.043,00 mirassero unicamente ad occultare il saldo negativo di cassa, derivante dalla realizzazione di vendite in nero e dalla presenza di ricavi sfuggiti a tassazione.
2.1. Anche avverso l’avviso di accertamento da ultimo citato veniva presentato ricorso iscritto al n. NUMERO_DOCUMENTO R.G.R. innanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, riproponendo i motivi già posti a fondamento del ricorso proposto in proprio dal contribuente.
In particolare, veniva dedotta l’infondatezza RAGIONE_SOCIALE pretese impositive opposte dall’Amministrazione Finanziaria a mezzo di ambedue gli atti impositivi, dal momento che le somme prestate dal socio e oggetto di contestazione apparivano giustificate dalla copiosa documentazione depositata dalla difesa.
3.1. Venivano altresì dedotte l’erroneità e l’illogicità degli atti nella misura in cui non tenevano in considerazione che bisognava sottrarre all’importo di euro 299.043,00, relativo ai finanziamenti effettuati al lordo RAGIONE_SOCIALE restituzioni, l’importo di euro 155.038,14 concernente dette restituzioni.
La CTP, disposta la riunione tra i procedimenti, accoglieva parzialmente i ricorsi, rideterminando in euro 164.000,00 il reddito imponibile del sig. COGNOME (in misura pari alle somme oggetto di restituzione oltre ad euro 10.000,00 per ‘ spese per mantenimento ‘ ) ed in euro 154.000,00 il reddito di impresa della società RAGIONE_SOCIALE, in ragione del fatto che la somma
effettivamente imputabile alla società ammontasse ad euro 154.000,00 e non già ad euro 299.043,00 come determinati dall’Ufficio, comprensivi RAGIONE_SOCIALE restituzioni effettuate nell’annualità accertata.
Quindi, la CGT di II Grado della Sicilia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello del contribuente.
Avverso la predetta sentenza ricorreva NOME COGNOME con unico motivo e resisteva l’Amministrazione finanziaria con controricorso.
In relazione a questo giudizio era formulata dal Consigliere delegato proposta di definizione accelerata della controversia ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ.
Il ricorrente presentava allora istanza di trattazione del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’ unico motivo di ricorso il ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’articolo 53 della Costituzione, dell’articolo 163 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) e dell’articolo 47, comma 1 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR) ai sensi e per gli effetti dell’articolo 360, comma 1, n. 3, c.p.c.
1.1. Afferma il ricorrente che la sentenza resa dal giudice di secondo grado si appalesa erronea ed in violazione di legge nella parte in cui avvalora la quantificazione del reddito imponibile effettuata nella pronuncia di primo grado, in quanto, una volta reputata condivisibile la deduzione difensiva concernente la provenienza RAGIONE_SOCIALE somme nella disponibilit à̀ personale del contribuente e ritenuto che, in assenza di fonti di reddito ulteriori rispetto a quelle derivanti dalla partecipazione societaria, debba senz’altro trattarsi di utili distribuiti in nero al socio dalla RAGIONE_SOCIALE, sarebbe errato determinare il reddito imponibile del COGNOME in misura totalmente equivalente al reddito della societ à̀ , poiché l’articolo 47, comma 1, D.P.R. n. 917/1986 – nel testo vigente ratione temporis – statuisce espressamente che gli utili
distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione dalla societ à̀ concorrano alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 49,72% del loro ammontare (percentuale rideterminata dall’art. 1 del D.M. 02/04/2008).
Il motivo è inammissibile, in quanto non si confronta con la ratio della sentenza impugnata, di conferma della decisione di primo grado che, pur riducendo l’importo della pretesa erariale, ha ritenuto legittimo l’avviso di accertamento sintetico, ex art. 38, commi 4 e ss., del DPR 600/73, con cui l’Ufficio ha determinato il maggior reddito imponibile, in relazione all’anno 2012, del contribuente per avere effettuato spese per investimenti, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, non giustificando la provenienza della provvista, nonché l’utilizzo della stessa per lo specifico investimento.
Il motivo è, comunque, infondato, trovando applicazione il principio già espresso da questa Corte in vicende in proposito analoghe, secondo cui ‘non vi è alcun obbligo di mitigare una doppia imposizione che non v’è mai stata, non avendo la società mai dichiarato tali utili’ (Cass. sez. V, 19.11.2020, n. 26317; Cass. sez. V, 23.12.2019, n. 34282; Cass., sez. V, 30.1.2024, n. 2752).
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese di lite seguono l’ordinario criterio della soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
4.1. Il ricorrente deve essere anche condannato al pagamento di somme -liquidate in dispositivo – in favore della controricorrente, ai sensi del combinato disposto dagli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, terzo comma, c.p.c., nonché della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi del combinato disposto degli artt. 380 bis, terzo comma, e 96, quarto comma, c.p.c.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in euro 7.000, per compensi, oltre spese prenotate a debito , nonché al pagamento dell’ulteriore somma pari ad euro 3.5000 , ai sensi dell’art. 96, terzo comma, c.p.c.
Condanna, inoltre, il ricorrente al versamento di euro 1.000 in favore della cassa RAGIONE_SOCIALE ammende, ai sensi dell’art. 96, quarto comma, c.p.c.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 8/10/2025.
La Presidente NOME COGNOME