Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3767 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3767 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16679/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – DIREZIONE PROVINCIALE DI VARESE
-intimato-
avverso la SENTENZA della CORTE di GIUSTIZIA di SECONDO COGNOME della LOMBARDIA n. 309/2023 depositata il 26/01/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/12/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte di Giustizia di secondo grado della Lombardia ( hinc: CGT), con la sentenza n. 309/2023 depositata in data 26/01/2023, ha accolto parzialmente (con annullamento delle sanzioni irrogate) l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale di Varese n. 397/2021, con cui era stato respinto il ricorso proposto dalla società contribuente contro quattro diversi avvisi di accertamento relativi alle annualità 2014-2017 e un atto di contestazione, con i quali si erano state rideterminate l’IVA, l’IRES e l’IRAP in base al riconoscimento di operazioni oggettivamente e soggettivamente inesistenti ed erano state applicate le relative sanzioni.
La CGT ha rilevato che l’appello proposto dalla contribuente non scalfiva l’articolata disamina delle singole riprese eseguita dall’ufficio, dalla quale emergeva la diversità dei presupposti impositivi tra gli avvisi impugnati e quelli oggetto di un precedente accertamento. Non era configurabile alcuna doppia imposizione, dal momento che, con gli atti impositivi emessi del 2018 veniva contestato che la società avesse posto in essere una cessione, qualificata dalla stessa come intracomunitaria, con un soggetto estero la cui esistenza non risultava certificata da alcuna autorità fiscale di appartenenza, mentre nel presente contenzioso le riprese riguardavano l’esistenza concreta delle operazioni contestate. Rileva, quindi, che:
Gli avvisi oggetto di impugnazione nel presente contenzioso attengono, ai fini IRES e IRAP a:
-costi indeducibili relativi a fatture per trasporti mai avvenuti in quanto riferiti ad operazioni oggettivamente inesistenti
-costi indeducibili relativi a fatture per provvigioni emesse da plurime società ed afferenti operazioni oggettivamente inesistenti.
Ai fini IVA, poi, veniva contestata l’indetraibilità dell’imposta in relazione ad acquisti da RAGIONE_SOCIALE per operazioni oggettivamente inesistenti, a costi indeducibili relativi a fatture per trasporti mai avvenuti in quanto riferiti ad operazioni oggettivamente inesistenti, a costi indeducibili relativi a fatture per provvigioni emesse da plurime ditte, di volta in volta indicate, ed afferenti operazioni oggettivamente inesistenti, ad acquisti da società analiticamente indicate per operazioni soggettivamente inesistenti e a cessioni alle società analiticamente indicate per operazioni soggettivamente inesistenti (art. 21, comma 7, DPR n. 633/1972).
2.1. Rileva, quindi, che si tratta di nuovo accertamento, non di carattere integrativo rispetto al precedente, ma emesso sulla base di nuovi presupposti e verifiche, che hanno accertato l’inesistenza effettiva e concreta delle operazioni, attuate su un piano solo cartolare, con conseguente indetraibilità dell’IVA per acquisti per operazioni inesistenti.
2.2. La CGT ha, inoltre, evidenziato:
la sostanziale differenza tra l’Iva che viene ripresa a tassazione su fatture per operazioni inesistenti e la mancata applicazione dell’Iva su cessioni di beni imponibili, stante l’indebito utilizzo del relativo plafond dei precedenti avvisi;
le operazioni di vendita intercorse tra la FTL Rossi e la RAGIONE_SOCIALE,
diversamente da quanto dedotto dalla parte – non sono state riprese a tassazione ai fini IVA (come invece nei precedenti
accertamenti del 2014), ma solo ai fini delle imposte dirette, non accertate in precedenza.
le operazioni di cessione tra RAGIONE_SOCIALE e la società RAGIONE_SOCIALE (già oggetto di rilievo da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Varese nei precedenti accertamenti), sono contestate dall’Ufficio solo ai fini delle imposte dirette.
è stata recuperata l’IVA indetraibile su fatture per operazioni oggettivamente inesistenti relativa alle operazioni di acquisto dalla RAGIONE_SOCIALE nelle diverse annualità di imposta accertate.
Ha quindi concluso che l’IVA richiesta negli avvisi in contestazione non si riferisce alle stesse operazioni sanzionate con i precedenti avvisi, sicché le riprese fiscali vanno confermate.
2.3. Ha infine ritenuto che la società contribuente non avesse provato la concreta esecuzione delle operazioni contestate come inesistenti. In particolare, non è sufficiente la testimonianza a discarico della dipendente COGNOME (nel procedimento penale), che descrive le modalità di esecuzione delle operazioni con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE. Risulta, invece, dagli accertamenti che la merce, una volta ceduta, solo ‘sulla carta’, da RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE, veniva da quest’ultima rifatturata lo stes so giorno alla società RAGIONE_SOCIALE Permane, quindi, l’inesistenza delle operazioni.
Contro la sentenza della CGT la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con due motivi.
La parte intimata non si è costituita.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione degli artt. 67 d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e art. 57 d.P.R. 26/10/1972, n. 633, nonché la violazione dell’art. 2909 c.c. e dell’art. 12 prel., la violazione del divieto di doppia imposizione,
del principio del ne bis in idem e dell’estensione del giudicato esterno in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.
1.1. La ricorrente evidenzia come la sentenza impugnata rilevi, per un verso, che non si tratti di avviso di accertamento integrativo e, per l’altro verso , che si tratti delle medesime operazioni intracomunitarie con le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, con lo stesso presupposto, la stessa imposta, lo stesso anno d’imposta (2014, 2015, 2016 e 2017) e lo stesso soggetto passivo (RAGIONE_SOCIALE). Negli avvisi di accertamento definiti con sentenza passata in giudicato viene fatto riferimento ad operazioni soggettivamente inesistenti, mentre nel caso del presente procedimento si tratta di operazioni oggettivamente inesistenti. Rileva, quindi, che (pag. 16 del ricorso): « gli accertamenti del I° Gruppo 2018, non essendo stati annullati dall’Agenzia delle Entrate, né al momento della emanazione di quelli del II° Gruppo 2019, né a seguito della eccezione del bis in idem, sono divenuti definitivi a seguito della Sentenza di questa Corte n. 1286/2022 pubblicata in data 15.12.2022 (e quindi successiva alla udienza di dis cussione dell’appello de quo -26.01.2022 -), si è formato il giudicato sul presupposto impositivo della esistenza delle operazioni commerciali, da intendersi intervenuto verso soggetti nazionali e non comunitari, che non consente più l’affermazione della inesistenza delle stesse. » Si tratta, quindi, di un caso di doppia imposizione giuridica.
Evidenzia, quindi, che i secondi avvisi di accertamento riguardino il precedente atto di accertamento, al quale si sostituiscono con modifiche inerenti tutti gli elementi dell’atto, sono un nuovo provvedimento diversamente predisposto ma che ha omesso l’eliminazione del precedente, cui invece si è sovrapposto.
Con il secondo motivo di ricorso è stata contestata la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. 31/12/1992, n. 546
e art.132, comma 2, c.p.c. – Insufficienza, erroneità ed illogicità della motivazione, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 5 , c.p.c.
2.1. La ricorrente rileva che la CGT evidenzia che l’IVA contenuta negli avvisi in contestazione non si riferisce alle stesse operazioni sanzionate con i precedenti avvisi, sicché le riprese fiscali devono essere confermate. In realtà, ad avviso di parte ricorrente, gli avvisi accertamento evidenziano esattamente il contrario, con la conseguenza che la motivazione della sentenza impugnata si trova in un contrasto insanabile con l’atto impositivo. Peraltro, la stessa sentenza rileva che: « le stesse operazioni non sono state riprese a tassazione ai fini IVA, ma soli ai fini delle imposte dirette, ‘le operazioni di cessione … già oggetto di rilievo da parte della Agenzia delle Dogane, sono contestate in questa sede ai soli fini delle imposte dirette. … ai fini IVA è stata recuperata l’iva indetraibile.»
Passando all’esame dei motivi di ricors o, occorre rilevare che le contestazioni della parte ricorrente traggono origine dal fatto di essere stata destinataria, con riferimento alle stesse annualità (2014, 2015 e 2016), di due distinti avvisi di accertamento, definiti con distinti giudizi.
Il primo consegue a una verifica fiscale in esito alla quale è stata contestata l’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti per gli anni 2014, 2015 e 2016 verso alcuni committenti intracomunitari, tra cui le società bulgare RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE e la società rumena RAGIONE_SOCIALE Successivamente, è stato emesso un avviso di accertamento con il quale tali cessioni intracomunitarie di beni eseguite in esenzione di IVA, ex art. 41 d.l. n. 331 del 1993, ritenute soggettivamente inesistenti, sono state riqualificate come operazioni imponibili, con conseguente l’applicazione dell’IVA, a seguito della rideterminazione del plafond , e delle relative sanzioni e interessi. Tale vicenda è stata, infine,
definita, con esito sfavorevole al contribuente con la pronuncia di questa Corte (n. 1286/2022) pubblicata in data 15/12/2022.
3.1. Il secondo giudizio -dove è eseguita una ripresa dell’IVA anche in relazione all’anno 2017 – è quello che ha portato alla sentenza impugnata nel presente procedimento, nell’ambito del quale sono state eseguite per gli anni 2014-2017 riprese a titolo di IRES, IVA e IRAP.
I motivi di ricorso possono essere esaminati congiuntamente e sono infondati, in quanto la ricorrente non si confronta con la ratio e i contenuti della sentenza impugnata.
4.1. Ora, se è vero che, in relazione alle stesse operazioni compiute nel medesimo anno di imposta nelle quali il contribuente assuma qualifica di cedente non può essere applicata due volte l’IVA , è altrettanto vero che la verificazione, in concreto, di tale ipotesi è recisamente esclusa dalla lettura della sentenza impugnata, che contiene un iter argomentativo e comparativo delle operazioni oggetto del secondo avviso di accertamento ben più ampio delle singole frasi estrapolate dalla ricorrente.
4.2. In particolare, la sentenza impugnata parte dalla considerazione che nel precedente avviso di accertamento era stata contestata la cessione intracomunitaria con un soggetto estero la cui esistenza non risultava certificata dall’autorità fiscale di appartenenza, mentre nel caso di specie risulta contestata l’esistenza concreta delle operazioni. Se tale considerazione non è sufficiente a escludere una doppia imposizione, ben più dirimenti sono le considerazioni con le quali la CTR elenca le contestazioni fatte con l’avviso di accertamento che viene in rilievo nel caso di specie. Sono, infatti, elencate riprese a titolo IRES e IRAP (per costi indeducibili relative a trasporti mai avvenuti e a provvigioni emesse in relazione a fatture per operazioni oggettivamente inesistenti).
È stata, poi, contestata l’indetraibilità dell’IVA relativa a:
-acquisti (e non cessioni come nel precedente avviso) da RAGIONE_SOCIALE per operazioni oggettivamente inesistenti. Peraltro, proprio con riferimento alla società appena evocata, a pag. 1011 del ricorso la società contribuente riporta una parte dell’avviso di accertamento in cui, da un lato, si dà atto che RAGIONE_SOCIALE ha acquistato acciaio dalla cartiera RAGIONE_SOCIALE venendolo alla RAGIONE_SOCIALE, rilevando che le operazioni di cessione tra RAGIONE_SOCIALE e la società bulgara RAGIONE_SOCIALE sono state già ogge tto di rilievo, ai soli fini IVA, da parte dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Varese per gli anni d’imposta 2013-2016. Di conseguenza, è evidente come nel precedente avviso di accertamento venisse recuperata l’imposta sulla cessione intracomunitaria da RAGIONE_SOCIALE a RAGIONE_SOCIALE e non quella indebitamente detratta in merito al l’acquisto (oggettivamente) inesistente della prima da RAGIONE_SOCIALE Lo stesso è a dirsi, peraltro, anche con riferimento a quanto esposto a pag. 12 in merito alle operazioni di acquisto da RAGIONE_SOCIALE (oggetto del presente accertamento) e le successive cessioni intracomunitarie a Kusutra (interessate dal precedente avviso di accertamento;
-IVA indetraibile per costi indeducibili relativi a fatture per trasporti mai avvenuti in quanto riferiti ad operazioni oggettivamente inesistenti (anche in questo caso si tratta di IVA pagata per una prestazione resa in favore della società contribuente e non in relazione a una cessione intracomunitaria in cui quest’ultima assuma la qualifica di cedente);
-IVA indetraibile per costi indeducibili relativi a fatture per provvigioni emesse da plurime ditte di volta in volta indicate e
afferenti a operazioni oggettivamente inesistenti (anche in questo caso si tratta di prestazioni in favore della contribuente);
-IVA indetraibile relativa ad acquisti da società analiticamente indicate per operazioni soggettivamente inesistenti;
-IVA relativa a cessioni alle società analiticamente indicate per operazioni soggettivamente inesistenti (art. 21, comma 7, d.P.R. n. 633 del 1972.
In sostanza, dalla lettura della sentenza impugnata emerge un complesso variegato di operazioni interessate dalla ripresa a titolo di IVA, IRES e IRAP. Rispetto a tale apparato motivazionale la ricorrente non prende posizione, limitandosi a evocare una netta cesura scolpita dal giudicato che si è formato sull’impugnazione del precedente avviso di accertamento.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato il ricorso deve essere rigetto, senza disporre alcuna statuizione sulle spese di lite, in ragione della mancata costituzione della parte intimata.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo un ificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 04/12/2024.