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Doppia imposizione: Cassazione su nuovi accertamenti

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di una società che lamentava una doppia imposizione fiscale. L’azienda aveva ricevuto nuovi avvisi di accertamento per IVA, IRES e IRAP relativi ad annualità già oggetto di precedenti verifiche. La Corte ha stabilito che non sussiste doppia imposizione quando i nuovi accertamenti si fondano su presupposti di fatto e di diritto differenti, come la contestazione di operazioni oggettivamente inesistenti (mai avvenute) rispetto a quelle soggettivamente inesistenti (avvenute tra parti diverse) oggetto dei precedenti atti.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Doppia Imposizione Fiscale: Quando un Nuovo Accertamento è Legittimo?

Il principio del ne bis in idem (non due volte per la stessa cosa) è un cardine del nostro ordinamento, valido anche in ambito tributario. Esso vieta all’Amministrazione Finanziaria di procedere a un nuovo accertamento per lo stesso tributo e la stessa annualità quando una pretesa sia già stata definita. Tuttavia, una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha chiarito i confini di questo principio, escludendo la violazione del divieto di doppia imposizione quando i nuovi atti impositivi si basano su presupposti fattuali e giuridici completamente diversi.

I Fatti del Caso: Accertamenti Fiscali a Confronto

Una società si è vista notificare diversi avvisi di accertamento per gli anni dal 2014 al 2017, con cui l’Agenzia delle Entrate contestava l’indeducibilità di costi e l’indetraibilità dell’IVA per operazioni ritenute inesistenti. La società ha impugnato questi atti, sostenendo di aver subito una doppia imposizione, poiché per le stesse annualità aveva già affrontato un contenzioso, definito con sentenza passata in giudicato, relativo ad accertamenti che contestavano operazioni intracomunitarie con società estere.

In sostanza, la contribuente riteneva che l’Amministrazione Finanziaria stesse tentando di tassare due volte la stessa materia imponibile, violando il giudicato precedente.

La Posizione della Società Ricorrente

Secondo la tesi della società, i primi accertamenti, ormai definitivi, avevano qualificato certe operazioni come soggettivamente inesistenti (reali, ma tra parti diverse da quelle dichiarate). I nuovi accertamenti, invece, si basavano sulla stessa materia del contendere, creando una sovrapposizione illegittima e una violazione del divieto di doppia imposizione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la legittimità dei nuovi avvisi di accertamento. Gli Ermellini hanno stabilito che non vi era alcuna sovrapposizione tra i due gruppi di accertamenti, poiché essi si fondavano su presupposti impositivi distinti e autonomi.

Le Motivazioni della Sentenza: Perché non si Tratta di Doppia Imposizione

La Corte ha svolto un’analisi comparativa dettagliata, evidenziando le differenze sostanziali tra i vecchi e i nuovi atti impositivi.

I primi accertamenti contestavano la cessione intracomunitaria a soggetti esteri la cui esistenza non era certificata, riqualificando tali operazioni come imponibili ai fini IVA. Si trattava, quindi, di una contestazione legata all’inesistenza soggettiva dei destinatari delle cessioni.

I nuovi accertamenti, oggetto del presente giudizio, avevano un perimetro molto più ampio e diverso. Essi riguardavano:

1. Costi indeducibili per IRES e IRAP relativi a fatture per trasporti e provvigioni mai avvenuti, in quanto collegati a operazioni oggettivamente inesistenti.
2. IVA indetraibile su acquisti da un fornitore nazionale per operazioni oggettivamente inesistenti (la merce non era mai stata realmente acquistata da quel fornitore).
3. IVA indetraibile per costi di trasporto e provvigioni fittizi.

La Corte ha sottolineato che un conto è contestare la mancata applicazione dell’IVA su una cessione (come nel primo caso), un altro è contestare l’indebita detrazione dell’IVA su un acquisto fittizio o la deduzione di un costo mai sostenuto (come nel secondo caso). Poiché i presupposti impositivi erano diversi (cessioni vs acquisti, inesistenza soggettiva vs oggettiva, recupero imposta a debito vs contestazione imposta a credito), non poteva configurarsi alcuna violazione del divieto di doppia imposizione o del principio del ne bis in idem.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Aziende

Questa ordinanza offre un importante chiarimento: l’Amministrazione Finanziaria può legittimamente emettere nuovi accertamenti per un periodo d’imposta già definito, a condizione che questi si basino su fatti e presupposti giuridici nuovi e diversi da quelli coperti dal precedente giudicato. Per le aziende, ciò significa che la definizione di un contenzioso tributario non garantisce un’immunità totale per quell’annualità. È fondamentale analizzare con attenzione il contenuto specifico di ogni atto impositivo per comprendere l’esatta natura della contestazione e verificare se si tratti effettivamente di una pretesa nuova e autonoma o di una illegittima duplicazione.

È possibile ricevere un nuovo accertamento fiscale per un anno d’imposta già definito con sentenza?
Sì, è possibile a condizione che il nuovo accertamento si fondi su presupposti di fatto e di diritto diversi da quelli trattati nel precedente giudizio. La sentenza chiarisce che non c’è violazione del divieto di doppia imposizione se si contestano, ad esempio, operazioni oggettivamente inesistenti dopo aver definito un contenzioso su operazioni soggettivamente inesistenti.

Qual è la differenza tra operazioni ‘oggettivamente’ e ‘soggettivamente’ inesistenti secondo la Corte?
Le operazioni ‘oggettivamente inesistenti’ sono quelle che non sono mai avvenute nella realtà materiale (es. una fattura per una fornitura mai consegnata). Le operazioni ‘soggettivamente inesistenti’ sono transazioni realmente avvenute, ma tra soggetti diversi da quelli indicati nei documenti fiscali. La Corte ha usato questa distinzione per giustificare la diversità dei presupposti impositivi e quindi escludere la doppia imposizione.

Il principio del ‘ne bis in idem’ ha un’applicazione assoluta in materia tributaria?
No. Secondo la Corte, questo principio non impedisce all’Amministrazione Finanziaria di emettere un nuovo accertamento per lo stesso periodo d’imposta se la nuova pretesa si basa su un ‘iter argomentativo e comparativo’ che dimostra come le operazioni contestate siano diverse e più ampie rispetto a quelle già definite in un precedente giudizio.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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