Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16096 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16096 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/06/2025
Irpef -Avviso di accertamento -Plusvalenze
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16204/2017 R.G. proposto da:
NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato,
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. LAZIO, n. 9602/2016, depositata in data 29 dicembre 2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 8 maggio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle entrate emetteva nei confronti di NOME COGNOME l’avviso di accertamento , n. TKF011202526 , con il quale, per l’anno di imposta 2008, recuperava a tassazione la plusvalenza di euro 41.605,00, derivante dalla cessione a titolo oneroso di un terreno, censito nel catasto terreni del Comune di Pontina, al fg. 90, part. 74, della superfice di 880 mq. L’Ufficio, a fronte dell’acquisto della detta particella al prezzo di euro 10.000,00 e della vendita della stessa, unitamente ad altre particelle per la superficie complessiva di mq 52.863, determinava, con criterio proporzionale, il prezzo imputabile alla prima in euro 51.605,09.
A vverso l’avviso di accertamento il contribuente proponeva ricorso dinanzi alla CTP di Latina, assumendo che il valore della particella fosse stato mal calcolato dall’Ufficio.
La CTP rigettava il ricorso con sentenza confermata in appello.
La CTR, con la sentenza in epigrafe, riteneva corretto il calcolo svolto dall’A mministrazione con criterio proporzionale, non emergendo alcuna differente valutazione della particella di terreno oggetto di accertamento rispetto alla restante parte.
Avverso detta sentenza il contribuente propone ricorso per cassazione affidato ad un motivo e l ‘Agenzia delle Entrate resiste a mezzo controricorso.
La difesa del contribuente, in data 19 febbraio 2025, ha depositato istanza di interruzione del giudizio stante la morte della parte in data 20 settembre 2020. In via subordinata si è riportata agli scritti difensivi precedentemente depositati evidenziando che il ricorrente, già in data 27 febbraio 2019, aveva presentato istanza di sospensione del processo, volendosi avvalere della procedura di
definizione agevolata prevista dall’art. 6 d.lgs. n. 119 del 2018 e che il pagamento, «probabilmente», era stato nelle more effettuato con cessazione della materia del contendere.
Considerato che:
Con l’unico il contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, «per non aver preso posizione in merito alle allegazioni dell’appellante circa la quintuplicazione del valore del terreno».
Osserva che nell’atto di appello aveva contestato quanto segue : «i giudici si cimentano in valutazioni di carattere economico e commerciale, fino ad arrivare ad affermare che il risveglio dell’attività agricola da parte dei giovani incide sul valore di acquisto dei terreni. Semmai, si sarebbero dovuti chiedere in base a quale criterio, o eventualmente a quale boom economico che possa aver fatto lievitare i prezzi, un terreno acquistato nel febbraio 2005 al prezzo di euro 10.000,00, mai contestati, possa nel 2008, cioè tre anni dopo, aver più che quintuplicato il suo valore » e deduce che trattasi di un fatto storico decisivo per il giudizio. Osserva, in proposito, che il prezzo di acquisto iniziale del terreno de quo , ossia € 10.000,00, era stato ritenuto congruo dall’Agenzia la quale, pertanto, avrebbe dovuto spiegare, nell’avviso impugnato, perché, dopo soli tre anni dall’acquisto, quel valore di € 10.000,00 non potesse più considerarsi congruo, mentre invece dovesse considerarsi tale il valore complessivo di € 51.605,09 indicato nell’avviso.
Assume che tale rilievo sconfessa la modalità di calcolo seguita dall’ufficio ed il conseguente impianto motivazionale dell’avviso impugnato e che a tale censura l’Ente non ha fornito risposta adeguata, limitandosi a porre in essere un calcolo matematico asettico e scevro da qualsiasi distinguo sui vari terreni venduti e basato su presupposti
inspiegabili. Deduce, pertanto, che la sentenza gravata, non ha fornito sul punto alcuna risposta, spostando l’attenzione su un aspetto diverso, quello del contenuto della perizia di parte, che nulla ha a che vedere con la censura specificamente sollevata in appello, con evidente carenza nella motivazione.
Aggiunge che spettava all’Agenzia dimostrare che il valore di € 51.605,00 corrispondeva a quello reale del terreno, che solo tre anni prima era stato quantificato nella minor somma di € 10.000,00 mai contestata, e non al contribuente dimostrare l’errore. Conclude, pertanto, invocando la cassazione della sentenza impugnata per evidente carenza motivazionale su un punto decisivo della controversia.
In primo luogo, v a disattesa l’istanza di interruzione del giudizio per morte del ricorrente. Nel giudizio di cassazione, in considerazione della particolare struttura e della disciplina del procedimento di legittimità, non è applicabile l’istituto dell’interruzione del processo, con la conseguenza che la morte di una delle parti, intervenuta dopo la rituale instaurazione del giudizio, non assume alcun rilievo (tra le più recenti Cass. 17/07/2024, n. 19661)
Pure va disattesa l’istanza di cessazione della materia del contendere, non risultando da alcun documento la definizione della lite ai sensi della legge n. 119 del 2018
Il motivo è inammissibile per plurime ragioni.
4.1. N ell’ipotesi di c.d. «doppia conforme», prevista dall’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ. (applicabile, ai sensi dell’art. 54, comma 2, del d.l. n. 83 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 134 del 2012, ai giudizi d’appello introdotti con ricorso depositato o con citazione di cui sia stata richiesta la notificazione dal giorno 11 settembre 2012), il ricorrente in cassazione -per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.
proc civ. (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile alle sentenze pubblicate dal giorno 11 settembre 2012) deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sente nza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse.» (Cass. 22/12/2016, n. 26774; in senso conforme: Cass. Sez. U. 21/09/2018, n. 22430).
Nella specie, posto che il giudizio d’appello è iniziato nel 2014, la doglianza è inammissibile poiché le decisioni dei gradi di merito, entrambe di rigetto (c.d. doppia conforme), si fondano sulle medesime ragioni di fatto e, del resto, parte ricorrente non ha nemmeno sostenuto il contrario. La sentenza di secondo grado, infatti, non ha fatto altro che esplicitare, per altro in maniera congrua e logica, il percorso motivazionale seguito dalla sentenza di primo grado.
4.2. Sotto altro profilo, nella parte in cui il ricorrente fa valere, sempre con riferimento al vizio di cui all’art. 360, primo comma. n. 5, cpd. proc. civ. un vizio di motivazione, sembra fare riferimento al vizio di insufficiente o contraddittoria motivazione, secondo la precedente formulazione della norma, non più vigente, ratione temporis . Trova, infatti, applicazione l’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., nella formulazione novellata dal comma 1, lett. b), dell’art. 54, del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modifiche nella legge 7 agosto 2012, n. 134, che si applica in relazione alle sentenze d’appello pubblicate a partire dall’11 settembre 2012.
Ne consegue l’inammissibilità del motivo formulato secondo la norma non più vigente.
4.3. Ancora, anche a voler riqualificare il motivo come denuncia di un error in procedendo, va rammentato che la mancanza della motivazione, rilevante ai sensi dell’art. 132, n. 4, cod. proc. civ. , (e nel caso di specie dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. n. 546 del 1992) e riconducibile all’ipotesi di nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360,
primo comma, n. 4, cod. proc. civ., si configura quando questa manchi del tutto -nel senso che alla premessa dell’oggetto del decidere, risultante dallo svolgimento del processo, segue l’enunciazione della decisione, senza alcuna argomentazione -ovvero nel caso in cui essa formalmente esista come parte del documento, ma le sue argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione del decisum . (Cass. Sez. U. 07/04/2014, n. 8053; successivamente, tra le tante, Cass. 01/03/2022, n. 6626; Cass. 25/09/2018, n. 22598).
Tale vizio non sussiste nella fattispecie in esame in cui la CTR ha chiaramente esposto le ragioni del proprio convincimento rilevando che il calcolo matematico eseguito dall’Uffici o -ricostruendo in via proporzionale, dal prezzo dell’intera vendita , la quota imputabile alla particella precedentemente acquistata per euro 10.000,00 -era corretto; che la perizia di parte era generica ed inidonea a confutare il calcolo dell’Amministrazione; che dalla medesima perizia non emergevano elementi convincenti per una diverso criterio di ripartizione dell’intero prezzo della cessione.
4.4. Infine il ricorso sotto l’apparente deduzione dell’ omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio o del vizio di motivazione mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti operata dal giudice di merito, così da realizzare una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito, terzo grado di merito (Cass. 04/07/ 2017, n. 8758). Oggetto del giudizio che si vorrebbe demandare a questa Corte è l’apprezzamento delle prove, rime sso alla valutazione del giudice di merito (Cass. 13/05/2022, n. 17744, Cass. 05/02/ 2019, n. 3340; Cass. 14/01/ 2019, n. 640; Cass. 13/10/ 2017, n. 24155; Cass. 04/04/ 2013, n. 8315).
5 In conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente a corrispondere all’Agenzia delle entrate le spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.300,00 a titolo di compenso, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, l’ 8 maggio 2025.