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Donazione indiretta: no tassa se manca l’arricchimento

L’Agenzia delle Entrate ha contestato una presunta donazione indiretta da una moglie al marito, relativa a un ingente trasferimento di denaro su un conto estero. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia, chiarendo che, poiché i beni erano già in comproprietà tra i coniugi sia all’origine (immobili) sia alla destinazione finale (conto corrente), non si è verificato un reale arricchimento di un soggetto a danno dell’altro. Mancando gli elementi essenziali della liberalità, nessuna imposta di donazione è dovuta.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Donazione Indiretta tra Coniugi: Quando l’Imposta non è Dovuta

La recente sentenza della Corte di Cassazione n. 1208/2024 offre un’importante chiarificazione sui presupposti della donazione indiretta tra coniugi, specialmente in contesti internazionali e con strutture societarie interposte. La Corte ha stabilito che, per poter tassare un’operazione come donazione, è indispensabile la presenza di un effettivo arricchimento di un coniuge e del corrispondente impoverimento dell’altro. Se i beni sono già in comune, un semplice trasferimento di fondi non integra una liberalità tassabile.

Il Caso: Trasferimento di Denaro e l’Accusa di Donazione Indiretta

L’Agenzia delle Entrate aveva emesso un avviso di liquidazione nei confronti di un contribuente, contestando il mancato pagamento dell’imposta di donazione su una somma di oltre 10 milioni di dollari. Tale somma, proveniente dalla vendita di immobili in Russia, era stata accreditata su un conto svizzero formalmente intestato a una società, ma di fatto riconducibile al contribuente e a sua moglie.

Secondo l’Amministrazione Finanziaria, l’operazione configurava una donazione indiretta dalla moglie al marito. Gli immobili, infatti, erano stati originariamente donati dalla moglie a sua madre, la quale li aveva poi venduti, facendo confluire il ricavato sul conto del genero.

La Commissione Tributaria Regionale aveva annullato l’avviso, sostenendo che, essendo i coniugi in regime di comunione legale, mancassero i requisiti del depauperamento e dell’arricchimento. L’Agenzia ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Cassazione sulla Donazione Indiretta

La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso dell’Agenzia, ma con una motivazione che si discosta e approfondisce quella dei giudici di merito. La decisione della Cassazione si fonda su un’analisi sostanziale della situazione patrimoniale dei coniugi, andando oltre gli aspetti formali.

Il punto centrale della sentenza, la cosiddetta ratio decidendi, è che l’intera operazione, dall’inizio alla fine, non ha comportato un reale trasferimento di ricchezza tra i coniugi. Anche se i giudici di merito avevano commesso un’imprecisione nel determinare il momento esatto in cui i coniugi erano passati dalla comunione alla separazione dei beni, tale errore è stato ritenuto irrilevante.

Le Motivazioni della Decisione

L’Assenza di Arricchimento e Impoverimento

La Corte ha osservato che i presupposti per una donazione indiretta tassabile sono due: l’impoverimento del donante e l’arricchimento del donatario, entrambi sorretti dall’animus donandi (l’intento di donare).

Nel caso specifico, la Cassazione ha stabilito che:
1. Patrimonio iniziale: Gli immobili venduti, pur formalmente di proprietà della moglie, erano di fatto già nella sfera patrimoniale comune dei coniugi, posseduti al 50% ciascuno.
2. Patrimonio finale: Il denaro ricavato dalla vendita è confluito su un conto intestato a una struttura societaria i cui soci erano, ancora una volta, gli stessi coniugi al 50% ciascuno.

Di conseguenza, non vi è stato alcun effettivo spostamento patrimoniale da un coniuge all’altro. Il denaro è semplicemente passato da un bene (immobile) a un altro (liquidità), rimanendo sempre nel patrimonio comune dei due. Manca quindi l’elemento oggettivo fondamentale della donazione: l’arricchimento di una parte a fronte del depauperamento dell’altra.

L’Irrilevanza dell’Errore sul Regime Patrimoniale

La Corte ha sottolineato che, sebbene la Commissione Tributaria Regionale avesse errato nell’individuare il regime di comunione al momento della vendita, questa imprecisione non cambia la sostanza dei fatti. Ciò che conta è lo stato di comunione iniziale degli immobili e lo stato finale di confluenza del denaro. Poiché entrambi questi stati patrimoniali vedevano una contitolarità al 50%, ogni effetto donativo-liberale è da escludere.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di imposta sulle donazioni: la forma non può prevalere sulla sostanza. Per poter tassare un atto come liberalità, l’Amministrazione Finanziaria deve dimostrare un effettivo e reale trasferimento di ricchezza, con un conseguente arricchimento del beneficiario. In assenza di tale presupposto, come nel caso di un mero passaggio di beni già in comproprietà tra coniugi, nessuna imposta è dovuta. La decisione è di particolare rilevanza per tutte le operazioni di riorganizzazione patrimoniale familiare, specialmente quelle che coinvolgono giurisdizioni e veicoli societari esteri.

Quando un trasferimento di denaro tra coniugi può essere considerato una donazione indiretta tassabile?
Solo quando si verifica un effettivo arricchimento di un coniuge con un corrispondente impoverimento dell’altro, il tutto sorretto dall’intenzione di donare. Se il denaro o i beni trasferiti sono già parte di un patrimonio comune e rimangono tali anche dopo l’operazione, non si configura una donazione tassabile.

Cosa deve dimostrare l’Agenzia delle Entrate per accertare una donazione indiretta?
L’Agenzia delle Entrate deve provare la sussistenza degli elementi oggettivi e soggettivi della donazione, ovvero l’arricchimento del donatario, l’impoverimento del donante e l’animus donandi (l’intento di liberalità). La semplice movimentazione di denaro non è sufficiente.

Un errore nella motivazione della sentenza di merito rende automaticamente la decisione errata?
No. La Corte di Cassazione può ritenere l’errore irrilevante se la decisione finale è comunque corretta sulla base di altri principi di diritto o di un’analisi più approfondita dei fatti (la cosiddetta ratio decidendi). In questo caso, l’errore sul regime patrimoniale non ha inciso sulla correttezza della conclusione, basata sull’assenza di un trasferimento di ricchezza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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