Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20974 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20974 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23202/2021 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO, con studio in Brescia, ove elettivamente domiciliati (indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni: EMAIL ), giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTI
CONTRO
lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia -sezione staccata di Brescia il 18 febbraio 2021, n. 639/26/2021;
IMPOSTA SULLE DONAZIONI INDIRETTE COACERVO
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 giugno 2024 dal AVV_NOTAIO;
CONSIDERATO CHE:
1. NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia -sezione staccata di Brescia il 18 febbraio 2021, n. 639/26/2021, che, in controversia su impugnazione di due avvisi di liquidazione della maggiore imposta sulle donazioni nella rispettiva misura di € 20.026,00 e di € 1.756,00 in relazione a due donazioni di danaro da NOME COGNOME a favore dei figli NOME e NOME COGNOME, con atti notarili del 26 settembre 2018, facendo ivi menzione di precedenti donazioni indirette di denaro (nella forma dell’adempimento del terzo ex art. 1180 cod. civ.), che i contribuenti asserivano fossero collegate al pagamento del prezzo di compravendite immobiliari stipulate da ciascuno dei donatari, mediante incremento della base imponibile di ciascuna donazione, e precisamente da € 884.125,00 (pari alla decurtazione dall’importo donato di € 3.200.000,00 del valore di un onere apposto alla donazione nella misura di € 1.315.875,00 e della franchigia per le liberalità tra parenti in linea retta nella misura di € 1.000.000,00) a 1.384.784,10 (in conseguenza dell’ aggiunta del valore di precedenti donazioni indirette nella misura di € 500.659,10), per NOME COGNOME, e da € 518.000,00 (pari alla decurtazione dall’importo donato di € 2.765.000,00 del valore di un onere apposto alla donazione nella misura di € 1.247,000 ad € 561.898,84 e della franchigia per le liberalità tra parenti in linea retta nella misura di € 1.000.000,00) ad € 561.898,84 (in conseguenza dell’aggiunta del valore di precedente donazione indiretta nella misura di €
43.898,84), per NOME COGNOME, ha accolto l’appello proposto dall ‘RAGIONE_SOCIALE n ei confronti dei medesimi avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Brescia il 20 dicembre 2019, n. 807/03/2019, con la condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali;
il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva accolto, dopo la relativa riunione, i ricorsi originarisul presupposto che i contribuenti non avessero fornito la prova del collegamento tra le donazioni indirette di denaro e il pagamento del prezzo RAGIONE_SOCIALE pregresse compravendite;
l ‘RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a quattro motivi.
1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., per essersi pronunciato il giudice di secondo grado su un motivo di appello che non era stato proposto dall’amministrazione finanziaria e che non era stato inserito dalla stessa nella motivazione degli atti impositivi, con particolare riguardo all ‘ insussistenza del collegamento RAGIONE_SOCIALE donazioni indirette ai trasferimenti immobiliari, là dove, invece, gli atti impositivi non avevano messo in discussione la qualificazione giuridica RAGIONE_SOCIALE pregresse donazioni indirette in relazione al collegamento ai trasferimenti immobiliari, essendone pacifica la riconducibilità all’art. 1, comma 4bis , del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346;
1.2 con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 23 e 57 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione a ll’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente consentito dal giudice di secondo grado che l’amministrazione finanziaria procedesse, in sede di appello
(come già in sede di controdeduzioni nel procedimento di primo grado), all’ indebita integrazione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento giustificativo degli atti impositivi, che « si palesa evidente laddove l’Ufficio – successivamente, nel corso del giudizio azionato dagli odierni esponenti – ha modificato le ragioni su cui si fonda la pretesa tributaria (assumendo, per la prima volta, che <>, controdeduzioni in CTP, pag. 5 e ricorso in appello, pag. 6, primo periodo), stravolgendo così la motivazione contenuta negli avvisi di liquidazione (in cui diversamente si afferma che: <>, ossia quelle precedentemente elencate) »;
1.3 con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 4 -bis , del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la disposizione normativa richiedesse la prova del ‘collegamento’ tra liberalità e i trasferimenti immobiliari pregressi mediante una dichiarazione resa in tal senso nel trasferimento immobiliare;
1.4 con il quarto motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 15 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, nonché del d.m. 10 marzo 2014, n. 55, così come aggiornato dal d.m. 8 marzo 2018, n. 37, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per essere stato erroneamente pronunciata dal giudice di secondo grado la condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali nella misura di € 7.000,00, che era eccessiva a fronte del valore della lite di € 21.782,00, discostandosi dai valori medi
dei parametri fissati per la liquidazione dei compensi professionali;
2. il primo motivo e il secondo motivo -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza, sotto differenti profili, al tema del collegamento RAGIONE_SOCIALE donazioni indirette ai trasferimenti immobiliari -sono infondati; 2.1 secondo i ricorrenti, posto che, in base alla testuale motivazione degli atti impositivi, « <<al fine del calcolo dell'imposta di donazione dovuta per tale atto (ndr: atto di donazione del 26.09.2018) , ai sensi dell'art. 57, comma 2 del d.lgs. n. 346/1990, sono state elencate in atto (ndr: di donazione), all'art. 8), le donazioni precedentemente intercorse tra il donante e il donatario; fra cui le seguenti donazioni indirette effettuate tramite adempimento del terzo ai sensi dell'articolo 1180 c.c. (ndr: segue elenco dei precedenti atti notarili di compra vendita) . Le donazioni indirette sopra descritte rilevano ai fini della formazione del coacervo ai sensi di quanto disposto dall'art. 57, comma 1, del d.lgs. n. 346/199 0 . Dalla lettura del disposto normativo sopra richiamato, appare di tutta evidenza che rientrano nel coacervo le donazioni di cui all'art. 1 comma 4 -bis del d.lgs. n. 346/1990 », in corso di causa, « l'Ufficio ha introdotto nel giudizio davanti alla CTP un tema nuovo rispetto a quanto sostenuto negli atti impugnati, affermando, per la prima volta, che <>, non essendo -a suo dire -possibile <> (pag. 5, controdeduzioni
dell’RAGIONE_SOCIALE). Tale ‘nuova’ contestazione (o motivazione ‘postuma’ degli avvisi di liquidazione impugnati) – ossia, il difetto di prova circa la riconducibilità RAGIONE_SOCIALE liberalità pregresse al perimetro di cui all’art. 1, co. 4 -bis cit. (riconducibilità, lo si ripete, che non era stata messa in dubbio con gli atti impugnatiè stata poi ripresa dall’Ufficio nel ricorso in appello, laddove il medesimo ha censurato la sentenza di primo grado lamentando, al § 2, che l’art. 1, co. 4 -bis cit. non sarebbe applicabile al caso di specie <> (vds. pag. 5 dell’appello), e pertanto <> (inizio pag. 6 dell’appello). Ciò significa, in altri termini, che l’Ufficio -in sede processualeha ‘stravolto’ la motivazione degli atti impugnati, i quali, diversamente, avevano dato per accertato il fatto che le liberalità pregresse enunciate negli atti di ‘Donazione di denaro’ fossero sine dubio <> (cfr. atti impugnati) »;
2.2 in base alla prospettazione dei ricorrenti (in ossequio al canone dell’autosufficienza):« Quanto sopra rilevato è stato oggetto di specifica doglianza da parte dei contribuenti anche in sede di appello, dove è stata fatta rimarcare <>, oltre il fatto che <> (pag. 12 controdeduzioni in CTR, qui doc. 10 ). Lamentavano quindi i contribuenti che <> (pag. 13, in alto) »; 2.3 ciò posto, tuttavia, la doglianza non tiene conto, come era stato già eccepito dalla controricorrente in sede di appello, che, « in realtà, non sussiste alcuna contraddizione fra l’atto amministrativo e quelli processuali dell’Ufficio. Diversamente da quanto riferito dai contribuenti nelle controdeduzioni all’appello, infatti, la motivazione degli avvisi di liquidazione non afferma che proprio le concrete liberalità per cui è causa, elargite da NOME COGNOME ai figli NOME NOME NOME, rientrano nel perimetro d ell’art. 1, comma 4 -bis d.lgs. 346/1990, ma si limita a completare l’esposizione della normativa in tema di coacervo (art. 57, comma 1, d.lgs. n. 346/1990, su cui l’Ufficio si è soffermato soprattutto a pagg. 13 e 14 dell’appello), con la seguente affermazione generale e astratta: ‘dalla lettura del disposto normativo sopra richiamato, appare di tutta evidenza che rientrano nel coacervo le donazioni di cui all’art. 1 comma 4bis del d.lgs. 346/1990’ »; peraltro, si è coerentemente aggiunto in controricorso che: « Ciò significa non che le concrete liberalità per cui è causa siano senz’altro riconducibili all’art. 1, comma 4 -bis , del d.lgs. 346/1990, ma che le stesse, anche se fossero riconducibili al citato comma 4 -bis , confluirebbero comunque nel coacervo (contrariamente a quando si legge in fondo all’elenco RAGIONE_SOCIALE liberalità pregresse enunciate negli atti pubblici tassati secondo cui ‘dette donazioni non rilevano ai fini della formazione del coacervo, ai sensi dell’art. 1 -comma 4-bis, del d.lgs. n. 346/1990. In altre parole, con la frase contenuta negli avvisi di liquidazione, l’Ufficio non ha affatto ritenuto che le fattispecie concrete rientrassero nel campo applicativo dell’art. 1, comma 4 -bis, del d.lgs. n. 346/1990, ma ha semplicemente completato
l’esposizione astratta della normativa in materia di coacervo . Le controdeduzioni di primo grado e poi l’appello dell’Ufficio, quindi, non si pongono in contraddizione con la motivazione degli avvisi di liquidazione, atteso che, nell’atto impositivo, la testuale affermazione contenuta in motivazione è quella per cui : ‘dalla lettura del disposto normativo sopra richiamato, appare di tutta evidenza che rientrano nel coacervo le donazioni di cui all’art. 1 comma 4 -bis del d.lgs. n. 346/1990 »; 2.4 per cui, condividendo le argomentazioni della controricorrente, si deve escludere che l’amministrazione finanziaria abbia integrato la motivazione degli atti impositivi; 2.5 per orientamento costante di questa Corte, non è consentito all’amministrazione finanziaria di sopperire con integrazioni in sede processuale alle lacune dell’atto impositivo per difetto di motivazione (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2018, n. 2382; Cass., Sez. 6^, 21 maggio 2018, n. 12400; Cass., Sez, 5^, 12 ottobre 2018, n. 25450; Cass., Sez. 5^, 24 maggio 2019, n. 14185; Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2020, n. 4070; Cass., Sez. 6^-5, 13 dicembre 2021, n. 39685; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339); difatti, è regola fondamentale del diritto tributario quella secondo cui le ragioni poste a base dell’atto impositivo definiscono i confini del giudizio tributario, che (anche se con sue specifiche caratteristiche) è, pur sempre, un giudizio d’impugnazione di un atto, sicché l’ufficio finanziario, restandone le contestazioni adducibili in sede contenziosa circoscritte dalla motivazione dell’avviso di accertamento, non può porre a base della propria pretesa ragioni diverse da quelle definite dalla motivazione suddetta (Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6103; Cass., Sez.
5^, 11 maggio 2018, n. 11466; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2021, n. 26892; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339); in altre parole, la motivazione dell’atto impugnato, ha la funzione di delimitare l’ambito RAGIONE_SOCIALE contestazioni proponibili dall’amministrazione finanziaria nel successivo giudizio di merito e di mettere il contribuente in grado di conoscere l’ an ed il quantum della pretesa tributaria, al fine di approntare una idonea difesa (Cass., Sez. 5^, 6 giugno 2018, n. 14570; Cass., Sez. 5^, 5 ottobre 2021, n. 26892);
2.6 p er cui, l’u fficio accertatore non può modificare e/o integrare il presupposto della propria pretesa originariamente contenuta nell’accertamento, poiché è solo tale motivazione che delimita i confini della lite (Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2016, n. 6103; Cass., Sez. 5^, 31 gennaio 2018, n. 2382; Cass., Sez. 6^-5, 11 luglio 2018, n. 18222; Cass., Sez. 6^-5, 21 settembre 2021, n. 25529; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8361; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2022, n. 29996; Cass., Sez. 5^, 8 settembre 2023, n. 26194; Cass., Sez. 5^, 19 febbraio 2024, n. 4339), atteso che le ragioni poste a base di un atto impositivo non possono essere oggetto di modifica e/o di integrazione durante la fase contenziosa, in quanto la difesa del ricorrente si concentra su quanto illustrato nella motivazione;
2.7 a parere del collegio, dunque, le deduzioni dell’ente impositore in sede giudiziale costituiscono una mera esplicazione RAGIONE_SOCIALE ragioni sottese all’emanazione degli atti impositivi e non integrano una tardiva integrazione della relativa motivazione, per cui non vi è stata pronuncia ultra petita da parte del giudice di appello;
3. il terzo motivo è infondato;
3.1 in punto di diritto, si osserva che l’art. 1 del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, al comma 1, prevede che: « L’imposta sulle successioni e donazioni si applica ai trasferimenti di beni e diritti per successione a causa di morte ed ai trasferimenti di beni e diritti per donazione o altra liberalità tra vivi », e, al comma 4bis , che: « Ferma restando l’applicazione dell’imposta anche alle liberalità indirette risultanti da atti soggetti a registrazione, l’imposta non si applica nei casi di donazioni o di liberalità collegate ad atti concernenti il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari ovvero il trasferimento di aziende, qualora per l’atto sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro, in misura proporzionale, o dell’imposta sul valore aggiunto »;
3.2 l’art. 2 del d.l. 3 ottobre 2006, n. 262, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 febbraio 2012, n. 14, al comma 47, prevede che: « È istituita l’imposta sulle successioni e donazioni sui trasferimenti di beni e diritti per causa di morte, per donazione o a titolo gratuito e sulla costituzione di vincoli di destinazione, secondo le disposizioni del testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni, di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001, fatto salvo quanto previsto dai commi da 48 a 54 »; mentre il successivo comma 50 recita che: « Per quanto non disposto dai commi da 47 a 49 e da 51 a 54 si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni previste dal citato testo unico di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre 2001 »;
3.3 il successivo art. 55, comma 1, prevede che: « Gli atti di donazione sono soggetti a registrazione secondo le disposizioni
del testo unico sull’imposta di registro, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, concernenti gli atti da registrare in termine fisso »;
3.4 ai sensi del citato comma 4bis , restano, dunque, soggette ad imposta sulle donazioni tutte le liberalità indirette che emergono da atti soggetti a registrazione: – aventi ad oggetto beni o diritti diversi da immobili o aziende (ad es. quote di partecipazione societaria, crediti, beni mobili compreso il danaro, ecc.); – non «collegati» all’atto traslativo o costitutivo di diritti reali immobiliari o di aziende, qui peraltro precisandosi che anche un’eventuale mancanza di contemporaneità tra la liberalità indiretta e l’atto soggetto a registrazione, da cui essa si desume, non esclude necessariamente il «collegamento»;
3.5 sulle liberalità indirette collegate ad atti di trasferimento di diritti immobiliari, il collegio non ignora che un arresto di questa Corte ha ritenuto che la donazione sia esente da imposta solo nel caso in cui sia espressamente menzionata nel contratto di compravendita cui la liberalità indiretta è collegata , del d.lgs. 31 ottobre 1990, n.
ai sensi dell’art . 1, comma 4bis 346 (Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2016, n. 13133);
3.6 tuttavia, in seguito, questa Corte ha evidenziato come sia oggetto di discussione se il collegamento funzionale fra la liberalità e l’acquisto dell’immobile o dell’azienda possa risultare soltanto da elementi univoci, quali l’intervento in atto del disponente piuttosto che una dichiarazione espressa dell’acquirente circa la provenienza della liquidità utilizzata per pagare l’alienante, o se, invece, possa essere desunto anche sulla base di elementi oggettivi, quali, ad esempio, un bonifico bancario effettuato all’acquirente da un suo familiare in prossimità del rogito notarile, oppure l’utilizzo di assegni riferibili a conti correnti di familiari dell’acquirente, essendo
stato, in particolare, affermato che, stante il silenzio della norma, la prova del collegamento in parola possa essere data adducendosi un qualsivoglia elemento che corrobori la funzionalità dell’atto liberale all’acquisto dell’immobile o dell’azienda (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2022, n 11831);
3.7 sono stati, quindi enunciati i seguenti principi: « L’art. 1, comma 4bis del d.lgs. n. 346 del 1990 comporta ( … ) che l’imposta sulle donazioni e successioni si applichi anche alle donazioni indirette, indipendentemente dall’espressa menzione di tale finalità, salvo che il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di aziende risulti collegato ad un atto che sia già sottoposto ad IVA o imposta di registro, dovendosi in quel caso applicare il regime fiscale relativo al “negozio mezzo” al fine di evitare una doppia imposizione su un fenomeno sostanzialmente unitario, incentivando altresì il contribuente alla loro esteriorizzazione »; « La norma relativa alla individuazione dei presupposti per l’applicazione del tributo (o come si sostiene, più in generale, per la fruizione del beneficio fiscale) non presuppone l’esplicito esercizio del diritto corrispondente da parte del contribuente, il quale non è conseguentemente onerato dal farne espressa dichiarazione in atto; ciò in quanto la norma in disamina individua i presupposti per l’applicazione dell’imposta alle donazioni dirette nella volontaria registrazione dell’atto ovvero nella dichiarazione del contribuente resa in sede di accertamento ex art. 56bis d.lgs. n. 346/90 »;
3.8 tali conclusioni sono state recentemente condivise da un ulteriore arresto (Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2023, n. 17424) anche sulla scorta RAGIONE_SOCIALE considerazioni che seguono;
3.9 nell ‘arresto più risalente (Cass., Sez. 5^, 24 giugno 2016, n. 13133), si è affermato che l’esplicita dichiarazione, in seno
all’atto di compravendita dell’immobile, di tale collegamento (ovvero della circostanza che il denaro necessario per l’acquisto del bene provenisse in tutto o in parte da un atto di liberalità di un familiare) sia requisito essenziale per poter « beneficiare » dell’esenzione dall’imposta, e tale esplicita dichiarazione, invero, secondo l’indirizzo interpretativo detto, costituirebbe l’unico elemento idoneo a mettere in condizione l’amministrazione finanziaria di rilevare la « scelta » del contribuente di voler « beneficiare » dell’esenzione dal tributo e di verificare, conseguentemente, l’effettiva sussistenza dei presupposti di non imponibilità della fattispecie posta in essere;
3.10 occorre, tuttavia, evidenziare (Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2023, n. 17424) che l’art. 1, comma 4bis , del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, deve essere qualificato come esclusione di imposta, piuttosto che quale norma di agevolazione e, più precisamente, quale norma di esenzione d’imposta, trattandosi di disposizione volta a circoscrivere la situazione colpita dal tributo e non di disposizione recante una disciplina giuridica speciale; come è stato posto in rilievo da attenta dottrina, che si è soffermata, in particolare, sulle differenze sussistenti tra le norme disciplinanti le esenzioni e le esclusioni tributarie, le norme che prevedono le esclusioni tributarie hanno la funzione di delimitare i confini della fattispecie impositiva, ed esprimono la scelta del legislatore di individuare correttamente solo quei fatti che siano reale manifestazione della specifica capacità contributiva che il medesimo vuole colpire con una determinata imposta; tali norme, quindi, non rivestono carattere di specialità, in quanto operano in modo sistematico nel delimitare l’ambito oggettivo del tributo in chiave con la ratio ad esso sottesa e possono essere ricondotte a quelle ipotesi
ove il presupposto astrattamente considerato imponibile dalla norma venga già colpito da altro tributo o se ne presuma l’inesistenza per la sua modesta entità o per la sua marginalità; 3.11 le norme che prevedono le esenzioni, invece, si configurano come vere e proprie disposizioni speciali, in quanto dettano una specifica disciplina giuridica per situazioni nelle quali si verifica il fenomeno economico colpito dalla norma impositiva, e, a differenza RAGIONE_SOCIALE esclusioni, introducono RAGIONE_SOCIALE deroghe alle regole designate, in ordine al presupposto del tributo, dalla norma impositrice, esonerando dall’imponibilità fattispecie che altrimenti rientrerebbero nell’ambito applicativo del tributo stesso (Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2023, n. 17424); 3.12 mentre le esclusioni d’imposta sono dunque rinvenibili nelle ipotesi in cui la mancata applicazione del tributo è giustificata da valutazioni di estraneità relative al tributo stesso, si è in presenza di un’esenzione, invece, nel caso in cui il beneficio fiscale mira a creare posizioni di favore, in funzione del perseguimento di determinate finalità decise dal legislatore; cosicché le esclusioni sono determinate da considerazioni che possono qualificarsi in termini di mancanza di capacità contributiva che sarebbe colpita da quel tributo, laddove le esenzioni hanno un valore soltanto strumentale in funzione di finalità per lo più estranee all’ordinamento tributario, per cui deve ritenersi che esse derogano alla normale disciplina dei tributi (Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2023, n. 17424);
3.13 così ricostruita la distinzione tra norme di esenzione e norme di esclusione d’imposta, si può allora pervenire a ritenere che l’art. 1, comma 4bis , del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, si configuri quale esclusione d’imposta, in quanto trattasi di norma con cui il legislatore persegue l’obiettivo di
evitare una duplicazione del prelievo tributario su una fattispecie imponibile che, sebbene composta da due distinti negozi, è manifestazione di un’unica capacità contributiva; in tal senso, si è espresso l’arresto più recente (Cass., Sez. 5^, 12 aprile 2022, n 11831), secondo cui la norma ha circoscritto l’ambito di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni e non ha introdotto una deroga alla regola generale di imponibilità RAGIONE_SOCIALE liberalità;
3.14 tale conclusione, oltre ad essere perfettamente coerente con il testo – ove si legge che: « L’imposta non si applica nei casi (…) » – e la ratio della norma -da individuarsi, come si è detto, proprio nella volontà del legislatore di evitare una duplicazione del prelievo tributario su una fattispecie impositiva sostanzialmente unica- risulta confermata dal fatto che le liberalità indirette collegate ad atti di trasferimento di diritti immobiliari, per i quali sia prevista l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale o dell’IVA, proprio in quanto escluse dall’ambito di applicazione dell’imposta non concorrono ad erodere la franchigia eventualmente spettante al donatario-compratore dell’immobile o dell’azienda;
3.15 la norma di esclusione opera, quindi, direttamente senza rendere necessario l’intervento «attivo» del contribuente in quanto è già il legislatore che esclude, appunto, la rilevanza impositiva della fattispecie a prescindere dalle scelte operate dal contribuente, e, di conseguenza, per la disciplina di cui all’art. 1, comma 4bis , del d.gls. 31 ottobre 1990, n. 346, non è ravvisabile la necessità dell’esplicita richiesta di applicazione del precetto da parte del contribuente, il quale, a tal fine, non può conseguentemente essere considerato onerato del farne espressa dichiarazione in atto, che è invece obbligatoria
quando il privato sia chiamato dal legislatore a scegliere un regime impositivo più favorevole rispetto a quello ordinario, come avviene, in generale, per le ipotesi di esenzione o di agevolazione d’imposta (Cass., Sez. 6^-5, 11 febbraio 2016, n. 2777);
3.16 l’analisi della natura e della ratio dell’art. 1, comma 4bis , del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, rende, quindi, evidente come il contribuente (donatario-compratore) non sia tenuto ad indicare nell’atto di compravendita di volersi « avvalere » dell’esclusione prevista dalla detta norma, la quale, proprio in quanto esclusione d’imposta, è incentrata solo sul dato dell’ obiettivo collegamento tra la liberalità (diretta o indiretta) ed il trasferimento di diritti immobiliari o di aziende assoggettabile ad imposta proporzionale di registro o ad IVA, ed ove risulti tale collegamento si è automaticamente in presenza di una fattispecie esclusa dal campo di applicazione dell’imposta sulle successioni e donazioni (Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2023, n. 17424);
3.17 ad avvalorare ulteriormente le conclusioni circa l’insussistenza di un obbligo di esplicitazione della suddetta liberalità nell’atto di trasferimento dell’immobile militano, peraltro, anche le considerazioni di seguito illustrate; dalla lettura del testo della norma in esame non si evince alcun riferimento circa il presunto onere del contribuente di dichiarare espressamente nell’atto pubblico, soggetto ad imposta di registro o ad IVA, il collegamento tra la liberalità ed il trasferimento del diritto immobiliare, né tantomeno emerge che l’amministrazione finanziaria debba essere edotta della « scelta » operata per tale regime; invero, il legislatore tributario, se ritiene essenziale che il contribuente, per fruire di un beneficio, non solo possieda i requisiti oggettivi e
soggettivi previsti dalla norma, ma anche li dichiari apertamente nell’atto pubblico, ne impone espressamente l’enunciazione (al riguardo, si menziona la nota IIbis all’art. 1 della tariffa -parte prima annessa d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131); è opportuno, inoltre, segnalare che, anche a fini civilistici, e non solo tributari, in merito alla prova circa la provenienza della provvista oggetto dell’atto di liberalità che un soggetto dichiara essere avvenuta in relazione ad acquisto immobiliare, la giurisprudenza di questa Corte ha stabilito che in caso di donazione indiretta di un immobile, per verificare se tale bene rientri o meno nella comunione legale dei coniugi di cui agli artt. 177 ss. cod. civ., l’attestazione del notaio, dell’avvenuto pagamento del corrispettivo dell’immobile con denaro donato dal genitore al figlio, non può considerarsi sufficiente, trattandosi di mera presa d’atto della dichiarazione resa al riguardo dall’acquirente (Cass., Sez. 1^, 10 ottobre 2014, n. 21494 -nello stesso senso: Cass., Sez. 1^, 10 novembre 2023, n. 31323); pertanto, il coniuge acquirente dell’immobile non potrà ritenere assolto l’onere probatorio su di esso gravante in forza dell’atto pubblico di compravendita, dovendo esso provare che l’immobile è frutto di donazione indiretta attraverso prove documentali che attestino il movimento di denaro effettuato dal genitore al fine di pagare il corrispettivo dovuto per l’acquisto dell’immobile;
3.18 sulla scorta RAGIONE_SOCIALE argomentazioni illustrate, consegue che ciò che rileva ai fini dell’applicabilità dell’esclusione di cui all’art. 1, comma 4bis , del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, è solo il dato di un obiettivo collegamento tra la liberalità (diretta o indiretta) ed il trasferimento del diritto immobiliare o dell’azienda assoggettabile ad imposta proporzionale di registro o ad IVA e che di tale collegamento il contribuente sia
in grado di darne prova, mentre la dichiarazione di tale collegamento nell’atto di compravendita dell’immobile o dell’azienda, come visto, oltre a mal conciliarsi con la natura e la ratio dell’ art. 1, comma 4bis, del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, àncora l’applicazione dell’esclusione d’imposta in questione ad un requisito di carattere meramente formale, non richiesto dal legislatore e che, peraltro, non è comunque idoneo a dimostrare l’effettiva esistenza del collegamento richiesto dalla norma (Cass., Sez. 5^, 16 giugno 2023, n. 17424);
3.19 ne discende che, pur muovendo da premesse contrarie in punto di diritto, là dove è stato tassativamente affermato che la prova del collegamento tra liberalità indirette e trasferimenti immobiliari « può essere fornita solo tramite una espressa dichiarazione in tal senso contenuta nell’atto di compravendita », su ll’erroneo presupposto che « per gli acquisti immobiliari finanziati da terzi va resa la dichiarazione in atto che il pagamento è avvenuto a cura del soggetto ‘donante’, senza subire la tassazione della liberalità indiretta che emerge da tale dichiarazione », desumendone che « nessuno degli atti di trasferimento, infatti, specifica che il denaro utilizzato per pagare gli acquisti immobiliari fatti dai due figli provenisse dal padre », la sentenza impugnata si è ciononostante nella sostanza conformata ai princìpi enunciati, osservando che: « Nei casi di specie non sono state fornite né indicate (…) (le) modalità con le quali » è stata procurata « la provvista del denaro da parte del donante necessaria per l’acquisto di beni immobili. Nessuna prova di collegamento è stata data tra le liberalità e le compravendite immobiliari pregresse avvenute nelle date anteriori. Ad avallare tale conclusione nel negozio giuridico del 1999 con il figlio NOME si afferma ‘la parte venditrice dichiara di avere per intero ricevuto’ il prezzo ‘dalla
parte acquirente alla quale rilascia quietanza liberatoria’. Anche nei negozi del 18 marzo 1994 e del 30 gennaio 1998, la parte venditrice dichiara espressamente di aver ricevuto l’intero prezzo dalla parte acquirente. Analoga fattispecie nei contratti di compravendita immobiliare del 22 febbraio 1989, 30 gennaio 1998 (…) e 18 dicembre 2007, cui invece partecipano sia NOME che NOME COGNOME; con i tre negozi appena citati, NOME COGNOME acquista l’usufrutto vitalizio e il figlio NOME acquista la nuda proprietà di vari immobili. Nel solo contratto del 18 dicembre 2007 si specifica che ‘il corrispettivo per il diritto di usufrutto vitalizio è pari al 50% il corrispettivo per la nuda proprietà è pari al 50%’. In nessun (o) dei tre contratti, però, viene data la prova di collegamento e cioè che il prezzo dovuto da NOME COGNOME (per la nuda proprietà) sia stato pagato dal padre, NOME COGNOME. Ne consegue che nessuna RAGIONE_SOCIALE pregresse liberalità elargite da NOME COGNOME ai figli NOME e NOME, enunciate nelle due donazioni di denaro del 26 settembre 2018, può definirsi propriamente collegata ad atti di trasferimento immobiliare (…) »; ed è significativo che queste statuizioni facciano seguito alla considerazione che « La prova del collegamento può essere data anche facendo riferimento ad un qualsivoglia elemento che conduca la funzionalità dell’atto liberale all’acquisto dell’immobile o dell’azienda. Ad esempio, potrà sostenersi, che il trasferimento di fondi (tramite bonifico bancario o con qualsiasi altro mezzo effettuato da un familiare a favore dell’acquirente in prossimità dell’atto di trasferimento costituisca prova evidente e sufficiente che trattasi di liberalità indiretta esclusa da imposta ai sensi dell’art. 1, comma 4 bis. Lo stesso dicasi nell’ipotesi in cui gli assegni utilizzati per i pagamenti del prezzo (che devono essere necessariamente
indicati nominativamente nel rogito notarile ai sensi dell’art. 35, comma 22, del D.L. 223/06) siano riferibili a conti correnti di soggetti terzi (per lo più familiari dell’acquirente) »;
3.20 dal che si può desumere che il giudice di appello ha svolto un accertamento in punto di fatto, che il mezzo non riesce a censurare in modo adeguato, essendo stato calibrato soltanto in punto di diritto;
il quarto motivo è inammissibile per carenza di specificità;
4.1 invero, il mezzo lamenta che la statuizione di condanna alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali nella misura di € 7.000,00 era eccessiva a fronte del valore della lite di € 21.782,00 (scaglione da € 5.201,00 ad € 26.000 ,00), discostandosi dai valori medi e dai valori massimi dei parametri fissati per la liquidazione dei compensi professionali nella rispettiva misura di € 3.775,00 e di € 6.943,00 (in base al d.m. 10 marzo 2014, n. 55, quale modificato dal d.m. 7 marzo 2018, n. 37);
4.2 secondo un costante orientamento di questa Corte, il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese, in base ad un criterio unitario e globale (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 1 giugno 2016, n. 11423; Cass., Sez. 3^, 12 aprile 2018, n. 9064; Cass., Sez. 6^-3, 6 ottobre 2021, n. 27056; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2022, n. 7927; Cass., Sez. 2^, 3 ottobre 2023, n. 27891; Cass., Sez. Lav., 6 giugno 2024, n. 15852);
4.3 su tale premessa, quindi, il tenore della censura si presenta vago e generico, non essendone specificata l’attinenza alla
liquidazione dei compensi relativi al duplice grado di merito, giacché la riforma della decisione di prime cure comportava la verosimile statuizione di condanna cumulativa alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese per i giudizi di primo grado e di secondo grado; per cui, il collegio non è messo in grado di valutare l’esatta portata della doglianza in relazione al decisum ;
in conclusione, alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, valutandosi l ‘ infondatezza o l’inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere respinto;
le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo;
a i sensi dell’ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis RAGIONE_SOCIALE stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna i ricorrenti, in via tra loro solidale, alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 2.300,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto dell’obbligo, a carico de i ricorrenti, di pagare l’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 25 giugno