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Donazione indiretta: la prova del collegamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 20974/2024, chiarisce le modalità di prova per la donazione indiretta di denaro finalizzata all’acquisto di un immobile. Viene stabilito che, per beneficiare dell’esclusione dall’imposta di donazione, non è necessaria una dichiarazione esplicita nell’atto di compravendita. Tuttavia, il contribuente deve essere in grado di dimostrare con prove oggettive (come bonifici o assegni) il collegamento tra la liberalità e l’acquisto. Nel caso specifico, il ricorso dei contribuenti è stato respinto perché, pur essendo corretto il principio di diritto da loro invocato, non avevano fornito alcuna prova fattuale di tale collegamento.

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Pubblicato il 8 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Donazione indiretta e acquisto casa: la prova del collegamento va oltre l’atto notarile

L’aiuto economico di un genitore per l’acquisto della casa da parte di un figlio è una prassi comune, che configura una donazione indiretta. Ma quali sono le implicazioni fiscali e, soprattutto, come si dimostra al Fisco il collegamento tra il denaro donato e l’acquisto immobiliare per evitare una doppia tassazione? La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza n. 20974 del 26 luglio 2024, offre chiarimenti fondamentali su questo tema, distinguendo tra requisiti formali non necessari e oneri probatori imprescindibili per il contribuente.

I fatti del caso: una controversia fiscale tra padre e figli

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce da due avvisi di liquidazione emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di due fratelli. L’Amministrazione Finanziaria aveva applicato una maggiore imposta su delle donazioni di denaro ricevute dal padre, aggregando (secondo il principio del ‘coacervo’) il valore di precedenti donazioni indirette. Queste ultime, secondo la tesi del Fisco, erano consistite nel pagamento da parte del padre del prezzo di alcuni immobili acquistati in passato dai figli.

La Commissione tributaria regionale aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, ritenendo che i contribuenti non avessero fornito la prova del collegamento tra le somme di denaro e le compravendite immobiliari. I contribuenti hanno quindi proposto ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti: un’illegittima modifica delle motivazioni dell’accertamento da parte del Fisco in corso di causa e l’erronea pretesa del giudice d’appello di una dichiarazione esplicita all’interno degli atti di compravendita.

La questione giuridica: come si prova la donazione indiretta?

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’art. 1, comma 4-bis, del D.Lgs. 346/1990. Questa norma stabilisce che l’imposta sulle donazioni non si applica alle liberalità collegate ad atti di trasferimento immobiliare già soggetti a imposta di registro proporzionale o a IVA. L’obiettivo è chiaro: evitare una doppia imposizione su un’operazione economicamente unitaria.

La domanda centrale è: come deve essere provato questo ‘collegamento’ per beneficiare del regime di favore? È sufficiente che esista un nesso oggettivo o è necessaria una dichiarazione formale resa nell’atto notarile di compravendita?

L’analisi della Corte sulla prova della donazione indiretta

La Corte di Cassazione, pur rigettando il ricorso dei contribuenti per ragioni procedurali, svolge un’approfondita analisi del tema, offrendo principi di diritto di grande rilevanza pratica.

La natura di “esclusione d’imposta”

Innanzitutto, la Corte qualifica la norma in questione non come un’esenzione o un’agevolazione fiscale, ma come una norma di esclusione d’imposta. La differenza è sostanziale:
– L’esenzione è una deroga che richiede una scelta attiva del contribuente.
– L’esclusione, invece, opera automaticamente. La norma definisce a priori che una certa fattispecie è fuori dal campo di applicazione del tributo, senza necessità di alcuna richiesta o dichiarazione da parte del contribuente.

Questo significa che la donazione indiretta di denaro finalizzata all’acquisto di un immobile non è soggetta a imposta di donazione per diretta previsione di legge, proprio per evitare la duplicazione del prelievo fiscale.

L’onere della prova a carico del contribuente

Se da un lato non è richiesta alcuna dichiarazione formale nell’atto di compravendita, dall’altro lato, il contribuente non è esonerato dal provare il collegamento oggettivo tra la liberalità e l’acquisto. La Cassazione chiarisce che la prova può essere fornita con qualsiasi elemento idoneo a dimostrare la funzionalità dell’atto liberale all’acquisto dell’immobile.

Esempi concreti di prova includono:
* Bonifici bancari effettuati dal donante al donatario (o direttamente al venditore) in prossimità del rogito.
* Assegni bancari o circolari riconducibili a conti correnti del donante, utilizzati per il pagamento del prezzo.

Nel caso specifico, i giudici di merito avevano accertato che nessuna prova di questo tipo era stata fornita. Le quietanze di pagamento presenti negli atti notarili attestavano solo che il prezzo era stato pagato dagli acquirenti, senza specificare la provenienza dei fondi.

Le motivazioni

La Corte ha ritenuto infondati i motivi del ricorso. In primo luogo, ha escluso che l’Agenzia delle Entrate avesse illegittimamente mutato la motivazione degli atti impositivi, giudicando le sue argomentazioni in giudizio come una mera esplicitazione delle ragioni originarie.

Sul punto centrale della prova, la Cassazione ha corretto la motivazione della sentenza d’appello, affermando il principio per cui non è necessaria la dichiarazione nell’atto pubblico. Tuttavia, ha confermato la decisione nel merito, poiché il giudice di secondo grado aveva comunque svolto un accertamento di fatto, concludendo per l’assenza totale di prove del collegamento. Tale accertamento fattuale non è sindacabile in sede di legittimità. In sostanza, pur partendo da un presupposto giuridico errato (la necessità della dichiarazione formale), il giudice regionale era giunto a una conclusione corretta nella sostanza, data la mancata dimostrazione del nesso causale da parte dei contribuenti. Anche il motivo relativo all’eccessività delle spese legali è stato giudicato inammissibile per genericità.

Le conclusioni

L’ordinanza della Cassazione consolida un importante principio: per l’esclusione dall’imposta di donazione di una liberalità indiretta collegata all’acquisto di un immobile, non è richiesta alcuna menzione formale nell’atto di compravendita. La norma opera automaticamente. Tuttavia, questa pronuncia sottolinea con forza che spetta al contribuente l’onere di dimostrare, con prove concrete e oggettive come la tracciabilità dei flussi finanziari, l’effettivo collegamento tra il denaro ricevuto e il pagamento del prezzo. La semplice affermazione non basta: in assenza di prove documentali, il Fisco può legittimamente procedere alla tassazione della liberalità.

È necessaria una dichiarazione specifica nell’atto di acquisto di un immobile per beneficiare dell’esclusione fiscale sulla donazione indiretta del denaro utilizzato?
No, secondo la Corte di Cassazione non è necessaria alcuna dichiarazione espressa nell’atto notarile. La norma che esclude la tassazione (art. 1, comma 4-bis, D.Lgs. 346/1990) si qualifica come una ‘esclusione d’imposta’ che opera automaticamente, senza bisogno di una richiesta o opzione da parte del contribuente.

Come può un contribuente dimostrare il collegamento tra una donazione indiretta di denaro e l’acquisto di un immobile?
Il contribuente deve fornire prove oggettive che attestino il nesso funzionale tra la liberalità e l’acquisto. La Corte indica come prove idonee, ad esempio, il trasferimento di fondi tramite bonifico bancario o l’utilizzo di assegni riconducibili al donante, effettuati in prossimità della data del rogito e finalizzati al pagamento del prezzo.

Che differenza c’è tra ‘esclusione d’imposta’ ed ‘esenzione d’imposta’ secondo la Corte in questo caso?
La Corte chiarisce che l’esclusione d’imposta definisce una fattispecie come originariamente al di fuori del campo di applicazione del tributo, con effetto automatico. L’esenzione d’imposta, invece, rappresenta una deroga a una regola generale di imponibilità e, di solito, richiede una scelta o una dichiarazione esplicita da parte del contribuente per poter essere applicata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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