Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25255 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25255 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 15/09/2025
ORDINANZA
:
sul ricorso iscritto al n. 8928/2018 R.G. proposto da COGNOME con l’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, quale successore di RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa ex lege dalla Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 3706/2017 depositata il 20/09/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con ricorso proposto avanti alla Commissione tributaria provinciale di Milano, NOME COGNOME impugnava l’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata dall’Agente della Riscossione in data 14.7.2014, con cui veniva richiesto il pagamento della somma di € 5.087,41 a titolo di Irpef, sanzioni ed interessi, per l’anno di imposta 2005, e la prodromica cartella di pagamento, notificata in data 19.9.2009.
1.1. La ricorrente sosteneva, in specie, l’illegittimità dell’intimazione di pagamento per mancata notifica della
prodromica cartella di pagamento, che sarebbe stata effettuata ad un indirizzo in cui la medesima non era più residente al momento della notifica; di conseguenza, sosteneva la prescrizione e decadenza del credito vantato.
La ragioni della contribuente non trovavano riscontro nei gradi di merito e, in particolare, la CTR della Lombardia, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dalla sig.ra COGNOME
Avverso la predetta sentenza ricorre la contribuente con due motivi e resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate -Riscossione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, proposto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la contribuente denuncia la «Violazione degli artt. 58 e 60 del DPR n. 600 del 1973, anche alla luce della sentenza della Corte costituzionale 19.12.2003, n. 360.
Con il secondo motivo di ricorso eccepisce, sempre in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la « Decadenza ai sensi degli artt. 25 e 26 del DPR n. 600/1973».
I motivi devono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione, fondandosi entrambi sulla contestazione del vizio di notifica.
3.1. Come si desume dalla sentenza impugnata, e costituisce dato non contestato, la cartella di pagamento in questione è stata , ai sensi dell’art. 140 c.p.c.,
notificata in data 19 settembre 2009 presso l’indirizzo d ella contribuente in Milano, INDIRIZZO
La ricorrente afferma di avere mutato residenza, e quindi il proprio domicilio fiscale – prima sito in Milano, INDIRIZZO a far data dal mese di ottobre 2008, trasferendosi presso il Comune di Merlino; sostiene che l’Agente della Riscossione avrebbe dovuto, sua sponte, tenere conto di tale variazione.
Ai fini della valutazione in ordine alla legittimità della notificazione dell’avviso, quale atto presupposto della comunicazione oggetto di giudizio, deve aversi riguardo alla lett. c) del primo comma dell’art. 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600, da coordinarsi con il terzo comma dell’art. 35 del DPR n. 633 del 1972.
4.1. La prima disposizione prevede, in generale, che, quanto alle notificazioni degli atti tributari, si applicano gli artt. 137 ss. cod. proc. civ., ma, «salvo il caso di consegna dell’atto o dell’avviso in mani proprie, la notificazione deve essere fatta nel domicilio fiscale del destinatario».
4.2. La seconda disposizione prevede, in particolare, che, «in caso di variazione di alcuno degli elementi o di cessazione dell’attività, il contribuente deve entro trenta giorni farne dichiarazione ad uno degli uffici indicati dal comma 1» (primo periodo), soggiungendo che, «se la variazione comporta il trasferimento del domicilio fiscale essa ha effetto dal sessantesimo giorno successivo alla data in cui si è verificata» (secondo periodo).
4.3. Pertanto, il domicilio fiscale coincide con il comune nella cui anagrafe si è iscritti e poiché il domicilio fiscale e la residenza sono concetti diversi (anche se, nella maggior parte dei casi e con specifico riferimento alle persone fisiche, coincidono), deve precisarsi che il secondo comma dell’art. 58, che disciplina l’ipotesi del trasferimento della propria residenza anagrafica in altro Comune, si riferisce specificamente alla variazione di «domicilio», mentre l’art. 60, comma terzo, del d.P.R. n. 600 del 1973, disciplina le variazioni dell’«indirizzo». Anche questa Corte ha chiarito che «domicilio fiscale» ed «indirizzo» sono concetti diversi: il domicilio fiscale è un luogo predeterminato dalla legge secondo criteri obiettivi (art. 58 del d.P.R. n. 600 del 1973); l’indirizzo, invece, è il luogo fisico presso il quale il contribuente può essere
reperito, ma sempre nell’ambito del domicilio fiscale stabilito dalla legge (art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973).
4.4. Gli effetti della variazione del domicilio fiscale sono stabiliti dall’art. 58 del d.P.R. n. 600 del 1973, il quale prevede un’ultrattività del precedente domicilio fiscale di 60 giorni; gli effetti della variazione dell’indirizzo nell’ambito del medesimo Comune di domicilio fiscale sono, invece, disciplinati dal successivo art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, il quale prevede un’ultrattività del vecchio indirizzo di 30 giorni. (Cass., 6 ottobre 2017, n. 23334, in motivazione).
4.5. L’art. 60, comma 1, lett. d) del d.P.R. n. 600 del 1973 prevede infine la facoltà del contribuente di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio, nel comune del proprio domicilio fiscale, per la notificazione degli atti o degli avvisi che lo riguardano.
Tanto rilevato, deve premettersi che nella giurisprudenza di questa Corte è consolidato il principio che, in tema di notificazione degli avvisi di accertamento e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente, a norma dell’art. 58 del d.P.R. n. 600 del 1973, al dovere del contribuente di dichiarare un determinato domicilio, non corrisponde l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di verificare e controllare l’attualità e l’esattezza del domicilio eletto, sicché, in caso di originaria difformità, non importa se per errore o per malizia, tra residenza anagrafica e domicilio indicato nella dichiarazione dei redditi, la notificazione dell’avviso di accertamento perfezionata presso quest’ultimo indirizzo (anche mediante compiuta giacenza) si deve ritenere valida (Cass., 13 giugno 2022, n. 18979; Cass., 20 maggio 2021, n. 13843; Cass., 14 dicembre 2016, n. 25680, da ultimo richiamate da Cass. n. 36217 del 2023).
5.1. Come questa Corte ha precisato, una diversa interpretazione renderebbe del tutto priva di scopo l’indicazione della residenza nella dichiarazione dei redditi, prescritta nell’art. 58, comma 4, del
d.P.R. n. 600 del 1973, e urterebbe contro il consolidato indirizzo di questa Corte secondo cui l’indicazione, nella dichiarazione dei redditi, della propria residenza (o di un proprio domicilio in un indirizzo diverso da quello di residenza, ma nell’ambito del medesimo comune ove il contribuente è fiscalmente domiciliato) va effettuata in buona fede, nel rispetto del principio dell’affidamento che deve conformare la condotta di entrambi i soggetti del rapporto tributario (cfr. Cass., 20 maggio 2021, n. 13843; Cass., 22 dicembre 2021, n. 41137; Cass., 21 luglio 2015, n. 15258; Cass., 10 maggio 2013, n. 11170).
5.2. Con riferimento alla specifica censura mossa dalla ricorrente, si osserva che il modello di notificazione in questione è già stato reputato in linea con un’interpretazione costituzionalmente orientata, in base alle considerazioni espresse dalla Corte, secondo cui la notificazione dell’avviso di accertamento in base all’art. 60, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973 s’innesta nell’ambito di un preesistente rapporto con il fisco, che presuppone il compimento da parte del contribuente di atti idonei a mettere in moto il meccanismo impositivo, e non costituisce, quindi, un fatto imprevedibile per il destinatario, a carico del quale è posto, proprio per tale motivo, l’onere di eleggere domicilio nel luogo del proprio domicilio fiscale, ed in ogni caso di comunicare le variazioni (Cass., 3 aprile 2006, n. 7773).
5.3. Va, pertanto, richiamato, il principio di diritto ancora di recente ribadito da questa Corte secondo cui «La disciplina delle notificazioni degli atti tributari si fonda sul criterio del domicilio fiscale e sull’onere preventivo del contribuente di indicarne il proprio all’Ufficio tributario, nonché di tenerne detto ufficio costantemente informato delle eventuali variazioni; il mancato adempimento, originario o successivo, di tale onere di comunicazione legittima l’Ufficio procedente ad eseguire le notifiche comunque nel domicilio fiscale per ultimo noto, eventualmente
nella forma semplificata di cui alla lett. e) dell’art. 60 del d.P.R. n. 600 del 1973» (Cass. Sez. 5, 03/03/2025, n. 5576; Cass., Sez. 5, 28/12/2016, n. 27129).
La Commissione regionale, rilevando che, nel corso di causa la ricorrente non ha mai provato, invece, di avere comunicato l’intervenuta variazione di domicilio fiscale all’Agenzia della Riscossione, e di conseguenza ritenendo la notificazione validamente effettuata, si è attenuta agli illustrati principi.
Il ricorso va, conseguentemente, rigettato, con condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 10/09/2025.