Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7702 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 7702 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 23/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 22957/2017, proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso da se stesso nonché, per procura speciale a margine del ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME il quale indica il proprio indirizzo di posta elettronica certificata EMAIL
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE
-intimata-
avverso la sentenza n. 2821/2017 della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 18 maggio 2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 7 marzo 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME impugnò innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma l’intimazione di pagamento emessa da Equitalia Sud s.p.a. deducendo di non aver mai ricevuto la notifica della cartella presupposta, che risultava emessa a seguito di insufficiente pagamento Irap e Irpef per l’anno 2003 .
Il ricorso fu dichiarato inammissibile per tardività.
Propose appello il contribuente; in esito al successivo giudizio, svoltosi innanzi alla C.T.R. del Lazio nella contumacia dell’Agente per la riscossione, l’impugnazione fu respinta.
I giudici regionali rilevarono che la cartella era stata notificata nella residenza anagrafica del De Sisto con le modalità previste dal l’art. 60, comma primo, lett. e ), del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in quanto, come risultava dall’annotazione sul retro della cartolina depositata, il messo notificatore aveva appreso dal portiere dello stabile che costui si era trasferito ed era pertanto irreperibile.
NOME COGNOME ha impugnato l a sentenza d’appello con ricorso per cassazione affidato a tre motivi (ancorché nel sommario sia indicata anche la proposizione di un quarto, poi non articolato).
Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate, mentre Agenzia delle Entrate-Riscossione, subentrata a Equitalia RAGIONE_SOCIALE, non ha svolto difese in questa sede.
Considerato che:
Il primo motivo è rubricato «violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cpc circa il 3° motivo di appello».
Il ricorrente si duole del fatto che la C.T.R. non abbia pronunziato sul motivo di gravame con il quale egli chiedeva che, in riforma della sentenza di primo grado, fosse dichiarata la «tempestività e ammissibilità del ricorso introduttivo».
Con il secondo motivo, deducendo «violazione o falsa applicazione dell’art. 60, 1° comma, lett. c), del D.P.R. n. 600 del 1973 e dell’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360 cpc n. 3, nonché dell’art. 115 cpc in relazione all’art. 360 cpc n. 4», il ricorrente lamenta l’erroneità del la sentenza impugnata nella parte in cui ha ritenuto valida la notifica della cartella di pagamento effettuata presso la sua residenza anagrafica.
Espone, in proposito, di aver sempre indicato nella dichiarazione annuale dei redditi un diverso domicilio fiscale, al quale occorreva avere esclusivo riguardo per la notificazione degli atti; di tale circostanza, già documentata, egli si era comunque offerto di dare ulteriore prova mediante richiesta di un ordine di esibizione di tutte le denunce dei redditi e le dichiarazioni ai fini Iva per il periodo 19902015, alla quale, tuttavia, la C.T.R. non aveva dato seguito.
Con il terzo mezzo di impugnazione, articolato in via subordinata rispetto al secondo, è dedotta violazione dell’art. 140 cod. proc. civ. «con riferimento all’art. 60, primo comma, lett. e), del D.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360 cpc n. 3».
Il contribuente, riproducendo nel ricorso una copia fotostatica della relazione di notificazione, osserva che essa recava stampigliato il proprio domicilio fiscale, e aggiunto a mano il luogo della propria residenza anagrafica nel quale l’Ufficio asseriva di aver legittimamente eseguito la notifica; rileva, in ogni caso, che detta relazione era priva di una serie di elementi -la qualifica del notificatore, l’indicazione delle ragioni per le quali non si era potuto procedere alla notifica ex artt.
138 e 139 cod. proc. civ., la dichiarazione delle ‘vane ricerche’ effettuate -che ne determinavano la nullità assoluta.
Il primo motivo è inammissibile per carenza di interesse.
Decidendo in merito alla notifica della cartella esattoriale che fungeva da attopresupposto dell’intimazione oggetto del presente giudizio, la C.T.R. si è pronunziata sul merito dell’appello del contribuente; essa, pertanto, ha implicitamente ritenuto ammissibile il ricorso originario di quest’ultimo, superando il rilievo di tardività operato dai giudici di primo grado.
Il ricorrente non si confronta con tale statuizione, insistendo per una pronunzia esplicita in relazione alla quale, invece, non sussiste alcun interesse attuale ed effettivo da parte sua.
Il secondo mezzo è fondato.
5.1. A fronte del motivo di gravame che denunziava il mancato rispetto, da parte del concessionario per la riscossione, del luogo ove notificare la cartella di pagamento, i giudici d’appello dopo aver richiamato la previsione di cui all’art. 60 , comma 1, lett. d ) del d.P.R. n. 600/1973, che consente al contribuente di indicare un domicilio per le notificazioni che deve risultare espressamente dalla dichiarazione annuale o da altro atto comunicato all’Amministrazione hanno così statuito: « nel caso di specie, a prescindere dall’interpretazione da dare alla norma in ordine al carattere esclusivo o alternativo del domicilio eletto, il contribuente non ha fornito la prova di aver eletto domicilio nelle forme di cui all’art. 60 e, comunque, è stata seguita da Equitalia una procedura più garantista nei confronti del contribuente con la notificazione fatta presso il domicilio-fiscale residenza anagrafica ».
Tale statuizione si rivela erronea sotto entrambi i profili denunziati dal ricorrente.
5.2. In primo luogo, infatti, e quanto al « carattere esclusivo o alternativo del domicilio eletto », questa Corte ha affermato da tempo che «l’ esercizio della facoltà, da parte del contribuente – ai sensi dell’art. 60, primo comma, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973 – di eleggere domicilio presso una persona o un ufficio nel comune del proprio domicilio fiscale, ai fini della notificazione degli atti e degli avvisi che lo riguardano, determina, in capo alla Amministrazione finanziaria, l’obbligo di procedere alle conseguenti notifiche presso quel domicilio; ne consegue che è invalida la notifica, nella specie dell’atto impositivo presupposto, eseguita ex art. 140 cod. proc. civ. in luogo diverso dal domicilio eletto» (così Cass. n. 6113/2011; nello stesso senso Cass n. 18318/2017; Cass. n. 31479/2019).
Né, sul punto, può essere condiviso il rilievo in base al quale varrebbe ad escludere la nullità il fatto che il notificante avrebbe seguito « una procedura più garantista nei confronti del contribuente ».
Una tale affermazione è anzitutto smentita dal fatto che l’agente per la riscossione procedette a notifica con le formalità prescritte per il caso di cd. irreperibilità assoluta.
In ogni caso, la praticabilità di una procedura alternativa e ‘garantista’ è stata ricondotta dalla giurisprudenza di questa Corte al diverso caso in cui il contribuente abbia variato il suo domicilio senza comunicarlo all’Amministrazione; in detta ipotesi è stato affermato, per l’appunto, che quest’ultima non è onerata dello svolgimento di ricerche e il procedimento notificatorio non è mai illegittimo «quando venga seguita una procedura più garantista nei confronti del contribuente» (Cass. n. 18934/2015; Cass. n. 25272/2014; Cass. n. 1206/2011).
5.3. Quanto, poi, al fatto che il contribuente non avrebbe dato prova dell’avvenuta elezione di domicilio, la sentenza impugnata non fa alcuna menzione della documentazione che lo stesso aveva prodotto
nel giudizio d’appello e che, in questa sede, egli ha riprodotto o richiamato; da tale documentazione , la circostanza dell’avvenuta elezione di domicilio risulta quale dato inequivocabile, che lo stesso Ufficio aveva fatto proprio (si vedano, in tal senso, i documenti allegati al ricorso con i numm. da 8 a 12, fra i quali le comunicazioni di regolare dichiarazione, indirizzate dall’Erario al contribuente anche per il periodo d’imposta di cui trattasi).
Peraltro, nel ritenere non provata tale decisiva circostanza, i giudici d’appello non hanno svolto alcuna considerazione sulle istanze istruttorie formulate dal contribuente al fine di dimostrare l’avvenuta comunicazione all’Ufficio del domicilio eletto.
6. In conclusione, la sentenza d’appello appare, sul punto, errata quanto ai presupposti applicativi della fattispecie e irrispettosa delle regole probatorie che ne governano l’accertamento.
Il secondo motivo di ricorso va dunque accolto.
In tale statuizione resta assorbito l’esame del terzo motivo, formulato in via subordinata.
La sentenza d’appello è cassata con rinvio al giudice a quo , il quale, in diversa composizione, deciderà adeguandosi agli indicati principii e provvederà, altresì, alla liquidazione delle spese di questo giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso in relazione al secondo motivo, rigettato il primo e assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio.
Così deciso in Roma, il 7 marzo 2025.