Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5488 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5488 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21379/2017 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME e dall’avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-resistente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 1166/08/2017, depositata il 16 marzo 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 12 dicembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. -In data 30 maggio 2014 è stato elevato nei confronti del Notaio NOME COGNOME processo verbale di constatazione con il quale la Guardia di Finanza di Lecco ha contestato i rapporti contrattuali intrattenuti con la RAGIONE_SOCIALE aventi ad oggetto la concessione in locazione dell’immobile destinato a studio notarile per il periodo 2011/2013 e la prestazione dei servizi di visure ipocatastali eseguiti in favore dello studio notarile per il periodo 2009/2011. Secondo i verificatori detta società sarebbe stata costituita allo scopo di far conseguire al professionista “indebiti risparmi di imposta”. Sulla base del suddetto processo verbale l’Agenzia delle Entrate per il periodo di imposta 2009 ha emesso l’avviso di accertamento n. T9P013H00946/2014 con il quale, richiamandosi ai fogli da 13 a 15 del processo verbale di constatazione ha ritenuto indeducibili “per difetto di inerenza, di certezza e oggettiva determinabilità” tutti i costi sostenuti per le visure ipocatastali eseguite dalla RAGIONE_SOCIALE pari a € 172.800. Di conseguenza, ha accertato il correlativo maggior reddito di € 382.339, a fronte di € 209.530 dichiarato, con il recupero della maggior IRPEF di € 74.304, della maggior IRAP di € 6.739 e della maggior IVA di € 34.560, irrogando la sanzione pecuniaria unica di € 111.456 per una pretesa complessiva di € 248.891 .
Il COGNOME ha proposto istanza di accertamento con adesione che non ha avuto esito positivo. Ha quindi impugnato l’avviso di accertamento, eccependone l’illegittimità per carenza di motivazione; per erronea applicazione di norme tributarie sotto il profilo dell’inerenza, della certezza e determinabilità del costo; nel
merito, contestando la pretesa eccessiva onerosità del costo, tenuto conto del contenuto delle prestazioni rese per eseguire le visure catastali e ipotecarie.
L’Agenzia si è costituita con atto di controdeduzioni, nel quale ha contestato l’eccepita illegittimità dell’avviso e nel merito ha insistito per la carenza di documentazione che giustifichi i costi in discussione sia sotto il profilo dell’inerenza che del quantum .
La Commissione tributaria provinciale di Lecco, concessa la sospensione dell’esecutività dell’avviso impugnato, con ordinanza n. 385 del 12 ottobre 2015 ha invitato il contribuente “ad indicare l’importo complessivo per il 2009 del fatturato concernente i soli atti, in relazione ai quali si sono rese necessarie le visure ipocatastali oggetto di causa, nonché a produrre copia delle relative fatture emesse nei confronti dei clienti”.
Il ricorrente ha prodotto le fatture e ha indicato il fatturato, relativo agli atti necessitanti visure ipocatastali, in € 440.792 per il 2009, specificando che il fatturato collegato ai costi del 2009 comprende anche fatture emesse dopo per complessivi € 488.011.
La Commissione tributaria provinciale ha accolto in parte il ricorso, rideterminando i costi indeducibili in € 73.000 e compensando le spese di lite.
-Avverso la suddetta sentenza interponeva appello il contribuente.
L’Agenzia delle entrate si costituiva in giudizio.
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con sentenza n. 1166/08/2017, ha riconosciuto la piena deducibilità dei costi contestati relativi ai servizi di visure ipocatastali espletati in favore dello studio notarile dalla RAGIONE_SOCIALE e, per la reciproca soccombenza, ha compensato integralmente le spese di lite.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’ Agenzia delle entrate si è costituita al fine dell’eventuale partecipazione all’udienza di discussione.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
Parte ricorrente ha depositato una memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 57 d.lgs. n. 546/92 e conseguente violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per omissione parziale di pronuncia ( ex art. 360 c. 1 n.4 cod. proc. civ.). Parte ricorrente rileva che nel ricorso di primo grado ha chiesto l’integrale annullamento dell’avviso di accertamento, quindi, sia per il recupero delle maggiori IRPEF e IRAP, conseguenti alla pretesa indeducibilità dei costi, sia per il recupero dell’IVA afferente detti costi. L’integrale annullamento dell’avviso di accertamento sia quanto all’IRPEF e all’IRAP, si a quanto all’IVA, è stato altresì formulato in sede di appello. È stata introdotta anche una domanda subordinata relativa all’IVA, per l’ipotesi in cui la Commissione tributaria regionale confermasse la parziale indeducibilità dei costi, ritenendosi comunque detraibile I’IVA, in base ai principi giurisprudenziali elaborati dalla Corte di Giustizia Europea e recepiti dalla Suprema Corte di Cassazione. La CTR di Milano ha ritenuto che la questione della detraibilità o meno dell’IVA fosse una questione nuova e, come tale, inammissibile in appello ex art. 57 d.lgs. n. 546/92.
1.1. -Il motivo è fondato.
L’atto d’appello davanti alla Commissione tributaria regionale non si sottrae al principio generale, secondo cui i motivi del gravame segnano i limiti del riesame, con la conseguenza che resta precluso alla parte appellante di sollevare nuove questioni, non rilevabili di ufficio, le quali esigano ulteriori accertamenti e implichino un ampliamento del dibattito (Cass., Sez. I, 11 maggio 1990, n. 4044).
Nel caso di specie, tuttavia, la parte aveva chiesto in primo grado l’integrale annullamento dell’avviso di accertamento che aveva disposto sia il recupero di maggior IRPEF e IRAP, conseguenti alla indeducibilità dei costi, sia dell’ IVA, afferente a tali costi. Risulta pertanto errata la pronuncia di inammissibilità della questione, in quanto erroneamente ritenuta nuova in appello.
-L’accoglimento del primo motivo determina l’ assorbimento del secondo con cui si prospetta ex art. 360 c. 1 n. 3 cod. proc. civ. la violazione o falsa applicazione dell’art. 19 d.P.R. n. 633/72 sull’ indetraibilità dell’IVA, una volta accertata la deducibilità dei costi contestati.
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di lite.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione