Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24801 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24801 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/09/2025
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 32741/2019 R.G. proposto da
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso (PEC: EMAIL;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Puglia -sezione staccata di Lecce n. 1086/24/2019, depositata il 4.04.2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 luglio 2025 dal consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La CTP di Lecce accoglieva il ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME avverso l’avviso di accertamento, per imposte dirette e IVA, in relazione all’anno 20 07, con il quale era stato determinato un
Oggetto:
Tributi
maggior reddito di lavoro autonomo rispetto a quello dichiarato, in quanto non era stato allegato agli atti il provvedimento di delega con il quale il direttore provinciale aveva attribuito il potere di firma al funzionario sottoscrittore dell’atto impugnato ;
con la sentenza indicata in epigrafe, la Commissione tributaria regionale della Puglia rigettava l ‘appello proposto da ll ‘Agenzia delle entrate, osservando, per quanto qui rileva, che:
-l’Ufficio aveva prodotto il provvedimento di delega in allegato all’atto di appello;
-sebbene l’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 consenta la produzione in appello di nuovi documenti, indipendentemente dalla impossibilità dell’interessato di produrli in primo grado per causa a lui non imputabile, ciò deve avvenire, ai sensi dell’art. 32 dello stesso decreto, entro venti giorni liberi antecedenti l’udienza;
-in ogni caso, l’art. 58 cit. va coordinato con l’art. 345, comma 3, cod. proc. civ., come modificato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modificazioni nella l. n. 134 del 2012, che pone l’assoluto divieto di ammissione di nuovi mezzi di prova in appello, senza che assuma rilevanza l’indispensabilità degli stessi e ferma la possibilità per la parte di dimostrare di non averli potuto produrre nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile;
-l’Agenzia delle entrate impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
la contribuente resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 58 e 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., e dell’art. 345 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR ritenuto erroneamente tardivo il
deposito dell’atto di delega di firma, avvenuto unitamente all’atto di appello, al momento della costituzione in giudizio dell’Ufficio, senza considerare che l’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 deroga all’art. 345, comma 3, cod. proc. civ.;
con il secondo motivo deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 36 del d.lgs. n. 546 del 1992, 132 c.p.c., 118 disp. att. c.p.c. e 111 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., per avere la CTR motivato in modo apparente e contraddittorio in ordine alla ammissibile e tempestiva produzione della delega nel giudizio di appello;
preliminarmente vanno disattese le eccezioni di inammissibilità sollevate dalla controricorrente;
con la prima eccezione la contribuente lamenta che il ricorso sarebbe inammissibile perché sottoscritto da un avvocato dello Stato che non risulta assegnatario dell’affare contenzioso di cui alla presente controversia, in violazione dell’art. 19 della l. n. 103 del 1979;
l’art. 1 della l. n. 103 del 1979 stabilisce che gli avvocati dello Stato esercitano le loro funzioni innanzi a tutte le giurisdizioni ed in qualunque sede senza bisogno di mandato, mentre il successivo art. 19 consente la sostituzione degli avvocati dello Stato nella trattazione degli affari loro affidati, in caso di assenza, impedimento o giustificata ragione; ne consegue, pertanto, che, attesa la consentita sostituibilità degli avvocati dello Stato nelle ipotesi considerate e la loro conseguente fungibilità, legittimamente il ricorso per cassazione, predisposto da un avvocato, può essere sottoscritto da altro avvocato dello Stato per essere, il primo, assente al momento della notificazione;
come ha già precisato questa Corte, quindi, avendo la difesa dell’Avvocatura dello Stato carattere impersonale, ed essendo quindi
gli avvocati dello Stato pienamente fungibili nel compimento di atti processuali relativi ad un medesimo giudizio, l’atto introduttivo di questo è valido anche se la sottoscrizione è apposta da avvocato diverso da quello che materialmente ha redatto l’atto, unica condizione richiesta essendo la spendita della qualità professionale abilitante alla difesa (Cass. n. 4950 del 2012);
va disattesa anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per il difetto del requisito dell’esposizione dei fatti rilevanti, prescritto dall’art. 366 cod. proc. civ., avendo questa Corte stabilito che per soddisfare il requisito imposto dall’art. 366, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., il ricorso per cassazione deve indicare, in modo chiaro ed esauriente, sia pure non analitico e particolareggiato, i fatti di causa da cui devono risultare le reciproche pretese delle parti con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le giustificano in modo da consentire al giudice di legittimità di avere la completa cognizione della controversia e del suo oggetto senza dover ricorrere ad altre fonti e atti del processo, dovendosi escludere, peraltro, che i motivi, essendo deputati ad esporre gli argomenti difensivi possano ritenersi funzionalmente idonei ad una precisa enucleazione dei fatti di causa (Cass. n. 24432 del 2020);
nel ricorso per cassazione è stato dato conto dei fatti di causa e delle vicende processuali alle pagine 1 – 10, oltre che dei motivi di censura alle pagine 10 -26;
-parimenti infondata è l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza, sollevata sempre dalla controricorrente, per non avere la ricorrente indicato, in modo specifico, gli atti processuali e i documenti sui quali si fondava il ricorso e, in particolare, non avendo indicato ‘ neppure la data di deposito del proprio ricorso in appello e dell’allegata delega ‘, nonché i documenti ‘ dai quali evincere la predetta data o la delega stessa ‘;
-come si evince dalla stessa sentenza impugnata (p. 3), il provvedimento di delega era stato allegato all’atto di appello che era stato tempestivamente proposto, sicchè il ricorso contiene tutti gli elementi necessari a rappresentare le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e consente a questa Corte la valutazione della fondatezza di tali ragioni, senza la necessità di far rinvio ed accedere a fonti esterne allo stesso ricorso e, quindi, ad elementi od atti attinenti al pregresso giudizio di merito;
-va infine rigettata anche l’eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa indicazione degli specifici motivi di ricorso, stante la chiarezza e la completezza delle censure proposte;
ciò posto, il secondo motivo, che per priorità logica va esaminato prima, è infondato;
è stato più volte affermato che ‘la motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perchè affetta da “error in procedendo”, quando, benchè graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture ‘ (Cass., Sez. U. n. 22232 del 2016);
la motivazione della sentenza impugnata, a prescindere dalla sua correttezza, non rientra affatto nei paradigmi invalidanti indicati nel citato, consolidato e condivisibile, arresto giurisprudenziale, in quanto contiene una motivazione comprensibile dalla quale si evince il ragionamento svolto dal giudice di appello, dovendosi ritenere, pertanto, che il giudice tributario di appello abbia assolto il proprio obbligo motivazionale al di sopra del “minimo costituzionale” (cfr. Sez. U. n. 8053 del 2014);
il primo motivo è, invece, fondato;
secondo un orientamento consolidato, che questo Collegio ritiene di condividere, in tema di contenzioso tributario, l’art. 58 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 fa salva la facoltà delle parti di produrre nuovi documenti anche al di fuori degli stretti limiti consentiti dall’art. 345 cod. proc. civ., ma tale attività processuale va esercitata -stante il richiamo operato dall’art. 61 del decreto legislativo 31 dicembre 1992 n. 546 alle norme relative al giudizio di primo grado – entro il termine previsto dall’art. 32, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, ossia fino a venti giorni liberi prima dell’udienza con l’osservanza delle formalità di cui all’art. 24, comma 1, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, dovendo, peraltro, tale termine ritenersi, anche in assenza di espressa previsione legislativa, di natura perentoria, e quindi sanzionato con la decadenza, per lo scopo che persegue e la funzione (rispetto del diritto di difesa del principio del contraddittorio) che adempie ( ex multis , Cass., n. 18103 del 2021; Cass. n. 39544 del 2021; Cass. n. 14 del 2022; Cass. n. 2377 del 2022);
-nella specie, la CTR ha errato nell’accogliere la censura sull a tardiva produzione della delega nel giudizio di appello, posto che la stessa era stata prodotta unitamente all’atto di appello (v. p. 4 della sentenza);
in conclusione, va accolto il primo motivo e rigettato il secondo; la sentenza va cassata con riguardo al motivo accolto, con rinvio per nuovo esame e per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Giustizia tributaria territorialmente competente, in diversa composizione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso e rigetta il secondo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia anche
per la liquidazione delle spese, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9 luglio 2025