Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27920 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27920  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 20/10/2025
Cartella di pagamentoAdER contumace in primo grado-Difese in appelloAmmissibilità
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16575/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE NOME, con l’AVV_NOTAIO ;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., domiciliata  in  ROMA,  alla  INDIRIZZO,  presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende ope legis ;
– controricorrente –
 avverso la sentenza n. 5912/2021 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO, depositata il 22/12/2021 e non notificata; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell ’11 settembre 2025 dal consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva -con la sentenza richiamata in epigrafe – l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE contro la pronuncia della Commissione tributaria provinciale di Roma che aveva a sua volta accolto il ricorso di NOME COGNOME contro una cartella di pagamento, ritenendo prescritto il debito tributario.
In particolare, i giudici del gravame evidenziavano che la cartella faceva riferimento ad un avviso di accertamento ritualmente impugnato dal contribuente con ricorso che era stato però rigettato, con sentenza passata in giudicato, dalla stessa Commissione tributaria provinciale  di  Roma,  il  che  rendeva  legittimo  il  procedimento  di emissione della cartella.
Contro la suddetta sentenza di secondo grado NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
Ha resistito con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
La causa è avviata ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c. alla trattazione in camera di consiglio fissata per l’11 settembre 2025 , per la quale il ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
 Con il  primo  motivo,  il  ricorrente  denuncia -ai  sensi  dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c. – la violazione e falsa applicazione dei principi normativi in tema di nuove attività deduttive e istruttorie in fase di impugnazione ai sensi degli artt. 345 c.p.c., 32, 57 e 58 del decreto legislativo n. 546 del 1992, nonché – in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. – la violazione dell’art. 111 della Costituzione, secondo comma.
Con  esso  d educe  che  solo  in  appello  l’RAGIONE_SOCIALE aveva prodotto la sentenza relativa all’avviso di accertamento presupposto dalla cartella e ciò: a) senza che del suo
passaggio in cosa giudicata fosse presente l’attestazione di cui all’art. 124 disp. att. c.p.c.; b) in violazione dell’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992; c) in violazione dell’art. 58 d.lgs. n. 546 del 1992, dovendo intendersi la facoltà di produzione in appello di nuovi documenti impedita dalla inerzia tenuta dalla parte nel corso del precedente grado di giudizio.
1.1. La prima censura è infondata.
E’ vero che nel processo tributario, in mancanza di una previsione specifica sulla certificazione del passaggio in giudicato della sentenza, va applicato per analogia legis , secondo la previsione dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992, l’art. 124 disp. att. c.p.c., sicché è necessario che il segretario della commissione tributaria, provinciale o regionale, certifichi, in calce alla copia della sentenza contenente la relazione della notificazione alla controparte o alla copia della sentenza non notificata, che nei termini di legge non è stata proposta impugnazione, mentre non può ritenersi equipollente l’attestazione della commissione tributaria provinciale secondo cui, ad una data posteriore alla scadenza del termine per la proposizione dell’appello di una sua sentenza, non è stata chiesta dalla commissione tributaria regionale la trasmissione del fascicolo di primo grado prevista dall’art. 53, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. 07/02/2019, n. 3621).
Nel caso di specie, però, la sentenza di cui si discute non viene in questione per la sua efficacia di giudicato ma come presupposto della emissione della cartella impugnata per cui la sua valutazione è rimessa all’apprezzamento del giudice laddove la parte, pur gravata dell’onere di contestare il presupposto dell ‘ emissione della cartella, non deduce in alcun modo che tale sentenza sia stata oggetto di impugnazione né precisa la rilevanza del passaggio in giudicato ai fini della emissione della cartella, eventualmente possibile anche in presenza di sentenza di rigetto di primo grado non definitiva.
1.2. La seconda censura è anch’esso infondato, in quanto la domanda di annullamento di un atto tributario, sottoposto ad impugnazione giudiziale sul presupposto della sua illegittimità, mira ad una pronuncia costitutiva, essendo diretta all’eliminazione dell’atto stesso, sicché l’Amministrazione finanziaria, anche in caso di omessa costituzione in primo grado, è legittimata ed ha interesse a sostenere, in appello, la sua legittimità per paralizzare e resistere alla domanda avversaria, senza che ciò determini la violazione degli artt. 57 e ss. del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 345 c.p.c., trattandosi di esercizio di mere difese e non della proposizione di una domanda o eccezione in senso proprio (Cass. 5/09/2024, n. 23880).
Si è, altresì, precisato che in tema di contenzioso tributario, ai sensi dell’art. 57, comma 2, del d.lgs. n. 542 del 1996, sono precluse in appello esclusivamente le eccezioni nuove, dalle quali deriva un mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione, sicché, a fronte dell’eccezione di decadenza e prescrizione sollevata dal contribuente, l’allegazione dell’interruzione della prescrizione da parte dell’Amministrazione finanziaria, provata mediante l’allegazione di documentazione, rappresenta una mera difesa o un’eccezione in senso improprio, pienamente ammissibile anche in appello in quanto mera contestazione RAGIONE_SOCIALE censure mosse all’atto impugnato con il ricorso, senza introduzione di alcun elemento nuovo d’indagine (Cass. 29/11/2016, n. 24214; Cass. 23/10/2020, n. 23261).
1.3. Pure la terza censura è priva di fondamento, in quanto per costante  giurisprudenza  di  questa  Corte,  alla  luce  del  principio  di specialità espresso dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546 del 1992 in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma  processuale  tributaria,  prevale  quest’ultima -,  nel  grado  di appello del giudizio tributario non opera la preclusione di cui all’art.
345,  terzo  comma,  c.p.c.,  essendo  la  materia  regolata  dall’art.  58, comma  2,  del  citato  d.lgs.,  che  alle  parti  consente  di  produrre liberamente nuovi documenti in sede di gravame, persino se preesistenti al giudizio di prime cure, senza richiedere che la mancata produzione nel grado pregresso sia stata determinata da causa ad esse non imputabile (cfr. Cass. 8/05/2024, n. 12498; Cass. 28/06/2022, n. 20613; Cass. 21/10/2021, n. 29470; Cass. 24/06/2021 n. 18103).
In mancanza di ogni descrizione del fatto processuale sul punto, appare estraneo al tema del giudizio, come individuato nel ricorso, il riferimento, contenuto solo in memoria, alla giurisprudenza di legittimità circa il termine ultimo del deposito di documenti in appello.
Con il secondo motivo, il ricorrente deduce la violazione e la falsa applicazione  dei  principi  normativi  in  tema  di  notifica  degli  avvisi  di accertamento ai sensi degli artt. 43 e 57 del d.P.R. n. 600 del 1973 nonché l’o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., lamentando che l’amministrazione  era  decaduta  dal  potere  di  accertamento  perché l’avviso era stato notificato oltre i termini d i cui ai predetti articoli.
2.1. Il motivo è inammissibile.
In primo luogo, esso risulta formulato con mescolanza di censure di diritto e relative alla motivazione, il che è inammissibile, perché, anche a voler prescindere dalla rubrica, espone critiche in fatto ed in diritto, queste ultime sia di carattere sostanziale che processuale, contemporaneamente e senza alcuna gradazione o distinzione tra loro, dando luogo ad una sostanziale mescolanza e sovrapposizione di censure, con l’inammissibile prospettazione della medesima questione sotto profili incompatibili (Cass. 23/10/2018, n. 26874; Cass. 23/09/2011, n. 19443; Cass. 11/04/2008, n. 9470), non risultando specificamente separata la trattazione RAGIONE_SOCIALE doglianze relative all’interpretazione o all’applicazione RAGIONE_SOCIALE norme di diritto appropriate
alla fattispecie e dei profili attinenti alla ricostruzione del fatto (Cass. 11/04/2018, n. 8915; Cass. 23/04/2013, n. 9793).
Si  tratta,  quindi,  di  censure  non  ontologicamente  distinte  dallo stesso ricorrente  e  non  autonomamente  individuabili,  senza  un inammissibile intervento di selezione e ricostruzione  del  mezzo d’impugnazione da parte di questa Corte .
In secondo luogo, della questione in diritto adombrata, la decadenza dell’amministrazione dal potere di accertamento per tardiva notifica dell’avviso, la CTR non tratta e la parte non indica se e quando l’abbia dedotta nel corso del giudizio .
Soccorre sul punto il consolidato orientamento di questa Corte secondo il quale, qualora una questione giuridica – implicante un accertamento di fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del ricorso per cassazione, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass. 22/12/2005, n. 28480; Cass. 13/12/2019, n. 32804; Cass. 11/02/2025, n. 3473).
Infine, e comunque, appare pacifico in atti e non contestato, che l’avviso di accertamento posto a base dell’emissione della cartella impugnata sia stato notificato alla parte e anche opposto, dovendo in casi siffatti i relativi vizi essere dedotti in quel giudizio, in base al principio, di cui all’art. 19 d.lgs. n. 546 del 1992, secondo cui ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri, salvo il caso di mancata notifica, il che consente l’impugnazione dell’atto prodr omico unitamente all’atto notificato.
Del  tutto  nuova,  rispetto  a  tale  motivo,  appare  la  doglianza prospettata in memoria con riferimento ad una omessa pronuncia sulla eccepita  prescrizione  del  credito  portato  nella  cartella,  laddove  il secondo  motivo  fa -in  effetti  –  riferimento  al  diverso  istituto  della decadenza (come implicato anche dal richiamo -a pag. 9 del ricorso dell’ordinanza di questa Corte n. 9749/2018) .
 In  definitiva,  alla  stregua  RAGIONE_SOCIALE  complessive  argomentazioni svolte, il ricorso deve essere integralmente respinto.
Alla soccombenza segue la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE  spese  di  questo  giudizio in  favore  dell’RAGIONE_SOCIALE.
In virtù dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, occorre dare atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello  previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna  il  ricorrente  NOME  COGNOME  al  pagamento  RAGIONE_SOCIALE  spese  del presente  giudizio, in  favore  dell’RAGIONE_SOCIALE, liquidate in euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
A i  sensi  dell’art.  13,  comma  1 -quater ,  del  d.P.R.  n.  115  del  2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 11 settembre 2025.
Il Presidente NOME COGNOME