Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18824 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18824 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 10/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10876/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in Roma in INDIRIZZO, presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, COGNOME NOME , elettivamente domiciliati in Lecce, in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende
-controricorrenti- avverso la sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia n. 657/22/23, depositata il 7 marzo 2023; udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 23 aprile 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.La vicenda trae origine dalla verifica fiscale effettuata dalla Guardia di finanza di Lecce nei confronti di RAGIONE_SOCIALE esercente
l’attività di commercio all’ingrosso ed al dettaglio di autovetture ed autoveicoli leggeri.
2.All’esito del controllo, venne verificata la sussistenza di diverse irregolarità (tra cui ad ed. l’assenza di fatture emesse in regime ordinario ed in regime del margine, l’omessa effettuazione di versamenti periodici IVA, l’annotazione di vendite complessive fino a giugno 2015 pari ad euro 374.483,00 e di acquisti complessivi fino ad aprile 2015 pari ad euro 78.932,00) poste in essere dalla società avente all’epoca denominazione RAGIONE_SOCIALE.
3.Venne quindi emesso avviso di accertamento poi notificato ai soci sulla base della presunzione che i maggiori utili extra contabili accertati in capo alla società fossero stati attribuiti pro quota ai soci.
4.Questi ultimi presentarono ricorso avverso l’avviso di accertamento, contestando tra le altre cose il calcolo eseguito dall’Ufficio per la determinazione del reddito e lamentarono la mancata considerazione, quali componenti negativi, delle rimanenze finali al 31 dicembre 2014, che diventavano rimanenze iniziali al primo gennaio 2015, pari a 271.550,99.
5.I ricorsi vennero rigettati in considerazione, tra le altre cose, della assenza di riscontri probatori in relazione alla affermazione dei soci secondo cui negli anni precedenti al 2015 il costo complessivo delle autovetture acquistate sarebbe stato di 271.550,99. La sentenza venne, quindi, appellata ed il giudice di seconde cure accolse parzialmente l’appello. Si affermò che ‘quanto disposto dai primi giudici, a parere di questo Collegio, non può essere confermato in funzione del riscontro analitico effettuato sulla documentazione agli atti fin dal primo grado che dimostra come, per alcune autovetture, vendute nel 2015, i costi fossero stati sostenuti negli anni precedenti’.
6.In particolare, il giudice, preso atto che l’accertamento societario non fosse di tipo induttivo puro, ritenne corretto ‘in ossequio alla capacità contributiva ammettere in deduzione i costi emergenti dagli allegati 1 e 2 al ricorso introduttivo, rispettivamente con l’IVA a credito e a margine’. Si chiarì che tali costi fossero comprovati ‘dai documenti originari di acquisto, riscontrati dal Collegio’. Si evidenziò come gli appellanti avessero fornito contezza che le fatture di vendita indicate negli ‘schemi allegati (riportate anche nel registro vendite)’ trovassero corrispondenza in acquisti di autovetture di anni precedenti’ che non possono che costituire rimanenze iniziali del 2015. Pertanto, si ritenne corretto ‘che, nella ricostruzione del reddito societario debbano essere tenuti in considerazione i costi’. Si concluse che fosse del tutto evidente che NOME e NOME COGNOME non avessero altro modo per difendersi se non in sede contenziosa.
Si statuì, infatti, che fossero riconducibili ai soci ‘gi utili accertati a prescindere dagli inadempimenti dell’amministratore subentrato. Tali inadempimenti però, non possono compromettere le facoltà difensive dei soci dimissionari, a maggior ragione se la società subentrante ha fatto divenire definitivo l’accertamento senza adire il contenzioso’. Di talché si ridusse il reddito di impresa accertato da Euro 279.452, 00 a 7901,00 euro, al netto dell’importo di 271.550,99 quali costi documentati in sede contenziosa dai ricorrenti.
Avverso tale decisione ricorre l’RAGIONE_SOCIALE con un motivo, resistono COGNOME NOME e COGNOME NOME con controricorso, eccependo preliminarmente la nullità del ricorso per violazione dell’art. 366 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.Preliminarmente deve disattendersi l’eccezione formulata dal controricorrente atteso che il ricorso è stato redatto in conformità
ai dettami di cui all’art. 366 c.p.c. ed quindi è possibile, dalla lettura dell’atto, comprendere le ragioni di doglianza poste alla base dell’impugnazione.
2.L’RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza per violazione dell’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’att. 62 del d.P.R. n. 633 del 1972, dell’art. 109 del testo unico delle imposte sul reddito n. 917 del 986, e degli artt. 2697 e 2729 c.c., in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.
La ricorrente censura la sentenza poiché essa si fonderebbe su due prospetti manoscritti relative a fatture per l’acquisto di autovetture negli anni precedenti al 2015. Secondo l ‘RAGIONE_SOCIALE la documentazione, in quanto prodotta solo in giudizio, non avrebbe potuto essere utilizzata e, inoltre e comunque, non vi sarebbe prova della contabilizzazione delle fatture.
Il giudice avrebbe in conclusione riconosciuto dei costi che non presentavano alcun margine di certezza, valorizzando le ‘indicazioni dei ricorrenti’ che sarebbero rimaste ‘allo stato di mere allegazioni’ laddove la determinazione dell’Ufficio sarebbe avvenuta ‘sulla base del registro iva tenuto dalla società’ così violando l’art. 109 TUIR.
2.1Il motivo è infondato.
La doglianza, al di là del riferimento alle norme violate, si incentra sulla valutazione del materiale probatorio effettuato dal giudice opponendo ad essa una serie di valutazioni non ammissibili in questa sede.
Come costantemente affermato da questa Corte, il ricorso per cassazione non può mai risolversi in un’istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento del giudice di merito tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione (tra le varie, Cass. Sez. U, Sentenza n. 24148 del 25/10/2013, Rv. 627790). Né è possibile
proporre un apprezzamento diverso ed alternativo delle prove, dovendosi ribadire il principio per cui l’esame dei documenti esibiti e delle deposizioni dei testimoni, nonché la valutazione dei documenti e delle risultanze della prova testimoniale, il giudizio sull’attendibilità dei testi e sulla credibilità di alcuni invece che di altri, come la scelta, tra le varie risultanze probatorie, di quelle ritenute più idonee a sorreggere la motivazione, involgono apprezzamenti di fatto riservati al giudice del merito, il quale, nel porre a fondamento della propria decisione una fonte di prova con esclusione di altre, non incontra altro limite che quello di indicare le ragioni del proprio convincimento, senza essere tenuto a discutere ogni singolo elemento o a confutare tutte le deduzioni difensive, dovendo ritenersi implicitamente disattesi tutti i rilievi e circostanze che, sebbene non menzionati specificamente, sono logicamente incompatibili con la decisione adottata’ (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12362 del 24/05/2006, Rv. 589595; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 11511 del 23/05/2014, Rv. 631448; Cass. Sez. L, Sentenza n. 13485 del 13/06/2014, Rv. 631330).
A ciò si aggiunga, in relazione alla denunciata tardiva esibizione di documenti, nella specie fatture, che la mancata esibizione di atti e documenti rilevanti ai fini dell’accertamento, nella fase amministrativa che abbia preceduto il giudizio, impedisce di prenderne in considerazione il contenuto a favore del contribuente, ma la previsione può essere superata dal deposito successivo degli stessi, in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa; qualora tuttavia l’Amministrazione neghi o contesti tale pur tardiva produzione, il contribuente, al fine di rendere inoperanti le cause di inutilizzabilità, deve produrre in giudizio la documentazione prima non esibita, nel rispetto dei termini e delle modalità indicate dall’art. 32, comma 5, del d.P.R. n. 600 del 1973, vigente “ratione temporis”, ed all’autorità
giudiziaria compete vagliare la regolarità dei documenti e delle sue modalità di produzione, nonché la sussistenza e la congruità della dichiarazione allegata “di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile”. (Nella specie la RAGIONE_SOCIALE. ha escluso che la CTR avesse violato l’art. 32, comma 5 cit. negando che i registri IVA fossero stati esibiti al giudice, dal momento che il ricorrente non aveva confutato tale affermazione, ritenendo sufficiente la tardiva produzione in sede amministrativa).Nella specie non risulta che la questione si stata sollevata dinanzi al giudice di seconde cure, né tanto meno che l’RAGIONE_SOCIALE abbia contestato la produzione documentale dinanzi alla C.T.P., essendo la predetta documentazione presente fin dal primo grado del giudizio, sicché la doglianza, sotto questo profilo, si palesa come nuova in questa sede e quindi inammissibile.
Va in questa sede inoltre ricordato che in tema di accertamento dell’IVA, l’art. 52, comma quinto, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, il quale esclude la possibilità di prendere in considerazione a favore del contribuente, in sede amministrativa e contenziosa, i documenti (libri, scritture, registri, etc.) che non siano stati acquisiti durante gli accessi perché il contribuente ha rifiutato di esibirli o perché ha dichiarato di non possederli, o perché li ha comunque sottratti al controllo, costituisce norma facente eccezione a regole generali, che non può essere applicata oltre i casi ed i tempi da essa considerati e deve essere interpretata, in coerenza ed alla luce dei principi affermati dagli artt. 24 e 53 Cost., in modo da non comprimere il diritto alla difesa e di obbligare il contribuente alla effettuazione di pagamenti non dovuti e, quindi, nel senso che, per essere sanzionato con la perdita della facoltà di produrre i libri e le altre scritture, il contribuente stesso deve aver tenuto un comportamento diretto a sottrarsi alla prova e, dunque, capace di far fondatamente dubitare della genuinità
di documenti che affiorino soltanto in seguito nel corso di giudizio.
In conclusione, il ricorso deve essere respinto e le spese liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente che liquida per compensi professionali in € 6000,00, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2024