Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29453 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29453 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11445/2017 R.G. proposto da :
COGNOME NOME, domiciliato ex lege in INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che lo rappresenta e difende;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE CAMPOBASSO n. 611/2016 depositata il 28/11/2016.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 25 novembre 2009, l’RAGIONE_SOCIALE – ha contestato al contribuente, AVV_NOTAIO, per l’anno d’imposta 2005, maggiori compensi professionali non
dichiarati pari a € 263.772,26, determinati sulla base di indagini bancarie autorizzate dalla RAGIONE_SOCIALE. Le indagini hanno riguardato sei conti correnti intestati al contribuente, intrattenuti presso vari istituti di credito.
L’Ufficio ha confrontato le movimentazioni bancarie (versamenti e prelevamenti) con la contabilità del contribuente, ritenendo non giustificate alcune operazioni e imputandole a compensi non fatturati ai sensi dell’art. 1 della legge n. 311/2004. Ne è derivata una rideterminazione del reddito imponibile ai fini IRPEF, IRAP e IVA, con liquidazione di maggiori imposte per un totale di € 180.832,00, al netto di sanzioni e interessi.
Il contribuente ha impugnato l’atto innanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, che con sentenza n. 78/01/11 ha parzialmente accolto il ricorso, rideterminando i maggiori compensi in € 24.406,38.
La CTP ha ritenuto non sufficientemente giustificati alcuni versamenti e prelevamenti sui conti n. 250 e n. 116 presso Banca Toscana, mentre ha ritenuto idonea la documentazione prodotta per le restanti operazioni.
Avverso tale decisione, il contribuente ha proposto appello principale, lamentando l’omessa valutazione della documentazione integrativa depositata in data 22 marzo 2011 e la genericità della motivazione. L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto appello incidentale, eccependo l’inutilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio ai sensi dell’art. 32, comma 4, del D.P.R. n. 600/1973, in quanto non trasmessa in sede precontenziosa.
All’udienza innanzi alla Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE del RAGIONE_SOCIALE, l’RAGIONE_SOCIALE ha dichiarato formale acquiescenza rispetto ai rilievi concernenti i prelevamenti sui conti n. 250 e n. 116, chiedendone l’esclusione dal computo dei compensi. La CTR, con sentenza n. 611/2016, ha accolto l’appello incidentale dell’Ufficio e rigettato quello principale del contribuente, ritenendo preclusa
l’utilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio e determinando i maggiori compensi in € 105.628,73, corrispondenti ai versamenti non giustificati sui conti n. 250 e n. 116.
Avverso tale pronuncia, il contribuente ha proposto ricorso per cassazione articolato su otto motivi e ha depositato memoria.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, la parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per irregolare composizione del collegio giudicante, in violazione e falsa applicazione dell’art. 51, comma 1, n. 3), c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c. Il ricorrente deduce che il giudice relatore, AVV_NOTAIO, avrebbe dovuto astenersi dal giudizio per grave inimicizia, avendo egli in passato svolto funzioni di pubblico ministero in procedimenti penali che coinvolgevano un assistito dell’AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO, e avendo subito una denuncia da parte dello stesso. Tale situazione, secondo il ricorrente, avrebbe compromesso la terzietà del giudice.
Con il secondo motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 32, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, nonché violazione dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c. Si contesta la decisione della CTR per aver ritenuto inutilizzabile la documentazione prodotta in giudizio, sul presupposto che il contribuente avrebbe volontariamente disatteso l’invito dell’Ufficio del 2 novembre 2009. Il ricorrente sostiene che tale invito non gli sia mai stato notificato, come evincibile, a suo dire, da documentazione acquisita tramite accesso agli atti, e che la documentazione fosse stata comunque depositata nei termini previsti dall’art. 32 del D.Lgs. n. 546/1992.
Con il terzo motivo di ricorso, la parte ricorrente lamenta la nullità della sentenza per errata ricostruzione dei fatti di causa, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per violazione degli artt. 112,
115 e 132, comma 2, n. 4), c.p.c., nonché dell’art. 118 disp. att. c.p.c. Si censura la sentenza per aver indicato erroneamente la data di deposito della sentenza di primo grado, confuso la natura principale e incidentale degli appelli, ritenuto non riproposta l’eccezione sull’inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie per l’anno 2005, affermato che la documentazione fosse stata prodotta solo in udienza, quando invece era stata depositata nei termini di legge.
Con il quarto motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c. La CTR avrebbe recuperato a tassazione anche le movimentazioni sul conto n. 80877 (Banca di Roma), nonostante l’RAGIONE_SOCIALE avesse dichiarato formale acquiescenza su tali operazioni, eccedendo così il perimetro dell’impugnazione incidentale.
Con il quinto motivo di ricorso, la parte ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 32, commi 4 e 5, D.P.R. n. 600/1973 e 32 D.Lgs. n. 546/1992, ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c. Si contesta l’interpretazione restrittiva della CTR circa l’inutilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio, nonostante fosse stata depositata nei termini e in assenza di un comportamento doloso da parte del contribuente. Si richiama giurisprudenza di legittimità che consentirebbe, secondo la prospettazione del ricorrente, l’utilizzo della documentazione ove il mancato deposito in fase amministrativa sia dovuto a causa non imputabile.
Con il sesto motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2), D.P.R. n. 600/1973, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c. Si contesta la legittimità del recupero a tassazione dei versamenti bancari effettuati dal contribuente, in quanto la
presunzione di compensi non è più applicabile ai lavoratori autonomi, secondo quanto statuito dalla Consulta.
Con il settimo motivo di ricorso, la parte ricorrente lamenta la omessa motivazione in ordine alla ripresa a tassazione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni sul conto n. 80877 (Banca di Roma), ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., con violazione degli artt. 1 e 36 D.lgs. n. 564 del 1992 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. Secondo il ricorrente la CTR ha indicato in motivazione un importo complessivo di € 158.249,44, senza chiarire la quota attribuibile al conto n. 80877, nonostante l’acquiescenza dell’Ufficio su tale rapporto.
Con l’ ottavo motivo di ricorso, la parte ricorrente deduce la omessa valutazione della documentazione esibita e depositata, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c. Si censura la sentenza, adducendo la violazione degli artt. 1 e 36 D.lgs. n. 546 del 1992 e 132, comma 2, n. 4, c.p.c. nonché 118 disp. att. c.p.c., per non aver la CTR esaminato la documentazione prodotta dal contribuente, che era decisiva ai fini della giustificazione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie contestate, privando il contribuente del principale mezzo di difesa.
Il primo motivo è inammissibile.
La censura si fonda sulla presunta incompatibilità del giudice relatore, AVV_NOTAIO, per una situazione di grave inimicizia derivante da precedenti vicende giudiziarie, in cui il magistrato avrebbe agito, in qualità di pubblico ministero, contro un assistito dell’AVV_NOTAIO, che a sua volta lo aveva denunciato.
Tuttavia, nella sentenza impugnata non vi è alcun cenno alla questione dell’astensione o della ricusazione del giudice, né risulta che tale profilo sia stato dedotto nel corso del giudizio di appello. La questione, pertanto, è nuova e come tale non può essere proposta per la prima volta in sede di legittimità.
Secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (Cass., 13 giugno 2018, n. 15430; Cass., 9 luglio 2013, n. 17041; Cass., 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., 13 agosto 2018, n. 20712).
In particolare, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente ha l’onere, a pena di inammissibilità, non solo di allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche di indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, in virtù del principio di autosufficienza del ricorso (Cass., 30 marzo 2007, n. 7981; Cass., 25 ottobre 2017, n. 25319).
Nel caso in esame, il ricorrente non ha assolto tale onere, né ha dimostrato che la questione fosse stata ritualmente introdotta nel giudizio di appello. Ne consegue che il motivo è inammissibile per la novità della questione dedotta, che implicherebbe, peraltro, accertamenti di fatto non compiuti dal giudice di merito.
Il secondo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
Per il suo tramite la parte ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., dell’art. 32, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, nonché violazione dell’art. 111 Cost., ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3) e 4), c.p.c. Si contesta la decisione della CTR per aver ritenuto inutilizzabile la documentazione prodotta in giudizio, sul presupposto che il contribuente avrebbe volontariamente disatteso l’invito dell’Ufficio del 2 novembre 2009. Il ricorrente sostiene che tale invito non gli sia mai stato notificato, come evincibile, a suo dire, da documentazione acquisita tramite accesso agli atti, e che la documentazione fosse stata comunque depositata nei termini previsti dall’art. 32 del D.Lgs. n. 546/1992.
Il ricorrente insiste, segnatamente, nel rimarcare la mancata notifica dell’invito del 2 novembre 2009.
Giova, in realtà, considerare che la nota del 16 ottobre 2009, inviata dal contribuente in risposta a un precedente invito del 12 ottobre, dimostra l’esistenza di una interlocuzione tra le parti ben antecedente rispetto al 2 novembre 2009, anche per il tramite del consulente AVV_NOTAIO COGNOME, formalmente delegato dal contribuente per la gestione del contraddittorio.
La circostanza relativa alla mancata notifica risulta incisivamente contraddetta dalla Commissione regionale, la quale, invero, dà atto che l’RAGIONE_SOCIALE, con nota del 2 novembre 2009, ha richiesto ulteriori chiarimenti in ordine ai rapporti bancari n. 80877, n. 250 e n. 116, e che ‘L’AVV_NOTAIO non si è più presentato a fornire i chiarimenti richiesti e produrre la documentazione richiesta; di qui l’avviso di accertamento fondato espressamente sulla mancata giustificazione dei movimenti relativi ai suddetti rapporti di conto corrente’ (sentenza CTR, § 7.4).
È poi evincibile dal controricorso dell’RAGIONE_SOCIALE (pag. 11), che l’invito del 2 novembre 2009 è stato inviato anche al soggetto delegato – il dott. COGNOME – il quale lo ha sicuramente ricevuto, dal momento che lo ha addirittura riscontrato il successivo 10 novembre, depositando una nota datata 09/11/2009, assunta dall’Amministrazione al prot. n. NUMERO_DOCUMENTO, ed estesa per conoscenza anche al delegante; il COGNOME precisava, tra l’altro, di aver ‘anticipato verbalmente il contenuto della citata nota’ al suo delegante.
La ricezione dell’invito da parte del soggetto delegato, che aveva piena rappresentanza e accesso alla documentazione contabile, esclude la possibilità di ritenere il procedimento viziato per mancata notifica. In tal senso, è coerente che la CTR abbia reputato che l’invito fosse stato disatteso, nonostante la possibilità
di riscontro, e abbia applicato la preclusione prevista dall’art. 32, comma 4, D.P.R. n. 600/1973.
A questo profilo va aggiunto che la questione della mancata notifica dell’invito si palesa sollevata per la prima volta in sede di legittimità, non risulta essere stata dedotta in modo specifico nel giudizio di appello, né il ricorrente ha assolto l’onere di indicare in quale atto del giudizio precedente tale eccezione sarebbe stata formulata. Come già osservato, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, qualora siano prospettate in cassazione questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità, non solo allegarne l’avvenuta deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto (Cass., 9 luglio 2013, n. 17041; Cass., 13 giugno 2018, n. 15430; Cass., 13 agosto 2018, n. 20712). Tale onere non risulta assolto nel caso di specie.
In definitiva, la CTR ha fondato la propria decisione su un accertamento in fatto coerente con gli atti di causa, ritenendo che il contribuente, per il tramite del proprio delegato, fosse stato messo in condizione di riscontrare l’invito del 2 novembre 2009, e che la successiva produzione documentale in sede contenziosa fosse preclusa per mancata trasmissione in fase amministrativa.
Il terzo motivo è infondato.
Con tale censura, il ricorrente deduce una pluralità di vizi processuali, riconducibili all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., lamentando una errata ricostruzione dei fatti di causa. In particolare, si contesta alla CTR di aver indicato erroneamente la data di deposito della sentenza di primo grado, confuso la qualificazione degli appelli, omesso di esaminare l’eccezione sull’inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie per l’anno 2005, e affermato che la documentazione fosse stata prodotta solo in udienza, quando invece era stata depositata nei termini di legge.
Quanto al primo rilievo, la CTR ha indicato come data di deposito della sentenza di primo grado il 18 luglio 2011, anziché il 14 giugno 2011. Si tratta di un mero errore materiale, privo di incidenza sulla validità della decisione. Il refuso, per sua natura, non è idoneo a condizionare il contenuto sostanziale RAGIONE_SOCIALE statuizioni adottate.
In ordine alla qualificazione degli appelli, la RAGIONE_SOCIALE ha correttamente applicato il principio cronologico, affermando che:
‘L’appello proposto in via principale da chi, essendo stata la sentenza già impugnata da un’altra parte, avrebbe potuto proporre soltanto appello incidentale, non è inammissibile, ma può convertirsi, per il principio di conservazione degli atti giuridici, in gravame incidentale, purché depositato nel termine prescritto’ (sentenza CTR, § 6).
Tale impostazione è conforme al principio nomofilattico secondo cui l’appello formalmente principale può essere riqualificato come incidentale, purché tempestivo (Cass. n. 26811 del 2019; Cass. n. 33127 del 2024).
Quanto all’eccezione sull’inapplicabilità RAGIONE_SOCIALE indagini bancarie per l’anno 2005, la CTR ha affrontato espressamente la questione: ‘La CTP, disattesa l’eccezione del contribuente (non ripresa in questo grado di giudizio) di inapplicabilità nei suoi confronti, per l’anno di imposta 2005, degli artt. 32, d.P.R. n. 600 del 1973 e 51, d.P.R. n. 633 del 1972 ‘ (sentenza CTR, § 1).
Il giudice regionale ha dunque dato atto che la questione era stata sollevata in primo grado, ma ha ritenuto che non fosse stata riproposta in appello, e per tale ragione ne ha escluso l’esame. Il ricorrente, nel ricorso per cassazione, riprende una questione rispetto alla quale aveva abdicato – secondo l’accertamento svolto dalla CTR – nel proprio gravame di merito. La doglianza viene, tuttavia, reiterata senza che il contribuente si periti di indicare in quale atto del giudizio di appello tale eccezione sarebbe stata reiterata e senza allegare documentazione idonea a dimostrarlo.
Pertanto, il profilo di censura impinge in parte qua in una violazione del principio di autosufficienza.
Infine, quanto alla documentazione prodotta, la CTR ha affermato che ‘La CTP non avrebbe potuto esaminare la documentazione prodotta dal contribuente (peraltro solo in udienza) e sostituirsi, in questa attività, all’RAGIONE_SOCIALE‘ (sentenza CTR, § 7.7).
Tale affermazione si inserisce nel più ampio ragionamento della CTR sull’inutilizzabilità della documentazione non trasmessa in sede precontenziosa, ai sensi dell’art. 32, comma 4, D.P.R. n. 600/1973. La Commissione ha ritenuto che il contribuente non abbia fornito prova di aver depositato tempestivamente la documentazione, né di aver dedotto un errore scusabile. In particolare, il giudice d’appello, avendo accertato in fatto l’avvenuto invio dell’invito a produrre documentazione e il mancato riscontro dell’invito in parola, si è limitato a fare pedissequa applicazione del principio nomofilattico secondo cui ‘In tema di accertamento tributario, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza’ (Cass. n. 2769 del 2016; n. 9001 del 2025).
In definitiva, nessuno dei profili dedotti con il terzo motivo di ricorso integra una violazione RAGIONE_SOCIALE norme processuali invocate, né un vizio di nullità della sentenza. Il motivo va pertanto rigettato.
Il quarto motivo è infondato.
Per il suo tramite la parte ricorrente deduce la nullità della sentenza per vizio di ultrapetizione, in violazione dell’art. 112 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. Si assume che la RAGIONE_SOCIALE avrebbe illegittimamente recuperato a tassazione anche le
movimentazioni sul conto n. 80877 (Banca di Roma), nonostante l’RAGIONE_SOCIALE avesse dichiarato formale acquiescenza in ordine a tali operazioni, eccedendo così il perimetro dell’impugnazione incidentale.
In realtà, la sentenza impugnata affronta espressamente la questione, chiarendo che: ” È bene precisare a questo punto che l’Ufficio ha fatto acquiescenza alle conclusioni cui è pervenuta la CTP in relazione ai movimenti inerenti il rapporto di c/c n. 80877, pur giustificati dal contribuente con la documentazione prodotta in udienza “. Coerentemente, nella parte dispositiva la CTR non include alcuna ripresa a tassazione relativa al conto n. 80877, limitandosi a determinare i maggiori compensi in relazione ai versamenti non giustificati sui conti n. 250 e n. 116 presso Banca Toscana (indicati, in parte motiva, in ‘..€ 86.030,00 relativi ai versamenti effettuati sul c/c 250 e € 19.598,73 relativi ai versamenti sul c/c n. 116 “, § 7.10); la parte dispositiva della sentenza non contiene alcuna statuizione riguardante il conto n. 80877 ma indica un importo complessivo (€ 105.628,73) corrisponde esattamente alla somma dei versamenti sui conti n. 250 e n. 116, depurata dei prelievi esclusi in ragione dell’acquiescenza. Ne consegue che non si configura alcuna ultrapetizione né violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, avendo la CTR deciso nei limiti dell’impugnazione incidentale proposta dall’Ufficio e in coerenza con la rinuncia parziale espressa.
Il quinto motivo è infondato.
La censura investe l’interpretazione restrittiva adottata dalla RAGIONE_SOCIALE in ordine all’inutilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio, nonostante -secondo il ricorrente -essa fosse stata tempestivamente depositata nei termini processuali e in assenza di un comportamento doloso. Il ricorrente richiama, a sostegno, giurisprudenza di legittimità che ammetterebbe l’utilizzo di tale
documentazione quando il mancato deposito in sede amministrativa sia dipeso da cause non imputabili al contribuente.
La CTR ha affrontato la questione in modo puntuale, ritenendo fondata l’eccezione preliminare sollevata dall’Ufficio e affermando che: ‘ A norma degli artt. 32, comma 4, D.P.R. n. 600 del 1973 e 52, comma 5, D.P.R. n. 633 del 1972, non si può tener conto a favore del contribuente, nemmeno in sede contenziosa, della documentazione non esibita o non trasmessa in risposta agli inviti dell’ufficio ‘. La Commissione ha inoltre precisato che: ‘ L’inutilizzabilità della documentazione è assoluta, anche in assenza di corrispondente tempestiva eccezione da parte dell’Ufficio, giacché la perentorietà della formulazione della norma induce ad escludere che la preclusione sia rilevabile solo su iniziativa di parte ‘. Nel caso di specie, la CTR ha accertato che il contribuente non ha fornito la documentazione richiesta in sede amministrativa, né ha dedotto di essere stato impossibilitato a farlo per cause a sé non imputabili. Al contrario, ha rilevato che: ‘ L’AVV_NOTAIO ha volontariamente disatteso l’invito del 02/11/2009, e non ha mai nemmeno dedotto di non aver potuto produrre prima tale documentazione per errore scusabile ‘. In mancanza di una tempestiva e documentata allegazione di impedimenti oggettivi o soggettivi, la CTR ha correttamente applicato il principio di preclusione assoluta sancito dall’art. 32, comma 4, D.P.R. n. 600/1973, in conformità alla giurisprudenza consolidata (Cass. n. 26133 del 2024; Cass. 3442 del 2021).
Diversamente, la giurisprudenza invocata dal ricorrente (Cass. nn. 1344 del 2010, Cass. 22743 del 2016) concerne fattispecie nelle quali il contribuente aveva fornito specifiche e documentate giustificazioni circa l’impossibilità di produrre la documentazione in fase amministrativa. Circostanze che, nella presente vicenda, non solo non risultano accertate né adeguatamente dedotte in ricorso, ma risultano addirittura motivatamente escluse.
Ne consegue che la decisione della CTR è immune da censure, avendo correttamente applicato il quadro normativo e giurisprudenziale vigente.
Il sesto motivo è infondato.
Per il suo tramite viene denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2), D.P.R. n. 600/1973, alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c.
Si contesta la legittimità del recupero a tassazione dei versamenti bancari effettuati dal contribuente, sostenendo che la presunzione di compensi non è più applicabile ai lavoratori autonomi, secondo quanto statuito dalla Consulta.
In realtà, la sentenza della Corte Costituzionale n. 228/2014 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, D.P.R. n. 600/1973, limitatamente ai prelevamenti effettuati dai lavoratori autonomi, ritenendo irragionevole presumere che tali somme fossero destinate all’attività professionale e quindi produttive di reddito.
Tuttavia, la pronuncia non ha inciso sulla presunzione relativa ai versamenti, che resta pienamente operativa anche nei confronti dei lavoratori autonomi. In altri termini, la dichiarazione di illegittimità costituzionale dell’art. 32, comma 1, n. 2), secondo periodo, D.P.R. n. 600/1973, riguarda esclusivamente i prelevamenti, non anche i versamenti, che continuano a costituire presunzione legale di compensi non dichiarati (v. da ultimo Cass. n. 9403 del 2024; Cass. n. 35618 del 2023).
Nel caso in esame, la CTR ha recuperato a tassazione esclusivamente i versamenti non giustificati sui conti n. 250 e n. 116, per un totale di € 105.628,73, espungendo i prelevamenti per effetto della formale acquiescenza dell’Ufficio.
La sentenza impugnata è quindi conforme al dettato costituzionale e alla giurisprudenza di legittimità.
Il settimo motivo è inammissibile.
La parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per omessa motivazione in ordine alla ripresa a tassazione RAGIONE_SOCIALE movimentazioni relative al conto n. 80877 (Banca di Roma), lamentando che la Commissione Tributaria RAGIONE_SOCIALE avrebbe indicato un importo complessivo di € 158.249,44 senza chiarire la quota riferibile a detto conto, nonostante l’acquiescenza dell’Ufficio. La censura veicola una lettura incongrua della sentenza impugnata. La CTR ha espressamente dato atto dell’acquiescenza dell’Amministrazione finanziaria in relazione alle movimentazioni del conto n. 80877, escludendole dal computo dei compensi recuperati a tassazione. In particolare, al § 7.5 della motivazione, si legge: ‘È bene precisare a questo punto che l’Ufficio ha fatto acquiescenza alle conclusioni cui è pervenuta la CTP in relazione ai movimenti inerenti il rapporto di c/c n. 80877, pur giustificati dal contribuente con la documentazione prodotta in udienza.’
Il riferimento in motivazione all’importo complessivo di € 158.249,44 costituisce un mero errore di calcolo, un refuso materiale, che non impedisce la corretta comprensione del contenuto decisorio. In dispositivo, infatti, la CTR determina i maggiori compensi nella misura corretta di € 105.628,73, pari alla somma dei versamenti ritenuti non giustificati sui conti n. 250 (€ 86.030,00) e n. 116 (€ 19.598,73), come già indicato a § 7.6 e § 7.10 della motivazione.
La divergenza tra motivazione e dispositivo non integra alcuna nullità, né vizio di motivazione apparente, giacché il percorso argomentativo della sentenza è chiaramente espresso e coerente con gli atti di causa. La motivazione è solo apparente quando, pur graficamente esistente, non consente di comprendere il fondamento logico -giuridico della decisione, il che non accade nel caso di specie, ove la ratio decidendi è ben individuabile e risulta ancorata agli elementi istruttori.
La censura si risolve, pertanto, in una critica alla ricostruzione fattuale operata dal giudice di merito, non ammissibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c. (Cass., Sez. Un., 24 settembre 2016, n. 22232).
La motivazione resa dalla CTR consente di ricostruire il percorso logico seguito dal giudice, con riferimento alla documentazione prodotta, alle deduzioni RAGIONE_SOCIALE parti e agli atti del procedimento. Non ricorre alcuna violazione del ‘minimo costituzionale’ di motivazione richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., la cui soglia è pienamente rispettata nella misura in cui la ratio decidendi è suscettibile d’essere colta (Cass., 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., 13 aprile 2021, n. 9627).
L’ ottavo motivo è inammissibile.
Giova ribadire quanto or ora osservato: la sentenza ben lascia cogliere la propria ratio decidendi . Questa Corte ha incisivamente affermato che ‘ In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi -che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori RAGIONE_SOCIALE quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia ‘ (Cass. n. 23940 del
2017; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 7090 del 2022). Nella specie, la soglia del ‘minimo costituzionale’ non è infranta, tendendosi piuttosto ad una rivisitazione del merito della controversia, in relazione ad un accertamento di merito discrezionalmente già compiuto dal giudice a tal fine deputato.
Come chiarito da questa Corte spetta unicamente al giudice di merito il compito di individuare le fonti del proprio convincimento, di assumere e valutare le prove, di controllarne l’attendibilità e la concludenza, di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi, assegnando prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, nonché la facoltà di escludere anche attraverso un giudizio implicito la rilevanza di una prova, dovendosi ritenere, a tal proposito, che egli non sia tenuto ad esplicitare, per ogni mezzo istruttorio, le ragioni per cui lo ritenga irrilevante (Cass., 13 giugno 2014, n. 13485; Cass., 15 luglio 2009, n. 16499).
Il ricorso va, in ultima analisi, respinto. Le spese sono regolate dalla soccombenza.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso. Condanna la parte ricorrente al pagamento in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.900,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Si dà atto del fatto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 -quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1 -bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25/09/2025.
Il Presidente
NOME LA COGNOME