Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20163 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20163 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentata e difesa, giusta procura speciale stesa in calce al controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME che ha indicato recapito Pec, avendo la contribuente dichiarato domicilio presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Civitavecchia;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 3048/2020, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Lazio il 15.9.2020, e pubblicata il 15.10.2020;
ascoltata, nella camera di consiglio non partecipata del 4.6.2025, la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
Oggetto: Irpef, Iva ed Irap 2012 – Avviso di accertamento -Documentazione extracontabile -Schede carburante.
la Corte osserva:
Fatti di causa
A seguito di verifiche svolte dalla Guardia di Finanza e concluse con processo verbale di constatazione, recependone gli esiti fondati sul rinvenimento di documentazione extracontabile e documentazione contabile incompleta e non inerente (schede carburante), e pertanto ritenendo provato il conseguimento di un elevato reddito non dichiarato, l’Agenzia delle Entrate notificava a NOMECOGNOME titolare di impresa di officina meccanica per autoveicoli, l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO/2017, avente ad oggetto Irpef, Iva ed Irap, con riferimento all’anno 2012.
La contribuente impugnava l’atto impositivo innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Roma, proponendo plurime censure, procedimentali e di merito.
La CTP riteneva invalida la costituzione in giudizio dell’Amministrazione finanziaria e, di conseguenza, non provata la legittimazione alla sottoscrizione dell’atto impositivo da parte del firmatario dell’avviso di accertamento.
Pertanto, annullava l’atto impositivo.
L’Agenzia delle Entrate spiegava appello avverso la decisione sfavorevole adottata all’esito del giudizio di primo grado innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Lazio.
Detta Commissione di appello riteneva -con la sentenza richiamata in epigrafe – sussistente la legittimazione del funzionario firmatario dell’atto impositivo, ma rigettava nel merito il gravame, reputando non provata la pretesa fiscale a causa dell’inadeguatezza della documentazione extracontabile raccolta.
Avverso la citata pronuncia della CTR ha proposto ricorso per cassazione l ‘Amministrazione finanziaria, affidandosi a tre motivi.
Ha resistito mediante controricorso la contribuente, che ha pure depositato memoria.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate denuncia la violazione dell’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, e degli artt. 2727 e 2729 cod. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente valutato l’insufficienza probatoria della copiosa documentazione extracontabile acquisita presso l’officina della contribuente.
Mediante la seconda censura, formulata ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Ente impositore deduce la nullità della decisione pronunciata dalla CTR, in conseguenza della violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., per aver la stessa Commissione del tutto omesso di pronunciare circa il motivo di impugnazione relativo all’indeducibilità per difetto di inerenza dei costi sostenuti per il carburante, stante l’incompleta compilazione delle relative schede.
Con il terzo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria prospetta , ‘in via solo subordinata’ (ric., p. 8), ancora la nullità della decisione impugnata, in quanto fondata su motivazione meramente apparente circa il motivo di impugnazione relativo all’indeducibilità per difetto di inerenza dei costi sostenuti per il carburante, alla stregua del l’incompleta compilazione delle inerenti schede.
Merita di essere evidenziato che, in relazione a diverso anno d’imposta, il 2011, ma con riferimento ad analoghe questioni, si è già svolto tra le stesse parti il giudizio concluso con ordinanza della Sez. VI-V, 28.4.2022, n. 13329, ed i rilievi svolti in quella sede appaiono condivisibili e meritevoli di essere riproposti.
Con il suo primo motivo di ricorso l’Amministrazione finanziaria denuncia la suddetta violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR per aver erroneamente valutato l’insufficienza probatoria
della copiosa documentazione extracontabile acquisita presso l’officina della contribuente.
Invero, per giurisprudenza consolidata di legittimità in tema di accertamento delle imposte sui redditi, la “contabilità in nero”, costituita da appunti personali e da informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza, prescritti dall’art. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, perché nella nozione di scritture contabili, disciplinate dagli artt. 2709 e ss. c.c., devono ricomprendersi tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa, ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, spettando poi al contribuente l’onere di fornire adeguata prova contraria (Cass. 23.05.2018, n. 12680; Cass. 30.10.2018, n. 27622; Cass. 20.11.2020, n. 26487).
Si è affermato, inoltre, che, in tema di accertamento induttivo dei redditi di impresa, di cui all’art. 39 comma 1 lettera d) del d.P.R. n. 600 del 1973, il convincimento del giudice in ordine alla sussistenza di maggiori ricavi non dichiarati da un’impresa commerciale può fondarsi anche su una sola presunzione semplice, purché grave e precisa (Cass. 22.12.2017, n. 30803; Cass. 16.11.2011, n. 24051, con riferimento a brogliacci reperiti presso la sede della società; Cass. 3.10.2014, n. 20902, per la necessità della comparazione tra i dati acquisiti e quelli emergenti dalla contabilità ufficiale del contribuente; Cass. 27.02.2015, n. 4080, in relazione ad un quadernone contenente l’indicazione degli effettivi quantitativi di materiale prodotto).
Va premesso, poi, che il «divieto di doppie presunzioni» o «divieto di presunzioni di secondo grado o a catena» non è riconducibile né agli artt. 2729 e 2697 cod. civ. né a qualsiasi altra norma dell’ordinamento ben potendo il fatto noto essere accertato in base ad una o più presunzioni (anche non legali), purché “gravi,
precise e concordanti”, ai sensi dell’art. 2729 cod. civ., e perciò adeguate a costituire la premessa di una ulteriore inferenza presuntiva idonea -in quanto, a sua volta adeguata -a fondare l’accertamento del fatto ignoto (v., ex multis , Cass. n. 20748 del 2019; Cass. n. 15003 del 2017; Cass. n. 1289 del 2015 e Cass. n. 9348 del 2015).
In particolare, in tema di presunzioni, si è chiarito che la prova inferenziale che sia caratterizzata da una serie lineare di inferenze, ciascuna delle quali sia apprezzata dal giudice secondo criteri di gravità, precisione e concordanza, fa sì che il fatto “noto” attribuisca un adeguato grado di attendibilità al fatto “ignorato”, il quale cessa pertanto di essere tale divenendo noto, ciò che risolve l’equivoco logico che si cela nel preteso divieto di doppie presunzioni (Cass., sez. 5, n. 27982 del 2020; nello stesso senso, Cass. sez. 5, n. 23860 del 2020).
Nella specie, la CTR, avendo escluso – per incompletezza e imprecisione delle annotazioni – la valenza della documentazione extracontabile di prova presuntiva del conseguimento di maggiori ricavi, ha correttamente ritenuto non desumibile da tale fatto ignoto (in quanto non accertato in base a una presunzione dotata dei requisiti di gravità, precisione e concordanza) un ulteriore fatto ignoto qual era lo svolgimento delle prestazioni di servizio di riferimento nell’anno 2012.
4.1. Diversamente da quanto sostenuto dalla ricorrente, pertanto, la sentenza impugnata ha fatto corretto uso della regola dell’onere della prova, con riguardo alla tipologia di accertamento basato sul rinvenimento di documentazione extracontabile dimostrativa di maggiori ricavi “in nero”, avendo ritenuto inadeguata la documentazione raccolta, in considerazione della accertata – in base ad un apprezzamento di fatto non sindacabile in sede di legittimità – sua imprecisione e incompletezza.
4.2. Rileva esaustivamente la CTR che ‘l’Ufficio, sulla base delle annotazioni riportate sulla documentazione extracontabile rinvenuta, riferita nella sostanza ad annotazioni costituite da meri importi senza indicazione di nominativi di riferimento, della tipologia dei lavori da effettuare e, soprattutto, senza alcuna indicazione di date e in assenza di qualsiasi concreto riferimento temporale ricavabile aliunde , ha presunto induttivamente che gli importi riportati siano da considerare ricavi non dichiarati e successivamente ha ulteriormente presunto che questi fossero da riferire all’anno 2012 oggetto dell’accertamento impugnato’ .
La CTR ha, perciò, aggiunto che ‘l’ufficio ha, quindi, recepito acriticamente i rilievi formulati a seguito dell’ispezione fiscale … con la conseguenza che l’utile di esercizio sottoposto a tassazione è stato illegittimamente determinato’ (sent. CTR, p. VI s.).
4.3. A fronte delle chiare e circostanziate valutazioni formulate dal giudice dell’appello l’Amministrazione finanziaria non è stata in grado di contrastarne il fondamento. Essa Richiama la copiosità della documentazione raccolta (che di per sé nulla prova), l’ammissione da parte di alcuni (solo) dei clienti di avere ricevuto delle prestazioni, senza fornire ulteriori dettagli, ma neppure illustra come avrebbe provato che le prestazioni su cui è fondato l’avviso di accertamento avrebbe dovuto ritenersi riferibili all’anno 2012.
Il primo motivo di ricorso risulta, pertanto, infondato e va respinto.
Mediante il secondo motivo l’Ente impositore denuncia la nullità della decisione pronunciata dalla CTR, per avere la stessa del tutto omesso di pronunciare circa il motivo di impugnazione relativo all’indeducibilità per difetto di inerenza dei costi sostenuti per il carburante, stante l’incompleta compilazione delle relative schede.
5.1. Premesso che “in tema di tributi erariali diretti e di IVA, la possibilità di dedurre le spese per i consumi di carburante per autotrazione e di detrarre dall’imposta dovuta quella assolta per il suo acquisto è subordinata al fatto che le cosiddette “schede carburanti”, che l’addetto alla distribuzione è tenuto a rilasciare, siano complete in ogni loro parte e debitamente sottoscritte, senza che l’adempimento, a tal fine disposto, ammetta equipollente alcuno e indipendentemente dall’avvenuta contabilizzazione dell’operazione nelle scritture dell’impresa” (Cass., Sez. 5, 26.09.2018, n. 22918), nella specie, il giudice di appello ha accolto il gravame, annullando in toto l’avviso di accertamento, senza illustrare -a fronte del motivo di impugnazione dell’Amministrazione finanziaria, riprodotto specificamente nel ricorso (pagg. 7-8) – le ragioni e l’ iter logico-argomentativo seguito per pervenire alla decisione assunta quanto alla questione controversa della ripresa a tassazione dei costi di carburante.
Come precisato da questa Corte, «ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento» (Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 25456 del 2018; Cass. n. 26766 del 2020).
Il secondo motivo di ricorso deve essere pertanto accolto, rimanendo assorbito il terzo, proposto in via subordinata.
In definitiva, deve essere accolto il secondo motivo di ricorso, va rigettato il primo e dichiarato assorbito il terzo.
Pertanto, la decisione impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché proceda a nuovo esame, oltre a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M .
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate , rigetta il primo e dichiara assorbito il terzo;
cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo esame e provveda anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4.6.2025.