Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24542 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24542 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 12/09/2024
DOCFA EMENDABILITA ‘ DICHIARAZIONE PER ERRORE CONTRIBUENTE DOPO NOTIFICA ACCERTAMENTO
sul ricorso iscritto al n. 20732/2023 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede legale a Palestro INDIRIZZO), alla INDIRIZZO, in persona del rappresentante legale pro tempore, NOME COGNOME, rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina rilasciate in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) ed NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), con sede in INDIRIZZO, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso, in ragione di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 1144/5/2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, depositata il 27 marzo 2023, non notificata;
UDITA la relazione svolta all’udienza del 4 luglio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia sono gli avvisi di accertamento in atti con cui il Comune di Palestro liquidò la maggiore imposta IMU per gli anni 2015/2019 su taluni capannoni industriali di proprietà della contribuente;
con la sentenza impugnata la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, decidendo sui cinque appelli riuniti proposti dalla suindicata società, li rigettava, prendendo atto del fatto pacifico che solo nell’anno 2021, e cioè dopo la notifica degli avvisi in oggetto, la contribuente aveva promosso la procedura docfa per proporre una diversa categoria, classe e rendita dei beni rispetto a quella in precedenza attribuite e ritenute viziate per errore, ribadendo le valutazioni del primo Giudice e, dunque, riaffermando il principio secondo cui «in tema di IMU le variazioni delle risultanze catastali hanno efficacia per la determinazione della base imponibile a decorrere dall’anno successivo a quello nel corso del quale sono state annotate, e ciò anche quando il contribuente si avvalga della procedura Docfa. L’unica, comprensibile ‘eccezione’ – che in verità tale non è – è costituita dal ben diverso caso di errori materiali di fatto compiuti e riconosciuti dallo stesso Ufficio, che in pratica ritratta la sua pretesa, mentre qui si tratta di errore (in tesi) pacificamente commesso dalla contribuente, la cui successiva ‘proposta’ di variazione catastale non può, in quanto tale, avere efficacia retroattiva per quelle ‘ragioni di uniformità delle dichiarazioni e degli accertamenti, espressione del principio di eguaglianza’ ricordate dalla S.C. Ed è del resto ovvio e costituzionalmente legittimo che il diritto del contribuente di emendare i propri errori possa, come in molte previsioni in materia tributaria, incontrare preclusioni, decadenze e limiti di efficacia temporale» (così nella sentenza impugnata);
la predetta società proponeva ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, notificandolo il 25 ottobre 2023, formulando un
unico motivo di impugnazione, successivamente depositando, in data 21 giugno 2024, memoria ex art. 380bis .1. cod. proc. civ.;
il Comune di Pastrengo ha resistito con controricorso depositato il 30 novembre 2023;
CONSIDERATO CHE:
con l’unico motivo di ricorso, la società ha eccepito la violazione dell’art. 53 Cost. e del principio di emendabilità delle dichiarazioni, in relazione al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., assumendo che il Giudice di appello, nel ritenere che le rettifiche dei dati catastali operino solo per il futuro, avrebbe erroneamente considerato legittimo che un contribuente possa essere assoggettato ad un prelievo sproporzionato rispetto alla propria capacità contributiva, opponendo a tale valutazione che la Corte di cassazione aveva da tempo chiarito che:
il procedimento di classamento è di tipo accertativo e che al contribuente deve essere riconosciuto il diritto di modificare, senza alcun limite temporale, la rendita proposta con la procedura docfa quando la situazione di fatto o di diritto ab origine denunziata non sia veritiera;
è principio generale che le dichiarazioni del contribuente che risultino affette da errore di fatto o di diritto siano sempre emendabili e ritrattabili, quando possa derivarne l’assoggettamento ad oneri contributivi diversi e più gravosi di quelli che, sulla base della legge, devono restare a suo carico;
la non emendabilità di dichiarazioni ab origine inesatte, del resto, finirebbe per cristallizzare nel tempo una imposizione falsata nei suoi presupposti, in contrasto con il principio della capacità contributiva garantito dall’art. 53 Cost.;
1.1. il ricorrente ha aggiunto che in tema di imposte dirette e di IVA è da tempo consolidato l’orientamento dell’emendabilità delle dichiarazioni fiscali del contribuente, aventi natura di dichiarazioni di
scienza e non di volontà, assumendo che lo stesso trattamento dovrebbe essere assicurato in tema di imposte locali, tenuto conto della previsione dell’art. 53 Cost. e considerando ingiustificata la tesi del Giudice di appello secondo cui la rettifica non potrebbe operare per il passato, giacchè -a dire della contribuente -«Quel che rileva non è la data a partire dalla quale il contribuente ha corretto l’errore che inficiava la rendita, ma la data a partire dalla quale la rendita era inficiata dall’errore» (v. pagina n. 7 del ricorso);
1.2. secondo l’istante il Giudice regionale avrebbe confuso l’ipotesi (ricorrente nella specie) di correzione di errori del dato catastale da quella di variazione, di mutamento dei predetti dati, evidenziando di non comprendere la ragione per la quale, se lo stato dei beni non muta, la correzione debba avere efficacia solo per l’avvenire;
1.3. infine, la ricorrente ha contestato la decisione della Corte di giustizia tributaria nella parte in cui ha riconosciuto che la correzione di un errore compiuto dall’Ufficio opera anche per il passato, mentre se commesso dalla contribuente può operare solo per il futuro, considerando che « un errore mantiene il suo carattere di dato non corrispondente alla realtà sia quando viene commesso e rimosso dall’Ufficio, sia quando viene commesso e rimosso dal contribuente» (v. pagina n. 10 del ricorso);
2. il ricorso non ha fondamento;
deve infatti ribadirsi, in assenza di convincenti argomenti contrari, il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui il disposto dell’art. 74, primo comma, della legge 21 novembre 2000, n. 342 (a mente del quale «A decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi delle rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita») deve essere coordinato con l’art. 5, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 (secondo il quale le risultanze catastali divenute definitive per mancata impugnazione hanno efficacia a
decorrere dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui la rendita catastale viene annotata negli atti catastali):
3.1. la regola generale è, dunque, quella dell’efficacia della rendita a decorrere dall’anno d’imposta successivo a quello nel corso del quale le modifiche medesime sono state annotate negli atti catastali (cd. messa in atti), per come ricavabile dall’art. 5, comma 2, d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, in termini funzionali alla natura della rendita catastale quale presupposto per la determinazione e la riscossione dei redditi tassabili nei singoli periodi d’imposta, come più volte affermato da questa Corte (cfr. Cass. n. 21760/2018; Cass. n. 11448/18; Cass. n. 4613/2018 in motiv; Cass. n. 3273/2019; Cass. n. 1172/2019; Cass. n.4613/2018; Cass. n. 16679/2021), con la precisazione secondo la quale detto criterio « non comporta alcuna violazione dell’art. 53 Cost., in quanto l’esigenza di tener conto della capacità contributiva non esclude il potere discrezionale del legislatore di fissare un termine di efficacia uguale per tutti i contribuenti, ma è essa stessa espressione del principio di uguaglianza, in quanto l’applicazione di un termine differenziato nell’ipotesi di ricorso alla procedura docfa comporterebbe una discriminazione fra contribuenti (Cass. n. 21310/10; in termini, Cass. n. 3168/15; Cass. n. 17824/2017; Cass. n. 11846/2017)» (così Cass. n. 8550/2023);
3.2. secondo l’orientamento consolidato di questa Corte la predetta regola va intesa nel senso che non è possibile utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, il che, tuttavia, non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta cd. “sospese”, ovverossia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di rimborso, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo o modificativo della rendita (cfr. tra le tante; Cass. n. 3160/2011; Cass. n. 14402/2017; Cass. n. 11472/2018; Cass. n.10126/2019; Cass. n. 20126/2020; Cass. n. 20665/2020; Cass. n. 1571/2021; Cass. n. 8282/2022; Cass. n. 35579/2022; Cass. n. 6360/2023; Cass. n. 8548/2023);
3.3. le risultanze catastali definitive, che non sono dovute a mutamenti dello stato e della destinazione dei beni, individuati quali circostanze storicamente sopravvenute od a correzioni di errori materiali di fatto, ancorché sollecitate all’ufficio dal contribuente, conseguendo all’originaria acquiescenza del contribuente alle operazioni catastali, sono, pertanto, soggette alla predetta regola generale;
3.4. detta regola generale non si applica, però, alle ipotesi in cui la modificazione della rendita catastale derivi dalla rilevazione di errori di fatto compiuti dall’Ufficio nell’accertamento o nella valutazione delle caratteristiche dell’immobile esistenti alla data in cui è stata attribuita la rendita, in quanto il riesame di dette caratteristiche da parte del medesimo ufficio comporta, previa correzione degli errori materiali, l’attribuzione di una diversa rendita a decorrere dal momento dell’originario classamento, rivelatosi erroneo o illegittimo (cfr. Cass. n. 19066/2005, cui adde, ex plurimis , Cass. n. 7745/2019; Cass. n. 20463/2017; Cass. n. 16241/2015; Cass. n. 10815/2010; Cass. 27906/2009), con la precisazione che la riconducibilità dell’errore di fatto all’Ufficio deve risultare evidente ed incontestabile, avendolo riconosciuto lo stesso Ufficio (cfr. Cass. n. 7754/2019; Cass. n. 20463/2017; Cass. 3168/2015; Cass. n. 11844/2017; Cass. n. 13018/2012; Cass. 8550/2023 cit.);
-allo stesso modo, le variazioni catastali conseguenti a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente trovano applicazione dalla data della denuncia (Cass. n. 2771/2021, in motiv.; Cass. n.1215/2021, in motiv.; Cass. n. 29683/2020; Cass. 29078/2020; Cass. n. 29888/2020; Cass. n. 7745/2019; n. 10126/2019; Cass., 12 maggio 2017, n. 11844; Cass., 24 luglio 2012, n. 13018 e Cass. 8550/2023);
3.5. in definitiva, la citata regola generale subisce eccezione solo se le variazioni costituiscano correzioni di errori materiali dell’Ufficio nel classamento che sostituiscono, applicandosi in tal caso la correzione dall’epoca della messa in atto del precedente classamento
oggetto di correzione, oppure se conseguano a modificazioni della consistenza o della destinazione dell’immobile denunciate dallo stesso contribuente, operando in tal caso dalla data della denuncia, ciò in quanto il fatto che la situazione risalga a data anteriore non ne giustifica un’applicazione retroattiva rispetto alla comunicazione effettuata all’Amministrazione (cfr. Cass. n. 10312/2020, in motiv.; Cass. n.7745/2019; Cass. n. 4971/2018; Cass. n.17756/2018; Cass. n. 11844/2017; Cass. n. 11846/2017; Cass. n. 13018/12, Cass. n. 17863/2010; Cass. n. 18023/2004 citate da Cass. n. 8550/2023);
3.6. dette ultime pronunce hanno stabilito che la deroga al menzionato principio non si applica all’ipotesi ricorrente nella specie -in cui il preteso errore che ha originato il procedimento docfa di rettifica della rendita catastale sia stato commesso dalla contribuente e tale ordine di idee va, quindi, ribadito nella fattispecie in rassegna anche considerando l’indecifrabilità dell’allegazione di un generico errore commesso in occasione della precedente attribuzione catastale e la non trascurabile circostanza fattuale che esso è stato rappresentato con la presentazione di una dichiarazione docfa successiva alla notifica degli avvisi impugnati, così rimettendo in discussione dati che non erano stati, per lungo tempo, oggetto di ripensamento prima della pretesa fiscale;
non pertinente è, infine, il riferimento alle pronunce di questa Corte nn. 10526/2023 e 15143/2023, non dubitandosi della possibilità per il contribuente di emendare, senza limiti temporali, la precedente dichiarazione, essendo invece precluso far valere, con efficacia retroattiva, e dunque per il passato, gli effetti della nuova dichiarazione che sovverte e sostituisce, non importa per quale motivo, quella precedente, con inevitabile, quanto inammissibile, ripercussione sulla stabilità e certezza della posizione fiscale del contribuente;
i principi sopra illustrati conducono, quindi, al rigetto del ricorso, tenuto conto della presentazione della dichiarazione in epoca successiva agli avvisi impugnati;
le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza, mentre non può ricevere seguito la domanda di condanna ai sensi dell’art. 96 cod. proc. civ., genericamente avanzata dal Comune senza alcun riferimento alle diverse ipotesi ivi considerate ed ai relativi presupposti, così disvelando un esercizio difensivo di mero stile;
va, infine, dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del Comune nella misura di 5.800,00 € per competenze, oltre accessori, nonché nella somma di 200,00 € per spese vive.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 4 luglio 2024.