Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21226 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21226 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 19470-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
-ricorrente-
contro
SERIO NOME COGNOME NOME
rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale in calce al controricorso;
-controricorrenti –
avverso la sentenza n. 1942/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 21/2/2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/4/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Agenzia delle entrate propone ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello erariale avverso la sentenza n. 74/2020 della Commissione tributaria provinciale di Napoli, in accoglimento del ricorso proposto da NOME COGNOME ed NOME COGNOME avverso avviso di liquidazione dell’ imposta di registro dovuta in relazione alla sentenza civile n. 3183/2017 con la quale il Tribunale di Torre COGNOME aveva disposto lo scioglimento della comunione ereditaria. dell’immobile sito in Sorrento , INDIRIZZO
I contribuenti resistono con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere disattesa l’eccezione, sollevata dai controricorrenti, di non autosufficienza del ricorso per violazione degli artt. 366, primo comma, n. 3, c.p.c., posto che a differenza di quanto si sostiene nel controricorso la sentenza è stata sottoposta a specifica impugnazione nel rispetto dell’art. 366, primo comma, c.p.c. ed avendo la ricorrente corredato l’atto degli elementi essenziali, descrittivi tanto della vicenda fattuale, quanto della vicenda processuale (pagg. 1-10 del ricorso), volti a riassumere ed illustrare le ragioni ed i presupposti della pretesa tributaria, con la conseguenza che il ricorso per cassazione si palesa adeguato a consentire alla Corte di comprendere le censure prospettate fornendo una conoscenza del «fatto», sostanziale e processuale, sufficiente per intendere correttamente il significato e la portata delle critiche rivolte alla pronuncia oggetto di impugnazione, oggetto dei motivi di ricorso di seguito illustrati.
2.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione degli artt. 20 e 34, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 131/1986 e degli artt. 1 e 3 della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. n. 131/19 86 e dell’art. 720 c.c. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente «ritenuto applicabile, per la registrazione della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata n. 3183/2017, avente ad oggetto la divisione ereditaria, l’aliquota dell’1% prevista per gli atti dichiarativi dagli artt. 3 ed 8, comma 1, lett. c), della Tariffa, Parte 1, del DPR 131/1986».
2.2. La doglianza è fondata.
1.3. Come leggesi nella sentenza impugnata e negli scritti difensivi delle parti, la vicenda che ha dato luogo all’adozione dell’avviso di liquidazione impugnato, è la seguente: con sentenza n. 3183/2017 il Tribunale Civile di Torre Annunziata disponeva lo scioglimento della comunione ereditaria generatasi sull’immobile sito in Sorrento , INDIRIZZO che -considerato indivisibile -veniva attribuito agli odierni controricorrenti, già titolari della maggiore quota ereditaria pari a ¾ dell’intero ; questi ultimi avevano, poi, provveduto al pagamento del relativo conguaglio, nei confronti degli altri eredi, corrispondente al valore delle loro quote, pari ad ¼, dell’intero mediante versamento in denaro della relativa somma ; l’Agenzia delle entrate , conseguentemente, notificò agli odierni controricorrenti, in solido con gli altri coeredi, gli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro dovuta ex D.P.R n. 131/1986 in forza della divisione intervenuta mercé la sopra citata sentenza n. 3183/2017, applicando l’aliquota dell’1% sui ¾ del valore del bene loro attribuito e quella del 9% sull’importo costituente il controvalore in denaro della quota di ¼ dell’immobile già in proprietà degli altri coeredi.
1.4. Sul punto questa Corte si è già espressa con le ordinanze n. 27409 del 2020 e n. 4858 del 2024, alle cui argomentazioni, che il Collegio pienamente condivide, è sufficiente effettuare, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., un mero richiamo per assoluta identità di ratio della fattispecie odierna, tanto da potersi senz’altro anche qui ribadire che, ai fini dell’imposta di registro, l’eccedenza derivante al condividente
dall’assegnazione ad esso di beni di valore superiore a quello spettantegli sulla massa comune è considerata, per effetto della presunzione assoluta iuris et de iure di cui all’art. 34 d.p.r. n. 131 del 1986, alla stregua di una vendita, senza che rilevi l’assunzione a conguaglio, da parte sua, di un’obbligazione pecuniaria, in favore degli altri condividenti, di ammontare corrispondente con funzione compensativa, atteso che la mutevole funzione delle pattuizioni intercorse al riguardo tra i condividenti è neutralizzata dalla predeterminazione normativa dell’unicità di trattamento tributario.
1.5. La Commissione tributaria regionale non ha dunque fatto buon governo del principio dianzi illustrato laddove ha annullato gli atti impugnati ritenendo che «in tema di imposta di registro, in caso di scioglimento della comunione ereditaria mediante assegnazione di beni in natura ad un condividente e versamento agli altri eredi di somme di danaro pari al valore delle loro quote, si debba applicare l’aliquota degli atti di divisione, e non quella della vendita, atteso che quest’ultima è utilizzabile, ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. n. 131 del 1986, soltanto ove al condividente siano attribuiti beni per un valore eccedente rispetto a quello a lui spettante e limitatamente alla parte in eccesso».
1.6. Risulta, infatti, chiaro dal resoconto che precede che la diseguaglianza tra le predette quote di diritto e quella di fatto sia stata compensata dal Giudice della divisione con il meccanismo dei predetti conguagli, che costituisce per l’appunto rimedio volto a neutralizzare l’eccedenza di valore della quota di fatto assegnata ad un condividente rispetto alla sua quota di diritto, che l’a rt. 34 T.U. registro considera essere un trasferimento parziale (ovvero della sola eccedenza), sottoponendolo alla aliquote degli atti traslativi.
1.7. N on coglie, dunque, nel segno l’argomento fondante l’intero apparato argomentativo della sentenza impugnata e la difesa dei contribuenti, basato sull’assenza di trasferimento di beni tra gli stessi, giacché ciò che conta, ai fini che occupano, è che al condividente siano assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello al medesimo
spettante sulla massa comune -come accaduto nella specie – che viene considerata vendita limitatamente alla parte eccedente.
1.8. La mutevole funzione delle pattuizioni intercorse tra i condividenti è appunto neutralizzata dalla predeterminazione normativa dell’unicità di trattamento tributario (cfr. Cass. n. 4858 del 2024, cit.; in termini, Cass. n. 4884 del 2024).
L’accoglimento del primo motivo determina l’assorbimento del secondo motivo (circa la dedotta violazione dell’art. 2697 c.c. per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente «ritenuto la corrispondenza tra le quote di fatto e le quote di diritto» in mancanza della relativa prova da parte dei contribuenti), e del terzo motivo (con cui si lamenta che la Commissione tributaria regionale abbia erroneamente annullato « l’avviso di liquidazione impugnato anziché operare la rideterminazione dell’imposta dovuta »).
3.1. Va infine respinta l’eccezione sollevata dai contribuenti, i quali assumono che il parziale sgravio delle cartelle emesse sulla base dei medesimi avvisi di liquidazione impugnati, operato e comunicato dalla Amministrazione dopo la pronuncia del giudice di primo grado, che accoglieva il ricorso dei contribuenti, e prima della sentenza di secondo grado, costituisce condotta evidenziante la cessazione della materia del contendere.
3.2. Questa Corte sulla questione ha invero già affermato che nel contenzioso tributario lo sgravio della cartella di pagamento, disposto in provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado favorevole al contribuente prima della presentazione dell’appello, non comporta acquiescenza alla sentenza, preclusiva quindi dell’impugnazione, trattandosi di comportamento che può essere fondato anche sulla mera volontà di evitare le eventuali ulteriori spese di precetto e dei successivi atti di esecuzione, senza che assuma rilievo l’esistenza o meno di atti prodromici all’atto impugnato (cfr. Cass. nn. 18976 del 2019, 31415 del 2018, 6334 del 2016, 21590 del 2015).
3.3. L’orientamento affermato esita da un percorso interpretativo, condiviso da questo Collegio, che parte dalla considerazione
dell ‘ irrilevanza sugli atti prodromici dello sgravio del ruolo e della cartella dopo la sentenza di primo grado (favorevole al contribuente), riconducibile non al riconoscimento delle avverse ragioni, e dunque all ‘ acquiescenza alla pronuncia, ma più semplicemente all ‘ opportunità di evitare le ulteriori conseguenze di una fase esecutiva (così Cass. n. 24064 del 2012, che afferma l’irrilevanza dello sgravio rispetto all’avviso di liquidazione, atto prodromico non annullato in autotutela; Cass. n. 21590 del 2015 cit., che nega l’effetto di acquiescenza o, rispettivamente, di giudicato esterno nel giudizio che ha per oggetto l’impugnazione dell’atto presupposto, per l’ipotesi dello sgravio della cartella di pagamento in provvisoria ottemperanza alla sentenza di primo grado favorevole al contribuente e persino per l’ipotesi della mancata impugnazione della sentenza che abbia dichiarato la cessazione della materia del contendere).
4. Il ricorso va dunque accolto nei termini di cui in motivazione, con conseguente cassazione dell’impugnata sentenza e rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania in diversa composizione, cui resta demandata anche la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti i residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione, cui demanda di pronunciare anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità