Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15543 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 15543 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19888/2023 R.G., proposto
DA
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME, tutti rappresentati e difesi dall’ Avv. NOME COGNOME con studio in Paola (CS), ove elettivamente domiciliati (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTI
CONTRO
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL );
NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’Avv . NOME COGNOME con studio in Cosenza, elettivamente domiciliato presso l’avv. NOME COGNOME con studio in Roma
IMPOSTA DI REGISTRO ACCERTAMENTO SCIOGLIMENTO DI COMUNIONE CON CONGUAGLI
(indirizzo p.e.c. per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL ), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE/RICORRENTE INCIDENTALE avverso la sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria il 28 aprile 2023, n. 1273/02/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 maggio 2025 dal Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
1. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi testamentari del defunto NOME COGNOME, hanno proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria il 28 aprile 2023, n. 1273/02/2023, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di liquidazione n. 2016/001/OR/000001386/0/015 da parte dell’Agenzia delle Entrate per la maggiore imposta di registro nella misura complessiva di € 19.789,00 in dipendenza di ordinanza depositata dal giudice istruttore presso il Tribunale Civile di Cosenza il 26 maggio 2016, a definizione del procedimento iscritto al n. 345/2000 R.G., con la quale – dopo la sentenza non definitiva depositata il 30 aprile 2015, n. 628/2015, che aveva dichiarato in capo a NOME COGNOME la qualità di erede legittimaria del defunto NOME COGNOME, disposto la parziale inefficacia delle disposizioni testamentarie a favore di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME e riconosciuto il diritto di NOME COGNOME ad una
quota dell’eredità relitta dal defunto NOME COGNOME si era proceduto alla dichiarazione di esecutività del progetto divisionale risultante dall’espletata consulenza tecnica d’ufficio ed allo scioglimento della comunione ereditaria sull’asse relitto dal de cuius , mediante attribuzione dei beni in natura a ciascun condividente per l’ammontare complessivo di € 1.043.535,00 ed imposizione di conguagli in denaro a carico di taluni condividenti per l’importo complessivo di € 112.294,00, essendo stata calcolata l’imposta di registro in misura proporzionale del l’1 % sull ‘attivo netto di € 931.241,00 e del 9 % sull’importo nominale dei conguagli in danaro di € 112.294,00, ha accolto l’appello proposto dall ‘Agenzia delle Entrate nei confronti di NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza l’8 marzo 2022, n. 1349/01/2022, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva accolto il ricorso originario dei contribuenti, trattandosi di « scioglimento di comunione di beni senza conguaglio, non traslativa di beni, soggetta, quindi, all’imposta di registro dell’uno per cento da calcolare sull’intera massa ereditaria oggetto della divisione dei beni relitti da COGNOME NOME » – sul presupposto che: « Nella tabella, allegata all’Ordinanza del Tribunale di Cosenza Rep.n.1386/2016 del 26/05/2016, risulta chiaro che, relativamente alle quote n.4 e n.7, agli eredi sono stati assegnati beni di valore superiore alle quote loro spettanti (colonna 2 della tabella) e di conseguenza i suddetti condividenti erano tenuti a versare agli altri i relativi conguagli. La circolare dell’Agenzia delle Entrate del 29 maggio
2013, n. 18/E stabilisce che qualora i conguagli siano superi al 5 per cento della quota di diritto spettante al condividente, gli stessi sono soggetto all’imposta proporzionale dovuta per gli atti traslativi indipendentemente dal suo concreto versamento. Per tali atti l’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al TUR prevede l’applicazione dell’aliquota proporzionale del 9% ».
L’Agenzia delle Entrate e d NOME COGNOME hanno resistito con controricorso . Quest’ultima ha proposto ricorso incidentale avverso la medesima sentenza.
La ricorrente incidentale ha depositato anche memoria ex art. 380bis. 1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso principale è affidato a tre motivi.
1.1 Con il primo motivo (rubricato con la lettera ‘ A ‘) , si denuncia: « Violazione e falsa applicazione del d.p.r. n. 131 del 1984 art. 34 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 con riferimento all’art. 1 citato DPR », per essere stata erroneamente ritenuta dal giudice di secondo grado « legittima e quindi concretamente applicabile l’aliquota del ricorrere di una vendita/trasferimento, ad una divisione ereditaria, con assegnazione di porzioni immobiliari per intero, con versamenti di conguagli ed il pagamento di somma di denaro da parte di alcuni dei condividenti ed a favore di altri per parificazione della somma senza alcun superamento della quota di legittima ».
1.2 Con il secondo motivo (rubricato con la lettera ‘ B ‘), si denuncia: « Vi olazione e falsa applicazione dell’art. 360 c.p.c. comma 1 e 5 per omesso esame del contenuto del provvedimento divisionale con riferimento all’art. 360 c.p.c., commi 1 e 3 per violazione del DPR 131/1986 artt. 34 e 37 », per non essere stato tenuto conto dal giudice di secondo grado che « tutte le volte che i condividenti, sia pure destinatari di
conguagli, hanno ottenuto comunque né più né meno la quota corrispondente al valore delle rispettive quote si è in presenza di una divisione dichiarativa, con conseguente applicazione dell’imposta di registro dell’1% per come espressamente previsto in Tariffa parte 1°, lett. C)-, escludendosi, quindi la ricorrenza e l’applicabilità dell’imposta proporzionale, per così come sancito e disposto, contra legem , nella qui impugnata statuizione ».
1.3 Con il terzo motivo (rubricato con la lettera ‘ C ‘), si denuncia: « Nullità della sentenza ai sensi dell’art. 112 e 132, comma 2, n.4 c.p.c., 118 disp att. C.p.c. nonché 24 e 111 Cost. per motivazione apparente in relazione alla decisione assunta dalla CTR (Corte di Giustizia Tributaria di 2° grado) sulla inesistenza del conguaglio tassabile quale vendita », per essere stato omesso dal giudice di secondo grado « ogni esame del fondamento dei sottostanti motivi impugnatori dell’avviso di accertamento, atteso che nell’accogliere l’appello la Corte di Giustizia Tributaria catanzarese si è limitata ad affermare che nella divisione ereditaria vi è stata assegnazione di beni per un valore eccedente rispetto a quelli spettanti, tale assegnazione eccedente è considerata vendita ».
Il ricorso incidentale è affidato a due motivi.
2.1 Con il primo motivo, si denuncia « omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n.5 c.p.c.; violazione degli artt. 112 e 156 c.p.c. in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c .», per non essere stato considerato dal giudice di secondo grado che « l’AdE ha omesso la notificazione del proprio gravame (cfr. all.e) alla sig.ra COGNOME NOME COGNOME difesa in primo grado dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso
di lui », con la conseguente formazione del giudicato sulla decisione di prime cure nei confronti della medesima.
2.2 Con il secondo motivo, si denuncia « violazione e falsa applicazione dell’art. 34 del d.p.r. n.131/1986 in tema di imposta di registro su provvedimento giurisdizionale (divisione ereditaria) in relazione all’art. 360 n.3 c.p.c. », per non essere stato tenuto conto dal giudice di secondo grado che: « L’effetto dei conguagli era ed è, risultando per tabulas , soltanto quello di ristabilire la effettiva parità delle quote fra tutti gli otto coeredi: nessuno di essi riceve un centesimo in aggiunta alla propria quota di diritto, tenuto conto della disponibile, previamente divisa tra i sette figli legittimi ».
Il primo motivo ed il secondo motivo del ricorso principale, nonché il secondo motivo del ricorso incidentale -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta per la comune attinenza al regime dell’imposta di registro nella fattispecie in decisione -sono infondati.
A dire dei ricorrenti principali, « tutte le volte che i condividenti, sia pure destinatari di conguagli, hanno ottenuto comunque né più né meno la quota corrispondente al valore delle rispettive quote si è in presenza di una divisione dichiarativa, con conseguente applicazione dell’imposta di registro dell’1% per come espressamente previsto in Tariffa parte 1°, lett. C)-, escludendosi, quindi la ricorrenza e l’applicabilità dell’imposta proporzionale, per così come sancito e disposto, contra legem , nella qui impugnata statuizione ».
Analogamente, secondo la controricorrente/ricorrente incidentale: « L’effetto dei conguagli era ed è, risultando per tabulas , soltanto quello di ristabilire la effettiva parità delle quote fra tutti gli otto coeredi: nessuno di essi riceve un centesimo in aggiunta alla propria quota di diritto, tenuto conto
della disponibile, previamente divisa tra i sette figli legittimi. Stando così le cose, lo stravolgimento della realtà operato travisamento degli atti presupposti, dall’Ente impositore, ed il ascrivibile alla Corte di merito, emerge in modo lapalissiano »
3.1 In tema di imposta di registro, con riguardo alla divisione che non preveda conguagli, ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, il potere di rettifica dei valori dichiarati nell’atto di divisione non può essere esercitato dall’amministrazione finanziaria, stante la natura dichiarativa, a fini tributari, della divisione e la conseguente inapplicabilità della deroga prevista dall’art. 52, comma 5bis , del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, alla disciplina posta dai commi 4 e 5 della medesima disposizione, con conseguente preclusione all’accertamento dei conguagli c.d. ‘ fittizi ‘ di cui all’art. 34, comma 3, del medesimo d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, qualora le quote attribuite ai condividenti rispondano ai parametri catastali delineati dall’istituto della c.d. ‘ valutazione automatica ‘ degli immobili (Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2020, n. 27692; Cass., Sez. Trib., 8 agosto 2022, n. 24447; Cass., Sez. Trib., 20 marzo 2024, nn. 7430 e 7439).
Parimenti, si è ritenuto che, in caso di scioglimento della comunione ereditaria mediante assegnazione di beni in natura ad un condividente e versamento agli altri eredi di somme di danaro pari al valore delle loro quote, si applica l’aliquota degli atti di divisione, e non quella della vendita, atteso che quest’ultima è utilizzabile, ai sensi dell’art. 34 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, soltanto ove al condividente siano attribuiti beni per un valore eccedente rispetto a quello a lui spettante e limitatamente alla parte in eccesso (Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2012, n. 20119; Cass., Sez. 5^, 14 luglio 2017, n. 17512; Cass., Sez. Trib., 29 gennaio 2024, n. 2630), laddove,
dunque, l’uno dei condividenti riceva l’attribuzione di beni, in natura o in denaro ( pars quanta ), eccedenti la quota ( pars quota ) a lui spettante sulla comunione dei beni (e sempreché il versamento in denaro non sia effettuato a copertura della quota spettante, rimanendo irrilevante che la somma corrisposta non provenga dalla massa ereditaria, atteso che il citato art. 34 non si occupa della provenienza dei beni assegnati, ma soltanto del loro valore (Cass., Sez. 5^, 30 luglio 2010, n. 17866; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2012, n. 20119; Cass., Sez. 5^, 14 luglio 2017, n. 17512; Cass., Sez. 5^, 28 marzo 2018, n. 7606; Cass., Sez. 5^, 3 dicembre 2020, nn. 27692 e 27693; Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2021, n. 32613; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2022, n. 12366; Cass., Sez. Trib., 29 gennaio 2024, n. 2630).
3.2 Più di recente, questa Corte ha ritenuto che, ai fini dell’imposta di registro, l’eccedenza derivante al condividente dall’assegnazione ad esso di beni di valore superiore a quello spettantegli sulla massa comune è considerata, per effetto della presunzione assoluta iuris et de iure di cui all’art. 34 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, alla stregua di una compravendita, senza che rilevi l’assunzione a conguaglio, da parte sua, di un’obbligazione pecuniaria, in favore degli altri condividenti, di ammontare corrispondente con funzione compensativa, atteso che la mutevole funzione delle pattuizioni intercorse al riguardo tra i condividenti è neutralizzata dalla predeterminazione normativa dell’unicità di trattamento tributario (Cass., Sez. 5^, 1 dicembre 2020, n. 27409; nello stesso senso: Cass., Sez. Trib., 23 febbraio 2024, n. 4858; Cass., Sez. Trib., 20 marzo 2024, nn. 7439 e 7440; Cass., Sez. Trib., 4 ottobre 2024, n. 26050 ). Nell’occasione , si è specificato che si ha divisione con conguaglio quando ad un
condividente vengono assegnati beni per un valore complessivo superiore a quello a lui spettante sulla massa comune. In questo caso, il condividente è tenuto a versare agli altri condividenti, che hanno subito una diminuzione rispetto alla propria quota di diritto, un conguaglio che è assoggettato all’imposta proporzionale prevista per i trasferimenti (vedasi la circolare emanata dall’ Agenzia delle Entrate il 29 maggio 2013 n. 18/E).
Tale nozione si attaglia anche alla fattispecie dell’art. 720 cod. civ., nella quale occorre precisare che il conguaglio in danaro non ha funzione ‘ compensativa ‘, ma ha funzione ‘ attributiva ‘ o ‘ satisfattiva ‘, nel senso che il credito pecuniario non serve a colmare l’ineguaglianza di valore tra quota di diritto e porzione di fatto, a fronte dell’assegnazione di beni in natura di valore inferiore rispetto alla quota ereditaria, ma assurge a porzione di fatto per tacitare il valore della quota di diritto, a fronte della estromissione dall’assegnazione di beni in natura (Cass., Sez. 5^, 1 dicembre 2020, n. 27409).
Come è stato evidenziato da questa Corte, in tema di divisione ereditaria, mentre il pagamento del conguaglio ex art. 728 cod. civ. è previsto per compensare la disuguaglianza delle quote e, dunque, prescinde dal consenso del coerede al quale esso sia imposto, il conguaglio ex art. 720 cod. civ., in quanto destinato a facilitare la divisione di immobili non comodamente divisibili e tale, perciò, da alterare la proporzionale distribuzione dei beni tra i condividenti, impone, invece, il consenso degli stessi (Cass., Sez. 1^, 26 giugno 1973, n. 1831; Cass., Sez. 2^, 24 febbraio 1995, n. 2117; Cass., Sez. 2^, 26 marzo 2008, n. 7833; Cass., Sez. 6^-2, 3 luglio 2014, n. 15288; Cass., Sez. 2^, 22 aprile 2015, n. 8259; Cass., Sez. 2^, 16 dicembre 2021, n. 40426; Cass., Sez. 5^, 27 gennaio 2022, n. 2378).
3.3 Dunque, anche nel caso di attribuzione esclusiva dei beni ereditari ad un solo condividente con addebito dell’eccedenza (art. 720 cod. civ.) si applicherà su quest’ultima l a maggiore aliquota della compravendita.
3.4 Ne discende che la sentenza impugnata si è uniformata ai principi enunciati, avendo ritenuto che: « Poiché, dunque, nella ‘nostra’ divisione ereditaria vi è stata assegnazione di beni per un valore eccedente rispetto a quelli spettanti, tale assegnazione eccedente è considerata vendita ».
Secondo l’accertamento del giudice di appello: « Poiché, dunque, nella ‘nostra’ divisione ereditaria vi è stata assegnazione di beni per un valore eccedente rispetto a quelli spettanti, tale assegnazione eccedente è considerata vendita. Anche la Suprema Corte, con sentenze n.18909/2020 e n.15182/2019, ha stabilito che: ‘si ha divisione con conguaglio quando ad un condividente vengono assegnati beni per un valore complessivo superiore a quello a lui spettante sulla massa comune. In questo caso il condividente è tenuto a versare agli altri condividenti, che hanno subito una diminuzione rispetto alla propria quota di diritto, un conguaglio che è assoggettato all’imposta proporzionale prevista per i trasferimenti’. Nella tabella, allegata all’Ordinanza del Tribunale di Cosenza Rep.n.1386/2016 del 26/05/2016, risulta chiaro che, relativamente alle quote n. 4 e n. 7, agli eredi sono stati assegnati beni di valore superiore alle quote loro spettanti (colonna 2 della tabella) e di conseguenza i suddetti condividenti erano tenuti a versare agli altri i relativi conguagli ».
Il terzo motivo del ricorso principale è infondato.
4.1 Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo
comma, n. 4), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria o perplessa è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6^-5, 14 dicembre 2021, n. 39885; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
4.2 Nella specie, non si può ritenere che la sentenza impugnata sia insufficiente o incoerente sul piano della logica giuridica, contenendo un’adeguata illustrazione delle ragioni sottese al l’accoglimento dell’appello, che è stato idoneamente giustificato in relazione all’applicazione del regime degli atti traslativi alle divisioni giudiziali con conguagli in denaro.
Il primo motivo del ricorso incidentale è infondato.
5.1 Preliminarmente, si rammenta che , secondo l’esposizione delle vicende processuali nella sentenza impugnata, l’appello dell’Agenzia delle Entrate non era stato notificato a lla sola COGNOME NOMECOGNOME che pure era stata parte del giudizio di primo grado. Tuttavia, quest’ultima era poi volontariamente intervenuta nel giudizio di secondo grado per far valere la formazione del giudicato sulla decisione di prime cure nei suoi confronti (« Con comparsa di intervento volontario, si costituiva COGNOME NOME che eccepiva il passaggio in giudicato della pronuncia di primo grado in quanto non destinataria della notifica dell’atto di appello »).
A dire della ricorrente incidentale: « Preliminarmente occorre rappresentare che è pacifico inter partes come l’appello
dell’Ente impositore sia stato notificato solo ad alcuni dei ricorrenti-appellanti partecipanti al giudizio di prime cure. In particolare l’AdE ha omesso la notificazione del proprio gravame (cfr. all.e) alla sig.ra COGNOME NOME COGNOME difesa in primo grado dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso di lui. Avendo interesse alla dichiarazione del passaggio in giudicato della pronunzia favorevole di primo grado, non impugnata nei suoi confronti, la sig.ra COGNOME NOME COGNOME interveniva volontariamente nel procedimento di appello -dopo la scadenza del termine per impugnare – con atto del 13/03/2023 (cfr. all. d) a mezzo dei difensori avv.ti NOMECOGNOME e NOME COGNOME Per quanto interessa, la interveniente allegava che ‘pur essendo stata parte del giudizio di primo grado, in quanto coerede e parte del giudizio di annullamento dell’avviso di liquidazione di maggior imposta adottato (illegittimamente) dall’Ufficio finanziario bruzio, l’atto di appello non le è stato notificato né presso il difensore domiciliatario, né in alcun altro modo/luogo».
5.2 A ben vedere, il giudice di appello ha analizzato la questione del litisconsorzio necessario, rilevando come: « Deve essere rigettata la doglianza di COGNOME Anna riguardante la mancata notifica dell’appello. La Suprema Corte ha più volte affermato che la notificazione dell’impugnazione relativa a cause inscindibili eseguita nei termini di legge nei confronti di uno solo dei litisconsorti necessari introduce validamente il giudizio di gravame nei confronti di tutte le altre parti, anche in caso di nullità della notificazione e di mancata costituzione dell’appellato. Nel nostro caso la costituzione volontaria ha sanato la dovuta rinnovazione della notificazione nei confronti dell’appellata ».
5.3 Premesso che tutte le parti contraenti o litiganti, in base agli artt. 52 e 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, sono solidalmente obbligate al pagamento dell’imposta di registro, questa Corte (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 17 ottobre 2000, n. 13800; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2011, n. 24063; Cass., Sez. 5^, 12 novembre 2014, n. 24098; Cass., Sez. 5^, 28 luglio 2015, n. 15958; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2018, n. 1698; Cass., Sez. Trib., 20 settembre 2023, n. 26882) ha costantemente affermato l’applicabilità in materia tributaria dei principi civilistici sulle obbligazioni solidali (artt. 1292 ss. cod. civ.), i quali, naturalmente, devono subire i necessari adattamenti per l’influenza sull’assetto del rapporto obbligatorio degli effetti dell’accertamento tributario e della particolare struttura del processo tributario Pertanto, così come l’amministrazione finanziaria può esigere il pagamento dell’intera imposta di registro da un singolo coobbligato, ciascuno di questi può autonomamente impugnare l’accertamento, e questo può autonomamente diventare definitivo nei confronti di ciascun obbligato.
Tale separatezza e autonomia dei singoli rapporti tra amministrazione finanziaria – creditrice e singoli contribuenti condebitori solidali si traduce, sul piano processuale, in distinti processi e non in un’ipotesi di litisconsorzio necessario. Anche nel caso della solidarietà tributaria, quindi, ciascun ricorso contro lo stesso accertamento instaura distinti rapporti processuali, anche nel caso in cui vi sia stata trattazione unitaria, e l’unico correttivo alla possibilità di contrastanti giudicati è l’estensione del giudicato più favorevole, secondo il principio enunciato dall’art. 1306 cod. civ.
5.4 Coerentemente, si è asserito che, in tema di contenzioso tributario, l’art. 53, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n.
546, secondo cui l’appello deve essere proposto nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili e cause scindibili, ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., con la conseguenza che, in tale seconda ipotesi, la mancata proposizione dell’appello nei confronti di tutte le parti presenti in primo grado non comporta l’obbligo di integrare il contraddittorio quando, rispetto alla parte pretermessa, sia ormai decorso il termine per l’impugnazione (Cass., Sez. 5^, 12 novembre 2014, n. 24083; Cass., Sez. 5^, 27 ottobre 2017, n. 25588; Cass., Sez. 5^, 23 novembre 2018, n. 30384; Cass., Sez. 5^, 1 febbraio 2019, n. 3088; Cass., Sez. 5^, 24 dicembre 2020, n. 29538; Cass., Sez. 5^, 5 luglio 2021, n. 18925; Cass., Sez. Trib., 29 settembre 2022, n. 28434; Cass., Sez. Trib., 3 dicembre 2024, n. 30941; Cass., Sez. Trib, 23 maggio 2025, n. 13784).
Investite de lla questione se l’art. 53, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, disciplini o meno un litisconsorzio necessario processuale che imponga sempre, prescindendo dal carattere scindibile o inscindibile delle cause o della loro dipendenza ai sensi degli artt. 331 e 332 cod. proc. civ., l’integrazione de l contraddittorio nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado, ovvero se il legislatore abbia inteso rendere la materia del litisconsorzio nel processo tributario di secondo grado autonoma rispetto a quella contenuta nel codice di procedura civile, così evidenziando gli aspetti peculiari della disciplina del processo tributario di appello e tra questi le modalità di proposizione dell’appello tributario stabilite dall’art. 54 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente confermato tale conclusione, avendo affermato che, nel
processo tributario, in tema di giudizio con pluralità di parti, l’art. 53, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, laddove prevede la sua proposizione nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato al giudizio di primo grado, non fa venir meno la distinzione tra cause inscindibili, dipendenti e scindibili, così come delineata dalle regole processualcivilistiche, e pertanto, nei limiti del rispetto delle regole prescritte dagli artt. 331 e 332, cod. proc. civ., applicabili al processo tributar io, non vi è l’obbligo di integrare il contraddittorio nei confronti delle parti, pur presenti nel giudizio di primo grado, il cui interesse alla partecipazione al grado d’appello, per cause scindibili, sia venuto meno (Cass., Sez. Un., 30 aprile 2024, n. 11676 -nello stesso senso: Cass., Sez. Trib., 3 dicembre 2024, n. 30941).
A sostegno di tale conclusione, infatti, si è ritenuto che le cause tra loro scindibili, cumulate in primo grado per connessione oggettiva e costituzione di un litisconsorzio facoltativo, possono essere separate; in queste ipotesi, data la sostanziale autonomia delle posizioni giuridiche rappresentate, alcun ostacolo logico o giuridico impedisce che per alcune parti la sentenza di primo grado passi in giudicato, laddove altri possano reputare ancora insoddisfatto il proprio interesse ed a tal fine la impugnino; la regola della incontrovertibilità della pronuncia, ossia il giudicato, in questo caso sarà enucleata dalla sentenza di primo grado per taluni, dalla sentenza emessa all’esito dell’impugnazione per altri; e, tuttavia, anche in questa ipotesi il legislatore non è insensibile alla tendenziale unitarietà del giudizio; solo che ciò che in questa seconda ipotesi preoccupa non è il contrasto tra giudicati, ma, nell’evenienza che anche altre parti del processo, originariamente unitario, intendano impugnare la sentenza di
primo grado, autonomamente, ciò non porti alla introduzione di più processi; la preoccupazione allora non è generata dall’intollerabile contrasto di decisioni rispetto all’unico oggetto della controversia, ma trova fondamento in una esigenza di economia processuale o, come pure sottolineato in dottrina, nell’intento di evitare differenze motivazionali delle decisioni (c.d. contrasti logici) (vedasi, in motivazione: Cass., Sez. Un., 30 aprile 2024, n. 11676).
5.5 Il rigore di tale principio ha trovato attenuazione con riguardo alle fattispecie di c.d. ‘ litisconsorzio necessario processuale ‘, affermandosi da questa Corte che, nelle impugnazioni civili, anche con riguardo al contenzioso tributario, l’integrazione del contraddittorio è obbligatoria, ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ., non solo in ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, quando cioè i rapporti dedotti in causa siano assolutamente inscindibili e non suscettibili di soluzioni differenti nei confronti delle varie parti del giudizio (c.d. cause inscindibili), ma altresì nell’ipotesi di cause che, riguardando due (o più) rapporti scindibili, ma logicamente interdipendenti tra loro o dipendenti da un presupposto di fatto comune, meriterebbero, per ovvie esigenze di non contraddizione, l’adozione di soluzioni uniformi nei confronti delle diverse parti (c.d. cause dipendenti), di guisa che, ove siano state decise nel precedente grado di giudizio in un unico processo, la norma procura che il simultaneus processus non sia dissolto, e che le cause restino unite anche in sede di successiva impugnazione, al fine di evitare che, nelle successive vicende processuali, conducano a pronunce definitive di contenuto diverso (in termini: Cass., Sez. 5^, 13 luglio 2016, n. 14253; Cass., Sez. 6^-5, 22 novembre 2017, n. 27854; Cass., Sez. 5^, 23 febbraio 2018,
n. 4411; Cass., Sez. 5^, 27 marzo 2019, n. 8504; Cass., Sez. 5^, 26 giugno 2020, n. 12793; Cass., Sez. 5^, 5 luglio 2021, n. Cass., Sez. 5^, 31 maggio 2022, n. 17719; Cass., Sez. Trib., 23 marzo 2023, n. 8420; Cass., Sez. Trib., 22 febbraio 2024, n. 4754; Cass., Sez. Trib., 3 dicembre 2024, n. 30941).
5.6 Ora, la controversia in esame rientra a pieno titolo in tale categoria, essendo stato congiuntamente impugnato l’atto impositivo da tutti i contribuenti che erano stati parti del giudizio civile definito col provvedimento giudiziario soggetto a registrazione in relazione a vizi (erronea misura dell’aliquota proporzionale) incidenti sul titolo genetico dell’obbligazione solidale tributaria.
Pertanto, il collegamento avvincente la posizione sostanziale dei coobbligati in ordine alla comunanza del presupposto impositivo si traduce nell’inevitabile unitarietà del giudizio di appello e nella conseguenziale soggezione al regime processuale de ll’art. 331 cod. proc. civ., il quale impone al giudice, ove ravvisi che l’impugnazione non sia stata proposta nei confronti di tutte le parti del primo grado di giudizio, di ordinare l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soggetti pretermessi, la cui necessità è superata dalla costituzione volontaria in giudizio degli stessi anche oltre la scadenza dei termini previsti dagli artt. 325 e 327 cod. proc. civ. per la preclusione alla formazione del giudicato interno.
5.7 Ne discende che il giudice di appello ha correttamente escluso che, pur in presenza della solidarietà passiva ex art. 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’omessa instaurazione del contraddittorio nei confronti di un contribuente, che era stato parte -insieme agli altri contribuenti -nell’originaria introduzione del giudizio di prime cure, consentisse la formazione del giudicato interno, tenendo conto della
comunanza di interesse dei contribuenti coobbligati a contrastare la pretesa dell’amministrazione finanziaria al l’applicazione del trattamento impositivo più oneroso nei loro confronti.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l ‘in fondatezza dei motivi rispettivamente dedotti, il ricorso principale ed il ricorso incidentale devono essere respinti.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e della controricorrente/ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed il ricorso incidentale, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed il ricorso incidentale; condanna in solido i ricorrenti principali e la ricorrente incidentale alla rifusione delle spese di lite in favore della controricorrente, liquidandole nella misura di € 3.000,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti principali e della ricorrente incidentale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale ed il ricorso incidentale, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 13 maggio