Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26050 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26050 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 04/10/2024
REGISTRO SENTENZA SCIOGLIMENTO SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE – CONGUAGLI
sul ricorso iscritto al n. 24884/2021 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nato il DATA_NASCITA, COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nata il DATA_NASCITA e COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nata il DATA_NASCITA, quale erede di COGNOME NOME, deceduto il 23 luglio 2020, tutti rappresentati e difesi, in ragione di procura speciale e nomina rilasciate in calce al ricorso, dal prof. avv. AVV_NOTAIO del Foro di Roma (codice fiscale CODICE_FISCALE) e dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Avellino (codice fiscale: CODICE_FISCALE).
– RICORRENTI –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (codice fiscale CODICE_FISCALE).
per la cassazione della sentenza n. 1932/5/2021 della Commissione tributaria regionale della Campania – Sezione distaccata di Salerno depositata il 4 marzo 2021, non notificata;
UDITA la relazione svolta all’ adunanza camerale del 27 giugno 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è l’avviso indicato in atti con cui l’Ufficio liquidava l’imposta di registro in relazione alla sentenza della Corte di appello di Salerno, che, confermando lo scioglimento della società di fatto intercorsa tra i ricorrenti, ricostruiva il valore della massa da dividere, disponendo i relativi conguagli tra i condividenti;
con la suindicata sentenza la Commissione tributaria regionale della Campania -Sezione distaccata di Salerno, rigettava l’appello proposto dai contribuenti contro la sentenza n. 1921/5/2021 della Commissione tributaria di Salerno, condividendo le valutazioni del primo Giudice in ordine alla motivazione dell’atto impugnato ed assumendo, poi, nel merito, che correttamente questi aveva applicato l’art. 34, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (secondo cui «La divisione con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente»), con la conseguenze che i conguagli andavano tassati con la liquidazione propria degli atti traslativi, ritenendo che la situazione fattuale della vicenda in rassegna fosse riconducibile a quella esaminata da questa Corte con la pronuncia n. 27409 del 1° dicembre 2020, secondo cui ai fini dell’imposta di registro, l’eccedenza derivante al condividente dall’assegnazione ad esso di beni di valore superiore a quello spettantegli sulla massa comune è considerata, per effetto della presunzione assoluta ” iuris et de iure ” di cui all’art. 34 d.p.r. n. 131 del 1986, alla stregua di una vendita, senza che rilevi l’assunzione a conguaglio, da parte sua, di un’obbligazione pecuniaria, in favore degli altri condividenti, di
ammontare corrispondente con funzione compensativa, atteso che la mutevole funzione RAGIONE_SOCIALE pattuizioni intercorse al riguardo tra i condividenti è neutralizzata dalla predeterminazione normativa dell’unicità di trattamento tributario;
i suindicati ricorrenti notificavano in data 30 settembre /1° ottobre 2021, ricorso per cassazione contro la predetta sentenza, formulando due motivi di impugnazione, successivamente depositando, in data 14 giugno 2024, memoria ex art. 380bis. 1. c.p.c.
l’RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 3 dicembre 2021;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione i contribuenti hanno eccepito, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1 e 34 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 8 e 1 Parte Prima Tariffa allegata, « per avere la sentenza impugnata ritenuto la legittimità dell’applicazione, a titolo di imposta di registro, di aliquote distinte, afferenti alla divisione giudiziale (1%), ed al trasferimento a titolo oneroso di fabbricati (9%) e terreni (25%), anziché dell’aliquota unica (1%) afferente la divisione giudiziale, come operata dalla Corte d’appello di Salerno» (v. pagina n. 4 del ricorso);
con la seconda censura i ricorrenti hanno dedotto, con riferimento al canone di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 6 e 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, anche in relazione all’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per violazione dei principi di completezza, precisione e chiarezza dell’atto impositivo;
va preliminarmente dichiarata la tardività della notifica del controricorso, siccome eseguita, a fronte di una notifica del ricorso intervenuta il 1° ottobre 2021, in data 3 dicembre 2021 e, dunque, oltre il termine di cui all’art. 370, primo comma, c.p.c.;
il ricorso va respinto; queste le ragioni;
va subito esaminata, per motivi di ordine logico-giuridico in considerazione del carattere pregiudiziale della questione, la seconda censura, che attiene al dedotto deficit motivazionale dell’avviso impugnato;
5.1. secondo la difesa della ricorrente detto avviso non consentiva di comprendere « come l’Ufficio avesse stabilito il valore RAGIONE_SOCIALE poste tassate», segnalando che esso, pur richiamando la sentenza di divisione ed indicato le aliquote sugli importi ivi indicati, non permetteva di capire « su quali basi numeriche e fattuali siano stati determinati il conguaglio complessivo di € 1.880.593, ed i ‘sottoconguagli’ di € 700.255 e di € 1.180.388; ed altresì a cosa si riferiscano di preciso i sostantivi ‘terreni’ e ‘fabbricati’, che non trovano alcun aggancio nei passaggi della motivazione della sentenza di divisione della Corte d’appello di Salerno » (v. pagina n. 11 del ricorso), conclusivamente osservando sul punto che, confrontando la sentenza e l’avviso impugnato, « i numeri non tornano: la Corte d’appello ha infatti determinato i conguagli secondo importi diversi da quelli che si leggono nell’avviso di accertamento, e per giunta senza distinguere tra ‘conguaglio terreni’ e ‘conguaglio fabbricati’» (così a pagina n. 12 del ricorso);
5.2. sul piano dei principi, va osservato che non va confusa la motivazione dell’avviso con la dimostrazione (prova) dei fatti costitutivi della pretesa fiscale, dovendo considerarsi che «La motivazione dell’avviso di accertamento costituisce requisito formale di validità dell’atto impositivo, distinto da quello dell’effettiva sussistenza degli elementi dimostrativi dei fatti costitutivi della pretesa tributaria, l’indicazione dei quali è disciplinata dalle regole processuali dell’istruzione probatoria operanti nell’eventuale giudizio avente ad oggetto detta pretesa» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 4639 del 21/02/2020)» (così Cass., Sez. T., 14 maggio 2024, n. 13305);
5.3. il riepilogo del motivo di impugnazione mostra la sua infondatezza, ove si consideri che la censura, più che lamentare la mancata rappresentazione nell’avviso impugnato dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa, rimprovera all’Ufficio di averla erroneamente ricostruita, siccome asseritamente elaborata in termini non corrispondenti alla sentenza oggetto di registrazione;
5.4. in tale direzione, le ragioni di impugnazione disvelano la non condivisione dei contenuti dell’avviso di liquidazione e dunque della pretesa nella considerazione di un’erronea lettura ed interpretazione da parte dell’Ufficio della sentenza tassata, con ciò tuttavia rendendo palese come l’atto impugnato avesse posto i contribuenti nella condizione di comprenderne il contenuto e di apprestare le proprie difese nell’ambito di un predefinito tema decisorio, il che è sufficiente ad escludere la sussistenza del dedotto vizio;
6. va respinta anche la prima doglianza;
6.1. il nucleo centrale della censura di basa sul rilievo secondo il quale nella fattispecie in rassegna l’art. 34 T.U. registro non potrebbe ricevere applicazione, in quanto:
i conguagli disposti dal giudice della divisione erano finalizzati non al trasferimento di beni, vale a dire di ricchezza eccedente la quota assegnata a NOME COGNOME, bensì ad assestare l’intestazione di beni preesistenti alla divisione, riequilibrando in favore degli altri condividenti il maggior valore dei beni di cui NOME COGNOME era già intestatario rispetto alla quota divisionale a lui spettante;
non essendovi stato trasferimento di beni, non si è neppure realizzato il presupposto dell’applicazione dell’imposta di registro nella misura applicata dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, pari a quella degli atti traslativi a titolo oneroso di fabbricati e di terreni, poiché all’esito della divisione giudiziale ciascuno dei germani ha ottenuto esattamente il valore della quota divisionale cui aveva diritto;
in definitiva, si è determinata l’assegnazione in favore dei condividenti di beni con versamento di somme in denaro per importi complessivi pari al valore RAGIONE_SOCIALE quote, senza che ad alcun condividente, a seguito dei conguagli operati dalla Corte, siano stati assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettanti sulla massa comune;
6.2. tale ordine di idee non può essere condiviso;
6.3. nel ricorso è stato ricostruito il contenuto della sentenza di divisione, la quale, in estrema sintesi, ha:
stabilito il valore complessivo del patrimonio (la cd. massa comune da dividere, pari a 6.965.010,25 €) e le quote (cd. di diritto) spettanti ai tre condividenti (pari a 2.321.670,08 €) ed ha poi formato le tre quote (cd. di fatto), tenendo conto del valore dei beni già intestati (o cointestati) a ciascuno dei condividenti, definitivamente assegnando al condividente i beni che già risultavano a lui intestati e creando quote in natura da estrarre a sorte per i beni cointestati (del valore di 2.526.783,06 €), così determinando il valore del patrimonio da dividere nella somma di 4.438,227,19 € (differenza tra il valore complessivo del patrimonio da dividere di 6.965.010,25 € e quello dei beni cointestati, pari a 2.526.783,06 €) e, dunque, una quota da attribuire a ciascuno dei condividenti nella misura di 1.479.409,06 €;
preso atto dello squilibrio tra il valore dei beni assegnato a NOME COGNOME (pari a 3.346.064,93 €, in ragione della precedente intestazione dei beni poi al medesimo definitivamente assegnati in sede di divisione) e di quelli da attribuire agli altri due condividenti (rispettivamente di 779.242,71 € e di 312.919,55 €), il Giudice della divisione ha disposto il conguaglio dovuto da NOME COGNOME altri due comproprietari nella misura di 700.166,35 € di 1.166.489,51 €;
6.4. risulta, dunque, chiaro dal resoconto che precede che la diseguaglianza tra le predette quote di diritto e quella di fatto sia stata compensata dal Giudice della divisione con il meccanismo dei
predetti conguagli, che costituisce per l’appunto rimedio volto a neutralizzare l’eccedenza di valore della quota di fatto assegnata ad un condividente rispetto alla sua quota di diritto, che l’art. 34 T.U. registro considera essere un trasferimento parziale (ovvero della sola eccedenza), sottoponendolo alla aliquote degli atti traslativi;
6.5. non coglie, dunque, nel segno l’argomento fondante l’intero apparato argomentativo della difesa dei contribuenti, basato sull’assenza di trasferimento di beni tra gli stessi, giacch é ciò che conta, ai fini che occupano, è che al condividente siano assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello al medesimo spettante sulla massa comune -come accaduto nella specie – che viene considerata vendita limitatamente alla parte eccedente;
6.6. in tali termini, va ribadito, anche in questa sede, quanto già affermato da questa Corte, secondo cui « in materia di imposta di registro, nel sancire, puramente e semplicemente, che la divisione con la quale ad un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune, «è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente», l’art. 34 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 pone una presunzione assoluta ( iuris et de iure ), in forza della quale l’eccedenza di valore dei beni assegnati rispetto alla quota sulla massa comune (c.d. conguaglio) è invariabilmente sottoposta al trattamento tributario della compravendita » (così Cass., Sez. T, 1° dicembre 2020, n. 27409 e, nello stesso senso, Cass., Sez. T, 23 febbraio 2024, n. 4858);
6.7. la mutevole funzione RAGIONE_SOCIALE pattuizioni intercorse tra i condividenti è appunto neutralizzata dalla predeterminazione normativa dell’unicità di trattamento tributario (Cass., Sez. T, n. 4858/2024, cit.; in termini, 23 febbraio 2024, n. 4884); il che evidenzia la manifesta infondatezza del dubbio di legittimità costituzionale prospettato in memoria quanto al trattamento, che si assume ingiustificatamente differenziato, in relazione a circostanze
estrinseche al valore RAGIONE_SOCIALE quote di diritto e alla stessa volontà dei condividenti;
il Giudice regionale si è attenuto a tali principi, richiamandoli espressamente, per cui il ricorso va respinto;
la tardività del ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE esime dal regolare le spese del presente grado di giudizio;
va, nondimeno, dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte dei ricorrenti, in solido tra di loro, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte dei ricorrenti, in solido tra di loro, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27 giugno 2024.