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Divisione con conguaglio: quando è vendita per il Fisco

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4884/2024, ha stabilito che una divisione immobiliare con un conguaglio superiore al 5% è sempre tassata come una vendita per la parte eccedente, anche se il conguaglio viene rinunciato con spirito di liberalità (donazione). La Corte ha chiarito che l’art. 34 del Testo Unico sull’Imposta di Registro (d.P.R. 131/1986) stabilisce una presunzione assoluta, rendendo irrilevante la volontà delle parti ai fini fiscali. La decisione è scaturita dal ricorso di un notaio contro un avviso di liquidazione dell’Agenzia delle Entrate, che aveva tassato come vendita la differenza di valore emersa in un atto di divisione tra coeredi.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Divisione con Conguaglio: La Cassazione Conferma la Tassazione come Vendita

Quando si procede allo scioglimento di una comunione immobiliare, ad esempio tra eredi, sorge spesso la necessità di bilanciare le quote. La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 4884 del 23 febbraio 2024, offre un chiarimento fondamentale sul trattamento fiscale della divisione con conguaglio, specialmente quando l’eccedenza di valore viene gestita con spirito di liberalità. La Corte ha ribadito un principio fiscale rigido: ai fini dell’imposta di registro, la volontà delle parti cede il passo a una presunzione legale assoluta.

I Fatti del Caso

Il caso esaminato dalla Suprema Corte nasce da un atto di divisione immobiliare tra i membri di una famiglia. Nell’atto, a una condividente (la madre) venivano assegnati beni di valore significativamente inferiore alla sua quota di diritto, mentre agli altri condividenti (i figli) venivano assegnati beni di valore superiore. La differenza, che avrebbe dovuto costituire un conguaglio a favore della madre, veniva da questa rinunciata “a titolo donativo” nei confronti dei figli.

L’Agenzia delle Entrate, ritenendo che tale operazione configurasse una vendita per la parte eccedente il valore della quota di diritto, notificava al notaio rogante un avviso di liquidazione per la maggiore imposta di registro e le relative sanzioni. Il notaio impugnava l’atto, sostenendo che la chiara volontà delle parti di effettuare una donazione (animus donandi) avrebbe dovuto portare all’applicazione del regime fiscale proprio degli atti donativi, e non di quello previsto per le compravendite.

La Questione Giuridica: Divisione con Conguaglio e Volontà delle Parti

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’articolo 34 del d.P.R. 131/1986 (Testo Unico sull’Imposta di Registro). Questa norma stabilisce che la divisione in cui a un condividente sono assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello a lui spettante sulla massa comune “è considerata vendita limitatamente alla parte eccedente”.

Il ricorrente sosteneva che questa norma dovesse essere interpretata come una presunzione relativa (iuris tantum), superabile dalla prova contraria, ovvero la dimostrazione che l’eccedenza non era frutto di una compravendita ma di una liberalità. L’Agenzia delle Entrate, al contrario, la interpretava come una presunzione assoluta (iuris et de iure), che fissa il trattamento tributario indipendentemente dalla causa civilistica dell’accordo tra le parti.

L’analisi della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, aderendo pienamente all’interpretazione dell’Amministrazione Finanziaria. I giudici hanno chiarito che la formulazione dell’art. 34 T.U.R. non lascia spazio a dubbi. Il legislatore ha scelto di sottoporre la divisione con conguaglio a un trattamento fiscale specifico e predeterminato, neutralizzando la funzione economica e la causa civilistica che le parti hanno attribuito all’operazione.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha spiegato che l’art. 34 T.U.R. sancisce una vera e propria “presunzione assoluta”. In virtù di questa norma, la divisione con assegnazione di beni eccedenti il valore della quota deve essere sempre qualificata come vendita ai fini dell’imposta di registro per la sola parte eccedente. Questo avviene a prescindere dal fatto che il conguaglio sia effettivamente pagato, che sia oggetto di una rinuncia o che tale rinuncia sia motivata da spirito di liberalità.

In altre parole, la “causa” dell’accordo tra i condividenti (causa obligandi, causa solvendi o causa donandi) diventa fiscalmente irrilevante. Il trattamento tributario è fissato dalla legge per ogni ipotesi di divisione in cui i condividenti ricevano beni di valore non corrispondente alla loro quota di diritto. L’obiettivo del legislatore è quello di garantire un’applicazione uniforme e certa dell’imposta, evitando che la qualificazione civilistica dell’atto possa essere utilizzata per eludere il trattamento fiscale previsto per i trasferimenti onerosi.

Le Conclusioni

La sentenza n. 4884/2024 consolida un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per professionisti e cittadini, le implicazioni sono chiare: ogni qualvolta si procede a una divisione immobiliare, è fondamentale prestare la massima attenzione ai valori assegnati. Se l’assegnazione a un condividente supera il valore della sua quota di diritto per una percentuale superiore al 5%, l’eccedenza sarà invariabilmente soggetta all’imposta di registro con le aliquote previste per le compravendite. La volontà di donare tale eccedenza, pur valida ed efficace sul piano civilistico, non ha alcun effetto sul piano fiscale dell’imposta di registro. Questa decisione sottolinea la netta separazione tra la qualificazione civilistica di un negozio giuridico e il suo specifico trattamento tributario, governato da norme proprie e da presunzioni che possono essere, come in questo caso, assolute.

Se in una divisione immobiliare una persona riceve beni di valore superiore alla sua quota e la differenza le viene ‘regalata’ dagli altri, come viene tassata l’operazione?
L’operazione viene tassata come una vendita per la parte di valore che supera la quota di diritto. Secondo la Corte, la legge stabilisce una presunzione assoluta che tratta fiscalmente l’eccedenza come se fosse stata comprata, indipendentemente dal fatto che sia stata una donazione.

Cosa significa che la divisione con conguaglio è ‘considerata vendita’ ai fini fiscali?
Significa che, limitatamente al valore eccedente la quota di diritto, si applicano le imposte di registro previste per i trasferimenti a titolo oneroso (compravendita), e non quelle previste per gli atti di divisione o per le donazioni. L’atto rimane una divisione, ma una sua parte viene tassata diversamente.

È possibile dimostrare al Fisco che l’eccedenza era una donazione per evitare di pagare le imposte di una vendita?
No. La sentenza chiarisce che la presunzione prevista dall’art. 34 del d.P.R. 131/1986 è assoluta (iuris et de iure), il che significa che non ammette prova contraria. La volontà delle parti di compiere una donazione è irrilevante ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro in questo specifico contesto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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