Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34798 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34798 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14776/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE A SOCIO UNICO
-intimato-
Avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE del LAZIO n. 915/2022 depositata il 28/02/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Commissione Tributaria Regionale del Lazio ( hinc: CTR), con sentenza n. 915/2022 depositata in data 28/02/2022, ha accolto l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 414/2020 con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Roma aveva rigettato il ricorso della contribuente contro la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA
La CTR ha ritenuto fondata la censura relativa alla insanabile nullità della notifica della cartella di pagamento non tanto in relazione alla casella di posta elettronica del destinatario, correttamente individuata nei Registri INI-PEC e appartenente alla società appellante, quanto in relazione al difetto di prova in merito alla validità della casella di posta dell’ufficio notificante, specificamente contestata, « quand’anche nel presente in questo grado di giudizio» , e sulla quale non è stato provato il contrario ad opera dell’Agenzia delle Entrate. Quest’ultima ha, quindi, violato il principio di affidamento che solo la rigorosa applicazione della legge garantisce. Di conseguenza, la notifica a mezzo pec di atti tributari sostanziali e processuali dal sito non ufficiale è da considerare inesistente.
Contro la sentenza della CTR l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in cassazione con tre motivi, poi illustrato con memoria.
La parte intimata non si è costituita.
Considerato che:
Il primo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 57, commi 1 e 2, d.lgs. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
1.1. La ricorrente rileva che la sentenza impugnata è affetta da un vizio di carattere processuale, avendo accolto un motivo di censura non formulato nel primo grado di giudizio, senza che tale nuova prospettazione fosse giustificata da alcuna ulteriore sopravvenienza. Ciò emerge dalla stessa motivazione della sentenza impugnata, dove viene fatto riferimento al « difetto di prova in merito alla validità della casella di posta dell’ufficio notificante, specificamente contestata, quand’anche in questo grado di giudizio…»
Con il secondo motivo di ricorso denuncia violazione/falsa applicazione dell’art. 26, secondo comma, d.P.R. 29/09/1973, n. 602, anche in combinato disposto con l’art. 60, settimo comma, d.P.R. 29/09/1973, n. 600 e con l’art. 2 -bis, comma 1, legge 21/01/1994, n. 53, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
2.1. La ricorrente rileva che l’unica previsione normativa che potrebbe avallare la tesi condivisa dal giudice di seconde cure potrebbe essere la norma contenuta nell’art. 3 -bis, comma 1, legge n. 53 del 1994, che si applica, tuttavia, solamente agli avvocati e ai procuratori legali. Diversamente, il riferimento normativo per la notificazione della cartella di pagamento è costituito dall’art. 26, secondo comma, n. 602 del 1973, dove il riferimento all’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI-PEC) riguarda l’indirizzo del destinatario. Ad analoghe conclusioni si giunge anche se si tengono presenti l’art. 60, settimo comma, d.P.R. n. 600 del 1973 e il d.P.R. 11/02/2005, n. 68.
2.2. Deduce, poi, come in caso di atti impositivi trovi applicazione il principio generale, secondo cui, perché un determinato atto possa riconoscersi come proveniente da una P.A. nell’esercizio di una potestà autoritativa, rileva la sua formale ed esteriore riconducibilità all’amministrazione stessa.
Il terzo motivo denuncia violazione /falsa applicazione dell’art. 156, terzo comma, cod. proc. civ. e dell’art. 26, quinto comma, d.P.R. n. 602 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
3.1. L’Ufficio evidenzia che, anche a voler ritenere nulla la cartella di pagamento notificata da un indirizzo di posta elettronica non risultante dai pubblici registri, l’impugnazione proposta ne comporterebbe, in ogni caso, la sanatoria per raggiungimento dello scopo.
Passando all’esame dei motivi di ricorso il primo motivo è fondato, con conseguente assorbimento del secondo e del terzo motivo di ricorso.
L’art. 57 d.lgs. n. 546 del 1992 prevede, infatti, che: « Nel giudizio d’appello non possono proporsi domande nuove e, se proposte, debbono essere dichiarate inammissibili d’ufficio.» .
Questa Corte ha, infatti, precisato che: « Nel processo tributario d’appello, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria “causa petendi” e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione, ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi degli artt. 24 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992. » (Cass., 03/11/2022, n. 32390; Cass., 03/07/2015, n. 13742).
È stato, inoltre, precisato che: « In tema di processo tributario, il divieto di “nova” in appello, ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del
1992, si applica, oltre che alle domande, alle eccezioni in senso proprio, intese come lo strumento processuale con cui il contribuente, in qualità di convenuto in senso sostanziale nel giudizio di impugnazione di cartella esattoriale, fa valere un fatto giuridico avente efficacia impeditiva, modificativa o estintiva della pretesa fiscale, da cui derivano il mutamento degli elementi materiali del fatto costitutivo della pretesa ed il conseguente ampliamento del tema della decisione, implicando la deduzione di fatti che richiedono una specifica indagine, non effettuabile per la prima volta in appello. (Nella fattispecie, la S.C. ha escluso che l’errore nella compilazione della dichiarazione IVA potesse essere dedotto dal contribuente per la prima volta nel giudizio di appello.). » (Cass., 30/10/2018, n. 27562).
4.1. La novità della questione emerge direttamente dalla stessa sentenza impugnata, sicché il primo motivo di ricorso va accolto con assorbimento dei restanti.
Per completezza, è appena il caso di osservare che la sentenza della CTR è comunque errata in diritto posto che, come ripetutamente affermato da questa Corte, in caso di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, «l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INIPec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro» (Cass. n. 18684 del 03/07/2023; Sez. U, n. 15979 del 18/05/2022).
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, con il rigetto del l’originario ricorso .
…
P.Q.M.
accoglie il primo motivo e dichiara assorbiti il secondo e il terzo motivo di ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso;
compensa le spese delle fasi di merito;
condanna la parte intimata a pagare alla parte ricorrente le spese del presente giudizio liquidate in Euro 2.400,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Così deciso in Roma, il 07/11/2024.