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Dividendi occulti: la parola alla Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 30568/2024, ha respinto il ricorso di un socio di una società a ristretta base contro un avviso di accertamento per dividendi occulti. La Corte ha ribadito che l’accertamento definitivo a carico della società preclude al socio la possibilità di contestare l’esistenza degli utili. Inoltre, ha confermato la legittimità della presunzione di distribuzione di tali utili ai soci, specificando che l’onere di provare la mancata distribuzione spetta al contribuente.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Dividendi Occulti: La Cassazione sulla Presunzione di Distribuzione ai Soci

La gestione fiscale delle società a ristretta base partecipativa presenta complessità uniche, specialmente quando emergono utili non contabilizzati. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione, la n. 30568 del 2024, torna a consolidare un principio fondamentale in materia di dividendi occulti: la presunzione della loro distribuzione ai soci e le conseguenze che ne derivano. Questa decisione offre chiarimenti cruciali per amministratori e soci, delineando i confini della difesa del contribuente di fronte a un accertamento fiscale.

I Fatti di Causa: Dall’Accertamento alla Società all’Avviso al Socio

La vicenda trae origine da una verifica fiscale condotta dalla Direzione Provinciale dell’Agenzia delle Entrate nei confronti di una S.p.A. operante nel settore conciario. L’attività ispettiva aveva portato alla luce l’omessa contabilizzazione di ricavi per oltre un milione di euro per l’anno d’imposta 2006. In seguito, la società aveva definito la propria posizione con il Fisco attraverso un accertamento con adesione.

Successivamente, l’Ufficio notificava un distinto avviso di accertamento a uno dei soci, titolare del 75% del capitale. L’Amministrazione Finanziaria, applicando la presunzione di attribuzione ai soci dei dividendi occulti in società a ristretta base, recuperava a tassazione IRPEF l’intero maggior reddito accertato in capo alla società. Il socio impugnava l’atto, e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva parzialmente il ricorso, rideterminando l’imponibile nella misura della sua quota di partecipazione (75%). La decisione veniva poi confermata dalla Commissione Tributaria Regionale, spingendo il contribuente a ricorrere in Cassazione.

L’Analisi della Corte: la presunzione di distribuzione dei dividendi occulti

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso del contribuente, articolando il suo ragionamento su due pilastri fondamentali.

La Preclusione per il Socio e i Limiti dell’Impugnazione

Il primo punto affrontato dai giudici riguarda l’effetto dell’accertamento definitivo nei confronti della società. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato: qualora sia intervenuto un accertamento definitivo (anche tramite adesione) circa l’esistenza di utili “in nero” realizzati da una società a ristretta base partecipativa, il giudizio promosso dal socio ne rimane pregiudicato. In altre parole, il socio non può più contestare nel proprio giudizio l’esistenza e l’ammontare di quegli utili, poiché tale questione è già stata definita in capo alla società.

La Validità della Motivazione “per Relationem”

Il secondo profilo di censura del ricorrente verteva sulla validità dell’avviso di accertamento, che richiamava per relationem un processo verbale di constatazione non allegato. Anche su questo punto, la Corte ha dato torto al contribuente. L’unico atto presupposto che doveva essere portato a conoscenza del socio era l’avviso di accertamento notificato alla società, e quest’ultimo era stato regolarmente allegato. Il processo verbale, pur essendo richiamato, costituisce un atto conoscibile dal contribuente attraverso l’esercizio del diritto di accesso agli atti amministrativi. Pertanto, la sua mancata allegazione non inficia la validità dell’atto impositivo rivolto al socio.

La Legittimità della Presunzione di Distribuzione dei Dividendi Occulti

Il cuore della decisione risiede nella conferma della legittimità della presunzione semplice (praesumptio hominis) di distribuzione ai soci degli utili extracontabili. La Corte ha spiegato che questa presunzione si fonda sulla natura stessa delle società a ristretta base proprietaria. In tali contesti, la ristrettezza dell’assetto societario implica:
* Un reciproco controllo tra i soci.
* Una marcata solidarietà e comunanza di interessi.
* Una maggiore conoscibilità dell’andamento degli affari sociali.

Questi elementi costituiscono il “fatto noto” da cui il giudice può logicamente inferire il “fatto ignoto”, ovvero l’avvenuta distribuzione degli utili non dichiarati. La Corte ha chiarito che non si tratta di una violazione del divieto di “presunzione su presunzione”, poiché il ragionamento non parte dall’accertamento induttivo verso la società, ma dalle caratteristiche strutturali della compagine societaria.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha motivato il rigetto del ricorso basandosi su principi giurisprudenziali consolidati. In primo luogo, l’accertamento divenuto definitivo nei confronti della società cristallizza l’esistenza di maggiori redditi, impedendo al socio di rimettere in discussione tale dato nel proprio contenzioso. In secondo luogo, la presunzione di distribuzione degli utili ai soci di società a ristretta base è una praesumptio hominis legittima, che non richiede, per la sua applicazione, ulteriori elementi di prova da parte del Fisco. Spetta invece al contribuente fornire la prova contraria, dimostrando che i maggiori ricavi sono stati accantonati, reinvestiti, o illecitamente appropriati da un altro soggetto. Infine, la Corte ha confermato la piena validità della motivazione per relationem quando l’atto presupposto (l’accertamento societario) è allegato o comunque reso disponibile.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento rappresenta un’importante conferma per la prassi dell’Amministrazione Finanziaria e un monito per i soci di società a ristretta base. La decisione chiarisce che la responsabilità fiscale per gli utili in nero della società si estende quasi automaticamente ai soci, in proporzione alle loro quote. L’unica via di difesa per il socio è fornire una prova concreta e specifica della diversa destinazione degli utili, un onere probatorio spesso difficile da assolvere. Questa pronuncia sottolinea l’importanza di una gestione contabile trasparente e rigorosa all’interno di tali compagini societarie, poiché le conseguenze di eventuali irregolarità possono ripercuotersi direttamente e pesantemente sul patrimonio personale dei soci.

Se una società a ristretta base definisce un accertamento con il Fisco, il socio può ancora contestare l’esistenza degli utili non dichiarati?
No. Secondo la Corte, la definitività dell’accertamento relativo alla società preclude al socio la possibilità di contestare nel proprio giudizio l’esistenza degli utili extracontabili che si presume gli siano stati distribuiti.

L’avviso di accertamento notificato al socio deve contenere anche il verbale di constatazione della società per essere valido?
No. L’unico atto presupposto che deve essere necessariamente allegato o reso disponibile è l’avviso di accertamento societario. Il verbale di constatazione, anche se richiamato, non deve essere obbligatoriamente allegato, poiché il socio ha il diritto di accedervi separatamente.

Su cosa si fonda la presunzione di distribuzione di dividendi occulti e come può difendersi il socio?
Si fonda sulle caratteristiche della società a ristretta base partecipativa (pochi soci, controllo reciproco, vincolo di solidarietà). Il socio può difendersi fornendo la prova contraria, ovvero dimostrando che i maggiori ricavi non sono stati distribuiti, ma sono stati accantonati, reinvestiti dalla società, o che sono stati appropriati da un altro soggetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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