Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30568 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7801/2016 R.G. proposto da
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DEL VENETO n. 1400/06/15 depositata il 16 settembre 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 17 ottobre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
All’esito di attività di verifica fiscale, la Direzione Provinciale di Vicenza dell’RAGIONE_SOCIALE emetteva nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e concordato preventivo
un avviso di accertamento con il quale rettificava il reddito d’impresa dalla stessa dichiarato in relazione all’anno d’imposta 2006, contestando l’omessa contabilizzazione di ricavi per un importo di 1.050.032,61 euro.
In sèguito, il medesimo Ufficio notificava al socio NOME COGNOME, titolare di una quota pari al 75% del capitale, un distinto avviso di accertamento mediante il quale recuperava a tassazione, ai fini dell’IRPEF, l’intero maggior reddito determinato in capo all’ente collettivo, facendo applicazione della presunzione di attribuzione ai soci dei dividendi non dichiarati da una società di capitali a ristretta base partecipativa.
Il COGNOME impugnava l’atto impositivo a lui personalmente rivolto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza, la quale, accogliendo solo parzialmente il suo ricorso, rideterminava l’imponibile in misura pari al 75% del maggior reddito accertato in testa alla compagine societaria.
La decisione veniva successivamente confermata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, che con sentenza n. 1400/06/15 del 16 febbraio 2015 rigettava l’appello del contribuente.
A sostegno della pronuncia adottata, per quanto in questa sede ancora interessa, il collegio regionale osservava che: -la società partecipata aveva definito la propria posizione verso il Fisco mediante la sottoscrizione di un accertamento con adesione; -tanto precludeva al socio COGNOME la possibilità di contestare l’esistenza degli utili non contabilizzati oggetto di presunta distribuzione; -all’avviso di accertamento notificato al predetto socio era stato allegato quello emesso nei riguardi della società, che a sua volta richiamava il prodromico processo verbale di constatazione; -in virtù di tale rinvio «per relationem» , il socio aveva «la possibilità legale di conoscere i contenuti di quest’ultimo atto esercitando il diritto di accesso agli atti amministrativi» ; –
legittimamente l’Ufficio aveva applicato nei confronti del COGNOME la presunzione di distribuzione ai soci dei dividendi occulti accertati a carico di una società di capitali a ristretta base proprietaria, non superata dagli elementi di prova contraria offerti dal contribuente.
Avverso tale sentenza il COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo il ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’art. 24 Cost. e degli artt. 6 e 7 della L. n. 212 del 2000.
1.1 La doglianza è articolata in due distinti profili di censura.
1.2 Con il primo si contesta la gravata sentenza nella parte in cui afferma che la definitività dell’accertamento relativo alla società partecipata preclude al socio la possibilità di contestare l’esistenza degli utili extracontabili presuntivamente distribuiti fra i componenti della compagine sociale.
1.3 Con il secondo si censura l’impugnata sentenza per aver ritenuto valido l’impugnato atto impositivo, sebbene allo stesso fosse stato allegato soltanto l’avviso di accertamento riguardante la RAGIONE_SOCIALE, fino al giugno 2006 partecipata dall’odierno ricorrente NOME COGNOME, e non anche il processo verbale di constatazione ivi richiamato «per relationem» .
1.4 Il motivo è infondato.
1.5 Come si ricava dalla stessa articolazione del mezzo di gravame, la decisione resa dalla CTR si fonda su due distinte e autonome «rationes decidendi» , e precisamente:
(a)sull’affermata preclusione per i soci di una società di capitali a
ristretta base proprietaria della possibilità di contestare l’esistenza di utili non contabilizzati risultanti da un accertamento divenuto definitivo nei confronti del sodalizio;
(b)sulla reputata validità dell’avviso di accertamento emesso a carico di un socio e motivato «per relationem» all’atto impositivo concernente la società partecipata, inoltrato insieme al primo e a sua volta richiamante il prodromico processo verbale di constatazione, questo invece non allegato; validità sostenuta in virtù dell’asserita «possibilità legale di conoscere i contenuti di quest’ultimo atto esercitando il diritto di accesso agli atti amministrativi» .
1.6 Né l’una né l’altra RAGIONE_SOCIALE suesposte «rationes» risultano efficacemente attaccate dal motivo di gravame in scrutinio.
1.7 Valgano, al riguardo, le seguenti considerazioni.
1.8 Per consolidata giurisprudenza di legittimità, qualora nei riguardi di una società di capitali a ristretta base partecipativa sia intervenuto un accertamento definitivo circa l’esistenza di utili realizzati dal sodalizio, il giudizio tributario promosso dal socio ne rimane pregiudicato (cfr. Cass. n. 441/2013, Cass. n. 3831/2022), non potendo in esso prospettarsi doglianze riferibili a tale accertamento (cfr. Cass. n. 3980/2020).
1.9 Come, inoltre, più volte statuito da questa Corte regolatrice, l’imputazione proporzionale ai soci del maggior reddito determinato in testa a una siffatta società prescinde dall’eventuale natura adesiva dell’accertamento tributario: comunque accertato, tale maggior reddito si presume distribuito pro quota ai soci in forma di utili extracontabili, atteso che la ristrettezza dell’assetto societario implica normalmente reciproco controllo e marcata solidarietà fra i partecipanti al sodalizio (cfr. Cass. n. 24732/2022, Cass. n. 19068/2022, Cass. n. 32959/2018, Cass. n. 29412/2017).
1.10 Quanto, poi, alla questione posta con il secondo profilo di censura, va osservato che il provvedimento impositivo per cui è
causa riguarda la persona fisica del socio COGNOME e afferisce alla distribuzione di dividendi non dichiarati dalla compagine, sicchè l’unico atto presupposto è da individuare nell’avviso di accertamento societario, pacificamente allegato a quello qui sottoposto a impugnazione.
1.11 Invero, la pretesa tributaria oggetto della presente controversia, fondandosi sull’attribuzione al predetto socio di un maggior reddito da partecipazione, presuppone esclusivamente l’accertamento di maggiori ricavi in capo alla società partecipata, circostanza che, nel caso di specie, deve ritenersi certa e non più contestabile.
1.12 Conseguentemente, ai fini dell’osservanza dell’obbligo di motivazione ex artt. 42, comma 3, del D.P.R. n. 600 del 1973 e 7, comma 1, della L. n. 212 del 2000, non era necessario che all’avviso di accertamento concernente il socio fosse allegato anche il processo verbale di constatazione elevato a carico della società, dovendo l’Ufficio soltanto procedere alla determinazione della quota di utili (come definitivamente quantificati nel loro ammontare) da riprendere a tassazione nei confronti del destinatario dell’atto impositivo (cfr., sull’argomento, Cass. n. 7034/2024).
Il secondo motivo, pure proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., prospetta la violazione o falsa applicazione dell’art. 2729 c.c. e dell’art. 53 Cost..
2.1 Si sostiene che avrebbe errato la CTR nel ritenere sufficiente, ai
fini dell’assolvimento dell’onere della prova gravante sull’Amministrazione Finanziaria, la riconosciuta applicabilità della presunzione semplice di distribuzione ai soci degli utili accertati in testa a una società di capitali a ristretta base partecipativa.
2.2 Il motivo è infondato.
2.3 Per costante orientamento di questa Corte, in caso di società di capitali a ristretta base proprietaria, è legittima la presunzione di
distribuzione ai soci degli eventuali utili occulti accertati in capo all’ente collettivo, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non sono stati fatti oggetto di distribuzione, bensì accantonati dalla società o da questa reinvestiti (cfr. Cass. n. 19442/2021, Cass. n. 5073/2021), oppure che degli stessi si è appropriato altro soggetto (cfr. Cass. n. 21187/2024, Cass. n. 21158/2024).
2.4 Sul tema in discussione è stato spiegato che, ai fini dell’applicabilità dell’anzidetta presunzione, la quale opera indipendentemente dall’esistenza o meno di rapporti familiari fra i soci (cfr. Cass. n. 17107/2024), occorre non solo che sia provata la ristretta base sociale, ma altresì che sussista un valido accertamento a carico della società in ordine ai ricavi non contabilizzati (cfr. Cass. n. 21631/2022, Cass. n. 14242/2021); non si richiede, invece, che l’avviso di accertamento relativo al socio si fondi anche su elementi di riscontro tesi a verificare, attraverso l’analisi RAGIONE_SOCIALE movimentazioni bancarie, l’intervenuto acquisto di beni di particolare valore non giustificabile sulla base dei redditi da lui dichiarati (cfr. Cass. n. 16913/2020).
2.5 Si è pure chiarito che nell’ipotesi in esame non ricorre la violazione del divieto di presunzioni di secondo grado (cd. «praesumptio de praesumpto» ) -ove mai reputato sussistente nel nostro ordinamento (in senso contrario si vedano, ex ceteris , Cass. n. 7145/2023, Cass. n. 37352/2022, Cass. n. 23860/2020, Cass. n. 20748/2019) -, in quanto il fatto noto da cui muove il ragionamento inferenziale non è costituito dalla sussistenza di maggiori redditi induttivamente accertati nei riguardi della società, ma dalla ristrettezza della base partecipativa, dal vincolo di solidarietà ravvisabile fra i soci, dalla maggiore conoscibilità, da parte di questi ultimi, dell’andamento degli affari societari e dell’esistenza di dividendi extracontabili, nonché dal reciproco controllo che i componenti di simili ristrette compagini normalmente esercitano fra
di loro (cfr. Cass. n. 19272/2024, Cass. n. 25501/2020).
2.6 Non si è poi mancato di puntualizzare che la presunzione in discorso rimane valida anche dopo l’introduzione dell’art. 7, comma 5 -bis , del D. Lgs. n. 546 del 1992, il quale non comporta alcuna inversione del riparto dell’onere probatorio, né preclude il ricorso alle presunzioni semplici disciplinate dal codice civile (cfr. Cass. n. 18764/2024).
2.7 Ai suenunciati princìpi di diritto, che vanno qui ulteriormente ribaditi, si è pienamente uniformata la Commissione di secondo grado, la quale, constatato che la RAGIONE_SOCIALE era una società a ristretta base e che l’accertamento del maggior reddito d’impresa dalla stessa prodotto nell’anno d’imposta 2006 era stato definito con adesione, ha correttamente ritenuto applicabile al caso in esame la cennata presunzione semplice di distribuzione «pro quota» ai soci degli utili occulti derivanti dall’attività sociale.
2.8 D’altro canto, proprio perché quella di cui si discute è una presunzione semplice (cd. «praesumptio hominis» ) ex art. 2729 c.c., resta escluso che la sua applicabilità possa comportare in danno del contribuente una significativa lesione del diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost., stante la possibilità offerta al medesimo di dedurre e provare in giudizio, nel modo che si è visto, l’esistenza di circostanze indicative della non avvenuta distribuzione ai soci dei dividendi non dichiarati dalla società.
Per le ragioni illustrate, il ricorso va respinto.
Le spese processuali seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito del giudizio, deve darsi atto della ricorrenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia) per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente a rifondere
all’RAGIONE_SOCIALE le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.800 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P .R. n. 115 del 2002 (Testo Unico RAGIONE_SOCIALE spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione