Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16234 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16234 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/06/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 3057/2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO.
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, nella persona del Curatore, rappresentato e difeso dal l’AVV_NOTAIO, con domicilio eletto presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del PIEMONTE, n. 777/2019, depositata in data 12 giugno 2019, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30 maggio 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria regionale ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, esercente « attività RAGIONE_SOCIALE holding impegnate nelle attività gestionali » , avente ad oggetto l’avviso di accertamento con il quale , ai fini RAGIONE_SOCIALE imposte dirette e indirette , relative agli anni d’imposta 2013, 2014 e 2015, veniva accertato che i distacchi di personale intervenuti reciprocamente tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, qualificati non rilevanti ai fini IVA, ex art. 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988, dovevano ritenersi prestazioni di servizi imponibili ai fini IVA.
I giudici di secondo grado, in particolare, hanno ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE contribuente aveva assolto l’ onere di documentare con fatture e contratti la natura e gli importi addebitati e che l’Ufficio non aveva contestato che le fatture riportassero costi diversi e ulteriori rispetto a quello RAGIONE_SOCIALE retribuzioni corrisposte e dei relativi oneri contributivi; che l’Ufficio aveva contestato che, rispetto alla determinazione preventiva effettuata nei contratti, non fosse stata fornita anche la dimostrazione della quantità effettiva del lavoro poi fatturato mancando una rendicontazione a consuntivo, ma si trattava di una contestazione ipotetica, in mancanza di elementi di fatto, anche indiziari, che i costi fatturati fossero diversi da quelli preventivati, ovvero che gli importi esposti in fattura fossero maggiori o minori di
quelli effettivamente sostenuti; che, in assenza di una norma che imponesse tale rendicontazione, appariva, dunque, eccessivo ritenere che la RAGIONE_SOCIALE non avesse documentato a sufficienza e, quindi, presumere che fossero state effettuate prestazioni di servizi imponibili IVA.
L’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
La Curatela del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
1. Il primo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988 e degli artt. 2727 e 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata si poneva in contrasto con la natura agevolativa della norma contenuta nell’articolo 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988 e con la norma in tema di ripartizione dell’onere probatorio posta dall’art. 2697 cod. civ., ai fini della sussistenza dei presupposti dell’invocata esclusione dall’imposizione IVA. La Commissione tributaria regionale aveva violato la regola sull’onere probatorio, dispensando la parte dal fornire la prova in ordine all’effettività RAGIONE_SOCIALE prestazioni di distacco in concreto eseguite, prestazioni di distacco che avrebbero potuto essere di ammontare diverso rispetto agli importi contabilizzati, in ragione del fatto che le stesse avevano carattere parziale e avrebbero dovuto essere adempiute dai prestatori distaccati nel medesimo luogo lavorativo. Tale onere probatorio non poteva assumersi come assolto solamente con l’esibizione RAGIONE_SOCIALE fatture e dei relativi titoli contrattuali, posto che la non imponibilità ai fini IVA è subordinata alla prova RAGIONE_SOCIALE effettive prestazioni di distacco rese ed alla prova del mero ribaltamento del relativo costo al soggetto distaccatario, di modo
che la produzione dei titoli contrattuali nulla dimostrava in ordine alle concrete modalità RAGIONE_SOCIALE prestazioni di distacco, che necessitavano di una prova specifica.
1.1 Il motivo è inammissibile, perché si tratta di una doglianza diretta, con evidenza, a censurare una erronea ricognizione della fattispecie concreta, di necessità mediata dalla contestata valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie di causa, che non costituiscono vizio di violazione di legge (Cass., 19 agosto 2020, n. 17313).
1.2 In proposito, questa Corte ha affermato il principio secondo cui è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito (Cass., 7 dicembre 2017, n. 29404; Cass., 4 agosto 2017, n. 19547; Cass., 4 aprile2017, n. 8758; Cass., 2 agosto 2016, n. 16056; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 4 marzo 2021, n. 5987) e che, con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass., 26 ottobre 2021, n. 30042).
1.3 Ed invero, nel caso di specie, non viene in rilievo la violazione RAGIONE_SOCIALE regole di diritto che l ‘RAGIONE_SOCIALE ricorrente assume essere state violate e la doglianza mira a contestare l’accertamento in fatto operato dalla Commissione tributaria regionale, insindacabile in questa sede, stante che la valutazione RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, anche se si tratta di presunzioni, costituisce un’attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (cfr. Cass., 19 luglio 2021, n. 20553). Più in particolare, i giudici di secondo grado hanno precisato che l’Ufficio non aveva contestato che le fatture riportassero costi diversi e ulteriori rispetto a quello RAGIONE_SOCIALE retribuzioni corrisposte e dei relativi oneri contributivi, ma piuttosto che non fosse stata fornita la dimostrazione della quantità effettiva del lavoro, poi fatturato, mancando una rendicontazione a consuntivo (rendicontazione, ad avviso dell”Ufficio, necessaria alla luce del carattere parziale del distacco del personale e della coincidenza dei luoghi di lavoro, avendo le due RAGIONE_SOCIALE le medesime sedi) e hanno, poi, evidenziato, tenuto conto dei contratti (ed anche RAGIONE_SOCIALE fatture), che, in assenza di una norma che imponesse un obbligo di rendicontazione successiva e (soprattutto) in assenza di contestazioni di specifiche irregolarità, appariva eccessivo ritenere che la RAGIONE_SOCIALE non avesse assolto l’onere di documentare con fatture e contratti la natura e gli importi addebitati e, quindi, del presupposto per la esclusione dell’Iva , con la conseguenza che la fattispecie in esame dovesse essere ricondotta nell’ambito della previsione di cui all’art. 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988. Il giudice del gravame ha, dunque, evidenziato che quel che rilevava era che il riaddebito del costo doveva essere limitato a quello effettivamente sostenuto dal distaccante. In tal modo, la configurazione, nei termini sopra indicati, della fattispecie in esame, è stata compiuta dal giudice del gravame facendo riferimento ai contratti e, dunque, alla funzione economico-sociale del rapporto negoziale posto in essere tra le parti, secondo, quindi, una propria ed autonoma
valutazione degli atti e RAGIONE_SOCIALE risultanze di causa, seguendo uno specifico ragionamento logico giuridico che, traendo le mosse dal rapporto contrattuale posto in essere tra le parti, ha fatto, poi, conseguire la valutazione giuridica del medesimo alla luce RAGIONE_SOCIALE previsioni normative di riferimento.
1.4 Non sussiste, pertanto, la dedotta violazione dell’art. 2697 cod. civ., che si configura se il giudice di merito applica la regola di giudizio fondata sull’onere della prova in modo erroneo, cioè attribuendo l ‘onus probandi a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di ripartizione basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni (Cass., 23 ottobre 2018, n. 26769).
1.5 E ciò anche alla luce dell’interpretazione dell’art. 8, comma 35, della legge n. 67 del 1988 fornita dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo cui il rimborso del costo del personale dipendente di una RAGIONE_SOCIALE, distaccato presso un’altra, è esente da IVA se la controprestazione del distaccatario consiste nel mero rimborso di una somma pari alle retribuzioni ed agli altri oneri previdenziali e contrattuali gravanti sul distaccante (Cass., Sez. U., 7 novembre 2011, n. 23021 e, più di recente, Cass., 2 marzo 2021, n. 5615).
1.6 Poi, sulla questione del distacco di personale e della sua rilevanza ai fini IVA, è intervenuta anche la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sentenza dell’11 marzo 2020, causa C-94/19, RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE), affermando che « L’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione RAGIONE_SOCIALE legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, deve essere interpretato nel senso che esso osta a una legislazione nazionale in base alla quale non sono ritenuti rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso
del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della RAGIONE_SOCIALE controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente ».
1.7 Più di recente, questa Corte ha affermato che « Nell’ambito del sistema dell’Iva le operazioni imponibili presuppongono l’esistenza di un negozio giuridico tra le parti implicante la stipulazione di un prezzo o di un controvalore, sicché una prestazione di servizi è effettuata “a titolo oneroso”, ai sensi dell’art. 2, punto 1, della sesta direttiva, e configura pertanto un’operazione imponibile soltanto quando tra il prestatore e il beneficiario intercorra un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio di reciproche prestazioni, e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al beneficiario. Ciò si verifica quando sussiste un nesso diretto tra il servizio reso e il corrispettivo ricevuto » (Cass., 2 marzo 2021, n. 5061) e che « In tema di IVA, il diritto alla detrazione deve essere riconosciuto in favore di un soggetto passivo, che riceva a titolo oneroso prestazioni di servizi da altro soggetto passivo, mediante l’utilizzo, in nome proprio, di personale proprio » (Cass., 9 marzo 2023, n. 6986).
1.8 In conclusione, il giudice del gravame ha fatto corretta applicazione dei principi suesposti, avendo ritenuto che la RAGIONE_SOCIALE ricorrente aveva dato la prova che il rapporto negoziale stipulato tra le parti era da ricondursi nell’ambito del distacco di personale, a fronte del quale era stato corrisposto il rimborso dei costi sostenuti dalla RAGIONE_SOCIALE distaccante e che, dunque, la prestazione era da considerarsi non imponibile ai fini Iva.
Il secondo mezzo deduce, in subordine, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.. La Commissione tributaria regionale aveva omesso di esaminare che la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE avevano stipulato un
«contratto per la costituzione di un consorzio esclusivamente con attività interna», e che era onere della parte dimostrare l’effettività del concreto svolgimento di attività di distacco di personale nell’ambito RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE consorziate, al fine di beneficiare dell’esenzione dall’imponibilità ai fini IVA, soprattutto nell’ambito di una realtà imprenditoriale in cui le prestazioni di distacco rivestivano carattere parziale e le due RAGIONE_SOCIALE presentavano pacificamente una coincidenza RAGIONE_SOCIALE rispettive sedi.
2.1 Il motivo è inammissibile in relazione all’omesso esame di fatto decisivo, in costanza del principio della cd. doppia conforme ex art. 348 ter cod. proc. civ., stante il rigetto dell’appello principale statuito dalla Corte di merito e non avendo la parte attuale ricorrente specificato in ricorso le ragioni di fatto poste rispettivamente a fondamento della decisione di primo e di secondo grado, così dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., 11 maggio 2018, n. 11439; Cass., 26 gennaio 2021, n. 1562; Cass., 9 marzo 2022, n. 7724), nonché in quanto la giurisprudenza di questa Corte è ormai consolidata nell’affermare che « il novellato testo dell’art. 360, n. 5, cod. proc. civ. ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; che l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie e che neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento RAGIONE_SOCIALE prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma » (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., Sez. U., 27 dicembre 2019, n. 34476; Cass., 23 agosto 2023, n. 25124).
Il terzo mezzo deduce la violazione e falsa applicazione dell’articolo 5 del decreto legislativo n. 446 del 1997, in relazione all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui la sentenza impugnata aveva escluso dalla base imponibile IRAP per le RAGIONE_SOCIALE di capitali e gli enti commerciali la voce B9) del conto economico, ossia i «costi della produzione per il personale». In mancanza di prova, l’Ufficio aveva qualificato le prestazioni di distacco quali prestazioni di servizi, imponibili ai fini IVA e rilevanti ai fini dell’imposizione regionale sulle attività produttive, giacché tali prestazioni avrebbero dovuto essere imputate tra i ricavi e costi per servizi, e non già quali costi per personale e da ciò derivava, in sintesi, l’irrilevanza della indeducibilità dei costi per personale dalla base imponibile IRAP, proprio perché si trattava di prestazioni di servizi, e non già di costi per personale, con conseguente legittimità e fondatezza della ripresa fiscale compiuta dall’Ufficio ai fini IRAP.
3.1 Il motivo è inammissibile, perché non si confronta con il contenuto del provvedimento impugnato, laddove ha affermato che « La presunzione che siano state effettuate operazioni imponibili IVA e quindi ricavi imponibili IRAP non è fondata ». Ed invero i giudici di merito hanno negato il presupposto assunto dall’RAGIONE_SOCIALE (ovvero di aver individuato e provato un reddito imponibile ai fini IRAP) e hanno ritenuto, infatti, che il rapporto negoziale stipulato tra le parti era da ricondursi nell’ambito del distacco di personale, a fronte del quale era stato corrisposto il rimborso dei costi sostenuti dalla RAGIONE_SOCIALE distaccante e che, dunque, la prestazione era da considerarsi non imponibile ai fini Iva.
Per quanto esposto, il ricorso va rigettato e l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente va condannata al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali, sostenute dalla Curatela controricorrente e liquidate come in dispositivo, nonché al pagamento dell’ulteriore importo, previsto per legge e pure indicato in dispositivo.
4.1 Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa (ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile), disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente al pagamento, in favore della Curatela controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 30 maggio 2024.