Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9585 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9585 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/04/2025
Oggetto: iva – distacco di personale – motivazione apparente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25177/2023 R.G. proposto da AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (con indirizzo PEC: )
-ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale -contro
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e quindi in concordato preventivo (già RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa anche disgiuntamente, giusta procura speciale in atti dagli avv. NOME COGNOME e NOME COGNOMErispettivamente con indirizzo PEC: e con indirizzo
PEC:
);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, sez. staccata di Catania, n. 6488/17/22 depositata il 19 luglio 2022;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 27/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-con sentenza n.9706/03/2015, la Commissione Tributaria Provinciale di Catania accoglieva parzialmente il ricorso della G.M.C. RAGIONE_SOCIALE ed annullava l’avviso di accertamento n. TYS03C100330/2010, relativo a recupero IVA -IRPEG e IRAP per l’anno d’imposta 2005, limitatamente al recupero a tassazione di IRAP per euro 32.437,00 (per cessata materia del contendere) e IVA per euro 21.923,00, oltre che le corrispondenti sanzioni applicate;
-appellava in INDIRIZZO l’Ufficio;
-la contribuente proponeva appello incidentale;
-con la sentenza qui gravata la CGT di secondo grado ha rigettato entrambe le impugnazioni;
-essa ha ritenuto -quanto all’appello principale – che la società appellata aveva regolarmente corrisposto l’IVA alla RAGIONE_SOCIALE che l’aveva addebitata. Alla luce di quanto ora accertato, il Collegio del merito ha quindi valutato che la società appellata avesse pieno diritto alla detrazione, atteso, peraltro, che l’Amministrazione Finanziaria non avesse mosso alcuna contestazione alla società RAGIONE_SOCIALE che aveva emesso le fatture con IVA, sbarrando così l’obbligo dell’Amministrazione Finanziaria di procedere al recupero della detta imposta nei confronti della società appellata;
-con riguardo all’appello incidentale, il Collegio di appello lo ha ritenuto parimenti infondato evidenziando che la società
Cons. Est. NOME COGNOME
appellata aveva presentato per l’anno 2002 condono ex art. 7 legge n.289/2002 (c.d. condono tombale), definendo così tutti i rapporti d’imposta relativi a detta annualità;
-ricorre a questa Corte l’Amministrazione Finanziaria con atto affidato a un solo motivo di doglianza;
-la società resiste con controricorso e ha presentato proprio ricorso incidentale consistente in una sola censura;
-a tale ricorso incidentale resiste l’Agenzia delle Entrate con controricorso;
-la società contribuente ha anche depositato memoria illustrativa delle proprie difese;
Considerato che:
-l’unico motivo di ricorso principale dell’Agenzia delle Entrate si duole della violazione e falsa applicazione dell’art. 8, comma 35, della L. 11 marzo 1988, n. 67, in connessione con gli artt. 13 e 19 del d.P.R. 26.10.1972, n. 633, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per avere il giudice di secondo grado erroneamente attribuito rilevanza decisiva alla circostanza che la società in epigrafe avesse versato l’IVA alla distaccante e che quest’ultima l’avesse riversata all’erario, così come quel lo di primo grado non aveva focalizzato il nocciolo della questione, escludendo che fosse rilevante l’onerosità dell’operazione; secondo parte ricorrente in forza della giurisprudenza della Corte di giustizia e della conforme giurisprudenza successiva di codesta Suprema Corte, invece, risulta essenziale che, in fattispecie di distacco di personale contestate dall’amministrazione fiscale, il giudice di merito proceda ad accertare, con onere della prova a carico della contribuente che intende avvalersi della detrazione IVA, che sussista un nesso diretto tra le due prestazioni ai fini del reciproco
Cons. Est. NOME COGNOME
condizionamento, vale a dire che l’una è effettuata solo a condizione che lo sia anche l’altra, e viceversa;
-in sintesi, quindi, secondo l’Agenzia delle entrate la prestazione di servizi (distacco di personale) deve essere insomma corrispettiva rispetto a un compenso (controprestazione), qualunque sia il suo importo (coincidente o no con il costo del personale distaccato).
-il motivo è fondato;
-la richiamata norma, secondo la quale ‘non sono da intendere rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo’ va disapplicata, in base a quanto stabilito dalla Corte di giustizia UE, nella causa C94/19 dell’11 marzo 2020 (RAGIONE_SOCIALE/Agenzia delle entrate), secondo la quale ‘l’articolo 2, punto 1, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme – deve essere interpretato nel senso che esso osta a una legislazione nazionale in base alla quale non sono ritenuti rilevanti ai fini dell’imposta sul valore aggiunto i prestiti o i distacchi di personale di una controllante presso la sua controllata, a fronte dei quali è versato solo il rimborso del relativo costo, a patto che gli importi versati dalla controllata a favore della società controllante, da un lato, e tali prestiti o distacchi, dall’altro, si condizionino reciprocamente’;
-i giudici unionali hanno, dunque, stabilito che la prestazione di servizi, come definita dall’art. 2, punto 1, della sesta direttiva (che corrisponde all’art. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972), deve
ritenersi onerosa e, quindi, imponibile ai fini IVA, purché sia ravvisabile un nesso di corrispettività tra il servizio reso e la somma ricevuta, anche in mancanza di lucratività, sicché è irrilevante l’importo del corrispettivo, ossia che esso sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto a suo carico nell’ambito della fornitura della sua prestazione (Cass. n. 529 del 14/01/2021);
-è invece importante che la prestazione di servizi, come definita dall’art. 2, punto 1, della sesta direttiva (che si specchia nell’art. 3 del d.P.R. n. 633 del 1972), sia da ritenere onerosa, e quindi imponibile, condizione che ricorre ove sia ravvisabile un nesso di corrispettività tra servizio reso e somma ricevuta, anche in mancanza di lucratività. È dunque irrilevante l’importo del corrispettivo, ossia che sia pari, superiore o inferiore ai costi che il soggetto passivo ha sostenuto nell’ambito della fornitura della sua prestazione
-il giudice di rinvio dovrà, quindi, accertare se il pagamento da parte della società contribuente degli importi fatturati dalla RAGIONE_SOCIALE costituiva una condizione per il distacco del personale e se gli importi pagati rappresentavano solo il corrispettivo del distacco;
-venendo poi all’esame del solo motivo di ricorso incidentale proposto da RAGIONE_SOCIALE lo stesso censura la sentenza impugnata denunciandone la motivazione meramente apparente in violazione di legge costituzionalmente rilevante (art. 36 d. Lgs. 546 del 1992, art. 132, comma 2 n. 4 c.p.c., art. 118 disp. att. c.p.c. e art. 112 c.p.c.), in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.: secondo la società contribuente la CGT di secondo grado ha solo apparentemente statuito sul motivo di impugnazione relativo all’illegittimità
recupero a tassazione della sopravvenienza attiva straordinaria di € 104.720,10, dando origine a una sentenza viziata da palesi contraddizioni interne che hanno dato luogo a un incomprensibile percorso motivazionale,
-anche tale motivo è fondato;
-nella parte ‘svolgimento del processo’ si legge, nella sentenza qui gravata, che ‘la decisione del giudice di prime cure veniva sorretta dal seguente impianto motivazionale, sia in ordine alle eccezioni di rito che venivano preliminarmente valutate infondate, sia in relazione alle censure di merito formulate nel ricorso introduttivo ed articolate nei capi sub A -B – C e D: in ordine alla censura sub A, relativa al recupero di Euro 104.720,70 a titolo di sopravvenienza attiva straordinaria per insussistenza dei debiti, quest’ultima veniva accolta, avendo presentato la società, per l’anno 2002 condono ex art.9 legge n.289/2002 (c.d. condono tombale); …’
-effettivamente, però, non è vero che la censura sub A formulata nel ricorso sia stata accolta dalla CTP; è – ovviamente – vero il contrario. Nella sentenza di primo grado prodotta a questa Corte la valutazione di infondatezza del motivo di ricorso trova spazio alle pagine 7 e 8; il capo della sentenza così inizia: ‘Passando poi alle censure sul merito della operata imposizione, quanto alla eccezione sub A) relativa al recupero di € 107.720,70 a titolo di sopravvenienza attiva straordinaria per insussistenza di debiti, il ricorso è sul punto infondato’. Nella parte ‘motivi della decisione’ della sentenza di secondo grado si legge: ‘per quanto riguarda l’appello incidentale, il Collegio lo ritiene infondato. Infatti, si ritiene di condividere, al riguardo l’assunto del giudice di prime cure, evidenziando che la società appellata aveva presentato per l’anno 2002 condono ex art. 7
legge n.289/2002 (c.d. condono tombale), definendo così tutti i rapporti d’imposta relativi a detta annualità. Pertanto, ciò non può dar luogo ad ulteriore recupero a tassazione, come si fosse trattato di sopravvenienza straordinaria per insussistenza di debiti’;
-risulta allora evidente, come correttamente denunciato dalla ricorrente incidentale, che sussiste il contrasto ineliminabile e irrisolvibile, anche in forza di una lettura complessiva del provvedimento impugnato, tra il primo e il terzo periodo sopra trascritti, in quanto il primo afferma la sussistenza della pretesa dell’Ufficio e il terzo all’opposto -nega che l’Ufficio possa procedere al recupero a tassazione. A ciò si aggiunga come la seconda frase aderisce in modo del tutto assertivo e apodittico alla decisione di primo grado, della quale non mostra aver fatto alcuna consapevole analisi, neppure per implicito. E infine, l’appello incidentale viene rigettato nel dispositivo;
-come è noto, a seguito della riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.L. 22 giugno 2012, n. 83, convertito in legge 7 agosto 2012, n. 134, applicabile ratione temporis anche alla sentenza in esame, il vizio motivazionale deve essere considerato, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, alla stregua del “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e
grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione (Cass. sez. un. n. 8053 e 8054 del 2014), precisandosi ulteriormente che di “motivazione apparente” o di “motivazione perplessa e incomprensibile” può parlarsi laddove essa non renda «percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice» (Cass. sez. un. n. 22232 del 2016; Cass. n. 9105 del 2017). Ancora, si precisa che il vizio di motivazione previsto dall’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e dall’art. 111 Cost. sussiste quando la pronuncia riveli una obiettiva carenza nella indicazione del criterio logico che ha condotto il giudice alla formazione del proprio convincimento (Cass. n.3819 del 2020), come accade quando non vi sia alcuna esplicitazione sul quadro probatorio, né alcuna disamina logico-giuridica che lasci trasparire il percorso argomentativo seguito;
-alla luce delle considerazioni sopra svolte, ritiene il Collegio che gli elementi evidenziati dalla ricorrente incidentale sono in questo caso idonei a inficiare la motivazione che risulta -in forza delle nette contraddizioni che essa esprime, del tutto incomprensibile quanto al rilievo in oggetto in quanto dalla lettura della stessa, quanto al punto in argomento, non risulta comprensibile l’iter logico giuridico seguito dal Collegio di merito per addivenire alla decisione resa;
-pertanto, anche il motivo di ricorso incidentale va accolto;
-la sentenza è quindi anche sotto tal profilo cassata con rinvio al giudice del merito;
p.q.m .
accoglie il ricorso principale e il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, che statuirà anche quanto alle spese processuali di questo giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 marzo 2025.