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Disposizione enunciata: no imposta se le parti diverse

Una società ha contestato un avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativo a un decreto ingiuntivo che menzionava una precedente cessione di credito. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 31827/2024, ha stabilito che la tassazione della disposizione enunciata non è dovuta se i soggetti dell’atto che enuncia e quelli dell’atto enunciato non sono gli stessi. Tuttavia, resta dovuta l’imposta fissa sull’atto principale, ovvero il decreto ingiuntivo.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Disposizione Enunciata: la Cassazione fissa i paletti per l’Imposta di Registro

L’applicazione dell’imposta di registro su una disposizione enunciata in un atto giudiziario è un tema complesso che genera frequenti contenziosi. Con l’ordinanza n. 31827/2024, la Corte di Cassazione è tornata a fare chiarezza su un requisito fondamentale: l’identità dei soggetti tra l’atto che enuncia e quello enunciato. La decisione offre importanti spunti operativi, specialmente nell’ambito delle operazioni di cessione del credito.

I Fatti del Caso: la Pretesa del Fisco

Il caso ha origine dall’impugnazione di un avviso di liquidazione dell’imposta di registro da parte di una società. L’imposta era stata richiesta dall’Agenzia delle Entrate in relazione a un decreto ingiuntivo ottenuto dalla società (in qualità di procuratrice di una società veicolo) contro un debitore. Il decreto ingiuntivo, oltre a fondarsi su un contratto di finanziamento originario, menzionava (o ‘enunciava’) un atto di cessione di credito attraverso il quale la società veicolo era subentrata nella posizione del creditore originario.

Secondo l’amministrazione finanziaria, in base all’art. 22 del D.P.R. 131/1986, anche l’atto di cessione, in quanto enunciato, doveva essere assoggettato a imposta di registro. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società contribuente, ritenendo mancante il presupposto dell’identità soggettiva tra le parti del decreto ingiuntivo e quelle dell’atto di cessione.

La Decisione della Corte: il Principio della Disposizione Enunciata e il Ruolo del Giudice

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando, tra le altre cose, la violazione dell’art. 22 del Testo Unico sull’Imposta di Registro. La Suprema Corte ha rigettato i motivi relativi all’applicabilità dell’imposta sulla disposizione enunciata, ma ha accolto quello relativo al corretto ruolo del giudice tributario.

La Corte ha ribadito un principio consolidato: l’imposta su una disposizione enunciata si applica solo se vi è piena corrispondenza tra le parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione e le parti che hanno posto in essere l’atto enunciato non registrato. Nel caso di specie, questa identità mancava palesemente.

Il ruolo attivo del Giudice Tributario

La Cassazione ha tuttavia accolto un motivo di ricorso dell’Agenzia, precisando un aspetto cruciale del processo tributario. Anche se l’avviso di accertamento era illegittimo nella parte in cui richiedeva l’imposta sulla cessione del credito, il giudice non avrebbe dovuto limitarsi ad annullarlo. Il suo compito è quello di rideterminare la pretesa tributaria corretta, confermando la parte legittima. Poiché la contribuente non aveva contestato la debenza dell’imposta di registro in misura fissa sul decreto ingiuntivo (l’atto ‘enunciante’), tale imposta restava dovuta. Per questo motivo, la Corte ha cassato la sentenza senza rinvio, correggendo la decisione e stabilendo la debenza della sola imposta fissa sul decreto.

Le Motivazioni: Perché l’Identità dei Soggetti è un Requisito Essenziale

La motivazione della Corte si fonda su una lettura rigorosa dell’art. 22 del D.P.R. 131/1986. La norma prevede che ‘Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate’.

La Corte ha chiarito che il requisito delle ‘stesse parti’ non può essere interpretato in senso estensivo o sostanziale. Le parti del giudizio monitorio (la società procuratrice del nuovo creditore e il debitore) sono diverse dalle parti del contratto di finanziamento originario (il creditore originario e il debitore). Allo stesso modo, sono diverse le situazioni giuridiche sottese: da un lato l’azione per il recupero del credito, dall’altro la cessione del credito stessa.

L’assenza di questa identità soggettiva fa venir meno il presupposto fondamentale per l’imponibilità della disposizione enunciata. La ratio della norma è infatti quella di recuperare a tassazione atti preesistenti non registrati, ma solo quando vi sia una continuità soggettiva che li leghi all’atto successivo che li menziona.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche per le Cessioni di Credito

La sentenza consolida un orientamento favorevole al contribuente e fornisce importanti indicazioni pratiche. L’enunciazione di una cessione di credito all’interno di un decreto ingiuntivo non comporta automaticamente l’applicazione dell’imposta di registro su tale cessione. Affinché scatti l’obbligo fiscale, è indispensabile che le parti dell’atto enunciante e di quello enunciato coincidano perfettamente, requisito che nelle complesse operazioni di cartolarizzazione e cessione di crediti è raramente soddisfatto. Resta fermo, tuttavia, l’obbligo di versare l’imposta di registro in misura fissa per l’atto principale, ovvero il decreto ingiuntivo, se non specificamente contestato.

Quando si applica l’imposta di registro su una disposizione enunciata in un altro atto?
L’imposta si applica, secondo l’art. 22 del dPR 131/1986, solo se le disposizioni enunciate sono contenute in atti non registrati posti in essere ‘fra le stesse parti’ che sono intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione.

La cessione del credito menzionata in un decreto ingiuntivo è tassabile se le parti non coincidono?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se le parti del decreto ingiuntivo (es. il nuovo creditore e il debitore) sono diverse da quelle della cessione del credito (es. il creditore originario e il nuovo creditore), manca il requisito dell’identità soggettiva e, pertanto, l’imposta sulla disposizione enunciata non è dovuta.

Se un avviso di accertamento è parzialmente illegittimo, il giudice tributario deve annullarlo del tutto?
No. Secondo la Corte, il processo tributario non mira alla mera eliminazione dell’atto, ma a una pronuncia di merito sostitutiva. Se l’avviso è invalido per motivi sostanziali, il giudice deve esaminare la pretesa nel merito e ricondurla alla misura corretta, confermando la parte dovuta e non contestata (in questo caso, l’imposta fissa sul decreto ingiuntivo).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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