Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 198 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 198 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11331 -201 6 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , NOME COGNOME rappresentata e difesa, per procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo Studio Legale COGNOME;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO
– controricorrente –
Oggetto:
Tributi –
cartella di pagamento –
notifica
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, per procura speciale in calce al controricorso, dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio legale dell’avv. NOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 10852/23/2015 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata in data 03/12/2015; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/10/2023 dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
1. In controversia avente ad oggetto l’ impugnazione di una intimazione di pagamento dell’importo portato da una cartella di pagamento che la RAGIONE_SOCIALE non esserle mai stata notificata, con la sentenza in epigrafe indicata la CTR campana accoglieva l’appello proposto dall’agente della riscossione avverso la sfavorevole sentenza di primo grado ritenendo regolare la notifica della cartella di pagamento effettuata a mezzo posta, in quanto «l’appellante documentato -attraverso la produzione della copia della ricevuta di ritorno -sottoscritta da persona presente all’indirizzo del destinatario e che si era qualificata come addetta alla ricezione degli atti -e dalla documentazione di ufficio che la cartella -il cui numero era stampigliato sulla ricevuta di ritorno -era stato spedito e ricevuto dal destinatario». Riteneva, inoltre, privo di specificità il disconoscimento operato dalla società contribuente della copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale, «giuridicamente errata e priva di qualsiasi fondamento», oltre c he «contraria a logica», l’omessa indicazione del destinatario dell’atto sull’avviso di ricevimento della raccomandata postale sulla quale era comunque «stampigliato» il numero della cartella di pagamento contenuta nel plico;
«palesemente stravaganti -prima ancora che giuridicamente infondati» le ragioni addotte dalla società contribuente «per contrastare il valore probatorio del documento prodotto», in particolare con riferimento ai dubbi esternati dalla stessa sulla possibil ità che l’ufficiale postale si fosse recato effettivamente presso la sede della società in quanto ubicata in un complesso con oltre 50 unità immobiliari, nonché con riferimento alla qualifica del soggetto, diverso dal destinatario, cui era stato consegnato l’atto, stante la natura fidefaciente dell’attestazione dell’ufficiale postale non contrastata con querela di falso. Riteneva, infine, tempestiva la produzione documentale effettuata in primo grado dall’agente della riscossione.
Avverso tale statuizione la società contribuente propone ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, cui replicano le intimate con separati controricorsi.
La ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione o falsa applicazione dell’art. 53, comma 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 per non avere i giudici di appello rilevato l’inammissibilità dell’appello dell’agente della riscossione per difetto di specificità dei motivi di impugnazione.
Il motivo è inammissibile e, comunque, manifestamente infondato.
2.1. E’ inammissibile per essere, a sua volta, privo di specificità non avendo la ricorrente riportato, almeno nei suoi passi essenziali e nemmeno per relatione m, il contenuto dell’atto di appello che sostiene difettasse di specifici motivi di impugnazione. Al riguardo deve ricordarsi che, in tema di ricorso per cassazione, l’esercizio del potere di esame diretto degli atti del giudizio di merito, riconosciuto alla S.C. ove sia denunciato un error in procedendo , come nel caso
in esame, presuppone l’ammissibilità del motivo, ossia che la parte riporti in ricorso, nel rispetto del principio di autosufficienza, gli elementi ed i riferimenti che consentono di individuare, nei suoi termini esatti e non genericamente, il vizio suddetto, così da consentire alla Corte di effettuare il controllo sul corretto svolgimento dell’ iter processuale senza compiere generali verifiche degli atti (fra le tante, Sez. 6 – 1, Ordinanza n. 23834 del 25/09/2019).
2.2. In ogni caso, il motivo è manifestamente infondato in quanto nella stessa sentenza impugnata si dà atto dei motivi di appello, invero specifici, proposti dall’agente della riscossione (pag. 4, terz o alinea , ove la CTR fa un’elencazione letterale dei motivi addotti ), e dall’Agenzia delle entrate (pag. 4, quart o alinea).
2.3. Deve, poi, ricordarsi che, per costante orientamento di questa Corte, nel processo tributario la sanzione di inammissibilità dell’appello per difetto di specificità dei motivi, prevista dall’art. 53, comma 1, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, deve essere interpretata restrittivamente, in conformità all’art. 14 disp. prel. cod. civ., trattandosi di disposizione eccezionale che limita l’accesso alla giustizia, dovendosi consentire, ogni qual volta nell’atto sia comunque espressa la volontà di contestare la decisione di primo grado, l’effettività del sindacato sul merito dell’impugnazione (tra le tante, da ultime: Cass., Sez. 6^-5, 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2019, n. 707; Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2019, n. 707; Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5^, 2 dicembre 2020, n. 27496; Cas., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3443; Cass., Sez. 5^, 10 marzo 2021, n. 6596; Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2021, nn. 6850 e 6852; Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5^, 26 maggio 2021, nn. 14562 e 14582; Cass., Sez. 5^, 27 maggio 2021, n. 14873). Pertanto, l’indicazione dei motivi specifici dell’impugnazione, richiesta dall’art. 53, comma 1, del
D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, non deve consistere in una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate a sostegno dell’appello, richiedendosi, invece, soltanto una esposizione chiara ed univoca, anche se sommaria, sia della domanda rivolta al giudice del gravame, sia delle ragioni della doglianza (Cass., Sez. 5^, 21 novembre 2019, n. 30341). Si è, inoltre, ritenuto che non vi è incertezza dei motivi specifici dell’impugnazione, tali da comportare l’inammissibilità dell’appello a termini dell’art. 53, comma 1, del D.L.vo 31 dicembre 1992 n. 546, ove il gravarne, benché formulato in modo sintetico, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco, potendo gli elementi di specificità dei motivi ricavarsi dall’intero atto di impugnazione nel suo complesso (Cass., Sez. 6^5, 24 agosto 2017, n. 20379; Cass., Sez. 5^, 21 luglio 2020, n. 15519; Cass., Sez. 5^, 26 maggio 2021, n. 14582). Non è, quindi, necessaria ai fini dell’ammissibilità dell’appello la indicazione di specifici motivi in relazione a specifiche censure della sentenza impugnata, essendo sufficiente che l’appellante si riporti alle argomentazioni già sostenute nel grado di merito precedente, insistendo per la legittimità dell’avviso impugnato. (Cass., Sez. 5^, 26 maggio 2021, n. 14582). Nel processo tributario vige, quindi, il principio per cui ove l’Amministrazione finanziaria si limiti a ribadire e riproporre in appello le stesse ragioni e argomentazioni poste a sostegno della legittimità del proprio operato, come già dedotto in primo grado, in quanto considerate dalla stessa idonee a sostenere la legittimità dell’avviso di accertamento annullato, è da ritenersi assolto l’onere d’impugnazione specifica previsto dall’art. 53 del d.lgs n. 546 del 1992, secondo il quale il ricorso in appello deve contenere “i motivi specifici dell’impugnazione” e non già “nuovi motivi”, atteso il carattere devolutivo pieno dell’appello, che è un mezzo di impugnazione non limitato al controllo di vizi specifici della sentenza di primo grado, ma rivolto ad ottenere il riesame della causa nel
merito» (cfr., ex multis , Cass. n. 23532/2018, non massimata; Cass. n. 7369/2017; Cass. n. 1200/2016; Cass. n. 3064/2012; in termini anche Cass. n. 26361 del 2022).
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ. per avere la CTR omesso di pronunciarsi sull’eccezione di inammissibilità dell’appello per mancata indicazione dei motivi specifici.
Il motivo è infondato alla stregua del principio giurisprudenziale secondo cui «Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti», come nel caso di specie, del tutto «incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia» (Cass. n. 24155 del 2017; conf. Cass. 29191 del 2017, n. 2151 del 2021).
4.1. Invero, nel caso di specie la decisione nel merito, di accoglimento dell’appello dell’agente della riscossione, implica necessariamente il rigetto della questione preliminare di inammissibilità di quell’atto.
4.2. Da ciò anche l’inammissibilità del motivo alla stregua del principio secondo cui «È configurabile la decisione implicita di una questione (connessa a una prospettata tesi difensiva) o di un’eccezione di nullità (ritualmente sollevata o rilevabile d’ufficio) quando queste risultino superate e travolte, benché non espressamente trattate, dalla incompatibile soluzione di un’altra
questione, il cui solo esame presupponga e comporti, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza; ne consegue che la reiezione implicita di una tesi difensiva o di una eccezione è censurabile mediante ricorso per cassazione non per omessa pronunzia (e, dunque, per la violazione di una norma sul procedimento), bensì come violazione di legge e come difetto di motivazione, sempreché la soluzione implicitamente data dal giudice di merito si riveli erronea e censurabile oltre che utilmente censurata, in modo tale, cioè, da portare il controllo di legittimità sulla decisione inespressa e sulla sua decisività» (Cass. n. 12131 del 2023).
Con il terzo motivo la ricorrente deducendo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 2719 cod. civ., censura la sentenza impugnata per avere ritenuto inammissibile il disconoscimento operato dalla società ricorrente della copia dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale utilizzata per la notifica della cartella di pagamento rispetto al suo originale non ai sensi degli artt. 214 e 215 cod. proc. civ., che regola il disconoscimento della scrittura privata, bensì ai sensi dell’art. 2719 cod. civ. con la conseguenza che tale disconoscimento avrebbe dovuto comportare, alla stregua del principio affermato da Cass. n. 14804 del 2014, l’onere per la controparte di esibire l’originale del documento.
Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
6.1. Innanzitutto, perché è la stessa CTR a dare atto che, diversamente da quanto dedotto nel motivo in esame, il disconoscimento venne effettuato anche ai sensi degli artt. 214 e 215 cod. proc. civ.
6.2. Si legge, infatti, nella motivazione della sentenza impugnata che la società aveva disconosciuto la fotocopia prodotta « ai sensi dell’art. 214 e 215 c.p.c. e 2719 c.c. » (sentenza, pagg. 5 e 14) per
poi pervenire alla conclusione che si trattava di disconoscimento del tutto generico e come tale inammissibile.
6.3. Il motivo è altresì inammissibile in quanto non coglie la ratio decidendi della statuizione impugnata che ha dichiarato l’inammissibilità del disconoscimento in quanto privo di specificità , essendo all’uopo del tutto irrilevante che lo stesso sia stato effettuato ai sensi della disposizione civilistica citata (con cui si pone in discussione non l’autenticità del documento, ma soltanto la piena corrispondenza della riproduzione fotografica al suo originale -Cass. n. 6176 del 2020), piuttosto che delle norme processuali pure sopra indicate (con cui si contesta la riferibilità della scrittura al soggetto che risulta esserne l’autore apparente -cfr. Cass. da ultimo citata), atteso che in entrambi i casi il disconoscimento deve essere effettuato in maniera specifica.
6.4. Infatti, secondo l’orientamento consolidato di questa Corte, «La contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche o onnicomprensive, ma va operata -a pena di inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale» (Cass. n.27633 del 2018) e così pure per il disconoscimento effettuato ai sensi dell’art. 214 c.p.c., che «deve avvenire in modo formale ed inequivoco essendo, a tal fine, inidonea una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti; inoltre, la relativa eccezione deve contenere specifico riferimento al documento e al profilo di esso che viene contestato» (Cass. n. 17313 del 2021)
6.5. Il motivo in esame è, infine, inammissibile perché inidoneo a contrastare l’accertamento del fatto processuale operato dai giudici di appello circa l’aspecificità del disconoscimento, essendosi la
ricorrente limitata soltanto ad affermare nel ricorso di aver contestato specificamente la documentazione prodotta ma senza indicare, riportare o trascrivere il contenuto della contestazione.
Con il quarto motivo la ricorrente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione degli artt. 4 e 8 della legge n. 890 del 1982 e 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, per avere la CTR ritenuto regolare la notifica della cartella d i pagamento pur in mancanza sull’avviso di ricevimento del nominativo del destinatario.
Il motivo è inammissibile in quanto non si confronta con l’accertamento in fatto compiuto dai giudici di appello che hanno ritenuto superflua quella indicazione in quanto sull’avviso di ricevimento della raccomandata postale era stampigliato il numero della cartella di pagamento emessa nei confronti della società contribuente, sicché era indubitabile la riconducibilità di detto avviso al destinatario.
8.1. Quanto al profilo della «genericità del recapito postale del destinatario» per essere stato indicato sull’avviso di ricevimento della raccomandata postale un numero civico corrispondente a 50 unità immobiliari, cui la ricorrente ha pure fatto riferimento nel motivo in esame, deve rilevarsene l’inammissibilità in considerazione del fatto che la sentenza impugnata ha accertato l’avvenuta regolare consegna del plico da parte dell’ufficiale postale ad un incaricato del destinatario, risultante dal predetto avviso che, sul punto, fa piena prova fino a querela di falso nella specie non proposta. Lo stesso è a dirsi quanto al soggetto dichiaratosi incaricato al ritiro, a nulla rilevando al riguardo la circostanza, dedotta in ricorso, secondo cui quella persona non risultava indicato quale consegnatario nelle visure camerali prodotte in giudizio ma neppure riprodotte nel ricorso, in spregio al principio di specificità del motivo.
In estrema sintesi, il ricorso va rigettato e la ricorrente condannata al pagamento delle spese processuali liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in favore dell’Agenzia delle entrate in 7.800,00 euro per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, ed in favore dell’agente della riscossione in 7.800,00 euro per compensi ed euro 200,00 per esborsi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15 per cento dei compensi e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 18/10/2023