Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8604 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8604 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 01/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4756/2019 R.G. proposto da :
NOMECOGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. SIRACUSA n. 2968/2018 depositata il 10/07/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La ricorrente ha impugnato l ‘ intimazione di pagamento relativa alla cartella di pagamento n°29820110002743722NUMERO_CARTA avente ad oggetto il recupero del credito di imposta per l’anno 2007, chiedendone l’annullamento per: 1) inesistenza giuridica della notificazione della intimazione di pagamento; 2) omessa notifica della cartella di pagamento prodromica; 3) omessa indicazione del responsabile del procedimento; 4) violazione dell’art. 7 , II comma, L. n°212/2000; 5) infondatezza della pretesa erariale.
La CTP di Siracusa, con la sentenza n°3185/04/14, ha accolto il ricorso della contribuente e ha annullato l ‘ intimazione di pagamento impugnata, per omessa notifica della cartella di pagamento prodromica.
Ha proposto appello l’Agente della riscossione , innanzi alla CTR di Palermo, e la contribuente ha resistito al gravame. Con la sentenza n° 2968/04/18 la CTR ha accolto l’appello dell’Agente della riscossione, condannando la contribuente al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio. In particolare, il giudice del gravame ha ritenuto che la notifica della cartella di pagamento a un familiare del contribuente presso la residenza di quest’ultimo fosse valida ai sensi dell’art. 139 c.p.c. e non richiedesse l’integrazione prevista dall’art. 60 del d.P.R. n.600 del 1973; che il ricorso fosse stato presentato oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento e pertanto fosse inammissibile; che la fotocopia della relazione di notifica costituisse una prova valida dell’avvenuta notifica della cartella di pagamento, in quanto la contribuente non aveva contestato specificamente la conformità della fotocopia all’originale; che l’intimazione di pagamento fosse stata notificata regolarmente e avesse un valore meramente riproduttivo dell’invito ad adempiere contenuto nella cartella di pagamento.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 4 motivi, cui ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate ;
entrambi hanno depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 22, IV e V comma, d.lgs, n°546/92, in relazione all’art. 360 , I comma, n. 4 c.p.c. Il combinato disposto dei commi 4 e 5 dell’art. 22 del D.lgs. n. 546/1992, prevede la possibilità per le parti di depositare in giudizio sia gli originali che le copie dei documenti istruttori, ma obbliga il Giudice ad ordinare l’esibizione degli originali in caso di contestazione sulla conformità delle copie, adempimento che non sarebbe stato disposto.
1.1. Rileva il collegio che l ‘invocato comma 5 dispone che ‘ Ove sorgano contestazioni il giudice tributario ordina l’esibizione degli originali degli atti e documenti di cui ai precedenti commi ‘ .
1.2. Tuttavia, nella fattispecie la censura non coglie la ratio decidendi della sentenza ( ex plurimis: Cass. 08/06/2022 n. 18429), atteso che la CTR ha rilevato che la contestazione era del tutto generica: ‘pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendosi concretizzare nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (cfr. Cass., sezione lavoro, 28 gennaio 2011 n.2117; conforme Cass., sezione lavoro, 3 luglio 2001 n.8998)’ .
Questa Corte ha stabilito in proposito che, in tema di efficacia probatoria delle riproduzioni meccaniche di cui all’art. 2712 c.c., il “disconoscimento” che fa perdere alle riproduzioni stesse la loro qualità di prova – e che va distinto dal “mancato riconoscimento”, diretto o
indiretto, il quale, invece, non esclude che il giudice possa liberamente apprezzare le riproduzioni legittimamente acquisite -, pur non essendo soggetto ai limiti e alle modalità di cui all’art. 214 c.p.c., deve tuttavia essere chiaro, circostanziato ed esplicito, dovendo concretizzarsi nell’allegazione di elementi attestanti la non corrispondenza tra realtà fattuale e realtà riprodotta (Cass. 28/01/2011, n. 2117 (Rv. 616047 01)).
1.3. Alla luce di quanto sopra considerato, consegue che il motivo va dichiarato inammissibile.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione dell’art. 2719 c.c. , in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3) c.p.c. Sostiene che il disconoscimento di conformità di una copia fotostatica, ai sensi dell’art. 2719 c.c., non necessit i di un’espressa e specifica indicazione degli elementi di difformità. A sostegno di tale affermazione, evidenzia le differenze tra l’art. 2712 c.c., che regola il valore probatorio delle riproduzioni meccaniche di fatti e cose, e l’art. 2719 c.c., il quale disciplina l’efficacia probatoria delle copie fotografiche di scritture. Nel caso di riproduzioni meccaniche ex art. 2712 c.c., il disconoscimento deve essere specifico, in quanto priva la riproduzione della sua efficacia probatoria, precludendo al Giudice di verificarne la conformità con altri mezzi di prova. Al contrario, nel caso di copie fotografiche ex art. 2719 c.c., il disconoscimento, anche se generico, sarebbe sufficiente a privare la copia della sua efficacia probatoria. Il Giudice può comunque accertare la conformità all’originale con altri mezzi di prova, anche presuntivi.
2.1. Va pre messo che l’art. 2719 c.c. dispone che ‘ Le copie fotografiche di scritture hanno la stessa efficacia delle autentiche, se la loro conformità con l’originale è attestata da pubblico ufficiale competente ovvero non è espressamente disconosciuta ‘.
2.2. Sulla quaestio si è già pronunciata questa Corte, affermando che, in tema di notifica della cartella esattoriale, laddove l’agente della
riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., il giudice che escluda l’esistenza di una rituale certificazione di conformità agli originali, non può limitarsi a negare ogni efficacia probatoria alle copie prodotte, ma deve valutare le specifiche difformità contestate alla luce degli elementi istruttori disponibili, compresi quelli di natura presuntiva, attribuendo il giusto rilievo anche all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità delle copie prodotte alle riproduzioni informatiche degli originali in suo possesso (Cass. 26/10/2020, n. 23426 (Rv. 659342 – 01)).
2.3. La CTR ha fatto rettamente applicazione di tale principio, rilevando come la contestazione fosse generica e poco chiara.
2.4. Deve infatti essere osservato il principio che il disconoscimento di notifica della cartella esattoriale, laddove l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento (recanti il numero identificativo della cartella) e l’obbligato contesti la conformità delle copie prodotte agli originali, ai sensi dell’art. 2719 c.c., necessita di specificazione delle ragioni della asserita non conformità, essendo viceversa insufficiente, a tal fine, il generico mero disconoscimento.
2.5. Il motivo è dunque infondato.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione degli artt. 26 DPR n. 602/73 e 60, I comma, lett. bbis del d.P.R. n° 600/73, in relazione all’art. 360 , I comma, n. 3 c.p.c. La CTR avrebbe erroneamente ritenuto valida la notifica della cartella di pagamento effettuata a mani del figlio, senza che fosse stato inviato alla contribuente l’avviso di ricevimento previsto dall’art. 60, comma I, lett. bbis , del D.P.R. n. 600/1973.
3.1. Il motivo è infondato.
3.2. In tema di notifica diretta degli atti impositivi, eseguita a mezzo posta dall’Amministrazione senza l’intermediazione dell’ufficiale giudiziario, in caso di mancato recapito per temporanea assenza del destinatario, la notificazione si intende eseguita decorsi dieci giorni dalla data del rilascio dell’avviso di giacenza e di deposito presso l’Ufficio Postale (o dalla data di spedizione dell’avviso di giacenza, nel caso in cui l’agente postale, sebbene non tenuto, vi abbia provveduto), trovando applicazione in detto procedimento semplificato, posto a tutela delle preminenti ragioni del fisco, il regolamento sul servizio postale ordinario che non prevede la comunicazione di avvenuta notifica, avendo peraltro Corte Cost. n. 175 del 2018 ritenuto legittimo l’art. 26, comma 1, d.P.R. 602 del 1973 (nel rilievo che il ragionevole bilanciamento degli interessi pubblici e privati è comunque assicurato dalla facoltà per il contribuente di richiedere la rimessione in termini, ex art. 153 c.p.c., ove dimostri, anche sulla base di idonei elementi presuntivi, di non aver avuto conoscenza effettiva dell’atto per causa a lui non imputabile) (Cass. 28/05/2020, n. 10131 (Rv. 657732 – 01)).
3.3. Il motivo va conseguentemente respinto.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art . 21, I comma, D.Lgs.n. 546/92, in relazione all’art. 360 I comma n°4 c.p.c. : il ricorso sarebbe stato presentato tempestivamente, in quanto l’intimazione di pagamento, atto impugnato, è stata notificata il 16 ottobre 2013, mentre il ricorso è stato presentato l’8 novembre 2013. La CTR di Palermo avrebbe perciò erroneamente dichiarato inammissibile il ricorso in primo grado perché presentato oltre il termine di 60 giorni dalla notifica della cartella di pagamento.
4.1. Il motivo va rigettato, perché una volta ritenuta valida la notifica oggetto di contestazione, il ricorso è tardivo rispetto alla data utile da considerare.
Il ricorso va conseguentemente rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 1.486,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 25/03/2025.