Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23825 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23825 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11539/2020 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
AGENZIA delle RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato. -resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. del LAZIO-SEZ.DIST. LATINA n. 9219/2018, depositata il 19/12/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Con l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, relativo all’anno d’imposta 2010, l’Ufficio contestava all’associazione sportiva dilettantistica Alatri e, per quanto qui rileva, al sig. COGNOME NOME quale corresponsabile solidale ex art. 38 c.c., l’omess o versamento di imposte per IRES, IRAP e IVA, a seguito di verifica fiscale dalla quale era emerso la violazione della l. n. 398/91 e dell’art. 148 del d.p.r. n. 917/1986 , nonchè il superamento dei limiti per potersi avvalere della disciplina agevolatrice.
Dopo aver protestato in sede stragiudiziale la propria estraneità all’attività gestoria dell’associazione, il contribuente impugnava il detto avviso di accertamento avanti alla CTP di Frosinone, procedendo altresì a disconoscere le sottoscrizioni a lui apparentemente riconducibili, salvo quella in calce all’atto costitutivo, rilevando altresì come ogni attività fosse stata compiuta, comprese le operazioni bancarie, dai coniugi COGNOME e COGNOME. Il ricorso è stato accolto in primo grado dalla CTP di Frosinone, con la sentenza n. 446 del 07/05/2017.
Al contrario, la CTR del Lazio -Latina, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, ha ritenuto la fondatezza dell’appello proposto dall’Ufficio.
Il contribuente ha quindi avanzato ricorso per cassazione, sulla scorta di quattro motivi di impugnazione, mentre l’Agenzia delle entrate si è limitata a depositare un foglio di costituzione per l’eventuale partecipazione all’udienza, dovendosi, pertanto, ritenere come mera intimata.
E’ stata, quindi, fissata udienza camerale per il 02.07.2025, in vista della quale il contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio -Latina, n. 9219/2018, depositata il 19.12.2018 e non notificata, si fonda sui seguenti motivi di doglianza, di seguito schematicamente riportati:
Error in procedendo ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., in relazione alla violazione degli artt. 36 e 61 d.lgs. n. 546/1992 e 118 disp. att. c.p.c., in tesi determinato da una motivazione apparente e contraddittoria;
Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c. nella parte in cui stabilisce che delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, in quanto il ricorrente non avrebbe mai compiuto atti gestori per conto dell’ASD Alatri;
Nullità e/o erroneità della sentenza per error in procedendo, error in judicando ex art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 214, 216 c.p.c. e 39 d.lgs. n. 546/92 in quanto il contribuente aveva disconosciuto fin dal primo grado le firme apposte sui documenti prodotti dall’ufficio ed al medesimo apparentemente riconducibili, producendo altresì perizia grafologica e dichiarazioni scritte, mentre l’amministrazione finanziaria si era limitata a chiedere la verificazione soltanto successivamente;
Error in judicando per omesso esame circa fatti decisivi del giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., relativamente al disconoscimento dei documenti a firma COGNOME ed all’omesso esame delle prove fornite dal ricorrente e della posizione processuale al riguardo assunta dall’ufficio.
Gli ultimi due motivi sopra sintetizzati possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e rivestono valore pregiudiziale, dal punto di vista logicogiuridico, rispetto all’esame
del primo e del secondo motivo di ricorso. Gli stessi risultano altresì fondati.
A tal fine occorre tuttavia premettere, per completezza, come il presente ricorso risulti tempestivo, avuto riguardo al combinato disposto dell’art. 327 c.p.c. e dell’art. 6, comma 11, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, convertito con modd. con l. 17 dicembre 2018, n. 136, a mente del quale ‘per le controversie definibili sono sospesi per nove mesi i termini di impugnazione, anche incidentale, delle pronunce giurisdizionali e di riassunzione, nonché per la proposizione del controricorso in Cassazione che scadono tra la data di entrata in vigore del presente decreto e il 31 luglio 2019’.
Ciò posto, la motivazione della sentenza impugnata appare gravemente contraddittoria nel momento in cui ha esaminato le condotte processuali tenute dalle parti e la documentazione acquisita al giudizio. A pag. 3 della decisione, infatti, si afferma che ‘…pur non potendosi attribuire, all’odierno appellato, la sottoscrizione apposta sia sui documenti contabili che su quelli societari, ciò che conta è quello che risulta dal Registro delle Imprese, dal quale risulta che l’odierno appellato era il legale rappresentante della ASD: è difficile credere che lo stesso non conoscesse cosa accadeva all’interno della ASD. D’altro canto, senza porre minimamente in dubbio la veridicità della perizia calligrafica, è molto strano che non sia stata proposta querela di falso, visto che negli incontri avuti con i Funzionari dell’Ufficio, vengono citati nomi, riferendo anche l’esatta ubicazione della sede della ASD, ad Alatri in INDIRIZZO…le dichiarazioni rese dai giocatori, allenatori e genitori di atleti, non possono trovare ingresso nel giudizio tributario, che non è testimoniale, ma documentale. Per cui alla luce di quanto risulta dai documenti presenti nell’Anagrafe Tributaria, questo Collegio ritiene l’appellato, sig. COGNOME NOMECOGNOME responsabile, unitamente alla ASD Alatri, delle infrazioni commesse’.
Appare in tal modo evidente la contraddittorietà di tale ragionamento che, da un lato, omettendo qualsiasi considerazione circa il disconoscimento operato dal contribuente, attribuisce valore probatorio a documentazione non meglio specificata e contenuta nell’Anagrafe tributaria, senza neppure prendere in esame la verificazione proposta dall’ufficio, arrivando a pretendere che il contribuente avrebbe dovuto piuttosto avanzare querela di falso.
Come si desume dall’art. 214 c.p.c., tuttavia, il disconoscimento non richiede affatto la presentazione di ‘denunce penali’ ed è alternativo alla proposizione della querela di falso, consistendo nella mera ‘negazione formale’ della propria scrittura o sottoscrizione, pur non potendo ricondursi a mere affermazioni di stile di contenuto generico. Del tutto correttamente Sez. 5, ord. n. 17313 del 17/06/2021, ha infatti stabilito che il disconoscimento della propria sottoscrizione, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., deve avvenire in modo formale ed inequivoco essendo, a tal fine, inidonea una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti.
Inoltre, come anticipato, netta è la differenza del disconoscimento (e successivo giudizio incidentale di verificazione) rispetto alla querela di falso, sì che la mancata proposizione di questa seconda istanza non priva certo di rilievo il primo: in tema di accertamento della verità di un documento, tra il giudizio di verificazione della scrittura privata e il giudizio di falso sussiste disomogeneità strutturale e funzionale, in quanto il primo ha per oggetto esclusivamente l’autenticità di una scrittura privata o della sottoscrizione ad essa apposta, mentre il secondo può investire anche l’atto pubblico o la scrittura privata riconosciuta o non riconosciuta o autenticata e può avere ad oggetto anche la genuinità della dichiarazione in essi contenuta; pertanto, avuto riguardo al combinato disposto degli artt. 221 e 355 c.p.c., la
proposizione dell’istanza di verificazione di una scrittura privata, in seguito al suo disconoscimento, preclude la proponibilità della successiva querela di falso solo se il giudizio di verificazione sia culminato nell’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione con sentenza passata in giudicato e solo se la querela di falso che si intende proporre (in via principale o incidentale) sia diretta a mettere nuovamente in discussione proprio e soltanto quella autenticità, mentre invece nessuna preclusione opera nella contraria ipotesi in cui sull’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione non si sia ancora formato il giudicato (nel qual caso il giudizio di falso potrà riguardare anche la sola autenticità della sottoscrizione) ovvero, pur essendo passato in giudicato l’accertamento dell’autenticità della sottoscrizione operato nel giudizio di verificazione, la querela di falso sia tuttavia diretta (anche od esclusivamente) a far valere la falsità ideologica del documento (Sez. 3, sent. n. 2152 del 29/01/2021).
2.1. Nel caso di specie, una volta chiarito che la parte interessata non era affatto tenuta a proporre la querela di falso, il disconoscimento appariva specifico e fondato sulla produzione di prove documentali e di una perizia grafologica di parte. Che di tale disconoscimento poi occorresse tenere conto, risulta implicitamente dalla stessa sentenza qui impugnata, laddove attribuisce rilievo probatorio indirettamente proprio ai documenti oggetto di disconoscimento (nel momento in cui li reputa comunque rinvenibili nell’Anagrafe tributaria) non potendosi perciò neanche a tal fine ritenere l’irrilevanza della posizione processuale assunta dal contribuente, limitandosi a rilevare che non aveva presentato querela di falso.
Se ciò è vero, tuttavia, la medesima sentenza incorre in un ulteriore evidente error in procedendo e nella violazione congiunta dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. laddove omette di affrontare in qualunque modo l’istanza di verificazione proposta dall’ufficio. L’art.
216 c.p.c. è infatti chiaro nello stabilire che la parte, laddove intenda avvalersi della scrittura disconosciuta, deve chiederne la verificazione producendo i mezzi di prova che ritiene utili, con la conseguenza che in mancanza di tale verificazione (o il che è lo stesso di sua tardività) il giudice non può tener conto della scrittura oggetto di disconoscimento (cfr. ex multiis, Cass., Sez. 2, ord. n. 3602 del 08/02/2024 e Sez. 3, ord. n. 36293 del 28/12/2023, secondo cui ‘il documento è privato di qualsivoglia efficacia probatoria, qualora la parte che intenda avvalersene non abbia proposto l’istanza di verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c.’).
Secondo Cass., Sez. 5, ord. n. 13333 del 17/05/2019, alla quale questo Collegio intende dare continuità, nel processo tributario, in forza del rinvio operato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l’istituto di cui all’art. 214 c.p.c. e segg., con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma – la cui tempestività deve valutarsi con riferimento alla proposizione del ricorso con cui è impugnato l’atto impositivo fondato sulla scrittura privata – il giudice ha l’obbligo di accertare l’autenticità delle sottoscrizioni, altrimenti non utilizzabili ai fini della decisione, ed a tale accertamento procede ove ricorrano le condizioni per l’esperibilità della procedura di verificazione, attivando, in caso positivo, i poteri istruttori nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il contenzioso tributario.
Nulla di tutto ciò è stato invece svolto dai giudici d’appello, i quali hanno omesso semplicemente di affrontare il tema della verificazione ex art. 216 c.p.c. e della sua tempestività, dopo aver erroneamente ritenuto che il disconoscimento effettuato dal contribuente non assumesse rilevanza in quanto, piuttosto, lo stesso avrebbe dovuto proporre una querela di falso. In questo modo, inoltre, sostanzialmente si viene ad escludere la possibilità di prova contraria in capo al soggetto formalmente riconducibile al
rappresentante dell’associazione ex art. 38 c.c., nonostante questa non sia affatto una forma di responsabilità assoluta ma implichi, viceversa, il concreto svolgimento di attività negoziale per l’associazione (cfr. da ultimo Sez. 1, ord. n. 10490 del 18/04/2024).
Il terzo e il quarto motivo di ricorso si rivelano, pertanto, complessivamente fondati, risultando, invece, assorbito in questa sede l’esame dei primi due motivi di impugnazione.
La pronuncia impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio -Sez. Latina affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso, tenendo conto dei principi sopra espressi.
Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il terzo ed il quarto motivo di ricorso e, assorbiti i primi due motivi di impugnazione, cassa la sentenza impugnata; rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio Latina, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2025