Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23827 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23827 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/08/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9729/2018 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO. (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende.
-resistente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.LAZIO-SEZ.DIST. LATINA n. 5404/2017, depositata il 21/09/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/07/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
Con l’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, relativo all’anno d’imposta 2009, l’Ufficio contestava all’associazione sportiva dilettantistica Alatri e, per quanto qui rileva, al sig. COGNOME NOME quale corresponsabile solidale ex art. 38 c.c., l’omes so pagamento di imposte per IRES, IRAP e IVA, a seguito di verifica fiscale dalla quale era emerso la violazione della l. n. 398/91 e dell’art. 148 del d.p.r. n. 917/1986 , nonché il superamento dei limiti per potersi avvalere della disciplina agevolatrice.
Dopo aver protestato in sede stragiudiziale la propria estraneità all’attività gestoria dell’associazione, il contribuente impugnava il detto avviso di accertamento avanti alla CTP di Frosinone, procedendo altresì a disconoscere le sottoscrizioni a lui apparentemente riconducibili, salvo quella in calce all’atto costitutivo, rilevando altresì come ogni attività fosse stata compiuta, comprese le operazioni bancarie, dai coniugi COGNOME e COGNOME. Il ricorso è stato accolto in primo grado dalla CTP di Frosinone, con la sentenza n. 355 del 03/05/2016.
Al contrario, la CTR del Lazio -Latina, con la sentenza oggetto dell’odierno ricorso, ha ritenuto la fondatezza dell’appello proposto dall’Ufficio.
Il contribuente ha quindi proposto ricorso per cassazione, sulla scorta di tre motivi di impugnazione, mentre l’Agenzia delle entrate si è limitata a depositare un foglio di costituzione a valere per l’eventuale partecipazione all’udienza, dovendosi, pertanto, ritenere come mera intimata.
E’ stata quindi fissata udienza camerale per il 02.07.2025, in vista della quale il contribuente ha depositato memoria ex art. 380 bis.1 c.p.c.
CONSIDERATO CHE
Il ricorso proposto dal contribuente avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio -Latina, n. 5404/2017, depositata il 21.09.2017 e non notificata, si fonda sui seguenti motivi di doglianza, di seguito schematicamente riportati:
Violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.c. nella parte in cui stabilisce che delle obbligazioni rispondono anche personalmente e solidalmente le persone che hanno agito in nome e per conto dell’associazione, in quanto il ricorrente non avrebbe mai compiuto atti gestori per conto dell’ASD Alatri;
Nullità e/o erroneità della sentenza per error in procedendo, error in judicando ex art. 360 n. 3 in relazione agli artt. 214, 216 c.p.c. e 39 d.lgs. n. 546/92 in quanto il contribuente aveva disconosciuto fin dal primo grado le firme apposte sui documenti prodotti dall’ufficio ed al medesimo apparentemente riconducibili, producendo altresì perizia grafologica e dichiarazioni scritte, mentre l’amministrazione finanziaria si era limitata a chiedere la verificazione soltanto successivamente;
Error in judicando per omesso esame di fatti decisivi per il giudizio ex art. 360 n. 5 c.p.c., relativamente al disconoscimento dei documenti a firma COGNOME ed all’omesso esame delle prove fornite dal ricorrente e della posizione processuale al riguardo assunta dall’ufficio.
Il secondo e il terzo motivo, sopra sintetizzati, possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi e rivestono valore pregiudiziale, dal punto di vista logicogiuridico, rispetto all’esame del primo motivo di ricorso. Gli stessi risultano altresì fondati.
La motivazione della sentenza impugnata appare infatti gravemente contraddittoria nel momento in cui ha esaminato le condotte processuali tenute dalle parti e la documentazione acquisita al giudizio. A pag. 3/4 della decisione si afferma che ‘…l’Ufficio ha avvalorato la prova presuntiva fondata sul rapporto
organico, con una serie (di) altri elementi costituiti da atti a firma del presidente, i quali si rivelano ulteriormente indicativi dell’effettiva attività gestionale connessa al rapporto organico (sottoscrizione dello Statuto associativo, sottoscrizione della Dichiarazione anno 2008 presentata nel 2009, fatture, contratti, ecc…), mentre la parte, al riguardo, ha opposto il disconoscimento di tali firme, fatto che in questa sede, senza il supporto di denunce penali per falsa spendita del suo nome, non può avere rilevanza…’. La semplice lettura evidente la contraddittorietà di tale ragionamento che, da un lato, attribuisce valore probatorio a documentazione recante la firma del COGNOME e -contemporaneamente -ritiene irrilevante il disconoscimento che della stessa documentazione il contribuente ha operato, senza neppure prendere in esame la richiesta di verificazione proposta dall’ufficio.
Come si desume dall’art. 214 c.p.c., il disconoscimento non richiede affatto la presentazione di ‘denunce penali’, consistendo nella mera ‘negazione formale’ della propria scrittura o sottoscrizione, pur non potendo ricondursi a mere affermazioni di stile di contenuto generico. Del tutto correttamente Sez. 5, ord. n. 17313 del 17/06/2021, ha infatti stabilito che il disconoscimento della propria sottoscrizione, ai sensi dell’art. 214 c.p.c., deve avvenire in modo formale ed inequivoco essendo, a tal fine, inidonea una contestazione generica oppure implicita, perché frammista ad altre difese o meramente sottintesa in una diversa versione dei fatti.
Nel caso di specie, tuttavia, il disconoscimento appariva specifico e fondato sulla produzione di prove documentali e di una perizia grafologica di parte. Che di tale disconoscimento poi occorresse tenere conto, risulta implicitamente dalla stessa sentenza qui impugnata, laddove attribuisce rilievo probatorio proprio ai documenti oggetto di disconoscimento, non potendosi perciò
neanche a tal fine ritenere l’irrilevanza della posizione processuale assunta dal contribuente.
Se ciò è vero, tuttavia, la medesima sentenza incorre in un evidente error in procedendo e nella violazione congiunta dell’art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c. laddove omette di affrontare in qualunque modo l’istanza di verificazione proposta dall’ufficio , di cui il ricorrente aveva peraltro contestato la tardività, sebbene poi non opponendosi alla sua ammissione . L’art. 216 c.p.c. è chiaro nello stabilire che la parte, laddove intenda avvalersi della scrittura disconosciuta, deve chiederne la verificazione producendo i mezzi di prova che ritiene utili, con la conseguenza che in mancanza di tale verificazione (o il che è lo stesso di sua tardività) il giudice non può tener conto della scrittura oggetto di disconoscimento (cfr. ex multiis, Sez. 2, ord. n. 3602 del 08/02/2024 e Sez. 3, ord. n. 36293 del 28/12/2023, secondo cui ‘il documento è privato di qualsivoglia efficacia probatoria, qualora la parte che intenda avvalersene non abbia proposto l’istanza di verificazione ai sensi dell’art. 216 c.p.c.’).
Secondo Sez. 5, ord. n. 13333 del 17/05/2019, alla quale questo Collegio intende dare continuità, nel processo tributario, in forza del rinvio operato dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione l’istituto di cui all’art. 214 c.p.c. e segg., con la conseguenza che, in presenza del disconoscimento della firma – la cui tempestività deve valutarsi con riferimento alla proposizione del ricorso con cui è impugnato l’atto impositivo fondato sulla scrittura privata – il giudice ha l’obbligo di accertare l’autenticità delle sottoscrizioni, altrimenti non utilizzabili ai fini della decisione, ed a tale accertamento procede ove ricorrano le condizioni per l’esperibilità della procedura di verificazione, attivando, in caso positivo, i poteri istruttori nei limiti delle disposizioni speciali dettate per il contenzioso tributario.
Nulla di tutto ciò è stato invece svolto dai giudici d’appello, i quali hanno omesso semplicemente di affrontare il tema della verificazione ex art. 216 c.p.c. e della sua tempestività, dopo aver erroneamente ritenuto che il disconoscimento effettuato dal contribuente assumesse rilevanza solo se accompagnato da ‘denunce penali’ e, contraddittoriamente, dimostrando di ritenere tuttavia rilevanti ai fini del giudizio le scritture e i documenti sottoscritti oggetto del medesimo disconoscimento.
Il secondo e il terzo motivo di ricorso si rivelano pertanto complessivamente fondati, risultando invece assorbito in questa sede l’esame del primo motivo di impugnazione.
La pronuncia impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla Commissione tributaria regionale, nel frattempo divenuta Corte di Giustizia Tributaria di II grado del Lazio -Sez. Latina affinché, in diversa composizione, proceda ad una nuova valutazione del caso, tenendo conto dei principi sopra espressi.
Il giudice del rinvio provvederà altresì sulle spese, anche in relazione al presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte,
accoglie il secondo ed il terzo motivo di ricorso e, assorbito il primo motivo, cassa la sentenza impugnata;
rinvia alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio Latina, in diversa composizione, per un nuovo esame ed al fine di provvedere alla regolamentazione delle spese, comprese quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2 luglio 2025