Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24029 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24029 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 06/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 8192/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’AVV_NOTAIO. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE) e d all’Avv. NOME COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), giusta procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso i rispettivi domicili digitali PEC EMAIL e EMAIL
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE , già RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del
Oggetto: tributi disconoscimento di conformità
Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura RAGIONE_SOCIALE dello Stato, presso i cui uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
–
contro
ricorrente
–
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, n. 5626/12/22, depositata in data 5 dicembre 2022 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29 maggio 2024 dal AVV_NOTAIO Relatore NOME COGNOME .
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato una intimazione di pagamento e le cartelle ad essa sottese, deducendo l’omessa notifica delle stesse e, per l’effetto, la prescrizione dei relativi crediti, nonché inesistenza degli stessi crediti e difetto di motivazione in relazione al calcolo degli interessi.
La CTP di Roma ha rigettato il ricorso, previa declaratoria della cessazione della materia del contendere in relazione a cinque cartelle.
La CTR del Lazio, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello della società contribuente. Ha osservato il giudice di appello -dopo avere ritenuto correttamente notificate le cartelle sottese -che le copie fotostatiche costituiscono prova dei fatti rappresentati, ove la controparte non ne disconosca la conformità all’originale e che il disconoscimento debba essere fatto in modo circostanziato e specifico, specificità che secondo il giudice di appello sarebbe mancata nel caso di specie. Il giudice di appello ha ritenuto, inoltre, che alla società contribuente risultavano notificati diversi atti interruttivi della prescrizione.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a due motivi; resiste con controricorso l’Agente della riscossione.
CONSIDERATO CHE
1. Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli artt. 2712 e 2719 cod. civ., nonché dell’ art. 22 e ss. d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto generico il disconoscimento di copia all’originale , nonostante il contribuente lo avesse effettuato nelle forme di rito. La censura si articola in due diversi punti, rispettivamente relativi al disconoscimento di conformità all’originale delle copie delle ricevute di accettazione e di consegna delle cartelle di pagamento notificate a mezzo EMAIL, nonché al disconoscimento di conformità delle relate di notifica delle copie cartacee delle cartelle notificate a mezzo posta. Il disconoscimento è stato effettuato con memoria ex art. 32 d. lgs. n. 546/1992 all’esito delle produzioni da parte de ll’Agente della riscossione e la questione, rigettata in primo grado, è stata riproposta in appello. In particolare, quanto alle cartelle notificate a mezzo posta, il ricorrente deduce che la specificità della contestazione risiede nel fatto che il ricorrente ha disconosciuto l’assenza dell’originale e che, perciò solo, « il disconoscimento dell’esistenza degli originali era quindi già sufficiente e non generico ». Quanto alle notificazioni avvenute a mezzo PEC, il ricorrente deduce la non conformità della copia analogica delle ricevute di accettazione e consegna all’originale informatico contenuto negli archivi dell’Agente della risc ossione per assenza della relativa autenticazione, essendo carenti le copie prodotte dell’attestazione di conformità redatta da pubblico ufficiale, circostanza che toglierebbe genuinità alla copia cartacea prodotta che ne fosse sprovvista, come nella specie.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione degli art. 26, sesto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 , dell’art. 60, primo comma, lett. b, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché dell’ art. 112
cod. proc. civ. nella parte in cui la sentenza impugnata ha ritenuto correttamente notificata la cartella di pagamento (nella specie, la cartella n. 09720140304069259000) nonostante la relata mancasse, secondo parte ricorrente, della sottoscrizione del soggetto ricevente, come risulterebbe dalla documentazione prodotta dall’Agente della riscossione (cartolina di ricevimento), trascritta per specificità dal ricorrente.
Il primo motivo è infondato in relazione ad entrambi i profili dedotti dal ricorrente. Quanto agli atti originariamente analogici prodotti in copia fotostatica, va ribadito il principio secondo cui la contestazione della conformità all’originale di un documento prodotto in copia non può avvenire con clausole di stile e generiche od onnicomprensive, ma va operata -a pena di inefficacia -in modo chiaro e circostanziato, attraverso l’indicazione specifica sia del documento che si intende contestare, sia degli aspetti per i quali si assume differisca dall’originale (Cass., Sez. V, 5 luglio 2021, n. 18901; Cass., Sez. II, 20 febbraio 2018, n. 4053; Cass., Sez. II, 16 gennaio 2018, n. 882; Cass., Sez. I, 27 febbraio 2017, n. 4912; Cass., Sez. VI, 13 giugno 2014, n. 13425; Cass., Sez. III, 25 febbraio 2009, n. 4476).
4. Il ricorrente, richiamandosi ad alcuni precedenti di questa Corte, deduce che la contestazione sarebbe specifica avendo il ricorrente contestato l’assenza dell’originale . La conseguenza della specificità della contestazione sarebbe che, in assenza di produzione dell’originale , la copia sarebbe inutilizzabile (« il giudice di appello avrebbe dovuto dichiarare l’inutilizzabilità della documentazione prodotta dall’AdER »: pag. 8 ricorso).
L’assunto , per quanto fondato su diversi precedenti (Cass., Sez. VI, 16 febbraio 2023, n. 4988; Cass., Sez. VI, 29 novembre 2022, n. 35049; Cass., Sez. VI, 4 ottobre 2022, n. 28698; Cass., Sez. VI, 28 aprile 2022, n. 13323; Cass., Sez. VI, 2 febbraio 2022, n. 3126; Cass.,
Sez. VI, 8 settembre 2021, n. 24207; Cass., Sez. VI, 2 ottobre 2020, n. 21054, Cass., Sez. III, 3 aprile 2014, n. 7775), non è condivisibile, né in relazione alle premesse, né in relazione alle conclusioni.
Tale orientamento fa leva su un passaggio motivazionale di Cass., n. 7775/2014, cit., in cui -ribadito il principio che la contestazione di conformità all’originale di un documento prodotto in copia debba essere specificamente agganciata (ai fini di ammissibilità della contestazione) agli elementi di fatto che contraddistinguerebbero la distonia della copia prodotta rispetto all’originale (cancellazioni, abrasioni, etc.) -si statuisce che la contestazione debba ritenersi specifica negli stessi termini (« ovvero ») anche nel caso in cui « si neghi l’esistenza stessa d’un originale » (Cass., n. 7775/2014, cit.; ripreso anche da Cass., Sez. III, 20 dicembre 2021, n. 40750).
Quest’ultimo inciso appare a questo collegio non condivisibile e non correlabile alla contestazione di conformità « tradizionale », quanto ai relativi presupposti. Il disconoscimento di conformità di una copia all’originale presuppone che la copia prodotta sia difforme da un originale non prodotto . L’esistenza di un originale (non prodotto) è, pertanto, il presupposto perché venga disconosciuta l’efficacia probatoria della copia prodotta, rispetto al cui originale il ricorrente deduce specificamente elementi in fatto tali da escludere che la copia prodotta possa definirsi a esso conforme. Ed è questo il presupposto in base al quale questa Corte richiede la specificità della contestazione: esistenza di distonie nel contenuto o nella morfologia del documento prodotto in copia (abrasioni, cancellazioni e altro), tali da escludere che la copia prodotta possa considerarsi conforme al l’originale non prodotto.
La specificità della contestazione di conformità si appunta, pertanto, sulle parti del contenuto del documento prodotto in copia e sulla conseguente allegazione che i fatti rappresentati dalla copia
prodotta non possano essere equipollenti a quelli reali, ovvero che i fatti rappresentati dal documento prodotto in copia non possono né corrispondere, né coincidere con quelli rappresentati nel documento originale, supposto esistente. L ‘art . 2719 cod. civ. ha per presupposto che vi sia un documento riproduttivo (copia) di un altro documento (originale) e comporta, in caso di mancato disconoscimento di conformità della copia all’originale , la traslazione dell’efficacia probatoria dell’originale sulla copia prodotta.
Viceversa, ove si escluda l’esistenza dell’originale, non vi sarebbe in tesi la possibilità di operare una comparazione, posto che (come osservatosi in dottrina) la mancanza dell’originale farebbe cadere il necessario termine di comparazione al quale agganciare le difformità tali da escludere l’equipollente efficacia probatoria della copia all’originale . Sotto questo profilo, la contestazione circa l’esistenza di un originale non può attenere al disconoscimento di conformità o, quanto meno, non può fondare la specificità della contestazione di conformità richiesta da questa Corte.
Analogamente, l’assenza di originale quale presupposto della specificità della contestazione appare distonico anche rispetto agli effetti che produce il disconoscimento di conformità. Questa Corte afferma costantemente che -diversamente dal disconoscimento della sottoscrizione di un documento -nel caso in cui il disconoscimento attenga alla mera conformità della copia all’originale, la copia non perde del tutto la sua efficacia probatoria; in questi casi il giudice può accertarne aliunde l a conformità, anche mediante presunzioni, posto che il disconoscimento di conformità « se impegna la parte contro la quale il documento è prodotto a prendere posizione sulla conformità della copia all’originale, tuttavia, non vincola il giudice all’avvenuto disconoscimento della riproduzione, potendo egli apprezzarne l’efficacia rappresentativa (Cass. n. 9439 del 2010; Cass. n. 11269 del
2004; Cass. n. 2419 del 2006; Cass. n. 24456 del 2011)» (Cass., Sez. V, 12 luglio 2021, n. 19813).
Il disconoscimento di conformità, che attiene al contenuto del documento prodotto in copia e non alla provenienza o « paternità » del documento, ha pertanto una efficacia diversa e sin anche minore rispetto al disconoscimento previsto dall’art. 215, secondo comma, cod. proc. civ., consentendo l’utilizzazione della scrittura e, in particolare, l’accertamento della conformità all’originale della copia prodotta anche attraverso altri mezzi di prova, comprese le presunzioni (Cass., Sez. III, 29 aprile 2022, n. 13519; Cass., Sez. V, 23 maggio 2018, n. 12737; Cass., Sez. Lav., 17 febbraio 2015, n. 3122; Cass., Sez. III, 4 marzo 2004, n. 4395; conf., Cass., Sez. VI, 13 maggio 2021, n. 12794).
La contestazione di conformità innesca, pertanto, il poteredovere del giudice del merito di valutare (anche per mezzo di presunzioni) se la copia prodotta abbia efficacia rappresentativa dei fatti ivi indicati; la contestazione di conformità presuppone, ancora una volta, l’esistenza di un originale, in mancanza del quale la conformità a un originale inesistente non sarebbe predicabile neanche in tesi e non sarebbe accertabile aliunde . In assenza di un originale, non potrebbe tout court valutarsi a fini probatori la copia prodotta, ancorchè ricorrendo ad altri mezzi di prova (come il ricorrente propugna espressamente) e questa conclusione sarebbe in spregio della giurisprudenza di questa Corte menzionata ai punti superiori.
A conti fatti, l’allegazione della inesistenza dell’originale (pur veicolata da un disconoscimento ex artt. 2712, 2719 cod. civ.) non attiene propriamente a un disconoscimento di conformità (e, quindi, alla inibitoria della traslazione della efficacia probatoria dall’originale alla copia), bensì ad altra difesa del contribuente, ossia al fatto che la copia prodotta -in quanto priva di originale -è stata artificiosamente
creata. Il ricorrente, deducendo che -a fronte della produzione di copia fotostatica dell’originale -l’originale non esiste nell’ordinamento giuridico, allega che i fatti rappresentati nel documento prodotto in copia non possono esistere per assenza del l’originale stesso. Il « diniego di originale » non attiene alla contestazione del contenuto del documento (difforme da un originale esistente), bensì alla contestazione de ll’esistenza stessa del documento , difesa che va ascritta alle contestazioni finalizzate a espungere dall’ordinamento un documento artificiosamente creato e prodotto in giudizio e che richiedono la querela di falso, proponibile anche avverso un documento prodotto in copia, in quanto finalizzata a rimuovere l’efficacia probatoria (piena) della copia fotostatica della scrittura privata (Cass., Sez. II, 28 marzo 2023, n. 8718). La contestazione di inesistenza dell’originale a fronte della produzione di copie fotostatiche, investendo la provenienza del documento e l’esistenza stessa del documento , mira a espungere la scrittura dall’ordinamento e non a contestare elementi di distonia del contenuto della copia prodotta dall’originale.
14. Deve, pertanto, concludersi che il disconoscimento, nella specie, pur essendo specifico in relazione alle singole cartelle e agli atti di cui è stato operato il disconoscimento, non può ritenersi specifico in relazione alle ragioni per le quali è stato effettuato, avendo sul punto il ricorrente addotto la mera inesistenza del documento originale (« Il disconoscimento, avendo il contribuente negato l’esistenza degli originali, era quindi già di per sé sufficiente »: pag. 8 ricorso), laddove la specificità deve riferirsi a specifiche difformità, carenze, cancellazioni, abrasioni di carattere morfologico o contenutistico, relative alla copia prodotta rispetto a un originale. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
15. Il primo motivo è, analogamente, infondato in relazione alla contestazione di non conformità delle copie analogiche delle relate di
accettazione e consegna delle notificazioni effettuate a mezzo EMAIL. Dispone l’art. 23, comma 2, d. lgs. n. 82/2005 « le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta. Resta fermo, ove previsto l’obbligo di conservazione dell’originale informatico» . Il successivo comma 2bis prevede che « Sulle copie analogiche di documenti informatici può essere apposto a stampa un contrassegno, sulla base dei criteri definiti con le regole tecniche di cui all’articolo 71, tramite il quale è possibile accedere al documento informatico, ovvero verificare la corrispondenza allo stesso della copia analogica. Il contrassegno apposto ai sensi del primo periodo sostituisce a tutti gli effetti di legge la sottoscrizione autografa del pubblico ufficiale e non può essere richiesta la produzione di altra copia analogica con sottoscrizione autografa del medesimo documento informatico».
16. Nella specie non è stata contestata né la difformità degli estratti alle regole tecniche, né la mancanza del contrassegno (una sorta di link ) di cui al successivo comma 2bis dell’art. 23 cit. ma la mera mancata apposizione sulle relate di notifica delle cartelle notificate a mezzo PEC di una attestazione di conformità redatta da pubblico ufficiale al fine della perdita di genuinità delle copie cartacee prodotte (estratti di avvenuta accettazione e avvenuta consegna delle rispettive PEC contenenti le cartelle notificate). In caso di applicazione del l’art. 23, comma 2 (copie ed estratti analogici di documenti informatici conformi alle regole tecniche) non è richiesta attestazione di conformità (diversamente da quanto deduce il ricorrente), ma i documenti possono essere oggetto di disconoscimento e, ove non vi sia deduzione di non conformità alle regole tecniche, la specificità del disconoscimento non può incentrarsi sulla mancata autenticazione degli estratti del documento informatico, non trattandosi di documenti
e copie informatiche di documenti informatici (art. 23bis d. lgs. cit.), bensì di estratto di documento informatico.
17. Va, quindi, richiamato il principio, già affermato da questa Corte (Cass., Sez. VI, 16 gennaio 2023, n. 981), secondo cui « la ragione della scelta operata dal legislatore, che non richiede l’attestazione di conformità in relazione all’atto nativo digitale, il quale sia prodotto in giudizio in tale forma, mediante allegazione telematica al fascicolo dibattimentale, dipende dal fatto che, a differenza dei documenti su supporto cartaceo, in cui vi è un problema di conformità dell’atto depositato con l’originale, quando il deposito riguarda l’atto digitale, lo stesso non viene prodotto in “copia”, bensì in originale, essendo l’originale dell’atto suscettibile di ripetute riproduzioni, senza perdere le sue caratteristiche di essere un atto originale. Pertanto (…) il deposito telematico di un documento telematico, secondo le previsioni dell’ordinamento vigente, non richiede attestazione di conformità da parte del difensore che lo produce». Ne consegue che, ai fini del disconoscimento delle ricevute di accettazione e di consegna di notificazione avvenuta a mezzo EMAIL, il ricorrente non può limitarsi a dedurre l’assenza di attestazione di conformità, ma deve -analogamente al disconoscimento delle copie cartacee -indicare gli elementi in fatto che rendono quella copia difforme dell’originale al fine della specificità della contestazione e della relativa ammissibilità della contestazione. La sentenza impugnata ha, pertanto, fatto corretta applicazione dei suddetti principi.
18. Il secondo motivo è infondato. Come correttamente rilevato dal controricorrente, la notificazione avvenuta (come accertato nel caso di specie) a termini dell’art. 26 d.P.R. n. 602/1973 comporta, a termini del terzo comma, che ove questa avvenga « mediante consegna nelle mani proprie del destinatario o di persone di famiglia o addette alla casa, all’ufficio o all’azienda, non é richiesta la sottoscrizione
dell’originale da parte del consegnatario » (Cass., Sez. V, 3 aprile 2024, n. 8717), norma avente carattere di specialità che non pone problemi di legittimità costituzionale (Cass., Sez. VI, 10 dicembre 2013, n.27578). Ad ogni modo, solo la mancanza della sottoscrizione dell’agente postale sull’avviso di ricevimento del piego raccomandato rende inesistente -e non soltanto nulla -la notificazione, rappresentando la sottoscrizione l’unico elemento valido a riferire la paternità dell’atto all’agente notificante (Cass., Sez. V, 19 agosto 2020, n. 17373; Cass., n. 8717/2014, cit.).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate da soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 29 maggio 2024 e in data 1° luglio