Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28883 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28883 Anno 2025
Presidente: LA COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 01/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9948/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende; -controricorrente- avverso SENTENZA di COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA SICILIA n. 3758/2017 depositata il 02/10/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/09/2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La curatela del fallimento RAGIONE_SOCIALE impugnava una cartella di pagamento correlata a un ruolo emesso dall’RAGIONE_SOCIALE, mediante il quale, a seguito di controllo automatizzato effettuato ai
sensi degli artt. 36 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973 e 54 -bis del D.P.R. n. 633 del 1972, veniva disconosciuto un credito IVA riportato nella dichiarazione relativa all’annualità 2008, dell’importo di euro 543.695, con conseguente irrogazione di sanzione.
Il disconoscimento era motivato dalla mancata presentazione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni relative agli anni dal 2003 al 2007 e, quindi, dal mancato riporto del credito esposto nella dichiarazione relativa all’anno 2002.
La Commissione Tributaria Provinciale di Palermo accoglieva il ricorso proposto dalla curatela. Il successivo appello dell’RAGIONE_SOCIALE veniva a sua volta accolto dalla Commissione Tributaria Regionale della Sicilia.
Il ricorso per cassazione proposto dalla curatela fallimentare è affidato a quattro motivi.
Resiste l’RAGIONE_SOCIALE con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 36 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973, degli artt. 54, 54 -bis e 57 del D.P.R. n. 633 del 1972, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la CTR illegittimamente ritenuto applicabile la procedura automatizzata per il disconoscimento di un credito IVA, attribuendo esclusivo rilievo all’omissione RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni relative al periodo 2003 -2007, senza tener conto della circostanza che il credito derivava, nella medesima misura, dalla dichiarazione regolarmente presentata per l’anno 2002, mai rettificata, e che pertanto nessun errore materiale, presupposto legittimante il ricorso alla procedura semplificata, era stato compiuto dalla curatela, la quale si era limitata a riportare lo stesso nella prima dichiarazione successiva presentata, ovvero quella relativa all’anno 2008.
Con il secondo motivo di ricorso si contesta la violazione e falsa applicazione degli articoli 19, 20, 30, 54 -bis, 55 e 57 del D.P.R. n.
633 del 1972, dell’articolo 8 del D.P.R. n. 322 del 1998, dell’articolo 5 del D.Lgs. n. 471 del 1997, degli articoli 17, 18 e 22 della Direttiva del Consiglio RAGIONE_SOCIALE Comunità europee n. 77/388/CEE (cosiddetta Sesta Direttiva), nonché degli articoli 62, 167, 168, 178, 179, 183, 252 e 261 della Direttiva del Consiglio dell’Unione europea n. 2006/112/CE, e dell’articolo 2697 c.c., in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per avere la sentenza impugnata erroneamente ritenuto che la semplice omissione della presentazione di una o più dichiarazioni riportanti un credito IVA relativo a un periodo precedente precluda il diritto di detrarre o di chiederne il rimborso in una successiva dichiarazione, laddove invece, in ossequio al principio di neutralità in materia di IVA, deve essere valorizzato il carattere sostanziale ed effettivo del credito.
Con il terzo motivo di ricorso si contesta la nullità della sentenza d’appello per violazione dell’articolo 112 c.p.c. e dell’articolo 1, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per avere la sentenza impugnata omesso di pronunciare sulla specifica eccezione della società contribuente relativa alla illegittimità sostanziale dell’iscrizione a ruolo, derivante dalla circostanza che il credito disconosciuto non era mai stato utilizzato in detrazione o in compensazione, e che, a ragione, lo stesso dovesse al più essere disconosciuto ma non iscritto a ruolo maggiorato di sanzioni e interessi, configurandosi così un illegittimo prelievo impositivo.
Con il quarto motivo di ricorso si evidenzia l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione fra le parti, in relazione all’articolo 360, comma 1, n. 5 c.p.c., per avere la CTR omesso di esaminare fatti decisivi, ossia essenzialmente la circostanza che il credito disconosciuto non era mai stato utilizzato in detrazione o in compensazione né rimborsato, e che pertanto era illegittima l’iscrizione a ruolo del medesimo; detta contestazione, rimasta assorbita in primo grado,
è stata riproposta nel giudizio di appello, ma anche in tale grado è rimasta non esaminata.
Il primo motivo non coglie nel segno e va disatteso.
La curatela censura la sentenza impugnata per avere ritenuto legittimo il disconoscimento del credito IVA mediante procedura automatizzata ex art. 36 -bis del D.P.R. n. 600 del 1973, senza considerare che il credito derivava da una dichiarazione regolarmente presentata per l’anno 2002 e mai rettificata, e che la curatela si era limitata a riportarlo nella dichiarazione del 2008, prima utile dopo il fallimento.
Tuttavia, la doglianza non si colloca nella cornice di principi delineata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., n. 17757/2016 e n. 17758/2016), secondo cui la neutralità dell’imposizione armonizzata sull’IVA impone il riconoscimento del diritto alla detrazione anche in assenza della dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, purché il credito sia stato dedotto entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, e siano rispettati tutti i requisiti sostanziali per la detrazione (cfr . anche Cass. 1627/2017; Cass. 4392/2018).
Nel caso di specie, il credito IVA è stato riportato nella dichiarazione del 2008, ma si riferisce all’anno 2002, e dunque oltre il termine biennale previsto dall’art. 19, comma 1, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972. Ne consegue che non può ritenersi esercitato tempestivamente il diritto alla detrazione, con conseguente legittimità del disconoscimento operato dall’Amministrazione finanziaria.
Inoltre, il motivo è carente, a monte, sotto il profilo dell’autosufficienza e della specificità, poiché la curatela non ha chiarito in che termini il credito sia stato esposto nella dichiarazione del 2008, né ha fornito elementi idonei a dimostrare il rispetto dei requisiti sostanziali per la detrazione. Come questa Corte ha più
volte affermato, il ricorso per cassazione, per il principio di autosufficienza, deve contenere in sé tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza di merito e a permettere la valutazione della fondatezza RAGIONE_SOCIALE censure, senza necessità di rinvio ad atti o documenti esterni, che devono essere specificamente indicati, con riproduzione diretta o indiretta del loro contenuto e del luogo di produzione (Cass., 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 18 marzo 2022, n. 8950).
A ciò si aggiunge un profilo di contraddittorietà interna della deduzione difensiva: da un lato, la curatela afferma che il credito non sarebbe mai stato utilizzato in detrazione o in compensazione, e che pertanto non avrebbe potuto essere oggetto di iscrizione a ruolo; dall’altro, nel ricorso (punto b, pag. 5), si sostiene che l’RAGIONE_SOCIALE avrebbe contestato la spettanza della detrazione, il che presuppone che il credito sia stato effettivamente esposto in dichiarazione con l’intento di esercitare il diritto alla detrazione.
Ne consegue che, avendo la curatela iscritto il credito nella dichiarazione del 2008, essa ha inteso esercitare il diritto alla detrazione, rendendo legittima la contestazione da parte dell’Amministrazione finanziaria. In tale contesto, la procedura automatizzata è stata correttamente utilizzata per rilevare l’assenza dei presupposti formali e temporali per l’esercizio del diritto alla detrazione (Cass., Sez. Un., 17758/2016).
Il secondo motivo ha sorte analoga al primo e va, del pari, respinto.
La curatela deduce la violazione e falsa applicazione di una pluralità di disposizioni normative, sia interne (artt. 19, 20, 30, 54 -bis, 55 e 57 del D.P.R. n. 633 del 1972; art. 8 del D.P.R. n. 322 del 1998; art. 5 del D.Lgs. n. 471 del 1997), sia sovranazionali (artt. 17, 18 e
22 della Direttiva 77/388/CEE e artt. 62, 167, 168, 178, 179, 183, 252 e 261 della Direttiva 2006/112/CE), nonché dell’art. 2697 c.c., per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente ritenuto che la mera omissione della presentazione di una o più dichiarazioni riportanti un credito IVA relativo a un periodo precedente precluda il diritto di detrarre o di chiederne il rimborso in una successiva dichiarazione.
La censura, pur evocando il principio di neutralità dell’imposta sul valore aggiunto, non coglie nel segno. Invero, come già rilevato in sede di esame del primo motivo, il credito IVA oggetto di disconoscimento si riferisce all’anno 2002, ma è stato riportato nella dichiarazione del 2008, ben oltre il termine biennale previsto dall’art. 19, comma 1, secondo periodo, del D.P.R. n. 633 del 1972. Ne consegue che il diritto alla detrazione non risulta esercitato nei termini di legge, con conseguente inapplicabilità della cornice di principi delineata dalle Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. Un., nn. 17757 e 17758 del 2016; conf. Cass. 4392/2018; Cass. 5401/2017).
A ciò si aggiunge che il motivo difetta di specificità e autosufficienza, non essendo stati indicati, né riprodotti, né localizzati negli atti del giudizio di merito, i documenti e le dichiarazioni dai quali desumere la sussistenza del credito, la sua effettiva spettanza e le modalità del suo riporto. Come affermato da questa Corte, il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, tutti gli elementi necessari a consentire la verifica della fondatezza RAGIONE_SOCIALE doglianze, mediante una precisa indicazione degli atti e dei documenti su cui esse si fondano, con riproduzione diretta o indiretta del loro contenuto e del luogo in cui sono stati prodotti (Cass., 15 luglio 2015, n. 14784; Cass., 27 luglio 2017, n. 18679; Cass., Sez. Un., 27 dicembre 2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 18 marzo 2022, n. 8950).
Il motivo, infine, si risolve in una generica contrapposizione alla decisione della CTR, senza peritarsi di allegare elementi idonei a dimostrare che il credito fosse stato esercitato nei termini e con le modalità previste dalla normativa vigente.
Il terzo motivo è fondato e va accolto.
La Commissione tributaria regionale ha omesso di pronunciarsi sull’eccezione, ritualmente sollevata dalla curatela e riproposta in appello, concernente l’illegittimità dell’iscrizione a ruolo del credito IVA disconosciuto, in quanto mai utilizzato in detrazione o in compensazione. Si trattava di una questione di merito, distinta e autonoma rispetto alla spettanza del credito, volta a contestare la sussistenza stessa del presupposto per l’iscrizione a ruolo, e dunque idonea a incidere direttamente sulla legittimità della pretesa impositiva.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il vizio di omessa pronuncia si configura quando il giudice non si esprime su una domanda o eccezione ritualmente introdotta e dotata di rilievo autonomo, omettendo così il momento decisorio necessario alla definizione del giudizio (Cass., 4 gennaio 2024, n. 272; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308; Cass., 16 luglio 2018, n. 18797). Non è sufficiente che la questione sia stata genericamente evocata o assorbita da altre valutazioni: è necessario che il giudice si pronunci espressamente, accogliendo o rigettando l’istanza, o che ne dia comunque conto in modo riconoscibile.
Nel caso di specie, la sentenza impugnata non contiene alcun riferimento, neppure implicito, alla questione dell’iscrizione a ruolo in assenza di utilizzo del credito, risultando completamente silente su un profilo che non avrebbe potuto essere trascurato, impingendosi, pertanto, in quello che la giurisprudenza di legittimità enuclea come vizio di omessa pronuncia (v. Cass., 13 ottobre 2022, n. 29952; Cass., 12 ottobre 2017, n. 23930). L’eccezione in parola, in quanto volta a escludere la legittimità del
prelievo impositivo per difetto del presupposto sostanziale, non poteva essere ignorata, né poteva ritenersi assorbita nella diversa valutazione circa la spettanza del credito.
Il motivo va pertanto accolto, con rinvio alla Commissione tributaria regionale in diversa composizione, affinché provveda a esaminare l’eccezione non trattata.
Il quarto motivo resta assorbito.
In ultima analisi, va accolto il terzo motivo del ricorso, respinti i primi due e assorbito il quarto mezzo. La sentenza d’appello va, conseguentemente, cassata e la causa rinviata per un nuovo esame e per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Sicilia.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo di ricorso, respinti il primo e il secondo e assorbito il quarto. Cassa la sentenza d’appello e rinvia la causa per un nuovo esame e per la regolazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio alla Corte di Giustizia Tributaria di II Grado della Sicilia.
Così deciso in Roma, il 24/09/2025.
Il Presidente
NOME LA COGNOME