Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13391 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13391 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 15/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 7889/2016 R.G. proposto da NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO COGNOME (domicilio digitale indicato nel controricorso: EMAIL)
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA RAGIONE_SOCIALE, SEZIONE STACCATA DI SIRACUSA, n. 4123/16/15 depositata il 29 settembre 2015
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 6 marzo 2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Siracusa l’avviso di intimazione ex art. 50, comma 2, del D.P.R. n. 602 del 1973 notificatole da RAGIONE_SOCIALE a
sèguito del mancato pagamento di una prodromica cartella esattoriale.
A fondamento dell’impugnazione deduceva di non aver mai ricevuto la notificazione della cartella presupposta.
Il giudice adìto, in accoglimento del ricorso della contribuente, annullava l’atto impugnato, ritenendo mancante la prova dell’avvenuta notificazione della cartella sottesa.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della RAGIONE_SOCIALE, sezione staccata di Siracusa, la quale, con sentenza n. 4123/16/15 del 29 settembre 2015, accoglieva l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, respingendo l’originario ricorso della parte privata.
Rilevava il giudice regionale: -che, secondo «copiosa giurisprudenza dei giudici contabili (Corte di Conti)…, gli Agenti addetti agli atti di riscossione sono Pubblici Ufficiali muniti dei poteri certificativi, per la qual cosa i documenti prodotti da questi in copia conforme all’originale, con attestazione di conformità, sono idonei a dare la prova dell’avvenuta notifica degli atti impugnati» ; -che «la contestazione da parte della contribuente sulla conformità della documentazione versata in atti dall’ufficio» , costituita da copia dell’estratto di ruolo e della cartella di pagamento, «appar (iva) del tutto generica e non specifica (va) sotto quale profilo non vi (fos) s (e) corrispondenza tra i documenti prodotti in copia conforme all’originale e quelli alla stessa notificati» .
Avverso tale sentenza la COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del predetto articolo la ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., sono denunciate la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 2697 e 2719 c.c..
1.1 Si sostiene che avrebbe errato la C.T.R. nel ritenere applicabile al disconoscimento operato dalla COGNOME la norma di cui all’art. 2712 c.c., anziché quella contenuta nell’art. 2719 dello stesso codice, la quale, a differenza della prima, non prescrive che la contestazione della conformità della copia all’originale debba essere accompagnata dall’indicazione degli elementi della pretesa difformità.
1.2 Viene, inoltre, contestato al giudice regionale di aver a torto riconosciuto all’agente della riscossione, in difetto di apposita previsione normativa in tal senso, la qualità di pubblico ufficiale con riferimento all’attestazione di conformità all’originale rilasciata in calce alla copia dell’avviso di ricevimento e dell’estratto di ruolo disconosciuti.
1.3 Il motivo non ha pregio.
1.4 Per costante giurisprudenza di questa Corte, il disconoscimento ex art. 2719 c.c. delle copie fotostatiche di scritture prodotte in giudizio, pur non imponendo l’osservanza di vincoli di forma, deve comunque esprimersi, a pena di inefficacia, mediante una dichiarazione atta a evidenziare, in modo chiaro e univoco, sia il documento che si intende contestare, sia gli aspetti differenziali dello stesso rispetto all’originale, non potendo, al riguardo, reputarsi sufficienti il ricorso a clausole di stile o a generiche asserzioni (cfr. Cass. n. 22577/2020, Cass. n. 16557/2019, Cass. n. 27633/2018).
1.5 É stato, inoltre, ripetutamente affermato che, qualora l’agente della riscossione produca in giudizio copia fotostatica della relata di notifica o dell’avviso di ricevimento, recanti il numero identificativo della cartella, e l’obbligato contesti la conformità della copia
prodotta al suo originale, il giudice -anche laddove escluda in concreto la sussistenza di una rituale certificazione di autenticità ad opera di un pubblico ufficiale, tale da eliminare ogni questione- non può limitarsi a negare qualsiasi efficacia probatoria alla copia, ma deve valutare le specifiche difformità contestate, alla luce degli elementi istruttori disponibili, attribuendo il giusto rilievo all’eventuale attestazione, da parte dell’agente della riscossione, della conformità della copia prodotta alla riproduzione informatica dell’originale in suo possesso (cfr. Cass. n. 35524/2023, Cass. n. 23426/2020, Cass. n. 23902/2017, Cass. n. 15795/2016).
1.6 Al surriferito indirizzo giurisprudenziale di legittimità, che va qui ribadito, si è uniformato il giudice tributario d’appello, il quale, per un verso, ha valorizzato la circostanza che le copie dell’avviso di ricevimento e dell’estratto di ruolo acquisite al processo fossero state dichiarate conformi ai rispettivi originali dall’agente della riscossione; per altro verso, ha ritenuto estremamente generico il disconoscimento operato dalla contribuente, non avendo ella «specifica (to) sotto quale profilo non vi (fos) s (e) corrispondenza tra i documenti prodotti in copia conforme all’originale e quelli alla stessa notificati» .
1.7 Per il resto, giova rammentare che la violazione del precetto posto dall’art. 2697 c.c. è configurabile nella sola ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova a una parte diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione delle fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni, e non invece laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto delle prove proposte dalle parti, essendo quest’ultima sindacabile, in sede di legittimità, entro i ristretti limiti stabiliti dal novellato art. 360, comma 1, n. 5) c.p.c. (cfr. Cass. n. 32923/2022, Cass. n. 25543/2022, Cass. n. 17287/2022).
Nel caso di specie, il giudice di secondo grado non ha
illegittimamente invertito l’onere probatorio fra le parti, sicché la doglianza mossa dalla ricorrente mira, in realtà, a un indebito riesame delle risultanze processuali.
1.8 Per completezza espositiva, va osservato che l’ulteriore questione prospettata nella parte finale del motivo -ove ci si duole del fatto che non sarebbe stata presa in considerazione dalla CTR la censura della contribuente relativa al -appare del tutto estranea alla formulata denuncia di violazione degli artt. 2697 e 2719 c.c..
In ogni caso, poiché il collegio di secondo grado ha espressamente dichiarato <> , la ricorrente avrebbe dovuto contestare l’anzidetta statuizione con una specifica censura, eventualmente sotto il profilo dell’assenza di motivazione (cfr. Cass. n. 33378/2023); ma così non è stato.
Per le ragioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Visto l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della parte che l’ha proposta l’attestazione di cui all’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a rifondere alla controparte le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 1.615 euro, di cui 200 per esborsi, oltre al rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente
di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione