Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 12827 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 12827 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CORTESI NOME
Data pubblicazione: 13/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso n.r.g. 3840/2021, proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rapp.te pro tempore NOME COGNOME rappresentata e difesa, per delega in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in ROMA, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso la quale è domiciliata ex lege a ROMA, in INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 341/1/2020 della Commissione tributaria regionale dell’Abruzzo , depositata in data 10 luglio 2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 14 aprile 2025 dal consigliere dott. NOME COGNOME
Rilevato che:
Con sentenza pubblicata il 20 marzo 2012, la Commissione Tributaria regionale dell’Abruzzo, in riforma di una precedente decisione resa dalla Commissione Tributaria Provinciale dell’Aquila, annullò l’avviso di accertamento n. 877030700830 emesso dall’Agenzia delle Entrate nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, con il quale:
(a) era stato accertato e recuperato a tassazione, ai fini Irap, ai sensi dell’art. 25 del d.lgs. n. 446/1997, il ricavo non dichiarato, pari ad € 305.046,98, corrispondente al saldo negativo di cassa registrato nell’anno 2003; e
(b) erano stati rettificati il reddito di impresa, che passava da una dichiarata perdita di € 4 56,00 ad € 258.333,00, e il volume d’affari ai fini IVA, rideterminato in € 254.206,00,
tutto ciò sulla base del rilievo di irregolarità formali nella contabilità della società ; l’Erario , in particolare, aveva ritenuto inattendibile l’argomento difensivo della contribuente in base al quale le fatture passive erano state tutte pagate, nonostante il deficit e il saldo negativo dichiarati, con il contributo personale dei soci.
I giudici regionali ritennero che il mero rilievo di irregolarità delle scritture contabili non costituisse prova di evasione fiscale.
Detta sentenza, oggetto di impugnazione da parte dell’Ufficio , fu cassata da questa Corte con ordinanza n. 5948/2019; la causa fu rinviata alla C.T.R., con indicazione di tener conto del fatto che, in
concreto, era emerso un saldo negativo massimo pari ad € 305.046,98 e, conseguentemente, verificare se la situazione reddituale dei soci NOME e NOME COGNOME fosse tale da giustificare l’esborso economico necessario ad appianarlo e a consentirle il pagamento delle fatture documentate.
Riassunto il giudizio per le cure della contribuente, con la sentenza indicata in epigrafe la C.T.R. ha confermato la sentenza di primo grado, osservando che, a fronte dell’anomalo disavanzo di cassa, non vi era prova dei pagamenti asseritamente effettuati dai soci con loro mezzi.
Detta sentenza è stata impugnata dalla contribuente con ricorso per cassazione affidato a due motivi, illustrati da successiva memoria.
Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle entrate.
Considerato che:
Il primo motivo deduce l’omesso esame di fatti controversi e decisivi per il giudizio.
La società contribuente lamenta che il giudice del rinvio avrebbe omesso di considerare alcune circostanze idonee a provare quanto asseritamente rimasto indimostrato, e in particolare: una sentenza resa dalla stessa C.T.R. nel giudizio a carico del socio NOME COGNOME che aveva accertato il versamento di denaro nelle casse sociali da parte sua, ravvisandovi elemento presuntivo del maggior reddito accertato a suo carico; il fatto, pure accertato in sede giudiziale, che essa non svolgeva alcuna attività (ave ndo ceduto a terzi l’azienda alberghiera di sua proprietà), così da non poter produrre ricavi ‘in nero’; il fatto stesso che l’Ufficio avesse contestato come non veritieri i pagamenti effettuati per cassa nell’anno d’imposta precedente;
diversi altri elementi di prova significativi dell’impossibilità di produrre ricavi non contabilizzati.
Con il secondo motivo, denunziando violazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600/197 e 2729 cod. civ., la ricorrente assume che la C.T.R. abbia errato nell’omettere ogni accertamento dell’esistenza di ricavi in nero (come pure richiestole da questa Corte in sede di rinvio), così trascurando di verificare l’effettiva ricaduta dell’affermata inattendibilità della contabilità in ordine a lla determinazione dell’imponibile.
Il primo motivo è inammissibile sotto distinti profili.
In primo luogo, la ricorrente denunzia il mancato esame di diversi fatti -che assume controversi e decisivi per il giudizio -ma non indica, nel rispetto del principio di autosufficienza del ricorso, gli atti nei quali tali fatti sarebbero stati sottoposti alla valutazione dei giudici di merito.
In ogni caso, la censura, per come formulata, non consente di individuare la decisività dei fatti nell’ambito del perimetro accertativo demandato alla C.T.R. in sede rescindente.
L’ordinanza di rinvio di questa Corte, infatti, aveva stigmatizzato l’omesso esame « della situazione reddituale dei soci RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ai fini di verificare se fosse tale da giustificare l’esborso economico necessario ad appianare il deficit di cassa della società e consentirle il pagamento delle fatture documentate » (pag. 3); ed invero, l’unica circostanza latamente riferibile a tale verifica è quella tratteggiata dalla ricorrente con riguardo alla situazione di RAGIONE_SOCIALE, ma si riferisce all’ annualità precedente a quella oggetto dell’accertamento qui in esame.
In altri termini, le circostanze dedotte dalla ricorrente non scalfiscono il rilievo, operato dai giudici a quo , in base al quale « di
questi pagamenti (e, segnatamente, dei mezzi con i quali sarebbero stati effettuati), a parte una loro deduzione, non v’è traccia alcuna » (pag. 14 sentenza impugnata).
4. Anche il secondo motivo appare inammissibile per l’ultima delle ragioni poc’anzi specificate.
La tesi della ricorrente, secondo cui la C.T.R. avrebbe dovuto « verificare l’effettiva ricaduta dell’affermata inattendibilità della contabilità in ordine alla determinazione dell’imponibile » non corrisponde al contenuto del giudizio che era stato demandato ai giudici del rinvio; si ribadisce, infatti, che l’ordinanza di rinvio aveva già osservato che l’inattendibilità delle scritture contabili, unita al rilievo dell’ammontare del deficit, rendeva necessario l’approfondimento dell’unica giustificazione forn ita dalla contribuente, secondo la quale tale deficit era stato ripianato con versamenti personali dei soci.
Anche in questo caso, pertanto, la censura non incide sul contenuto del giudizio rimesso al giudice del rinvio e, per tale ragione, non supera il vaglio di ammissibilità.
5. Il ricorso è, dunque, complessivamente inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per la condanna della ricorrente al pagamento di un ulteriore importo pari al contributo unificato previsto per il ricorso, ove dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in € 7.800,00 oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 14 aprile 2025.