Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14794 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14794 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27157/2018 R.G., proposto DA
‘ Fondazione RAGIONE_SOCIALE, con sede in Napoli, in persona del presidente pro tempore , rappresentata e difesa dal Prof. Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME, con studio in Roma, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Comune di Napoli, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Napoli (presso gli Uffici dell’Avvocatura Comunale), elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
E
Agenzia delle Entrate RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, in persona del Presidente del Comitato Direttivo pro tempore ,
TARSU TARES TARI ACCERTAMENTO TARIFFE DISAPPLICAZIONE EX ART. 7 D.LGS. N. 546/1992
rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 15 febbraio 2018, n. 1493/03/2018;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
La ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Campania il 15 febbraio 2018, n. 1493/03/2018, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di pagamento n. NUMERO_CARTA notificatole dall” Equitalia Sud S.p.A .RAGIONE_SOCIALE per la TARI relativa all’anno 201 5 nella misura di € 47.123,00, con riguardo a locali ubicati in Napoli ed adibiti a museo, dei quali essa era proprietaria, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti del Comune di Napoli e dell’Agenzia delle Entrate Riscossione (quest’ultima, nel frattempo , succeduta all” RAGIONE_SOCIALE, a sua volta succeduta all” RAGIONE_SOCIALE) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Napoli il 28 giugno 2016, n. 11830/13/2016, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure – che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente sul rilievo che: a) il regolamento comunale aveva determinato la tariffa nel rispetto del criterio della copertura dei costi del servizio, essendo rimesso ogni altro aspetto alla discrezionalità
dell’ente locale; b) la motivazione dell’avviso di pagamento non doveva riportare anche il contenuto della tariffa; c) la tariffa non doveva obbligatoriamente prevedere una riduzione per le attività svolte dalla contribuente, non essendo state indicate, peraltro, ragioni di irragionevolezza rispetto ad altre attività che beneficiavano di agevolazioni; d) la tariffa era stata commisurata alla diversa idoneità a produrre rifiuti delle superfici destinate alle varie attività; e) la contribuente non aveva dichiarato circostanze idonee ad escludere la tassazione delle superfici; f) la riduzione prevista dall’art. 25, comma 5, del regolamento comunale (per gli enti dediti alla prestazione gratuita di servizi di protezione civile o salvaguardia ambientale a favore dell’ente impositore ) non poteva essere riconosciuta in difetto dei necessari requisiti.
Il Comune di Napoli e l’Agenzia delle Entrate Riscossione hanno resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a sei motivi.
Con il primo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi su questioni sollevate nei gradi di merito, in particolare con riguardo al difetto di legittimazione ad causam e ad processum dell’Agenzia delle Entrate Riscossione, che si era costituita in appello mediante il conferimento di procura ad litem ad un difensore del libero foro (atto del 4 aprile 2017), in palese violazione dell’art. 1, comma 8, del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, che aveva confermato l’applicabilità alle controversie tributarie dell’art. 11, comma 2, del d.lgs. 31
dicembre 1992, n. 546, quale modificato dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. 7 ottobre 2015, n. 156, ed alla mancata specificazione nel regolamento comunale IUC e nelle delibere tariffarie per la TARI relativa all’anno 201 5, ai fini dell’eventuale disapplicazione ex art. 7, comma 5, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, dei criteri di determinazione della quota variabile della tariffa TARI in relazione agli indici di produttività ( Kb e Kd ) previsti nelle tabelle 2 e 4 dell’allegato 1 al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158.
2.1 Il predetto motivo è infondato con riguardo ad entrambi i profili.
2.2 Sotto il primo aspetto, si rammenta che il vizio di omessa pronunzia è configurabile soltanto nel caso di mancato esame di questioni di merito e non anche di questioni di rito (tra le tante: Cass., Sez. 3^, 11 ottobre 2018, n. 25154; Cass., Sez. 5^, 8 marzo 2019, n. 6811; Cass., Sez. 6^-5, 15 ottobre 2019, n. 25958; Cass., Sez. 5^, 23 ottobre 2019, n. 27096; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2020, n. 22007; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2020, n. 27804; Cass., Sez. 5^, 5 novembre 2021, n. 31855; Cass., Sez. 6^-5, 23 dicembre 2021, n. 41362; Cass., Sez. 3^, 16 ottobre 2024, n. 26913), quale quella che la ricorrente assume oggetto della mancata decisione.
In ogni caso, secondo l’ art. 1, comma 8, del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, l’Agenzia delle Entrate – Riscossione è autorizzata « ad avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura dello Stato ai sensi dell’art. 43 d sulla rappresentanza e difesa in giudizio dello Stato e sull’ordinamento dell’Avvocatura dello Stato, di cui al regio decreto 30 ottobre 1933, n. 1611, fatte salve le ipotesi di
conflitto e comunque su base convenzionale. Lo stesso ente può altresì avvalersi, sulla base di specifici criteri definiti negli atti di carattere generale deliberati ai sensi del comma 5 del presente articolo, di avvocati del libero foro, nel rispetto delle previsioni di cui agli articoli 4 e 17 del decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50, ovvero può avvalersi ed essere rappresentato, davanti al tribunale e al giudice di pace, da propri dipendenti delegati, che possono stare in giudizio personalmente; in ogni caso, ove vengano in rilievo questioni di massima o aventi notevoli riflessi economici, l ‘Avvocatura dello Stato, sentito l’ente, può assumere direttamente la trattazione della causa », fermo restando che: « Per il patrocinio davanti alle commissioni tributarie continua ad applicarsi l’articolo 11, comma 2, del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (…) ». Quest’ultima disposizione prevede che « L’ufficio dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli di cui al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 nonché dell’agente della riscossione, nei cui confronti è proposto il ricorso, sta in giudizio direttamente o mediante la struttura territoriale sovraordinata ».
Su tale premessa, questa Corte ha affermato, per un verso, che l’ estinzione ope legis delle società del ‘ gruppo Equitalia ‘ ai sensi dell ‘ art. 1 del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, non determina l ‘ interruzione del processo, trattandosi di una forma di successione nel diritto controverso, né la necessità di costituzione in giudizio dell ‘ Agenzia delle Entrate Riscossione: ne deriva che il nuovo ente, ove si limiti a subentrare negli effetti del rapporto processuale pendente al momento della sua istituzione, senza formale costituzione in giudizio, può validamente avvalersi dell ‘ attività difensiva
espletata dall ‘ avvocato del libero foro già designato dalla società del ‘ gruppo Equitalia ‘ secondo la disciplina previgente; ove, invece, si costituisca formalmente in giudizio in un nuovo processo come in uno già pendente alla data della propria istituzione, deve avvalersi del patrocinio dell ‘ Avvocatura dello Stato, a pena di nullità del mandato difensivo, salvo che alleghi le fonti del potere di rappresentanza ed assistenza dell ‘ avvocato del libero foro prescelto, fonti che devono essere congiuntamente individuate sia in un atto organizzativo generale contenente gli specifici criteri legittimanti il ricorso ad avvocati del libero foro, sia in un ‘ apposita delibera, da sottoporre agli organi di vigilanza, la quale indichi le ragioni che, nel caso concreto, giustificano tale ricorso alternativo ai sensi dell ‘ art. 43 del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611 (Cass., Sez. 5^, 9 novembre 2018, n. 28741; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2019, n. 1992; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2019, n. 10547); per altro verso, che, per effetto del principio della cosiddetta perpetuatio dell ‘ ufficio di difensore (di cui è espressione l ‘ art. 85 cod. proc. civ.), l ‘ estinzione dell ‘ agente della riscossione del gruppo Equitalia e l ‘ automatico subentro del successore Agenzia delle Entrate-Riscossione, disposti dall ‘ art. 1 del d.l. 22 ottobre 2016, n. 193, convertito, con modificazioni, dalla legge 1 dicembre 2016, n. 225, non privano il procuratore della società estinta, che sia già ritualmente costituito nel processo anteriormente alla data della predetta successione, dello ius postulandi e, quindi, della capacità di svolgere attività difensiva nel medesimo grado di giudizio sino alla sua sostituzione (Cass., Sez. 5^, 3 febbraio 2022, n. 3312).
Ad ogni modo, anche a seguito del Protocollo d’intesa tra l’Avvocatura Generale dello Stato e l’Agenzia delle Entrate –
Riscossione del 5 luglio 2017 (il cui punto 3.4.2 stabilisce che: « L’Ente sta in giudizio avvalendosi direttamente di propri dipendenti o di avvocati del libero foro (…) nelle controversie relative a: (…) – liti innanzi alle Commissioni Tributarie »), nulla esclude che l’Agenzia delle Entrate Riscossione possa formalmente costituirsi nel corso del giudizio tributario dinanzi alle commissioni tributarie provinciali o regionali a mezzo del medesimo difensore del libero foro che aveva assistito fino ad al lora l’estinta s ocietà del ‘ gruppo Equitalia ‘.
Difatti, è ormai pacifico che, in tema di difesa e rappresentanza in giudizio, l ‘ Agenzia delle Entrate e l’ ‘Agenzia delle Entrate -Riscossione si avvalgono dell ‘ Avvocatura dello Stato nei casi previsti dalle convenzioni con quest ‘ ultima stipulate, fatte salve le ipotesi di conflitto, quali le condizioni di cui art. 43, comma 4, del r.d. 30 ottobre 1933, n. 1611, oppure l ‘ indisponibilità dell ‘ Avvocatura dello Stato; ne consegue che non è richiesta l ‘ adozione di apposita delibera o alcun ‘ altra formalità per ricorrere al patrocinio a mezzo di avvocati del libero foro quando la convenzione non riserva all ‘ Avvocatura erariale la difesa, come nel contenzioso tributario, per il quale la convenzione esime le predette Agenzie dal ricorso alla difesa erariale per i giudizi innanzi agli organi della giurisdizione tributaria, prevedendola espressamente, invece, per quello di legittimità, rispetto al quale, dunque, in difetto delle condizioni ricordate (conflitto, indisponibilità o apposita delibera) la procura conferita ad un legale del libero foro deve ritenersi affetta da invalidità (da ultima: Cass., Sez. Trib., 31 ottobre 2024, n. 28199).
Per cui, nella specie, essendo incontroverso tra le parti il conferimento della procura ad litem al difensore del libero foro da parte dell ‘ Agenzia delle Entrate -Riscossione (mediante
rogito notarile del 4 aprile 2017), se ne può concludere che quest’ultima si era regolarmente costituita nel giudizio dinanzi alla Commissione tributaria regionale per la Campania.
2.3 Sotto il secondo aspetto, la censura attinge l ‘omessa specificazione nel regolamento comunale IUC e nelle delibere comunali in materia tariffaria dei criteri di determinazione della ‘ quota variabile ‘ della TARI (con particolare riguardo agli indici di produttività Kb e Kd previsti nelle tabelle 2 e 4 dell’allegato 1 del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158).
In proposito, si osserva che l’art. 1, commi 651 e 652, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, se, da un lato, prevede che il Comune, nella commisurazione della tariffa, tenga conto dei criteri determinati con il regolamento di cui al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158 (il cui allegato 1, nelle tabelle 2 e 4, contempla i predetti indici per il calcolo della quota variabile della tariffa per le utenze domestiche e non domestiche), dall’altro lato, consente che, in alternativa ai criteri di cui al comma 651 e nel rispetto del principio « chi inquina paga », il Comune possa commisurare la tariffa alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia delle attività svolte nonché al costo del servizio sui rifiuti. Per cui, è evidente la facoltatività del ricorso a tali criteri nella determinazione della tariffa.
Aggiungasi che, in rigorosa conformità alle prescrizioni di legge, il regolamento comunale IUC (per l’anno 2015) prevede che:
« 1. Il tributo comunale sui rifiuti è istituito per la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati. 2. I costi del servizio sono definiti, ogni anno, sulla base del Piano Finanziario degli interventi e dalla relazione illustrativa redatti
dall’affidatario della gestione dei rifiuti urbani, e approvati dal Comune, prima o contestualmente alla approvazione della delibera di definizione delle tariffe. 3. Il Piano Finanziario, redatto in conformità del D.P.R. n. 158/99, indica, tra l’altro, gli scostamenti che si siano eventualmente verificati rispetto al Piano dell’anno precedente e le relative motivazioni » (art. 11 -Costo di gestione);
– « 1. Il tributo comunale è corrisposto in base a tariffa commisurata ad anno solare, cui corrisponde un’autonoma obbligazione tributaria. 2. La tariffa è commisurata alle quantità e qualità medie ordinarie di rifiuti prodotti per unità di superficie, in relazione agli usi e alla tipologia di attività svolte, sulla base delle disposizioni contenute nel Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. 3. La tariffa è determinata sulla base del Piano Finanziario con specifica deliberazione del Consiglio comunale, da adottare entro la data di approvazione del bilancio di previsione relativo alla stessa annualità. 4. La deliberazione, anche se approvata successivamente all’inizio dell’esercizio purché entro il termine indicato al comma precedente, ha effetto dal 1º gennaio dell’anno di riferimento. Se la delibera non è adottata entro tale termine, si applicano le tariffe deliberate per l’anno precedente » (art. 12 -Determinazione della tariffa);
– « La tariffa è composta da una quota fissa, determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio, riferite in particolare agli investimenti per opere e ai relativi ammortamenti, e da una quota variabile, rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, alle modalità del servizio fornito e all’entità dei costi di gestione, in modo che sia assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, compresi i costi di smaltimento. 2. La tariffa è articolata nelle
fasce di utenza domestica e di utenza non domestica. 3. L’insieme dei costi da coprire attraverso la tariffa sono ripartiti tra le utenze domestiche e non domestiche secondo criteri razionali. A tal fine, i rifiuti riferibili alle utenze non domestiche possono essere determinati anche in base ai coefficienti di produttività Kd di cui alle tabelle 4a e 4b, all. 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158 » (art. 13 -Articolazione della tariffa).
Dal che discende l’insussistenza dei presupposti per l ‘invocata disapplicazione.
Con il secondo motivo, si denuncia nullità della sentenza impugnata per violazione degli artt. 111, sesto comma, Cost., 132 cod. proc. civ., 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 24 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3) e 4), cod. proc. civ ., per essere stato deciso l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione apparente in relazione al diniego della disapplicazione del regolamento comunale IUC per pretesa violazione dell’art. 1, comma 654, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, laddove la contribuente aveva dedotto plurimi motivi di illegittimità del regolamento comunale e degli atti susseguenti (le delibere in materia tariffaria).
Il predetto motivo è infondato.
3.1 L ‘art. 36, comma 2, n. 4 ), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4 ), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), rispetto alla cui violazione la censura può considerarsi implicitamente formulata in base al tenore espositivo del mezzo, dispone che la sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 9 aprile 2024, n. 9446).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull ‘ esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’ art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib, 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 9 aprile 2024, n. 9446).
In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass.,
Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6^-5, 14 dicembre 2021, n. 39885; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
3.2 Nella specie, tuttavia, la sentenza impugnata ha adeguatamente argomentato in relazione ai singoli motivi di appello, che sono stati analiticamente illustrati e distintamente esaminati nella sequenza prospettata dall ‘ appellante.
Quanto, in particolare, al diniego della disapplicazione del regolamento comunale IUC, che era stata invocata col primo motivo di appello (sia pure sotto la impropria rubrica del ‘ difetto di motivazione ‘ della decisione di prime cure, dal momento che il giudizio di appello è un giudizio di merito e non di legittimità e il giudice di appello ha l ‘ onere di motivare a sua volta sulla domanda dell ‘ appellante e non può certo annullare la sentenza per mancanza di motivazione -tra le tante: Cass., Sez. 2^, 12 ottobre 2020, n. 21943; Cass., Sez. Trib., 12 ottobre 2022, n. 29798; Cass., Sez. Lav., 9 ottobre 2023, n. 28247), il giudice di secondo grado ha analiticamente esaminato e motivatamente disatteso i vari profili di doglianza. Invero, sulla premessa che, « tra le particolarmente numerose deduzioni contro l ‘ applicabilità del regolamento, varie investono il merito delle scelte dell’Amministrazione e, quindi, non sono ammissibili », la sentenza impugnata, in relazione alla censura della contribuente che « la tariffa sia stata determinata ‘senza precisare quale sia il costo effettivo del servizio di smaltimento rifiuti e senza supportare la determinazione e deliberazione delle singole tariffe nelle componenti fissa e variabile, con criteri certi ed oggettivamente verificabili e, dunque, con i dati consuntivi e previsionali del costo medesimo
in violazione dell’art. 1, comma 654, della l. 174 (rectius: 147)/2013 … ‘ », ha analiticamente evidenziato che: « Presupposto di tale affermazione è che la citata norma prevederebbe una stretta correlazione tra costi e tariffa da riportare espressamente nei regolamenti comunali perché possa essere verificata nel dettaglio. Si tratta, però, di una lettura erronea della citata disposizione la quale, più banalmente, impone che il Comune non determini la tariffa in misura insufficiente alla copertura dei costi : ‘In ogni caso deve essere assicurata la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio, ricomprendendo anche i costi di cui all ‘ articolo 15 del decreto legislativo 13 gennaio 2003, n. 36, ad esclusione dei costi relativi ai rifiuti speciali al cui smaltimento provvedono a proprie spese i relativi produttori comprovandone l ‘ avvenuto trattamento in conformità alla normativa vigente ‘. La lettura degli ulteriori commi del citato art. 1 è illuminante nell ‘ escludere che, come sembra invece ritenere la contribuente, la tariffa Tari sia di fatto predeterminata per legge sulla scorta di una stretta correlazione con i costi (che l’appellante, peraltro, ritiene debbano essere a loro volta sindacati in questa sede ». Laddove: « La disposizione impone solo che il parametro sia ‘in ogni caso’ quello di copertura dei costi . (…) Da ciò consegue che i lunghi argomenti dell’atto di appello dedicati al sindacato del piano economico e finanziario dell’azienda di gestione del servizio rifiuti (RAGIONE_SOCIALE), al controllo dei costi esposti e delle modalità contabili di determinazione della tariffa, non riguardano affatto (almeno sulla scorta del parametro legale invocato, ovvero il citato comma 654) la stretta legittimità del regolamento, ma rappresentano un sindacato del merito della determinazione della tariffa, che, certamente, non rientra nei
poteri riconosciuti con l’art. 7 dlgs 546/1992 al giudice tributario che, si ripete, può soltanto disapplicare l’atto esclusivamente per vizi di legittimità ».
Inoltre, il giudice di appello ha messo in risalto come: « Più in dettaglio, va affermato che il comma 654 art. citato: – non impone un contenuto ‘rigido’ del regolamento in modo da potersi valutare quale diretta violazione di legge lo scostamento da conti che la Fondazione segnala; – non impone, quindi, un rapporto tra le tariffe deliberate ed i dati consuntivi e previsionali del costo di gestione dei rifiuti (discriminati, inoltre, come si propone nell’atto di appello, in base ad una determinata classificazione economica delle utenze non domestiche) con conseguente possibilità di un sindacato di legittimità in questa sede; – non rappresenta quindi una ragione di illegittimità del regolamento per il ‘fatto che il Comune non ha applicato correttamente (nemmeno) la riduzione del costo del servizio di smaltimento elaborato da RAGIONE_SOCIALE nel 2015 rispetto al medesimo costo dell’annualità 2014′, riduzione che la Fondazione riteneva atto dovuto ; – non è disposizione che consenta di tener conto del parere dei revisori dei conti per ricostruire la ‘legittimità’ della tariffa ».
4. Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 7, comma 5, del d.lgs. 31 dice mbre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che la contribuente avrebbe indebitamente richiesto la disapplicazione del regolamento comunale IUC e le delibere in materia tariffaria « limitatamente all’atto impugnato» , perché la norma richiamata consentirebbe soltanto un sindacato di legittimità e non di merito.
Con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, commi 651, 652 e 654, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, del d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, e del principio ‘ chi inquina paga ‘ di cui all’art. 191, comma 2, del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di rilevare l’illegittimità dell’atto impositivo per difformità delle tariffe applicate rispetto alle norme e ai principi richiamati.
4.1 I predetti motivi -la cui stretta ed intima connessione consiglia la trattazione congiunta -sono infondati.
4.2 A ben vedere, il giudice di appello ha ricondotto (e risolto) ne ll’alveo della norma succitata le censure della contribuente sui criteri di determinazione della tariffa, trattandosi dell’unica limitazione inderogabile al potere regolamentare dei Comuni in tale materia (cioè, la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio del servizio).
Come si è visto, infatti, s econdo l’art. 1 1 del regolamento comunale IUC: « Il tributo comunale sui rifiuti è istituito per la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e assimilati ». Peraltro, gli artt. 15, 17 e 18 del regolamento comunale IUC rinviano proprio al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158, ed ai relativi allegati la determinazione delle tariffe per le utenze domestiche e non domestiche, stabilendo, rispettivamente, che: « 1. La quota fissa della tariffa per le utenze domestiche è determinata applicando alla superficie dell’alloggio le tariffe per unità di superficie parametrate al numero degli occupanti, secondo le previsioni di cui al punto 4.1, all.1, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. 2. La quota variabile della tariffa per le utenze domestiche è determinata in
relazione al numero degli occupanti, secondo le previsioni di cui al punto 4.2, all. 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. 3. I coefficienti rilevanti nel calcolo della tariffa sono determinati con la deliberazione di approvazione delle tariffe. 4. Nel caso di utenze domestiche, la tariffa per cantine, solai e box di pertinenza dell’unità abitativa destinata a residenza coincide con quella applicata all’unità principale » (art. 15 -Tariffa per le utenze domestiche); « 1. La quota fissa della tariffa per le utenze non domestiche è determinata applicando alla superficie imponibile le tariffe per unità di superficie riferite alla tipologia di attività svolta, calcolate sulla base di coefficienti di potenziale produzione secondo le previsioni di cui al punto 4.3, all. 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. 2. La quota variabile della tariffa per le utenze non domestiche è determinata applicando alla superficie imponibile le tariffe per unità di superficie riferite alla tipologia di attività svolta, calcolate sulla base di coefficienti di potenziale produzione secondo le previsioni di cui al punto 4.4, all. 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1999, n. 158. 3. I coefficienti rilevanti nel calcolo della tariffa sono determinati per ogni classe di attività contestualmente all’adozione della delibera tariffaria » (art. 17 -Tariffa per le utenze non domestiche); « 1. Le utenze non domestiche sono suddivise nelle categorie di attività indicate nel D.P.R. n. 158/99, di cui all’allegato B, sulla base della categoria di occupazione dichiarata ed in mancanza sulla base della classificazione delle attività economiche ATEC O adottata dall’ISTAT relativa all’attività principale o ad eventuali attività secondarie, fatta salva la prevalenza dell’attività effettivamente svolta. 2. Gli alberghi per essere ricompresi nella categoria ‘con ristorante’
devono fornire nel corso dell’anno almeno un pasto completo. Non vengono ricomprese in questa categoria le strutture che servono in maniera esclusiva il servizio di colazione. 3. Le attività non comprese in una specifica categoria sono associate alla categoria di attività che presenta maggiore analogia sotto il profilo della destinazione d’uso e della connessa potenzialità quantitativa e qualitativa a produrre rifiuti. 4. La tariffa applicabile è di regola unica per tutte le superfici facenti parte del medesimo compendio. Sono tuttavia applicate le tariffe corrispondenti alla specifica tipologia d’uso alle superfici con un’autonoma e distinta utilizzazione, purché singolarmente di estensione non inferiore a 30 mq. 5. Nelle unità immobiliari adibite a civile abitazione in cui sia svolta anche un’attività economica o professionale alla superficie a tal fine utilizzata è applicata la tariffa prevista per la specifica attività esercitata » (art. 18 -Classificazione delle utenze non domestiche).
Inoltre, la classificazione delle utenze non domestiche (con l’espresso inserimento dei ‘ Musei ‘ nella categoria 1 dell’allegato B) è pedissequamente conforme alla previsione delle tabelle 3/a e 3/b n ell’ allegato 1 al d.P.R. 27 aprile 1999, n. 158.
Per cui, alla luce di tale verifica, in difetto di specifiche e puntuali allegazioni da parte della contribuente, non si può ritenere che la modulazione delle tariffe comunali sia difforme dalle prescrizioni legislative e regolamentari, rientrando nella discrezionalità amministrativa e tecnica dell’ente impositore la concreta declinazione delle modalità applicative (da ultime: Cass., Sez. Trib., 20 giugno 2024, nn. 17038, 17051, 17058 e 17123) in ossequio ai canoni di proporzionalità, adeguatezza e necessarietà (Cass., Sez. 6^-Trib., 24 febbraio 2023, n. 5744).
Non a caso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all ‘ art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (nonché della tariffa di cui all ‘ art. 1, comma 683, della legge 27 dicembre 2013, n. 147), poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post , di destinatari, occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 26 marzo 2014, n. 7044; Cass., Sez. 6^-5, 30 giugno 2017, n. 16289; Cass., Sez. 6^-5, 19 giugno 2018, n. 16165; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2019, n. 7437; Cass., Sez. 5^, 26 giugno 2020, n. 12783; per la giurisprudenza amministrativa, si rinvia a: Cons. Stato, Sez. 5^, 22 marzo 2023, n. 2910; Cons. Stato, Sez. 5^, 8 luglio 2024, n. 6021; Cass., Sez. 5^, 7 gennaio 2025, n. 81).
D’altra parte, secondo la giurisprudenza amministrativa (da ultima: Cons. Stato, Sez. 5^, 7 gennaio 2025, n. 81), rientra nella facoltà dell’ente comunale dare applicazione al metodo normalizzato di cui al comma 651 della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (applicazione della tariffa sulla base di parametri predeterminati dal legislatore) oppure al metodo puntuale di cui al successivo comma 652 della stessa legge (applicazione della tariffa sulla base di una valutazione quantitativa dei rifiuti effettivamente producibili).
Analogamente, anche in base alla giurisprudenza comunitaria (Corte Giust., Sez. 2^, 16 luglio 2009, causa C-254/08, RAGIONE_SOCIALE vs. Comune di Casoria e RAGIONE_SOCIALE -vedasi anche Corte Giust., Gr. Sez., 24 giugno 2008, causa C-188/07, RAGIONE_SOCIALE vs. RAGIONE_SOCIALE ), il metodo di calcolo della tariffa
per i rifiuti (basata ossia ‘sulla stima del volume di rifiuti generato dagli utenti di tale servizio e non sul quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito’ ), se da un lato è frutto di discrezionalità tecnica nonché di presunzioni (ossia basato su una stima delle quantità producibili e non strettamente commisurato alle quantità effettivamente prodotte e conferite), dall’altro lato non deve essere manifestamente sproporzionato e deve tenere conto delle quantità comunque ‘ producibili ‘ (anche s e non di quelle ‘ prodotte ‘) in termini di natura e volume del rifiuto. In particolare, secondo il giudice euro-unitario: « (…) la normativa nazionale che preveda, ai fini del finanziamento della gestione e dello smaltimento dei rifiuti urbani, una tassa calcolata in base ad una stima del volume dei rifiuti generato e non sulla base del quantitativo di rifiuti effettivamente prodotto e conferito non può essere considerata, allo stato attuale del diritto comunitario, in contrasto con l’art. 15, lett. a), del la direttiva 2006/12 » (par. 51);« (…) le competenti autorità nazionali dispongono di un’ampia discrezionalità per quanto concerne la determinazione delle modalità di calcolo di siffatta tassa » (par. 55); « Spetta pertanto al giudice a quo accertare, sulla scorta degli elementi di fatto e di diritto che gli sono stati sottoposti, se la tassa sui rifiuti su cui verte la causa principale non comporti che taluni «detentori» … si facciano carico di costi manifestamente non commisurati ai volumi o alla natura dei rifiuti da essi producibili » (par. 56).
Pertanto, se da un lato è ammissibile e compatibile con il diritto unionale anche il metodo ‘ normalizzato ‘ (basato su stime e presunzioni), dall’altro lato in presenza di indici di manifesta sproporzione ed iniquità (circa le tariffe calcolate con metodo ‘ normalizzato ‘ ) occorre ripiegare su metodi
diversamente basati sulle quantità di rifiuti effettivamente producibili (metodo ‘ puntuale ‘ ).
Ne discende che, non essendo sindacabile tale aspetto specifico delle delibere tariffarie dal giudice tributario (in base alla stessa prospettazione della ricorrente, che non ha contestato le ragioni poste a monte di tale opzione), la disapplicazione del regolamento comunale IUC per le considerazioni esposte non ha alcun fondamento.
Con il quinto motivo, si denuncia violazione dell’art. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’atto impositivo fosse munito di adeguata motivazione.
5.1 Il predetto motivo è inammissibile e, comunque, infondato 5.2 Anzitutto, il mezzo è carente di autosufficienza, non essendo stata riprodotto né trascritto in ricorso l’impugnato avviso di pagamento.
Invero, in base al principio di autosufficienza del ricorso per cassazione, sancito dall ‘ art. 366 cod. proc. civ., qualora il ricorrente censuri la sentenza di una commissione tributaria regionale sotto il profilo della congruità del giudizio espresso in ordine alla motivazione di un avviso di accertamento – il quale non è atto processuale, bensì amministrativo, la cui motivazione, comprensiva dei presupposti di fatto e delle ragioni di diritto che lo giustificano, costituisce imprescindibile requisito di legittimità dell ‘ atto stesso – è necessario, a pena di inammissibilità, che il ricorso riporti testualmente i passi della motivazione di detto atto che si assumono erroneamente interpretati o pretermessi dal giudice di merito, al fine di consentire alla Corte di Cassazione di esprimere il suo giudizio sulla suddetta congruità esclusivamente in base al ricorso
medesimo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 4 aprile 2013, n. 8312; Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2013, n. 9536; Cass., Sez. 5^, 13 febbraio 2015, n. 2928; Cass., Sez. 5^, 28 giugno 2017, n. 16147; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2019, n. 28570; Cass., Sez. 5^, 10 dicembre 2021, n. 39283; Cass., Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2022, n. 8156; Cass., Sez. 6^-5, 11 maggio 2022, n. 14905; Cass., Sez. Trib., 30 novembre 2023, n. 33442; Cass., Sez. Trib., 26 agosto 2024, n. 23105). Ciò in quanto non è altrimenti possibile per il giudice di legittimità verificare la corrispondenza di contenuto dell ‘ atto impositivo rispetto alle doglianze del contribuente, venendo preclusa ogni attività nomofilattica (Cass., Sez. 5^, 29 luglio 2015, n. 16010; Cass., Sez. 5^, 6 novembre 2019, n. 28570).
5.3 Ad ogni modo, il giudice di appello ne ha accertato l’adeguatezza motivazionale, escludendo che il richiamo al contenuto degli atti generali di determinazione delle tariffe dovesse essere inserito in motivazione e ritenendo che la periodicità dell’imposizione presupponesse la immutatezza delle superfici tassabili in base alla denuncia originaria.
In proposito, secondo la sentenza impugnata: « Non può che ribadirsi che nell’atto impugnato ‘semplice’ avviso di pagamento -non doveva essere inserito il contenuto degli atti generali di determinazione delle tariffe. Per quanto riguarda la specifica determinazione delle superfici, va considerato che l’atto impugnato è un avviso di pagamento di una tassa periodica e, quindi, la questione tocca l’originaria determinazione delle superfici tassabili. Per quanto riguarda le indicazioni del responsabile del procedimento etc., oggetto di doglianza nell’ambito del motivo, va rammentato che l’atto impugnato non è una cartella, diverso atto cui sono imposti quei contenuti. In generale, per quanto riguarda la mancata
indicazione delle tariffe applicate etc., va ribadito che l’avviso di pagamento faceva riferimento a quanto contenuto in atti generali ».
E tanto si colloca in piena sintonia con gli enunciati della giurisprudenza di legittimità, secondo cui, in tema di TARSU, l ‘ art. 71, comma 2, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 (a tenore del quale: « Gli avvisi di accertamento (…) devono contenere gli elementi identificativi del contribuente, dei locali e delle aree e loro destinazioni, dei periodi e degli imponibili o maggiori imponibili accertati, della tariffa applicata e relativa delibera, nonché la motivazione dell ‘ eventuale diniego della riduzione o agevolazione richiesta, l ‘ indicazione della maggior somma dovuta distintamente per tributo, addizionali ed accessori, soprattassa ed altre penalità »), nonché, per simmetria, in tema di TARES e TARI, l ‘ art. 1, comma 162, primo periodo, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (a tenore del quale: « Gli avvisi di accertamento in rettifica e d ‘ ufficio devono essere motivati in relazione ai presupposti di fatto ed alle ragioni giuridiche che li hanno determinati »), in virtù del rinvio disposto dagli artt. 14, comma 45, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e 1, comma 705, della legge 27 dicembre 2013, n. 147, obbliga il Comune ad indicare in ciascun atto impositivo soltanto la tariffa applicata e la relativa delibera, con la conseguenza che non è necessario riportare o esplicitare la formula utilizzata per la determinazione della tariffa, la quantità totale dei rifiuti o la superficie totale iscritta a ruolo, né, tantomeno, i dati numerici fondamentali per il calcolo del tributo (Cass., Sez. 6^-5, 9 settembre 2019, n. 22470; Cass., Sez. 5^, 17 gennaio 2022, n. 1212; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
Con il sesto motivo, si denuncia violazione del principio di non contestazione per errata e falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 167, 416, 88 e 115 cod. proc. civ., 111 Cost., in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per non essere stato tenuto conto dal giudice di secondo grado che l ‘ agente della riscossione non aveva contestato i motivi di appello che lo riguardavano, con la conseguenza che la nullità dell ‘ avviso di pagament o (per i vizi imputabili ad ‘ RAGIONE_SOCIALE) doveva considerarsi definitivamente accertata nei suoi confronti.
6.1 Il predetto motivo è infondato.
6.2 Secondo la ricorrente, il giudice di appello non avrebbe tenuto conto che la concessionaria non aveva contestato i motivi di appello sulla nullità dell’atto impositivo.
Come è stato già precisato da questa Corte, la ‘ non contestazione ‘, assurta dopo la novellazione dell ‘ art. 115 cod. proc. civ. (da parte dell ‘ art. 45, comma 14, della legge 18 giugno 2009, n. 69), a principio generale del processo, e come tale suscettibile di essere applicato anche nel giudizio tributario, seppure al netto della specificità dettata dalla non disponibilità dei diritti controversi nel processo de quo , concerne esclusivamente il piano (probatorio) dell ‘ acquisizione del fatto non contestato, ove il giudice non sia in grado di escluderne l ‘ esistenza in base alle risultanze ritualmente assunte nel processo; inoltre, va altresì considerato che il principio di non contestazione, applicabile anche al processo tributario, trova qui, comunque, un limite strutturale insito nel fatto che l ‘ avviso di accertamento (o di rettifica) non è l ‘ atto introduttivo del processo, quanto piuttosto l ‘ oggetto (immediato), per lo meno nei casi in cui venga in questione la
pretesa fiscale in esso riportata, sicché la cognizione del giudice è limitata dai profili che siano stati contestati col ricorso, e anche laddove, in base all ‘ art. 23 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, l ‘ attenzione sia rivolta alle difese dell ‘ amministrazione pubblica resistente, e si intenda sottolineare che la parte resistente deve all ‘ atto della costituzione in giudizio esporre « le sue difese prendendo posizione sui motivi dedotti dal ricorrente », indicando « le prove di cui intende valersi » e proponendo « altresì le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d ‘ ufficio », non per questo può trascurarsi che l ‘ amministrazione fonda la pretesa su un atto preesistente al processo, nel quale i fatti costitutivi sono stati già allegati in modo ovviamente difforme da quanto ritenuto dal contribuente; ne consegue che l ‘ onere di completezza della linea di difesa, che in concreto si desume dal suddetto art. 23, per quanto interpretato in coerenza col principio di non contestazione oggi desumibile dall ‘ art. 115 cod. proc. civ., non può essere considerato come base per affermare esistente, in capo all ‘ amministrazione, un onere aggiuntivo di allegazione rispetto a quanto già dedotto nell ‘ atto impositivo (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 6 febbraio 2015, n. 2196; Cass., Sez. 5^, 18 maggio 2018, n. 12287; Cass., Sez. 5^, 23 luglio 2019, n. 19806; Cass., Sez. 5^, 13 ottobre 2020, n. 22015; Cass., Sez. 5^, 22 giugno 2021, n. 17698; Cass., Sez. Trib., 7 dicembre 2022, n. 36028; Cass., Sez. Trib., 27 dicembre 2022, n. 37844; Cass., Sez. Trib., 14 giugno 2023, n. 16984; Cass., Sez. Trib., 8 agosto 2024, n. 22526; Cass., Sez. Trib., 4 ottobre 2024, n. 26019).
Pertanto, la carente presa di posizione della concessionaria in sede di appello sulle censure relative all ‘ atto impositivo non può equivalere ad una sorta di tacito riconoscimento della loro
fondatezza, dovendo altrimenti escludersi la sussistenza stessa del presupposto impositivo.
Alla stregua delle suesposte argomentazioni, dunque, valutandosi l ‘ infondatezza/inammissibilità dei motivi dedotti, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese giudiziali seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura fissata in dispositivo.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ alla rifusione delle spese giudiziali in favore del Comune di Napoli e dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione, liquidandole, rispettivamente, per il primo, nella misura di € 200,00 per esborsi e di € 4.000,00 per compensi, oltre al rimborso forfettario nella misura del 15% sui compensi e ad altri accessori di legge, e, per la seconda, nella misura di € 4.000.00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito; dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ‘ Fondazione RAGIONE_SOCIALE , del l’ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 23 gennaio