Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13117 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13117 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3329/2021 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) e rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CALABRIA n. 1156/2020 depositata il 17/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE
la Commissione Tributaria Regionale della Calabria con la sentenza n. 1156/2/2020, depositata il 17/06/2020 e non notificata, in riforma della sentenza di primo grado, accoglieva il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE, (già RAGIONE_SOCIALE) avverso l’avviso di accertamento/pagamento TARSU/TIA 2012 emesso dal Comune di Pizzo;
1.1. i giudici di appello, valutate le risultanze della sentenza n. 3108/2017 del Consiglio di Stato che aveva annullato le delibere del Comune di Pizzo il quale aveva aumentato le tariffe TARSU per gli anni 2008/2009 ed applicate anche per gli anni successivi, nel rilevare che la delibera dell’ente impositore n. 99/2012 era da ritenere parimenti viziata in quanto non teneva conto della stagionalità dell’ attività e della circostanza che le strutture alberghiere presentavano estese superfici oggettivamente inidonee a produrre rifiuti, sicchè appariva apodittica l’ affermazione secondo cui gli alberghi producono una maggiore quantità di rifiuti rispetto alle abitazioni private, ha accolto il ricorso di parte contribuente ritenendo di dover disapplicare, in quanto illegittima, la delibera di determinazione delle aliquote TARSU per l’ anno 2012;
contro
detta sentenza propone ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi, il Comune di Pizzo cui resiste con controricorso la società RAGIONE_SOCIALE;
CONSIDERATO CHE
con il primo motivo l’ente ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., erroneità della sentenza impugnata per violazione del disposto di cui agli artt. 7, comma 5, e 57 del d.lgs. n. 546/92, non potendo la RAGIONE_SOCIALE.T.R. disapplicare la delibera comunale n.99 del 30/12/2012, con cui erano state fissate le tariffe TARSU per il 2012 (e annullare l’atto impugnato), in conseguenza
della sentenza del Consiglio di Stato n. 3108/2017, in mancanza di qualsiasi eccezione di parte in ordine alle tariffe TARSU applicate dal Comune, né in ordine alla legittimità delle relative delibere con cui le stesse venivano fissate per l’anno oggetto di imposizione, di cui la contribuente non aveva mai chiesto la disapplicazione, se non tardivamente con una memoria depositata nel corso del giudizio di appello;
2. con il secondo motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., erroneità della sentenza impugnata per violazione del disposto di cui all’art.19, comma 3, del d.lgs. n. 546/92, non avendo i giudici territoriali considerato che l’atto impugnato era finalizzato alla riscossione di un credito già accertato, per cui l’eventuale illegittimità della delibera comunale sulla cui base era stata, a monte, determinata la tariffa TARSU non era un “vizio proprio” che poteva essere legittimamente rilevato (neanche se richiesto) dal giudice tributario;
3. con il terzo motivo lamenta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., erroneità della sentenza impugnata per violazione del disposto di cui all’art. 69, comma 1, del d.lgs. n. 507/93 dal momento che la C.T.R. aveva erroneamente fatto discendere l’illegittimità della delibera n. 99 del 30/12/2012 dall’annullamento operato dal Consiglio di Stato con sentenza n. 3108/2017 delle delibere relative agli anni 2008 e 2009, disconoscendo il principio, comunemente accolto dalla Suprema Corte, secondo il quale la delibera comunale che approvi per gli esercizi alberghieri una tariffa TARSU anche notevolmente superiore a quella delle civili abitazioni è legittima a norma del d.lgs. n. 507 del 1993, art. 68, essendo un dato di comune esperienza che tali esercizi abbiano una maggiore capacità produttiva di rifiuti;
4. con il quarto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod.proc.civ. erroneità della sentenza impugnata per violazione del disposto di cui all’art. 69, comma 1, del d.lgs. n.
507/93, avendo la C.T.R., erroneamente, annullato in toto l’atto impugnato senza provvedere a rideterminare il tributo applicando, come dovuto, la tariffa Tarsu vigente in precedenza;
con il quinto motivo denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., erroneità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 91 cod. proc. civ. in quanto, previa riforma della sentenza impugnata, le spese di lite dovevano essere poste a carico della società resistente;
il ricorso può trovare accoglimento nei limiti appresso specificati; 7. i primi due motivi – da esaminare congiuntamente in quanto fra di loro connessi – sono da ritenere infondati, atteso che in tema di TARSU, il giudice tributario, nell’ambito della cognizione dei motivi di impugnazione contro l’atto impositivo, ha il potere-dovere di disapplicare, anche d’ufficio, la delibera comunale presupposta, qualora sia illegittima, in applicazione del principio generale di cui all’art. 5 della l. n. 2248 del 1865, All. E, con l’unico limite dell’eventuale giudicato amministrativo che abbia affermato la legittimità di tale delibera (Sez. 5 – , Sentenza n. 1952 del 24/01/2019, Rv. 652367 – 01);
7.1. ne discende che nel caso in esame rientrava nei poteri-doveri del giudice tributario, avendo la società contribuente, comunque, contestato la legittimità della tariffa applicata, disapplicare la delibera comunale de qua ;
il terzo motivo è fondato. Invero la C.T.R. ha disapplicato la delibera comunale n. 99 del 30/12/2012, con cui erano state determinate le tariffe TARSU per l’anno oggetto di imposizione, sul presupposto che quest’ultima fosse meramente reiterativa delle prime, annullate. Tale decisione si pone in contrasto con il consolidato l’orientamento della Suprema Corte, secondo cui in tema di TARSU, l’annullamento giurisdizionale della delibera comunale di determinazione della tariffa per un’annualità precedente non ha efficacia caducante sulle delibere (non impugnate) meramente
“ripetitive” degli anni successivi, poiché ogni deliberazione tariffaria regola la materia in modo autonomo rispetto alla precedente e dovendosi quindi escludere sia l’operare del giudicato esterno, sia il dovere del giudice tributario di disapplicare in via incidentale l’atto sulla base di tale presupposto. (Sez. 5 – , Sentenza n. 28675 del 09/11/2018, Rv. 651228 -01; vedi anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 14039 del 23/05/2019, Rv. 654326 – 01). Tale indirizzo individua un’ipotesi di invalidità non caducante, atteso che la delibera TARSU annullata non costituisce il presupposto delle delibere successive, con la conseguenza che queste ultime non vengono automaticamente travolte dall’annullamento giurisdizionale della prima, potendo venir meno solo all’esito di impugnativa, e di esplicita ed autonoma pronuncia giurisdizionale di annullamento. La conclusione (già recepita, proprio in materia di delibera Tarsu, anche dal giudice amministrativo: Tar Sicilia 130/2011; CGA Sicilia 420/2006) non muta in considerazione della ripetitività di contenuto delle delibere TARSU successive, dal momento che questa stessa ripetitività costituisce espressione di una rinnovata ed autonoma volontà provvedimentale generale di conferma, e non rappresenta una conseguenza dipendente e necessitata della delibera annullata (il che, del resto, è conforme a quanto stabilito dalla legge in ordine all’esigenza che le tariffe Tarsu vengano deliberate dal Comune di anno in anno). Escluso che la delibera successiva possa ritenersi invalida per derivazione dalla delibera antecedente annullata, ovvero per effetto di propagazione temporale del giudicato esterno di annullamento (vertendosi, nella specie, in tema di invalidità derivata dell’atto amministrativo generale e non di durevolezza pluriennale dei presupposti fattuali d’imposta relativi ad uno specifico rapporto giuridico tributario), resta da valutare se l’annullamento della delibera antecedente possa – o addirittura debba – rilevare sul diverso piano della disapplicazione della delibera successiva da parte del giudice tributario, ex art.7, 5^ co., d.lgs. 546/92. Il giudice
tributario potrà, quindi, disapplicare l’atto amministrativo sempre che svolga un adeguato e coerente vaglio originario ed autonomo della illegittimità dell’atto, facendo difetto qualsivoglia nesso di necessaria consequenzialità rispetto alla pronuncia già resa in riferimento ad altro atto per come sopra chiarito;
8.2. nel caso in esame ciò non è accaduto in ragione della assoluta apoditticità della statuizione di disapplicazione adottata dal giudice di appello che non si è in alcun modo confrontato con la pacifica giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’art 68 del d.lvo. 31 dicembre 1992 n. 546 lascia ai Comuni un ampio spazio di discrezionalità nell’esercizio della potestà regolamentare in materia di TARSU, limitandosi a prevedere che, ai fini della classificazione in categorie ed eventuali sottocategorie di locali ed aree con omogenea potenzialità di rifiuti tassabili con la medesima misura tariffaria, i Comuni tengono conto “in via di massima” di gruppi di attività e, tra questi, gli esercizi alberghieri sono inseriti nello stesso gruppo delle abitazioni per nuclei familiari (lett. c); e ciò non significa che la classificazione debba necessariamente essere omogenea per abitazioni ed alberghi e, comunque, la previsione regolamentare di una tariffa TARSU per gli alberghi anche di molto superiore a quella applicata alle case di civile abitazione deve ritenersi del tutto legittima, posto che la maggior capacità produttiva di rifiuti di uno stabile alberghiero, rispetto ad uno di civile abitazione, costituisce dato di comune esperienza ( ex plurimis : Cass., Sez. 5″, 12 marzo 2007, n. 5722; Cass., Sez. 5″, 12 gennaio 2010, n. 302; Cass., Sez. 5″, 7 dicembre 2016, n. 25214; Cass., Sez. 5″, 4 aprile 2018, n. 8308; Cass., Sez. 5″, 3 dicembre 2019, n. 31462; Cass., Sez. 5″, 15 gennaio 2020, n. 570). Peraltro, i rapporti tra le tariffe, indicati dall’art. 69, comma secondo, del d.lvo. 15 novembre 1993, n. 507 tra gli elementi di riscontro della legittimità della delibera, non vanno riferiti alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe ed i costi del servizio
discriminati in base alla loro classificazione economica (Cass., Sez. 5″, 12 marzo 2007, n. 5722; Cass., Sez. 5″, 7 dicembre 2016, n. 25214; Cass., Sez. 5″, 15 gennaio 2020, n. 570);
9. in accoglimento del terzo motivo, assorbiti il quarto ed il quinto, la sentenza impugnata va, dunque, cassata con rinvio, anche per la determinazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, la quale dovrà riesaminare la questione della legittimità della tariffa relativa all’anno in questione alla luce dei principi sopra richiamati;
P.Q.M.
la Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due motivi, assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese. Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data