Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28424 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28424 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 22953-2022 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso da ll’ AVV_NOTAIO giusta procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO giusta procura speciale in atti
-controricorrente-
avverso la sentenza n. 1569/2022 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata il 7.6.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/10/2025 dal Consigliere Relatore AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune di Parabita propone ricorso, affidato ad unico motivo, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Puglia aveva accolto l’appello RAGIONE_SOCIALE (di seguito FSE) avverso la sentenza n. 982/2020 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Lecce in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento IMU 2013.
FSE resiste con controricorso ed ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
1.1. Con unico motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’ art. 3 del D.Lgs. n. 504/1992 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente configurato il rapporto tra Regione Puglia e FSE come rapporto di tipo obbligatorio, non riconducibile alla figura della concessione su aree demaniali.
1.2. La doglianza è infondata.
1.3. In fatto va premesso che il Comune di Parabita notificava a RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento per IMU, anno 2013, relativo ad immobili, iscritti in Catasto Fabbricati alla categoria D/7, di proprietà della Regione Puglia, oggetto del contratto RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE (art. 8 del D.Lgs. n. 422/1997), stipulato in data 28.2.2001 tra RAGIONE_SOCIALE e Regione Puglia, con cui la prima aveva assunto in uso i beni, gli impianti e le infrastrutture per l’esercizio dei servizi ferroviari ed automobilistici.
1.4. La Commissione tributaria regionale, nell’accogliere l’appello, ha affermato quanto segue: « … Ritiene la Commissione che la volontà della Regione e della società era di assicurare a quest’ultima la disponibilità dei beni al solo scopo dell’esercizio del servizio; dunque con funzione limitata che si attaglia a un rapporto giuridico di natura obbligatoria, laddove il diritto reale legittima l’usuario a qualunque utilizzazione. La disamina del c.d. contratto ponte non lascia dubbi sulla causa esclusiva dell’attribuzione: la disponibilità, giuridicamente la detenzione, dei beni, è funzionale per l’esercizio del servizio, nulla di più. Per mera completezza, non è nemmeno ravvisabile un rapporto di concessione, tant’è che non è previsto un canone. Per confermare la natura obbligatoria del rapporto, la Commissione ritiene di valorizzare anche altri elementi, singolarmente non risolutivi, ma di concludente significato se considerati unitariamente. A) Benché non si possa escludere un interesse del dominus a costituire anche con negozi inter vivos diritti reali di godimento (ad esempio, quello di abitazione per assicurare al beneficiario, magari suo stretto congiunto, la disponibilità del bene-casa a condizioni più salde rispetto al semplice comodato), nella specie – come osservato supra – la disponibilità è solo per l’esercizio dell’attività, non certo per garantire altri possibili interessi diretti della società che, se si trattasse di diritto reale, ben potrebbe destinare i beni ad altri scopi. B) Nemmeno è trascurabile che il contratto non risulti trascritto. C) Infine, se si trattasse del diritto reale, apparirebbe singolarespecie in un contratto tra soggetti qualificati come una Regione e una società di capitali – la clausola di cui all’art. 4, punto 4, che potrebbe collidere con la norma imperativa di cui all’art. 1024 c.c. La clausola, più semplicemente, intende garantire l’interesse pubblicistico della Regione alla prosecuzione del servizio senza soluzione di continuità, imponendo alla società l’obbligo di trasferire senza alcuna pretesa la detenzione dei beni de quibus all’eventuale nuova affidataria. Tutto ciò conferma che si tratta di una disponibilità limitata e finalizzata che, in quanto tale, non la sussume nel diritto reale d’uso ma arieggia piuttosto il rapporto obbligatorio di comodato, il cui titolare non è però soggetto passivo del tributo de quo».
1.5. Poste tali premesse, in diritto va in primo luogo ribadito, in tema di IMU, che l’art. 13, comma 2, del d.l. n. 201 del 2011 individua il presupposto dell’imposta, cioè il fatto al cui verificarsi sorge l’obbligo del pagamento del tributo, stabilendo la norma che «l’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili, ivi comprese l’abitazione principale e le pertinenze della stessa».
1.6. La definizione giuridica del soggetto passivo di imposta è contenuta, invece, nell’ art. 9 del D.Lgs. n. 23 del 2011, secondo cui è tale «il proprietario di immobile… ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie».
1.7. La lettura combinata di queste disposizioni porta a ritenere che, avendo dato la legge esclusiva rilevanza, nell’indicare chi sia soggetto al tributo, alla titolarità di un diritto di natura reale, il significato da attribuire al termine «possesso», utilizzato ai fini della definizione del presupposto di imposta, non possa essere fatto coincidere con la situazione di mera disponibilità del bene, rinvenibile anche nei confronti di chi sia titolare di un diritto personale di godimento, ma si sostanzi soltanto nei confronti di situazioni giuridiche soggettive aventi carattere reale.
1.8. Possessore, in tale contesto normativo, è pertanto il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile.
1.9. Con riguardo al caso concreto, va in primo luogo distinto il carattere di «personalità» del diritto reale di uso con il limite quantitativo legato ai bisogni propri dell’usuario e della sua famiglia, trattandosi, invece, di due dati normativi distinti.
1.10. Il carattere personale del diritto di uso è certamente una sua peculiarità e si traduce nella necessità che il diritto di uso sulla cosa venga esercitato effettivamente da chi ne è titolare, esigenza che la legge rafforza con il vincolo di incedibilità posto dall’art. 1024 c.c., limite peraltro che, non risultando dettato per motivi di ordine pubblico, è ritenuto liberamente derogabile in sede di atto costitutivo del diritto (cfr. Cass. nn. 8507/2015, 3565/1989).
1.11. Il limite quantitativo legato ai bisogni propri dell’usuario e della propria famiglia è, al contrario, posto dalla legge soltanto con riguardo al percepimento dei frutti (cfr. Cass. n. 5034/2008 in motiv.).
1.12. La possibilità della costituzione del diritto reale di uso in favore della persona giuridica deve essere pertanto pienamente riconosciuta, non trovando essa alcun ostacolo nel carattere personale del relativo diritto, rettamente inteso.
1.3. Va poi posta in rilievo la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, del diritto reale d’uso e del diritto personale di godimento che va colta proprio nell ‘ ampiezza ed illimitatezza del primo, conformemente al canone di tipicità dei diritti reali delineato dalla legge, rispetto alla multiforme atteggiabilità del secondo, che proprio in ragione della natura obbligatoria e non reale del rapporto giuridico prodotto, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto.
1.14. Il principio di tipicità legale necessaria dei diritti reali, infatti, si traduce nella regola secondo cui i privati non possono creare figure di diritti reali al di fuori di quelle previste dalla legge, né possono modificarne il regime, il che comporta che i poteri che scaturiscono dal singolo diritto reale in favore del suo titolare sono quelli determinati dalla legge e non possono essere validamente modificati dagli interessati.
1.15. In particolare, per quanto concerne il diritto d’uso, quale diritto reale disciplinato dall’art. 1021 c.c. e segg., esso attribuisce al suo titolare il diritto di servirsi della cosa e di trarne i frutti per il soddisfacimento dei bisogni propri e della propria famiglia, diritto che, nel suo concreto esercizio, non può non implicare il potere di trarre dal bene ogni utilità che esso può dare (cfr. Cass. nn. 17320/2015, 5034/2008, 7811/2006); ne consegue che l’ampiezza di tale potere, a parte il peculiare limite quantitativo rappresentato dai bisogni del titolare e della sua famiglia, che peraltro va riferito non all’uso della cosa ma al percepimento dei frutti, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene (arg. ex art. 981 c.c., dettato per l’usufrutto ma applicabile anche al diritto d’uso, in forza del rinvio di cui all’art. 977 c.c.),
per contro, in ragione del richiamato principio di tipicità, non può soffrire limitazioni o condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo.
1.16. In altri termini, il fatto che il conferente conceda il bene soltanto per un determinato uso, escludendo ogni potere di gestione e di godimento dell’avente diritto per altre ed ulteriori destinazioni, integra circostanza di fatto certamente in grado di rivelare che l’intenzione della parte era quella di trasferire un diritto personale di godimento e non un diritto reale d’uso.
1.27. Ciò posto, considerato il tenore della clausola contrattuale riportata in controricorso (««… per lo svolgimento dei servizi oggetto del presente contratto, la Regione Puglia concede in uso alla Società, che accetta, tutti i beni mobili ed immobili, trasferiti a titolo gratuito dallo Stato alla Regione ai sensi del DPCM 16.11.2000 e individuati nell’allegato 2 all’Accordo di programma del 23.3.2000, nonché quelli acquistati successivamente con risorse statali e individuati nell’allegato … al presente contratto….»; «…nell’eventualità di subentro, alla scadenza contrattuale o per altra motivazione, di altra impresa nella gestione del servizio di trasporto e/o dell’infrastruttura oggetto del presente contratto, la Società si impegna a rendere immediatamente disponibili, a semplice richiesta della Regione, tutti i beni … di proprietà della Regione o comunque gravati da vincolo di reversibilità in favore della Regione … ») ed escluso quindi che FSE potesse godere degli immobili in misura piena ed incondizionata, in considerazione della stretta connessione tra l’uso degli immobili e l’esercizio dei servizi di trasporto pubblico ferroviario ed automobilistico, emerge l’assenza del presupposto impositivo dovendo essere esclusa con certezza, come peraltro affermato dalla sentenza impugnata, la sussistenza di un diritto reale di godimento, sussistendo unicamente un diritto d’ uso strumentale al servizio ferroviario degli immobili in discussione (cfr. in tal senso, in fattispecie tra le stesse parti e sovrapponibili alla presente Cass. nn. 22482/2022, 37947/2021).
1.18. Occorre, dunque, evidenziare che la sentenza impugnata è conforme ai principi dianzi illustrati laddove esclude, nella fattispecie in esame, la sussistenza di una concessione di beni immobili demaniali, atto amministrativo con l’amministrazione pubblica affida a un soggetto
(privato o ente) l’utilizzo esclusivo e temporaneo di un bene immobile appartenente al demanio pubblico e che prevede che il concessionario paghi un canone per l’uso del bene (circostanza insussistente nel caso concreto).
1.19. Trattasi, piuttosto, di concessione/contratto di servizio relativo al trasporto ferroviario e automobilistico, al cui interno è stato previsto un diritto d’uso, a carattere di diritto personale di godimento, relativamente ai beni immobili considerati indispensabili per l’esercizio del servizio, a cui il gestore accede per tutta la durata dell’affidamento transitorio e che può utilizzare esclusivamente per l’erogazione dei servizi oggetto del contratto.
Il ricorso va pertanto integralmente respinto.
Considerato il consolidamento dell’orientamento di questa Corte in epoca successiva alla proposizione del presente ricorso, è opportuno compensare integralmente le spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa integralmente le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 17.10.2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)