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Diritto reale d’uso: quando si paga l’imposta?

La Corte di Cassazione ha stabilito che una società di trasporti che utilizza beni immobili di proprietà della Regione, in virtù di un contratto di servizio, non è tenuta al pagamento dell’ICI. La Corte ha chiarito che il diritto concesso alla società non costituisce un diritto reale d’uso, presupposto per l’imposta, ma un mero diritto personale di godimento, poiché l’utilizzo dei beni era strettamente limitato e funzionale all’erogazione del servizio pubblico, escludendo così la soggettività passiva del tributo.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Diritto Reale d’Uso e Tasse Immobiliari: La Cassazione Chiarisce

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale per le aziende che operano in regime di concessione o contratto di servizio con enti pubblici: l’utilizzo di beni immobili di proprietà pubblica fa scattare automaticamente l’obbligo di pagare le imposte immobiliari come l’ICI (ora IMU)? La risposta ruota attorno alla sottile ma fondamentale differenza tra diritto reale d’uso e diritto personale di godimento. In questo caso, una società di trasporti si è vista richiedere il pagamento dell’ICI per gli immobili regionali utilizzati per il servizio, ma la Corte ha dato ragione alla società, stabilendo un principio importante.

I Fatti del Caso

Una società che gestisce servizi di trasporto ferroviario e automobilistico utilizzava, per l’esercizio della sua attività, una serie di immobili (stazioni, depositi, ecc.) di proprietà della Regione. Questo utilizzo era regolato da un cosiddetto “contratto ponte”, stipulato in attuazione della normativa sul trasporto pubblico locale. Un Comune, nel cui territorio si trovavano alcuni di questi immobili, ha notificato alla società un avviso di accertamento per l’ICI relativa all’anno 2006, sostenendo che l’azienda fosse titolare di un diritto reale d’uso sui beni e, di conseguenza, soggetto passivo dell’imposta.

La società ha impugnato l’atto, ma sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale le hanno dato torto, ritenendo che il rapporto tra l’azienda e la Regione fosse assimilabile a una concessione e che quindi sussistesse un diritto imponibile ai fini ICI. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza della commissione regionale e annullando l’avviso di accertamento. I giudici hanno stabilito che il diritto della società sugli immobili non era un diritto reale d’uso, bensì un diritto personale di godimento. Di conseguenza, mancava il presupposto fondamentale per l’applicazione dell’ICI, che la legge individua nel possesso qualificato, ossia la proprietà o la titolarità di un altro diritto reale sull’immobile.

Le Motivazioni: La Distinzione tra Diritto Reale d’Uso e Diritto Personale

La Corte ha basato la sua decisione su un’attenta analisi della natura del rapporto contrattuale tra la società e la Regione, richiamando il principio di tipicità dei diritti reali. Questo principio stabilisce che i privati non possono creare diritti reali diversi da quelli previsti dalla legge (proprietà, usufrutto, uso, ecc.) né modificarne il contenuto.

Il diritto reale d’uso, disciplinato dall’art. 1021 del codice civile, conferisce al titolare un potere ampio e generale sulla cosa: quello di servirsene e di trarne i frutti per i bisogni propri e della famiglia. Tale potere può essere limitato solo dalla natura e dalla destinazione economica del bene stesso.

Nel caso specifico, invece, il contratto di servizio prevedeva condizioni molto restrittive. L’utilizzo degli immobili era concesso alla società esclusivamente per lo svolgimento dei servizi di trasporto pubblico. La società non aveva la facoltà di destinare i beni ad altri scopi o di goderne in modo pieno e incondizionato. Inoltre, il contratto prevedeva che, alla sua scadenza o in caso di subentro di un’altra impresa, tutti i beni dovessero essere immediatamente messi a disposizione della Regione.

Queste clausole, secondo la Cassazione, dimostrano in modo inequivocabile che l’intenzione delle parti non era quella di costituire un diritto reale d’uso, ma di concedere un diritto personale di godimento, strettamente strumentale e funzionale all’esecuzione di un contratto di servizio. Questo tipo di diritto, a differenza di quello reale, non è un potere diretto sulla cosa opponibile a tutti, ma un obbligo che vincola solo le parti contrattuali.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ha importanti conseguenze pratiche per tutte le imprese che gestiscono servizi pubblici utilizzando beni di proprietà dello Stato o di altri enti pubblici. La Corte di Cassazione chiarisce che la semplice disponibilità materiale di un bene per l’esecuzione di un contratto non è sufficiente a far nascere l’obbligo di pagare le imposte immobiliari.

È necessario analizzare il titolo giuridico alla base di tale disponibilità: se il contratto limita l’uso del bene a uno scopo specifico e funzionale al servizio, escludendo un godimento pieno e illimitato, si è in presenza di un diritto personale di godimento e non di un diritto reale d’uso. In questi casi, il soggetto passivo dell’imposta rimane l’ente pubblico proprietario (che spesso gode di esenzioni), e non l’azienda che gestisce il servizio. La sentenza rafforza quindi la certezza del diritto, evitando che gli operatori economici siano gravati da oneri fiscali impropri legati alla natura del loro rapporto con la pubblica amministrazione.

Chi è tenuto a pagare l’ICI (ora IMU) sugli immobili?
Secondo la legge (D.Lgs. 504/1992), l’imposta è dovuta dal proprietario dell’immobile o dal titolare di un diritto reale su di esso, come usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie.

Un’azienda che usa beni pubblici per un servizio ha sempre un diritto reale d’uso?
No. La sentenza chiarisce che se il contratto limita l’uso dei beni esclusivamente all’erogazione del servizio e non concede un potere di godimento pieno e incondizionato, si tratta di un diritto personale di godimento e non di un diritto reale d’uso.

Qual è la differenza chiave tra diritto reale d’uso e diritto personale di godimento ai fini fiscali?
La differenza fondamentale è che solo il titolare di un diritto reale d’uso è soggetto passivo dell’imposta immobiliare. Il titolare di un diritto personale di godimento, derivante da un contratto di servizio, non è tenuto a pagare l’imposta, in quanto il suo non è un “possesso” fiscalmente rilevante.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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