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Diritto Reale d’Uso: Quando non si Paga l’ICI

Una società di trasporti che utilizzava immobili di proprietà regionale per l’esercizio del servizio pubblico è stata destinataria di un avviso di accertamento ICI. La Corte di Cassazione ha annullato la pretesa fiscale, stabilendo che il diritto concesso alla società non era un diritto reale d’uso, soggetto a imposta, ma un mero diritto personale di godimento, funzionale all’erogazione del servizio. La decisione si fonda sulla distinzione tra la natura illimitata del diritto reale e i vincoli specifici imposti dal contratto, che configuravano un rapporto di natura obbligatoria e non reale.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Diritto Reale d’Uso e ICI: la Cassazione fa Chiarezza

L’obbligo di versare le imposte sugli immobili, come la vecchia ICI, dipende dalla natura del diritto che si ha sul bene. Un recente intervento della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento sulla distinzione tra diritto reale d’uso e diritto personale di godimento, specificando quando un’azienda che utilizza beni pubblici non è tenuta al pagamento del tributo. La sentenza analizza un caso complesso, ma le sue conclusioni sono di grande rilevanza pratica per molte imprese che operano in regime di concessione.

I Fatti di Causa

Una società che gestisce servizi di trasporto ferroviario e automobilistico ha ricevuto un avviso di accertamento per il pagamento dell’ICI relativa all’anno 2005. L’imposta riguardava alcuni immobili di proprietà della Regione, che la società utilizzava per l’erogazione del servizio pubblico in base a un contratto specifico. La società ha impugnato l’atto, sostenendo di non essere il soggetto passivo del tributo, in quanto il suo diritto sugli immobili non era un diritto reale (come la proprietà o l’uso), ma un semplice diritto personale derivante dal contratto di servizio. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale hanno dato torto alla società, qualificando il rapporto come una concessione che implicava un possesso tassabile. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Distinzione tra Diritto Reale d’Uso e Diritto Personale

Il cuore della controversia risiede nella qualificazione giuridica del diritto concesso alla società di trasporti. La legge sull’ICI (D.Lgs. 504/1992) stabilisce che il presupposto per l’imposta è il “possesso” di immobili, inteso come titolarità della proprietà o di un altro diritto reale di godimento (usufrutto, uso, abitazione, ecc.).

La Cassazione ha ribadito che un semplice diritto personale di godimento, come quello che sorge da un contratto di locazione o di comodato, non è sufficiente a rendere un soggetto passivo d’imposta. È necessario un diritto “reale”, che conferisce un potere diretto e immediato sulla cosa.

Le Motivazioni della Cassazione: Analisi del Contratto e del Diritto Reale d’Uso

La Corte ha analizzato in dettaglio il contratto tra la Regione e la società, rilevando un elemento decisivo: l’uso degli immobili era strettamente e unicamente strumentale all’erogazione del servizio di trasporto pubblico. La società non poteva utilizzare i beni per scopi diversi o in modo pieno e incondizionato.

Questo vincolo di destinazione, secondo i giudici, è incompatibile con la natura del diritto reale d’uso disciplinato dal Codice Civile. Quest’ultimo, infatti, attribuisce al titolare un potere generale di servirsi della cosa, traendo da essa ogni utilità, seppur con alcuni limiti quantitativi sui frutti. Il principio di “tipicità” dei diritti reali impedisce alle parti di creare figure ibride o di limitare il contenuto essenziale di un diritto reale oltre quanto previsto dalla legge.

Se un contratto concede un bene solo per un uso specifico e determinato, escludendo ogni altra forma di godimento, l’intenzione delle parti non è quella di trasferire un diritto reale, ma di costituire un più limitato diritto personale di godimento, funzionale a uno scopo preciso. Di conseguenza, il rapporto tra la Regione e la società è stato qualificato come un contratto di servizio, al cui interno era previsto un diritto d’uso strumentale di natura obbligatoria, non reale.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, annullando la sentenza impugnata e, di conseguenza, l’avviso di accertamento ICI. La decisione stabilisce un principio chiaro: per determinare la soggettività passiva ai fini dell’imposta immobiliare, non è sufficiente la mera disponibilità materiale di un bene, ma è necessario verificare la natura del titolo giuridico. Quando l’uso di un immobile è concesso in modo strettamente funzionale e limitato all’esecuzione di un contratto di servizio, senza attribuire al gestore un potere pieno ed esclusivo tipico di un diritto reale, non sorge alcun obbligo tributario a suo carico. Questa pronuncia rappresenta un punto di riferimento fondamentale per tutte le imprese che gestiscono servizi pubblici utilizzando infrastrutture di proprietà pubblica.

Quando un’impresa che utilizza beni pubblici deve pagare l’ICI (o l’odierna IMU)?
L’impresa è tenuta a pagare l’imposta solo se è titolare di un diritto reale di godimento sul bene (proprietà, usufrutto, uso, ecc.). Se la disponibilità del bene deriva da un contratto di servizio che le concede un mero diritto personale di godimento, strumentale all’attività, l’obbligo fiscale non sorge.

Qual è la differenza fondamentale tra diritto reale d’uso e diritto personale di godimento ai fini fiscali?
La differenza è che solo il titolare di un diritto reale d’uso è soggetto passivo dell’imposta immobiliare, perché il suo è un diritto sulla cosa stessa. Il titolare di un diritto personale di godimento, invece, ha solo un diritto verso un altro soggetto (il concedente) e non verso la cosa, quindi non è tenuto al pagamento dell’imposta.

Un contratto può limitare un diritto reale d’uso?
No, secondo il principio di tipicità dei diritti reali. Le parti non possono modificare il contenuto essenziale di un diritto reale definito dalla legge. Se un contratto impone limitazioni così forti da snaturare il diritto (ad esempio, vincolando l’uso a un unico e specifico scopo), la Corte ha stabilito che non si tratta di un diritto reale d’uso, ma di un diverso diritto di natura personale (obbligatoria).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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