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Diritto reale d’uso: quando non si paga l’ICI

La Corte di Cassazione ha stabilito che una società di trasporti che utilizza un immobile in base a un contratto di servizio, con un uso limitato e strumentale all’attività, non è titolare di un diritto reale d’uso. Di conseguenza, non è tenuta al pagamento dell’ICI, che grava solo sul proprietario o sul titolare di un diritto reale. La Corte ha annullato l’avviso di accertamento del Comune, chiarendo la distinzione fondamentale tra diritti reali e diritti personali di godimento ai fini fiscali.

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Pubblicato il 5 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Diritto Reale d’Uso: la Cassazione chiarisce quando non si paga l’ICI

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha affrontato un tema cruciale in materia di Imposta Comunale sugli Immobili (ICI), stabilendo un principio fondamentale sulla distinzione tra diritto reale d’uso e diritto personale di godimento. La corretta qualificazione del rapporto giuridico che lega un soggetto a un immobile è determinante per individuare il soggetto passivo del tributo. La pronuncia chiarisce che l’utilizzo di un bene per uno scopo specifico e strumentale, come previsto da un contratto di servizio, non configura un diritto reale e, di conseguenza, esclude l’obbligo di pagamento dell’imposta per l’utilizzatore.

I Fatti di Causa

Il caso nasce da un avviso di accertamento per l’ICI relativa all’anno 2011, notificato da un Comune a una società di servizi di trasporto pubblico. L’immobile in questione, di proprietà della Regione, era stato concesso in uso alla società sulla base di un contratto di servizio per lo svolgimento delle attività di trasporto ferroviario e automobilistico.

La società impugnava l’atto impositivo, sostenendo di non essere il soggetto passivo dell’imposta, in quanto la sua posizione era quella di mero detentore qualificato e non di titolare di un diritto reale. Mentre la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della società, la Commissione Tributaria Regionale ribaltava la decisione, ritenendo che il rapporto tra la società e l’ente regionale configurasse un diritto reale d’uso, rendendo quindi la società debitrice dell’ICI. La questione è così giunta all’esame della Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte e il Diritto Reale d’Uso

La Suprema Corte ha accolto il ricorso della società, cassando la sentenza della Commissione Tributaria Regionale e decidendo nel merito a favore del contribuente. Il fulcro della decisione risiede nella corretta interpretazione della natura del diritto concesso alla società.

La legge (D.Lgs. 504/1992) individua i soggetti passivi dell’ICI nel proprietario o nel titolare di un diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie. È quindi essenziale distinguere un diritto reale da un diritto personale di godimento, che deriva da un rapporto obbligatorio (come un contratto di locazione o, in questo caso, un contratto di servizio).

Le Motivazioni della Sentenza

I giudici hanno evidenziato che il diritto reale d’uso, disciplinato dall’art. 1021 c.c., attribuisce al suo titolare un potere ampio e generale sulla cosa, ovvero il diritto di servirsene e trarne ogni utilità, con il solo limite quantitativo dei bisogni propri e della propria famiglia. Questo diritto, per sua natura, è tendenzialmente illimitato nel suo contenuto.

Al contrario, nel caso esaminato, il contratto di servizio limitava in modo stringente l’utilizzo degli immobili. La società poteva goderne non in misura piena e incondizionata, ma solo in funzione e per le finalità specifiche dell’esercizio del servizio di trasporto pubblico. Questa connessione funzionale e strumentale tra l’uso del bene e l’attività contrattualmente definita è, secondo la Corte, l’elemento che rivela l’intenzione delle parti di costituire un diritto personale di godimento e non un diritto reale d’uso.

La Corte ha richiamato il principio di tipicità dei diritti reali, secondo cui i privati non possono creare figure di diritti reali atipiche né modificarne il regime legale. Un diritto che subisce limitazioni e condizionamenti derivanti non dalla natura del bene ma dal titolo contrattuale, escludendo poteri di gestione per finalità diverse da quelle pattuite, non può essere qualificato come reale. Si tratta, invece, di un rapporto obbligatorio che, pur garantendo la disponibilità materiale del bene, non trasferisce la soggettività passiva ai fini ICI.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha stabilito con chiarezza che la mera concessione in uso di un immobile, se strettamente strumentale all’adempimento di un contratto di servizio e limitata a tale scopo, configura un diritto personale di godimento. Di conseguenza, il soggetto utilizzatore non è tenuto al pagamento dell’ICI, che resta a carico del proprietario. Questa sentenza offre un’importante linea guida per le imprese che operano in regime di concessione o tramite contratti di servizio, sottolineando che la qualificazione del rapporto non dipende dal nomen iuris utilizzato nel contratto, ma dalla reale ampiezza dei poteri concessi sull’immobile. Un’analisi attenta delle clausole contrattuali diventa quindi decisiva per determinare correttamente gli obblighi fiscali.

Chi è tenuto a pagare l’ICI?
Secondo la normativa, l’ICI è dovuta dal proprietario dell’immobile o dal titolare di un diritto reale su di esso, come usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie. Non è dovuta da chi ha solo un diritto personale di godimento, come un inquilino.

Un contratto che concede l’uso di un immobile per uno scopo specifico crea un diritto reale d’uso?
No. La Corte ha chiarito che se l’uso del bene è concesso solo per uno scopo determinato e strumentale (in questo caso, l’esercizio del servizio di trasporto), limitando i poteri del concessionario, si configura un diritto personale di godimento e non un diritto reale d’uso.

Perché la società di trasporti non doveva pagare l’ICI in questo caso?
La società non doveva pagare l’ICI perché il suo diritto sull’immobile derivava da un contratto di servizio che ne limitava l’utilizzo alla sola attività di trasporto pubblico. Questa limitazione ha qualificato il suo diritto come personale e non reale, escludendola dall’elenco dei soggetti passivi dell’imposta.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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