Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28426 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28426 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso n. R.G. 1468-2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa da ll’ AVV_NOTAIO giusta procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
COMUNE RAGIONE_SOCIALE BAGNOLO DEL SALENTO , in persona del Sindaco pro tempore
-intimato-
avverso la sentenza n. 1093/2020 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della PUGLIA, depositata il 5.6.2020; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 17/10/2025 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE (di seguito FSE) propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Commissione tributaria regionale della Puglia aveva respinto l’appello avverso la sentenza n. 1744/2016 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Lecce in rigetto del ricorso proposto avverso avviso di accertamento ICI 2008 emesso dal Comune di Bagnolo del Salento.
Il Comune è rimasto intimato.
La ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., nullità della sentenza per motivazione apparente o, in alternativa, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in quanto la Commissione tributaria non avrebbe reso percepibile il fondamento della decisione in ordine alla presunta esistenza di una concessione di beni demaniali in favore della ricorrente.
1.2. La doglianza va disattesa.
1.3. In primo luogo va evidenziato che in tema di ricorso per cassazione è contraddittoria la denuncia, in un unico motivo, dei due distinti vizi di omessa pronuncia e di omessa motivazione su un punto decisivo della controversia; il primo, infatti, implica la completa omissione del provvedimento indispensabile per la soluzione del caso concreto e si traduce in una violazione dell’art. 112 c.p.c., che deve essere fatta valere esclusivamente a norma dell’art. 360, n. 4, c.p.c. e non con la denuncia della violazione di norme di diritto sostanziale, ovvero del vizio di motivazione ex art. 360, n. 5, c.p.c., mentre il secondo presuppone
l’esame della questione oggetto di doglianza da parte del giudice di merito, seppure se ne lamenti la soluzione in modo giuridicamente non corretto ovvero senza adeguata giustificazione, e va denunciato ai sensi dell’art. 360, n. 5, c.p.c. (cfr. Cass. n.6150/2021).
1.4. Con riguardo, inoltre, alla denunciata apparenza della motivazione si osserva che per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. nn. 15883 e 9105 del 2017; Cass. sez. unite n. 22232/2016; Cass. n. 9113/2012; Cass. n. 16736/2007), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
1.5. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata esplicita in maniera adeguata la ratio decidendi , consentendo il controllo del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con il secondo motivo, la contribuente ha potuto censurare compiutamente gli errori di diritto che, secondo la ricorrente, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., violazione dell’ art. 3 del D.Lgs. n. 504/1992 per avere la Commissione tributaria regionale erroneamente configurato il rapporto tra Regione Puglia e FSE come concessorio, pur essendo il rapporto di tipo obbligatorio, non riconducibile alla figura della concessione su aree demaniali.
2.2. La doglianza è fondata.
2.3. In fatto va premesso che il Comune di Bagnolo del Salento notificava a RAGIONE_SOCIALE un avviso di accertamento per ICI, anno 2008, relativo ad immobili, iscritti in catasto in categoria D/07, di proprietà della Regione Puglia, oggetto del contratto RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE (art. 8 del D.Lgs. n. 422/1997), stipulato in data 28.2.2001 tra RAGIONE_SOCIALE e Regione Puglia,
con cui la prima aveva assunto in uso i beni, gli impianti e le infrastrutture per l’esercizio dei servizi ferroviari ed automobilistici.
2 .4. La Commissione tributaria regionale, nel respingere l’appello, ha affermato quanto segue: « … Nel contratto ponte si prevedono le compensazioni (art 5 comma primo) ed il diritto della compagnia a far propri “i ricavi della vendita dei titoli di viaggio ed ogni altro ricavo connesso all’esercizio del trasporto pubblico ed all’uso dei beni”, ma si stabilisce, anche, che “resta ad esclusivo carico della società ogni eventuale disavanzo gestionale non coperto, per qualsiasi causa, dall’importo di cui al comma primo” e cioè dalle compensazioni. Similari clausole sono presenti nei contratti di servizio: “resta ad esclusivo carico della società ogni eventuale disavanzo gestionale non coperto , per qualsiasi causa, dai corrispettivi”: così contratto di servizio del 20 dicembre 2006 art 8 comma quinto: “resta ad esclusivo carico della società il rischio di impresa connesso ad ogni eventuale disavanzo gestionale non coperto, per qualsiasi causa, dai corrispettivi di cui al precedente punto 1(ci si riferisce alle compensazioni) o da ricavi di qualunque genere” : così contratto di servizio del 21 dicembre 2009, art 8 comma quarto. Alla luce di tali disposizioni, si può ritenere, allo stato, che ricorra la figura della concessione, sia pure sui generis, in considerazione del limitato rischio di gestione in presenza dei corrispettivi che la RAGIONE_SOCIALE eroga in chiave di sussidio sociale all’utenza, ma che, tuttavia, è pur sempre esistente.».
2.5. Poste tali premesse, in diritto va in primo luogo ribadito, secondo quanto peraltro già affermato da questa Corte tra le stesse parti in fattispecie sovrapponibile alla presente (cfr. Cass. n. 21229/2017), che in tema di ICI, l’art. 1 del d.lgs. n. 504 del 1992 individua il presupposto dell’imposta, cioè il fatto al cui verificarsi sorge l’obbligo del pagamento del tributo, stabilendo la norma che «presupposto dell’imposta è il possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli, siti nel territorio dello Stato, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa».
2.6. La definizione giuridica del soggetto passivo di imposta è contenuta, invece, nel successivo art. 3, secondo cui è tale «il proprietario
di immobile… ovvero il titolare del diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie».
2.7. La lettura combinata di queste disposizioni porta a ritenere che, avendo dato la legge esclusiva rilevanza, nell’indicare chi sia soggetto al tributo, alla titolarità di un diritto di natura reale, il significato da attribuire al termine «possesso», utilizzato ai fini della definizione del presupposto di imposta, non possa essere fatto coincidere con la situazione di mera disponibilità del bene, rinvenibile anche nei confronti di chi sia titolare di un diritto personale di godimento, ma si sostanzi soltanto nei confronti di situazioni giuridiche soggettive aventi carattere reale.
2.8. Possessore, in tale contesto normativo, è pertanto il proprietario o il titolare di un diritto reale di godimento sull’immobile.
2.9. Con riguardo al caso concreto, va in primo luogo distinto il carattere di «personalità» del diritto reale di uso con il limite quantitativo legato ai bisogni propri dell’usuario e della sua famiglia, trattandosi, invece, di due dati normativi distinti.
2.10. Il carattere personale dei diritto di uso è certamente una sua peculiarità e si traduce nella necessità che il diritto di uso sulla cosa venga esercitato effettivamente da chi ne è titolare, esigenza che la legge rafforza con il vincolo di incedibilità posto dall’art. 1024 c.c., limite peraltro che, non risultando dettato per motivi di ordine pubblico, è ritenuto liberamente derogabile in sede di atto costitutivo del diritto (cfr. Cass. nn. 8507/2015, 3565/1989).
2.11. Il limite quantitativo legato ai bisogni propri dell’usuario e della propria famiglia è, al contrario, posto dalla legge soltanto con riguardo al percepimento dei frutti (cfr. Cass. nn. 19940/2022 in motiv., 5034/2008 in motiv., 2502 del 1963).
2.12. La possibilità della costituzione del diritto reale di uso in favore della persona giuridica deve essere pertanto pienamente riconosciuta, non trovando essa alcun ostacolo nel carattere personale del relativo diritto, rettamente inteso.
2.13. Va poi posta in rilievo la differenza, dal punto di vista sostanziale e contenutistico, del diritto reale d’uso e del diritto personale di godimento
che va colta proprio nell ‘ ampiezza ed illimitatezza del primo, conformemente al canone di tipicità dei diritti reali delineato dalla legge, rispetto alla multiforme atteggiabilità del secondo, che proprio in ragione della natura obbligatoria e non reale del rapporto giuridico prodotto, può essere diversamente regolato dalle parti nei suoi aspetti di sostanza e di contenuto.
2.14. Il principio di tipicità legale necessaria dei diritti reali, infatti, si traduce nella regola secondo cui i privati non possono creare figure di diritti reali al di fuori di quelle previste dalla legge, né possono modificarne il regime, il che comporta che i poteri che scaturiscono dal singolo diritto reale in favore del suo titolare sono quelli determinati dalla legge e non possono essere validamente modificati dagli interessati.
2.15. In particolare, per quanto concerne il diritto d’uso, quale diritto reale disciplinato dall’art. 1021 c.c. e segg., esso attribuisce al suo titolare il diritto di servirsi della cosa e di trarne i frutti per il soddisfacimento dei bisogni propri e della propria famiglia, diritto che, nel suo concreto esercizio, non può non implicare il potere di trarre dal bene ogni utilità che esso può dare (cfr. Cass. nn. 17320/2015, 5034/2008, 7811/2006); ne consegue che l’ampiezza di tale potere, a parte il peculiare limite quantitativo rappresentato dai bisogni del titolare e della sua famiglia, che peraltro va riferito non all’uso della cosa ma al percepimento dei frutti, se può incontrare limitazioni derivanti dalla natura e dalla destinazione economica del bene (arg. ex art. 981 c.c., dettato per l’usufrutto ma applicabile anche al diritto d’uso, in forza del rinvio di cui all’art. 977 c.c.), per contro, in ragione del richiamato principio di tipicità, non può soffrire limitazioni o condizionamenti maggiori o ulteriori derivanti dal titolo.
2.16. In altri termini, il fatto che il conferente conceda il bene soltanto per un determinato uso, escludendo ogni potere di gestione e di godimento dell’avente diritto per altre ed ulteriori destinazioni, integra circostanza di fatto certamente in grado di rivelare che l’intenzione della parte era quella di trasferire un diritto personale di godimento e non un diritto reale d’uso.
2.17. Ciò posto, considerato il tenore della clausola contrattuale riportata in ricorso («… per lo svolgimento dei servizi oggetto del presente
contratto, la Regione Puglia concede in uso alla Società, che accetta, tutti i beni mobili ed immobili, trasferiti a titolo gratuito dallo Stato alla Regione ai sensi del DPCM 16.11.2000 e individuati nell’allegato 2 all’Accordo di programma del 23.3.2000, nonché quelli acquistati successivamente con risorse statali e individuati nell’allegato … al presente contratto….»; «…nell’eventualità di subentro, alla scadenza contrattuale o per altra motivazione, di altra impresa nella gestione del servizio di trasporto e/o dell’infrastruttura oggetto del presente contratto, la Società si impegna a rendere immediatamente disponibili, a semplice richiesta della Regione, tutti i beni … di proprietà della Regione o comunque gravati da vincolo di reversibilità in favore della Regione … ») ed escluso quindi che FSE potesse godere degli immobili in misura piena ed incondizionata, in considerazione della stretta connessione tra l’uso degli immobili e l’esercizio dei servizi di trasporto pubblico ferroviario ed automobilistico, emerge l’assenza del presupposto impositivo dovendo essere esclusa con certezza, come peraltro affermato dalla sentenza impugnata, la sussistenza di un diritto reale di godimento, sussistendo unicamente un diritto d’ uso strumentale al servizio ferroviario degli immobili in discussione (cfr. in tal senso, in fattispecie tra le stesse parti e sovrapponibili alla presente Cass. nn. 22482/2022, 37947/2021).
2.17. Occorre, invero, evidenziare l’erroneità della sentenza impugnata laddove ravvisa, nella fattispecie in esame, una concessione di beni immobili demaniali, atto amministrativo con l’amministrazione pubblica affida a un soggetto (privato o ente) l’utilizzo esclusivo e temporaneo di un bene immobile appartenente al demanio pubblico e che prevede che il concessionario paghi un canone per l’uso del bene (circostanza insussistente nel caso concreto).
2.18. Trattasi, piuttosto, di concessione/contratto di servizio relativo al trasporto ferroviario e automobilistico, al cui interno è stato previsto un diritto d’uso, a carattere di diritto personale di godimento, relativamente ai beni immobili considerati indispensabili per l’esercizio del servizio, a cui il gestore accede per tutta la durata dell’affidamento transitorio e che può utilizzare esclusivamente per l’erogazione dei servizi oggetto del contratto.
La sentenza va pertanto cassata in accoglimento del secondo motivo, respinto il primo motivo, e non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa va definita con l’accoglimento dell’originario ricorso della contribuente.
Considerato il consolidamento dell’orientamento di questa Corte in epoca successiva alla proposizione del presente ricorso, è opportuno compensare integralmente le spese sia dei gradi di merito che del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, respinto il primo motivo; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa integralmente le spese di merito e di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da remoto, della Corte di Cassazione, Sezione Tributaria, in data 17.10.2025.
Il Presidente (NOME COGNOME)